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martedì 4 agosto 2020

MORTI PER COVID19 E TRENI INSUFFICIENTI ZAIA HA POCO DA RASSICURARE




LA REGIONE LOMBARDIA CON 16.806 MORTI,
1681 PER MILIONE DI ABITANTI,
È IN TESTA ALLA CLASSIFICA MONDIALE.

Dai media, però, non viene dato nessun rilievo a queste cifre straordinarie.

Quando i valori forniti per Covid sono dati “per popolazione” invece che “assoluti” come fanno quasi sempre in TV per esempio, e sono per “decessi” invece di solo “casi”, emerge un quadro preoccupante ma cristallino.
Questo riguarda specialmente la Lombardia, che risulta avere di gran lunga, il tristissimo primato nel mondo per decessi Covid.
Un dato di non poco conto che in un paese ben informato e sensibile dovrebbe avere conseguenze politiche notevoli.
Specialmente quando si scopre che il governatore di quella regione era affaccendato in varie manovre finanziarie collegate con l’evasione fiscale di un patrimonio di € 5 milioni nei paradisi fiscali. Scoperta, a proposito, che in un paese civile e normale, avrebbe decretato l’immediata e spontanea dimissione dell’interessato.



Sergio Savioli

TRASPORTI, QUI SI VIAGGIA A PIENO CARICO.

Guardando bene la tabella si scopre che anche la Regione Veneto è ben piazzata: 423 morti ogni milione di abitanti per un totale di 2.074 deceduti. 

Zaia ha ben poco di cui vantarsi.

Tuttavia, come fa sempre nei suoi frequentissimi spot giornalistici e televisivi, questa mattina, (4 agosto), Zaia ha tranquillizzato i veneti in tema di trasporto pubblico:

«In attesa che a Roma smettano di litigare, noi confermiamo la nostra ordinanza che permette la capienza in base all'omologazione
(l’omologazione dei vagoni ferroviari non è stata data tenendo conto della pandemia bensì in tempi normali. N.d.R.)

Non è un atto di irresponsabilità: se si tratta di svuotare del 40% i bus e del 50% i treni, si dica ai cittadini che non ci sono alternative per il trasporto pubblico. 
E il problema che ho io ce l'hanno tutti i colleghi delle Regioni. Non solo. Con il governo è stato firmato un accordo con le parti sociali contenuto nel Dpcm del 13 aprile, in cui si dice che chi sta nel comparto produttivo a distanza inferiore di un metro indossa la mascherina, chi sta a distanza maggiore di un metro non usa la mascherina; non si capisce perché gli stessi lavoratori che stanno vicini con la mascherina al lavoro, non possano stare vicini con la mascherina anche sui mezzi di trasporto».

Zaia non lo capisce o finge di non capirlo forse perché lui i treni dei pendolari non li prende mai.

I trasporti pubblici, molto carenti nel Veneto, non sono una piaga di oggi: sono chiaramente insufficienti da sempre e causa di gravi disagi per coloro che si recano al lavoro.

In dieci anni di governo Zaia non si è mai sognato di produrre un piano logistico che permettesse ai veneti di raggiungere i posti di lavoro in maniera dignitosa e in tempi decenti.

La contropartita della carenza di trasporti pubblici è l’inquinamento delle città, tra i più alti d’Italia, l’intasamento delle vie e la spasmodica ricerca di parcheggi, sempre cari e insufficienti.

Dieci anni di governo in cui i ricchi si sono arricchiti ancora di più, ma tutti gli altri debbono arrangiarsi come possono, pagando servizi pessimi e ammalandosi di Covid, visto che oltre ai “carri bestiame” non ci sono altre alternative: l’ha detto lui!

Giovanni Fazio

        


sabato 1 agosto 2020

LA MORTE ANNUNCIATA DELLA SANITÀ PUBBLICA IN VENETO E IN ITALIA


 
Venezia, Madonna della Salute



LA MORTE ANNUNCIATA DELLA SANITA’ PUBBLICA IN VENETO E IN ITALIA
Una testimonianza esplosiva da leggere tutta d’un fiato.

“In 28 casi su 100 i cittadini, avuta notizia di tempi di attesa eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento (il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% al Centro e il 33,2% al Sud).

Transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche (il 39,2% al Centro e il 42,4% al Sud) e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici (il 30,7% al Centro e il 29,2% al Sud) .

I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica. È quanto emerge dal IX Rapporto Rbm-Censis presentato oggi al «Welfare Day 2019.
Lunghe o bloccate: invalicabili le liste d’attesa.

In media, 128 giorni d’attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica, 56 giorni per una visita oculistica.

Tra gli accertamenti diagnostici, in media 97 giorni d’attesa per effettuare una mammografia, 75 giorni per una colonscopia, 71 giorni per una densitometria ossea, 49 giorni per una gastroscopia.

E nell’ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d’attesa chiuse.

Questa la insormontabile barriera all’accesso al sistema pubblico, che costringe a rivolgersi al privato anche per effettuare prestazioni necessarie prescritte dai medici.

Moltissimi dati sul modo in cui si sta trasformando la sanità in un mostruoso e redditizio business, NEGANDO IL DIRITTO ALLA SALUTE a tutti i cittadini.

         Questo e molto altro troverete nel mio viaggio nel girone dantesco della sanità veneta e nazionale.

Troverete le testimonianze dei medici che muoiono di Covid 19 perché mandati allo sbaraglio senza protezione adeguata e leggerete una lunga e drammatica narrazione che contraddice la propaganda politica che, abilmente, Zaia e i suoi hanno messo in campo, sfruttando la pandemia.

La realtà è ben diversa da quella che viene raccontata dai media e nel mio articolo, pubblicato su 


troverete numeri e testimonianze che stracciano il velo di omertà di quanto avviene nel Veneto tanto decantato.

Giovanni Fazio

Dedico questo articolo a tutte le persone decedute per incuria ed errori gravissimi da parte delle istituzioni che avrebbero dovuto prendersi cura di loro, a tutti i cittadini che non sono più in grado di avere una sanità pubblica e gratuita, a coloro che si aggravano e muoiono per liste d’attesa lunghissime e inadeguate, ai colleghi medici che hanno affrontato e affrontano la pandemia con sacrificio e abnegazione, agli infermieri e al personale degli ospedali, del territorio e delle case di riposo,  a tutti coloro che non possono curare se stessi e i propri cari perché il lavoro loro e di milioni di cittadini è stato precarizzato rendendo incerto il futuro di un intero popolo.