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martedì 5 aprile 2022

INQUINAMENTO NELL'EST VERONESE


 


Pfas, aumentate alcune patologie:

servono ulteriori analisi per 7 abitanti su 10

 

Almeno 7 veronesi su 10, fra quelli esposti alla contaminazione da Pfas, hanno bisogno di controlli sanitari specifici. A dirlo sono i recenti risultati, parziali, dello screening promosso dalla Regione per verificare lo stato di salute della popolazione della zona rossa.

I campanelli d’allarme non mancano. Stando ai numeri diffusi dall’Ulss9 Scaligera, più di 16.500 delle 23.250 persone della Bassa e dell’Est veronese che hanno aderito al piano di sorveglianza, necessitano di verifiche mediche ulteriori.

Si tratta di cittadini di Albaredo d’Adige, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Cologna Veneta, Legnago, Minerbe, Pressana, Roveredo di Guà, Terrazzo, Veronella e Zimella.

 Secondo quanto è sinora stato verificato, il 28 per cento dei residenti nei 13 municipi deve effettuare controlli cardiologici, il 16 per cento necessita di verifiche endocrinologiche ed il 27 per cento si sottoporrà ad entrambi gli approfondimenti.





























Questa situazione non è ufficialmente correlabile con la contaminazione, ma va sottolineato che praticamente tutti gli esaminati risultano avere Pfas nel sangue.

Nel 71 per cento dei soggetti controllati, le analisi presentano delle anomalie.

La scorsa settimana, nella sua deposizione nel processo in corso in tribunale a Vicenza per l’inquinamento da Pfas, Francesca Russo, responsabile del dipartimento di Prevenzione della Regione, ha spiegato che in 2.623 residenti, non veronesi, della zona rossa era stato verificato un abbattimento del 50 per cento dei valori di Pfas nel sangue, in esami svolti a distanza di almeno due anni dai primi. La stessa Russo, però, aveva anche ricordato che, rispetto al resto del Veneto, la popolazione della zona rossa ha dimostrato, tra il 2007 e il 2014, un eccesso di mortalità per cardiopatia ischemica, del 21 per cento in più nei maschi e dell’11 per cento in più nelle femmine. Un aumento, nei maschi, di malattie cerebrovascolari del 19 per cento, un incremento di diabete mellito pari al 25 per cento e di demenza del 14.

Le persone esposte alla contaminazione hanno un’incidenza superiore alla media regionale anche di ipertensione arteriosa (+22 per cento nei maschi e +20 nelle femmine), di dislipidemia (+15 per cento nei maschi e +12 nelle femmine) e di malattie tiroidee (+17 per cento nei maschi e +12 nelle femmine). Le gestanti in area rossa hanno evidenziato, tra il 2003 e il 2015, un aumento di casi di pre-eclampsia del 49 per cento, di diabete gestazionale del 69 e c’è stata una crescita del 30 per cento di bambini con basso peso alla nascita.

Abbiamo riportato i dati dichiarati in tribunale dalla dottoressa Francesca Russo responsabile del Dipartimento di Prevenzione Regionale, pubblicati alla stampa locale del Veronese in questi giorni.

Tali dati incontestabili sono noti da tempo tuttavia ci chiediamo quali misure di prevenzione abbia attuato la Regione per contrastare quello che a tutti appare come un vero bollettino di guerra?   

Alla vigilia del suo interrogatorio avevamo posto questa domanda e tante altre che sicuramente interessano i cittadini delle zone contaminate e non solo della zona rossa.

Le riportiamo nel LINK 

 in attesa che ad esse la dottoressa risponda, aprendo l’accesso ai laboratori ai cittadini, attuando un controllo sui cubi, dando gli strumenti ai medici e ai consultori di effettuare quella prevenzione e quelle cure che, a tutt’oggi, non si vedono.

Sarò presente all’incontro che si terrà con la cittadinanza giovedì 7 aprile alle 20.30 anche per rispondere alle vostre domande.

Giovanni Fazio

 


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