Visualizzazioni totali

lunedì 26 settembre 2016

OSPEDALE DI MONTECCHIO. DURA REQUISITORIA DALL'ORDINE DEI MEDICI

 ESPLOSIVO SCONTRO TRA IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI DI VICENZA E IL DIRETTORE GENERALE DELLA ULSS 6 PAVESI

Valente: «Sono ritenuti sostenibili l’edilizia ospedaliera, gli affitti per i project financing, ma non il capitale umano. Un buon ospedale lo fanno i muri o gli organici adeguati di buoni medici?».

 Il Virulento attacco al presidente dell’Ordine dei medici dott. Michele Valente da parte del Direttore generale della ULSS 6 conferma il disagio profondo in cui versa la sanità in Italia e nel Veneto a causa della continua sottrazione di risorse da parte del governo ma anche e soprattutto da un’ottica della Regione Veneto che mira più agli affari che al benessere dei cittadini.


Le ripercussioni della MALASANITA’ DEL VANETO, contrariamente a quanto afferma il Direttore Generale le toccano con mano i cittadini.

 Il degrado è incontestabile, i pronto soccorso sono nel caos, le file di attesa per interventi, visite specialistiche e diagnostica sono sempre più lunghe. Il ricorso alla sanità privata è un percorso obbligato per chi non può aspettare i tempi lunghi del sistema, pena l’aggravamento o addirittura la morte.

Ma la cosa più scandalosa è quella dello sperpero di quei pochi fondi che restano, gettati nella costruzione inutile di nuovi ospedali e nella chiusura di efficienti strutture ospedaliere esistenti come è il caso di Arzignano.

Sono anni che gridiamo allo scandalo tra l’indifferenza dei politici locali di tutti i partiti.

 Non solo spreco di risorse che sono uno schiaffo per tutti i cittadini cui vengono negate cure e assistenza, ma disagi infiniti con il tira e molla dei reparti da Montecchio a Valdagno e i sindaci che fanno da corona al capezzale della sanità rendendosi complici del guasto e tradendo la cittadinanza che rappresentano.

Non è un mistero per nessuno che l’ospedale di Valdagno, splendida struttura da poco realizzata, vene continuamente depotenziato e che il suo destino a breve sarà la chiusura.

Non è un mistero per nessuno che la chiusura dell’ospedale di Arzignano è uno sporco affare che non ha alcuna giustificazione.

Noi non accettiamo la farsa della spaccatura della conferenza dei sindaci e siamo solidali con i cittadini e con i sindaci della vallata dell’Agno che difendono il loro ospedale che, tra parentesi, è anche nostro visto che fa parte del patrimonio della ULSS5.

Le parole del presidente dell’Ordine dovrebbero far riflettere gli amministratori locali. I cittadini hanno capito già da tempo il senso della vergognosa speculazione campanilistica della sindaca di Montecchio che si riassume in meno risorse alle cure dei cittadini e spreco edilizio per farsi bella con i Montecchiani meno avveduti.

Sindaci svegliatevi! Separate le vostre 

responsabilità dalla vergognosa politica 

sanitaria della Regione, presto i cittadini 

presenteranno il conto anche a voi!

Da parte nostra continuiamo la nostra lotta in difesa della salute pubblica e contro uno spreco inaccettabile.


Giovanni Fazio

(Riportiamo in calce l’Articolo di Franco Pepe sul Giornale di Vicenza, pubblicato, ieri 25 settembre, che denuncia la malasanità della Regione Veneto)

2016 09 26 Scontro aperto tra Ordine dei medici e ULSS 6
Il presidente dell’Ordine dei medici Michele Valente, alla “Giornata del Medico” di sabato scorso al teatro Olimpico, fa il triste elenco di quelli che, secondo lui, sarebbero i guai della sanità pubblica, con forti e accese critiche anche allo scenario veneto, ma il direttore generale Giovanni Pavesi non accetta la visione apocalittica e spedisce a Valente una lettera in cui difende valori, contenuti e risultati del sistema sanitario regionale e vicentino. Non è la prima volta che Valente tuona per stigmatizzare, appunto, quello che, a suo avviso, sarebbe un sistema in caduta libera con le presunte degenerazioni. Il canovaccio è stato un po’ la fotocopia dello scorso anno sempre per il giuramento dei neo-medici. Valente, parlando a ruota libera, ha messo nuovamente in fila una raffica di mali che starebbero soffocando il SSN  «I medici - ha detto - stanno pagando un contributo non indifferente alla crisi, con retribuzioni e sviluppi di carriere bloccati, riduzioni massicce di personale, aumenti impressionanti dei carichi di lavoro, contratti atipici, compensi inadeguati, premi assicurativi non più sostenibili, turni massacranti». Due denunce in particolare: «Le liste di attesa sono lunghe perché non si assumono più medici. Le file al pronto soccorso sono estenuanti perché, invece di rinforzare gli organici si investe in progetti insensati». E, poi, il numero uno dell’ordine professionale ha affondato la lama anche sul fronte locale. Anche qui il rosario dei problemi sarebbe molto lungo: «La sanità veneta ha sempre vantato eccellenze che altre regioni si sognavano ma non si può vivere di rendita. I segnali di declino non mancano come la fuga di assistititi verso altre regioni e l’emigrazione dei medici». Sotto accusa per lui una politica più attenta ai costi che al malato: «Sono ritenuti sostenibili l’edilizia ospedaliera, gli affitti per i project financing, ma non il capitale umano. Un buon ospedale lo fanno i muri o gli organici adeguati di buoni medici?».
 Pavesi, però, come detto, non ci sta, e da responsabile di due Ulss in via di unificazione, Vicenza e Arzignano, ma anche da esperto di una sanità veneta che vive e conosce da anni come manager in prima linea, non solo non accetta la visione negativa e pessimistica di Valente ma ribatte in modo perentorio, senza mezzi termini: «Vorrei esprimerle la mia sorpresa e il mio disappunto per il tono e i contenuti del suo intervento, durante il quale sono state ripetutamente espresse forti critiche all’organizzazione e all’operato del sistema sanitario della nostra Regione. Pur non nascondendo le difficoltà e i problemi che hanno dovuto affrontare tutti i sistemi salutari del nostro Paese, ritengo che in questi anni quello veneto abbia dato prova di solidità e capacità innovativa e abbia saputo offrire una qualità di assistenza ai propri cittadini al livello dei migliori paesi europei». Pavesi porta esempi: «Gli esiti di salute del Veneto, la costante crescita dell'aspettativa di vita, i dati epidemiologici in costante miglioramento, i programmi di screening preventivi, le tecnologie di cui si è dotata la generalità delle strutture ospedaliere, l’implementazione di nuove organizzazioni territoriali di cure primarie». Tutto questo - chiarisce il dg - «in un contesto di trasferimenti finanziari statali in costante contenimento, a fronte di sempre nuove e crescenti esigenze per la nostra popolazione». Ancora un altro passaggio in discontinuità rispetto a Valente: «Sono certamente - scrive Pavesi - risultati conseguiti grazie anche all’impegno e alla professionalità della categoria che lei rappresenta, ma inseriti in un contesto organizzativo, economico e normativo garantito dal nostro sistema sanitario regionale». Il dg prende nettamente le distanze dal presidente dell’ordine: «Anche le sue affermazioni in tema di mancato rinforzo degli organici non rispondono a verità, stante che, proprio a Vicenza per esempio, negli ultimi 9 mesi il saldo di medici in servizio all’Ulss 6 è in attivo di oltre 20 unità e l’attrazione di pazienti da altre Regioni è in sensibile aumento, così come in tutto il Veneto».





sabato 17 settembre 2016

FEMMINICIDI, STUPRI, VIOLENZE DI GRUPPO


SCUOLA, NUOVA FRONTIERA DI UNA SOCIETA’ MALATA.

Sempre più frequentemente si verificano gravi delitti contro le donne. Si passa dal femminicidio, allo stupro, individuale o di gruppo, al contagio seriale di donne e ragazze da parte di giovanotti malati di AIDS e altre forme di violenza praticata direttamente o nei social.

          Quello che ci rattrista è che il più delle volte famiglia e società tendono a colpevolizzare le vittime e minimizzare l’accaduto.

Bravi ragazzi di Melito
Ricordo un fatto grottesco ma emblematico nella sua apparente assurdità accaduto a Palermo qualche anno fa, quando, per qualche giorno, la città era allarmata a causa di uno squilibrato che sbucava in via Ruggero Settimo dai vicoli e con rapidità e destrezza effettuava dei toccamenti sulle donne che passavano in quel momento, dandosi successivamente alla fuga nel dedalo delle viuzze del centro città. 
Arrestato dopo qualche giorno, al commissario che gli chiedeva: “Perché lo fai?” rispondeva sdegnato: “Io? io? E iddi, picchì nesciunu” che vuol dire, tradotto, accusate me e non vi chiedete loro, perché escono?”

 
Quella mente alterata rifletteva esattamente il pensiero unico sottostante alla nostra cultura, un maschilismo subliminale che torna in superficie attraverso le faglie di una società reificante i rapporti umani.

Eppure, quante volte, di fronte ad una ragazza offesa o aggredita, gli aggressori e il vasto pubblico dei loro sostenitori accusavano la vittima di indossare abiti da civetta e di muoversi in maniera visibilmente provocante.

Accanto alla denuncia dello stupro, pubblicità erotica.

La famiglia delle vittime, in molti casi, tende a ignorare i fatti, ad accusare la vittima, a nascondere il più possibile quanto accaduto per un malinteso senso di vergogna. Le famiglie degli aggressori non esitano a difendere i propri figli stupratori.

E’ evidente che siamo di fronte ad un ritardo o meglio a una regressione culturale che non riguarda solo i giovani ma tutta la società.

 La famiglia, invocata come il pilastro educativo fondante, il più delle volte non è capace di reagire; di fronte ai bisogni educativi dei bambini e dei ragazzi di solito glissa quando il discorso investe la sfera sessuale o delle malattie sessualmente trasmesse oppure reagisce con discorsi terroristici e generici divieti. Gli stessi ragazzi preferiscono cercare informazioni altrove anziché parlare di sesso con i propri genitori. Esiste infatti un pudore che blocca la comunicazione tra ragazzi e genitori da tutte e due le direzioni.

 Anche nel caso della ragazzina diciassettenne di Roma, violentata nel bagno di una discoteca, la madre ha effettuato la denuncia solo dopo 40 giorni, quando il video della violenza, fatto da due amiche della vittima, che ridevano divertite mentre questa veniva violentata, era diventato virale e non più ignorabile dalla famiglia stessa. La madre della ragazzina tredicenne calabrese vittima di uno stupro collettivo che si protraeva da alcuni anni, ha negato davanti ai carabinieri quello che era noto a tutti e assolutamente evidente.

Sono infinite le coperture date ai violentatori, molto spesso membri della stessa famiglia, da madri ignoranti e intimidite, a volte complici di chi esercita la violenza sulle loro o sui loro figli. Brutalità che giunge all’infanticidio, per chiudere per sempre la bocca di scomodi testimoni.
Anche davanti al corpicino straziato di una bambina morta, scaraventata dal quinto piano di un palazzo, la madre ha taciuto.

Gay Pride a Vicenza
Uguale è il comportamento delle famiglie quando le vittime sono ragazzini gay.
I genitori si vergognano e preferiscono glissare anziché difendere i propri figli, quando non sono essi stessi a reprimerli e umiliarli per la loro “diversità”
Il più delle volte è a scuola che vengono scoperti questi misfatti e sono gli insegnanti che si attivano per aiutare le vittime e informare il tribunale dei minori.
La violenza di genere scaturisce non solo dallo specifico economico culturale in cui si manifesta: essa è, purtroppo, il portato di una ideologia arcaica e maschilista che la sottintende. Nasce dal rifiuto più o meno cosciente dei valori di umanità che hanno caratterizzato la storia dell’occidente dall’illuminismo in poi.

Bordelli in Germania
Il fenomeno della violenza di genere non riguarda esclusivamente i singoli individui, essa è espressione del generale degrado di una società in cui i miti del mercato, del consumismo e un individualismo esasperato, hanno spezzato quel filo rosso che legava le generazioni e consentiva la trasmissione dei valori umani. E’ la narrazione della nostra storia che si è interrotta lasciando il posto ad una vera anomia identitaria e al vuoto valoriale.

In questo sfacelo culturale si innestano quei movimenti di estrema
destra cattolica, nel nostro caso l’Opus Dei svolge un ruolo rilevante, o protestante in America, che pretendono di imporre alla scuola pubblica teorie oscurantiste e omofobiche, propugnando la lotta a oltranza contro inesistenti teorie del gender.

A volte gruppi di genitori riescono ad imporsi chiedendo e ottenendo che la scuola rinunci alla formazione dei ragazzi.

 A volte queste famiglie strepitano contro la presenza in classe di bambini stranieri o portatori di andicap.

 A volte pretendono che la scuola rinunci alla formazione dei ragazzi
che prevede il rispetto della propria persona, dell’identità di genere, l’educazione all’affettività, alla sessualità, alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e delle tossicomanie. E’ qui che si annida la discriminazione del “diverso” che si sviluppa la xenofobia, l’intolleranza verso i bambini portatori di andicap che “disturbano”.

E’ qui che, quando la maestra mette una nota ad un alunno i genitori arrivano con l’avvocato.

Quando il preside cede alla pressione esterna e cancella i progetti di educazione alla salute e alla affettività, al rispetto reciproco, alla cooperazione e alla solidarietà, quando si pretende che i ragazzi “imparino a leggere a scrivere e a far di conto” senza sapere cosa leggere, cosa scrivere, e che conti fare in un futuro sempre più nebuloso, è inutile poi addossare la colpa alla scuola se tua figlia di 13 anni torna a casa incinta o se tuo figlio è picchiato perché gay.

L’arroganza di chi pretende di sostituirsi ai professionisti della scuola, ai formatori, agli educatori, ai docenti e ai professori, agli psicologi, senza averne la preparazione e la competenza, va fermata!
E’ il primo dovere che abbiamo per difendere e proteggere i nostri figli da intrusioni nefaste.

 “La via è un’altra, suggerisce il preside di un liceo di Bologna, Lazzarini, e non può che essere la collaborazione, perché «al dialogo non c’è alternativa». «Non c’è divario tra vita e formazione, come devono pensare quei genitori che rifiutano di far fare ai figli i compiti delle vacanze argomentando che “loro” li fanno crescere mentre “noi” trasmettiamo solo nozioni. Se passa quest’idea, salta un patto di fiducia essenziale per la crescita dei ragazzi. Viene meno il senso della scuola, il suo ruolo sociale, già riconosciuto sempre meno».

Studenti Erasmus

La scuola si trova nello spartiacque tra una società in parte degradata, dove il “fai da te” si risolve nella pretesa dei bei voti e della promozione (nella migliore delle ipotesi).

Anche in occasione della sgangherata legge sulla “Buona scuola” si è levata la canea degli ignoranti. Hanno avuto perfino da dire sugli stipendi che non corrisponderebbero alle ore di lavoro frontale. Questi nuovi critici a tempo perso dei professori e del personale scolastico non immaginano nemmeno quante ore e quanta fatica ci vogliono per correggere i compiti, per preparare programmi e lezioni, per organizzare azioni didattiche di recupero di singoli allievi ecc, e inveiscono scioccamente contro gli insegnanti meno pagati d’Europa.

Il ministero non si è preoccupato di garantire la continuità didattica; gli insegnanti vengono spediti a destra e a manca come pacchi postali, si ritiene che siano intercambiabili come un operaio alla catena. Insomma, attorno alla scuola non c’è soltanto un governo impreparato e incompetente che esegue le direttive delle lobby finanziarie internazionali, ma una società imbarbarita che esibisce la propria volgarità su internet e ha urgente bisogno di essere aiutata perché la vera ammalata è lei.

Cosa è la scuola se non una grande moltitudine di professionisti, laureati, pluriabilitati, vincitori di concorsi, aggiornati e portatori di una maturità professionale che nasce dall’esperienza di anni di confronto con le nuove generazioni e con le loro famiglie.


Manifestazione contro "La Buona Scuola"

E’ questa la nuova frontiera della cultura, quella vera, quella che opera quotidianamente, che si confronta ora per ora con una realtà difficile in condizioni difficili per attuare il cambiamento. C’è tanta intelligenza e tanto contenuto valoriale che esprime questo grande esercito di docenti.

Cari insegnanti, cari prof, la società ha estremo bisogno di voi: prendetene coscienza e non arretrate davanti alla stupidità e ai luoghi comuni.

Giovanni Fazio


  

martedì 13 settembre 2016

FISSATI DAL MINISTRO GALLETTI I LIMITI PFAS: MITENI SE LA RIDE.

PFAS A KM ZERO
COSA DAREMO DA BERE E DA MANGIARE AI NOSTRI BAMBINI?

La popolazione dell’Ovest Vicentino e di tutto il bacino idrico inquinato  
dalla Miteni che coinvolge tre province del Veneto ha accolto con stupore e con rabbia la pubblicazione dei limiti decretati dal Ministero dell’Ambiente per le sostanze perfluorate.


          Da tempo le associazioni raggruppate sotto il nome “Acqua libera dai PFAS” la Lega Ambiente, l’ISDE (associazione Medici per l’Ambiente), la Regione del Veneto, gli amministratori locali, e la popolazione della area interessata chiedevano che venisse emanato questo decreto al fine di programmare gli interventi necessari a bloccare la continuazione dell’inquinamento di quella che è la seconda falda acquifera in Europa, e a mettere in atto tutte le misure necessarie a proteggere le popolazioni colpite.

Il Ministero ha accolto per i perfluorati a catena lunga i limiti, già abbastanza elevati, proposti dall’ISS (Istituto superiore di Sanità).
      Si dà il caso che la Miteni già da due anni ne ha sospeso la produzione.

 Per i perfluorati a catena corta (molecole più piccole delle precedenti) invece il ministro ha aumentato di sei volte i limiti, facendovi rientrare gli scarichi della Miteni  e quindi “regolarizzando “ la situazione.




 Adesso possiamo stare tranquilli, l’acqua che beviamo è perfettamente entro i limiti ministeriali.

          Un lavoro “sartoriale” su misura per la multinazionale?


Si è detto che i perfluorati a catena corta fossero meno persistenti (si fa per dire) nel sangue rispetto al PFOA).

Il motivo per cui nel sangue circolante i PFAS restano meno anni è stato svelato da una indagine condotta a Tarragona, in Spagna dove su 90 campioni autoptici esaminati queste molecole sono state trovate, in grande abbondanza, ammassate nel cervello, nel fegato, nei reni, nei testicoli e perfino nell’occhio. 

          I perfluorati a catena corta, come quelli che li hanno preceduti, appartengono alla classe degli “interferenti endocrini”, sostanze molto pericolose che agiscono nel nostro organismo sostituendosi agli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine. Di loro si sa che producono gravi danni alla tiroide, ma nulla esclude che producano gli stessi danni dei loro fratelli maggiori, vista la loro persistenza nell’organismo umano.


Siamo pertanto di fronte a un gravissimo inquinamento, visto tra l’altro che i PFAS e i PFOA, anche se non sono più prodotti dalla Miteni, sono presenti massivamente nelle nostre acque potabili grazie agli sversamenti di decenni da parte della stessa fabbrica. Pertanto i nuovi arrivati si sommano ai vecchi inquilini della falda.

Il 10% circa di  campioni di pesci e insalata prelevati nell'ambito del monitoraggio dei PFAS nella catena alimentare veneta, come riportato dagli organi di stampa, ma non nel comunicato dell'assessore Coletto, risulterebbero pesantemente contaminate da PFAS. Soprattutto da PFOS (acido perfluoroottansulfonico) che, è noto, è stato bandito dal nel  2002 a causa della sua pericolosità.

La sua persistenza a distanza di tanto tempo, significa che oramai le falde, i suoli e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile.



 L’8 novembre di tre anni fa il giornale di Vicenza pubblicava le dichiarazioni “rassicuranti” di un noto dirigente medico della ULSS 5 che, parlando dei valori di riferimento dell’EFSA  (300 ng/l (nanogrammi per litro) per i Pfos e 3000 ng/l per i Pfoa), asseriva che

«Bevendo acqua che contiene Pfoa e Pfos in concentrazione inferiore ai valori guida – secondo una nota della UlSS 5 – non si sviluppano effetti negativi sulla salute anche di un bambino che pesa 10 chili».
 “Nessuno dei campioni analizzati supera tali valori, che si attestano generalmente ben al di sotto. I valori massimi di Pfos e Pfoa, sommati, sono stati 1.364 ng/l in un´abitazione di S. Vito e di 1.517 ng/l in un agriturismo”.

 (I valori limite per queste sostanze, fissati dallo stato del New Jersey, sono di 40 nanogrammi /litro).

Io ho appunto un bel nipotino che pesa 10 Kg. E, come farebbe ogni persona di BUON SENSO, mi guardo bene dal seguire i suggerimenti del collega dell’ULSS 5.

 “… se è vero che in alcuni pesci pescati nelle acque del vicentino, sono stati trovati 57 microgrammi per kg di PFOS, che equivalgono a 57.000 (cinquantasettemila ng/kg) ciò significa che  la realtà supera spesso la fantasia e la teoria”

asserisce il dott. Vincenzo Cordiano, presidente vicentino dell’ISDE
 (Associazione dei Medici per l’Ambiente),

 “ Infatti, nel caso specifico e non più teorico, si evince che lo sfortunato ipotetico bambino di 10 kg cui fanno spesso riferimento illustri ricercatori  e medici preposti alla tutela della salute pubblica nel vicentino, con solo mezza porzione di quel pesce, così abbondantemente intriso di PFOS e altri PFAS, supererebbe di gran lunga, la TDI  (Dose tollerabile quotidiana) stabilita dall'EFSA.

“….  Se uno mangia un etto di quel pesce, ingolla 5700 ng di PFOS che equivalgono a 190 litri di acqua con 30 ng/L (che è Il limite obiettivo del PFOS nell'acqua potabile stabilito dal ministero).  “



Scalpitavano nell’attesa del provvedimento del ministro della sanità Galletti i nostri governanti regionali, gli amministratori comunali, le ULSS, i gestori degli acquedotti e delle fognature.
 Liberi tutti. Con un tocco di bacchetta magica, senza neppure citare le fonti dalle quali il ministro “benefattore” ha ricavato i nuovi limiti, l’acqua ritorna “potabile” relativamente alla nuova produzione della Miteni.
 Per il passato limiti non ce ne erano e quindi chi ha inquinato non paga una mazza.

I cittadini del Veneto si sentono beffati e umiliati. Di proposito non cito le dichiarazioni e le difese di ufficio del ministro da parte di qualche ossequioso politico locale. Ve le troverete sui giornali e on line e lascio al vostro buon senso e alla vostra intelligenza il giudizio su quanto sta accadendo e sulle cose che ne conseguiranno.



Io so solo che la strada è ancora lunga e che non abbiamo niente da aspettarci da un ministro per l’ambiente che sforna simili porcherie, scusate il termine.







Voglio solo ricordare che ancora una volta è stato violato il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, decretato dall’UE, che prevede che non siano i cittadini avvelenati che devono dimostrare la nocività dei prodotti acquistati o ingurgitati più o meno consapevolmente, ma i produttori che devono dimostrarne e garantirne l’innocuità. Mentre spetta ai governanti e agli organi preposti dallo stato farlo rispettare.

Giovanni Fazio

BIBLIOGRAFIA













DOCUMENTO MOVIMENTO 5 STELLE

FOTO DELLA MANIFESTAZIONE DELLE MAMME DAVANTI ALLA MITENI





lunedì 12 settembre 2016

CARICATO A CATANIA UN CORTEO PACIFICO CHE CONTESTAVA RENZI



Riportiamo una breve cronaca di quanto avvenuto a Catania, ieri 11 novembre, in occasione della visita di Renzi al Festival dell’Unità perché la maggior parte dei giornali hanno minimizzato e travisato quanto accaduto. Per fortuna la rete ci consente di fare della controinformazione e di documentarla.

I giornali hanno relegato in piccoli trafiletti un episodio gravissimo:

la polizia ha aggredito senza alcun motivo, un pacifico corteo di cittadini democratici che non condividono la politica del presidente del Consiglio dei ministri Renzi.

La stampa italiana, prona, con in testa “La Repubblica”, ormai organo del pensiero unico renziano, ha definito i partecipanti “un corteo di protesta dei centri sociali. I manifestanti hanno tentato di forzare il blocco e si sono scontrati con la Polizia. Due i fermati.”

In realtà il corteo pacifico che non ha spaccato vetrine né automobili, privo di Blak Blok e di persone con il viso coperto da fazzoletti o con caschi, era formato da studenti, insegnanti, rappresentanti del movimento contro il mous di Niscemi, ANPI, sostenitori del "NO" al referendum costituzionale, sindacalisti, vari rappresentanti politici che non condividono la politica di Renzi, cittadini democratici non appartenenti a nessun partito.

Il corteo non si è “scontrato con la polizia” come afferma Repubblica, non ha opposto alcuna resistenza,  è stato aggredito con violenza senza nessun motivo e non ha reagito alla violenza, come documentano ampiamente i filmati.

Riporto questa breve cronaca sul modo in cui viene interpretata da Renzi la democrazia e sulla tristezza di una festa che una volta era aperta a tutti e tribuna di ampi dibattiti, diventata una manifestazione chiusa e blindata per soli invitati certificati, le comparse di uno spettacolo deprimente anche per gli iscritti al PD.

CATANIA -11 SETTEMBRE 2016

  «La chiamano festa dell'unità ma di festoso non c'è stato proprio nulla. Una città blindata, un corteo fermo a via Umberto. 
Villa Bellini, cuore di Catania, chiuso a tutti tranne agli accreditati dal Pd e, per finire una bella carica della polizia a freddo, senza alcun motivo, sulle prime file di un corteo che stava manifestando pacificamente».
 Lo dice Giusy Vanadia, referente siciliana di Azione Civile, il movimento fondato da Antonio Ingroia, presente alla manifestazione.

«All'improvviso, mentre manifestavamo - riferisce Vanadia in una nota - le forze dell'ordine hanno indossato i caschi e hanno cominciato a caricare.

 All'iniziativa avevano aderito l'Anpi, il comitato del no alla riforma costituzionale cittadino, gli esponenti di molte forze politiche. Tutta gente pacifica che esprimeva liberamente il proprio dissenso sia alle politiche di Renzi sia alla blindatura della città.

 Il diritto dei cittadini a manifestare, sancito dalla nostra Costituzione, quella che Renzi vuole cambiare, è stato mortificato.
In cambio di una passerella del premier davanti ai pochi intimi che per ascoltarlo si sono dovuti registrare prima.

 Una volta si chiamava festa dell'Unità, oggi è semplicemente una sagra di paese a numero chiuso - prosegue 
– Ci consoliamo solo perché se Renzi è costretto a usare la forza contro pacifici cittadini vuol dire che il suo tempo sta finendo. La festa dell'Unità era un momento di confronto democratico e di dibattito. Questo è stato preventivamente impedito perché prevalesse il suo pensiero unico».



MORIA DELLE API NEL VENETO ( ARCHIVIO 13 AGOSTO 2016)

12 agosto 2016 

Pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Veneto del 12 agosto il bando che mette a disposizione degli apicoltori veneti 300 mila euro per migliorare le condizioni della produzione e della commercializzazione dei prodotti dell'apicoltura.

L'apicoltura in Veneto conta circa 62 mila alveari che producono annualmente oltre 1.500 tonnellate di miele.

Ne dà notizia l'assessore all'agricoltura Giuseppe Pan che ha promosso e incentivato l'iniziativa regionale.

INDIVIDUI PIU' COLPITI 

"Da tempo - spiega l'assessore - stiamo cercando soluzioni che permettano di dare un aiuto agli apicoltori veneti, anche attraverso le forme associate del settore. Il comparto sa proporre al mercato prodotti di alta qualità, come il miele di acacia, di millefiori e di castagno, ma vive quest'anno una contrazione significativa della produzione, a causa dell'andamento meteorologico e del consistente impiego di pesticidi in agricoltura.

 Pertanto abbiamo colto al volo l'opportunità offerta dal nuovo Regolamento (UE) in merito alle organizzazioni comuni dei mercati dei prodotti agricoli, predisponendo un programma triennale regionale per il settore apicoltura, di cui ora è stata approvata l'annualità 2016/2017".

La Consulta regionale per l'apicoltura, composta dai rappresentanti delle maggiori associazioni apistiche venete, ha approvato all'unanimità le azioni finanziabili. 

Tali azioni riguardano: l'assistenza tecnica agli apicoltori, la lotta contro gli aggressori e le malattie dell'alveare (in particolare la varroatosi), le misure di sostegno ai laboratori di analisi dei prodotti dell'apicoltura al fine di aiutare gli apicoltori a commercializzare e valorizzare i loro prodotti, le misure di sostegno del ripopolamento del patrimonio apicolo, la collaborazione con gli organismi specializzati nella realizzazione dei programmi di ricerca applicata nei settori dell'apicoltura e dei prodotti dell'apicoltura e il miglioramento della qualità dei prodotti.

 Le misure sono rivolte alle associazioni del settore apicolo, al Centro regionale per l'apicoltura (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie), agli enti e istituti di ricerca pubblici che operano sul territorio regionale.

Le domande di contributo potranno essere presentate all'Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura per i successivi 45 giorni dalla pubblicazione della deliberazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto.

APPREZZIAMO L'INTERESSAMENTO DELLA REGIONE  MA E’ CHIARO CHE FINCHE' NON SI INTERVIENE SULLA CAUSA VERA DELLA MORIA DI MILIONI DI API GLI AIUTI AGLI APICOLTORI SONO ACQUA FRESCA.


L’uso ormai massivo di diserbanti, fitofarmaci e pesticidi sta distruggendo i terreni fertili del Veneto.

Ricordiamoci che l’humus non è sabbia ma una massa organica dove batteri e
microrganismi consentono alla vita di esistere.

I prodotti chimici, oltre a provocare la morte delle api distruggono tutti i microrganismi presenti nella terra inaridendola e riducendola a puro minerale inerte.

Ricordiamo che le api non servono solo a produrre il miele ma assolvono a quella funzione fondamentale della natura che è l’impollinazione. Senza impollinazione non ci sono frutti.

L’agricoltura industriale serve solo ad arricchire le multinazionali ma distrugge la terra e la vita.

 Anche i prodotti di questo tipo di agricoltura sono compromessi, infatti i veleni irrorati a profusione su terreni e piante finiscono nella frutta e nel vino

Ormai la presenza di insetticidi e pesticidi nella maggior parte di vini non biologici è clamorosamente conclamata. Lo stesso vale per frutta e ortaggi.

Ognuno di noi può fare qualcosa contro tutto ciò: Iniziamo la nostra campagna contro l’uso della chimica in agricoltura RIFIUTANDO I CIBI SPAZZATURA nutriamoci con prodotti biologici, peraltro sempre più presenti anche nei supermercati tradizionali, per preservare noi e i nostri familiari dalle più gravi patologie del nostro tempo. 


Giovanni Fazio



SALVIAMO I NOSTRI BAMBINI



ARCHIVIO 14 09 2016 UNA NOVITA’ ESPLOSIVA SULLA PEDEMONTANA VENETA. Pubblicata in sordina sul Giornale di Vicenza del 12 Agosto.

Riporto il testo integrale del trafiletto
“……. Resta aperto anche il fronte della superstrada Pedemontana veneta.
Con una novità lanciata dal deputato Roger De Menech (Pd) dopo un incontro con lo stesso Delrio.
 De Menech spara a zero infatti sulle “gestioni commissariali”. «Il ministro Delrio e tutti noi siamo perché l’opera sia completata», premette. «La Regione è sempre brava a chiamare in causa responsabilità altrui, ma mentre adesso va a chiedere aiuto al Governo c’è un ragionamento da fare sui “project financing alla veneta” dell’era Galan-Zaia e sulla dichiarazione di stati di emergenza con nomina di commissari.

 Non mi pare proprio abbiano velocizzato le cose, visto che siamo solo a un terzo dell’opera dopo una vicenda durata molti anni, né risolto i problemi.




Dobbiamo rientrare nella gestione ordinaria per la realizzazione delle infrastrutture, cosa che il Governo sta già facendo in altri casi e con risultati positivi».

De Menech parla da politico Pd e non da rappresentante del Governo, ma
Delrio
il messaggio è chiaro ed è ben difficile che sia in conflitto con i pensieri di Delrio. E la traduzione è concretissima:
 il 31 dicembre scadrà il mandato del commissario Silvano Vernizzi per la Pedemontana Veneta e spetterebbe al Governo prorogarlo con i relativi poteri. A questo punto non è affatto scontato che Roma lo farà.
In questo caso la convenzione con il privato della Sis è chiara: se cessa “lo stato emergenziale”, sarà la Regione Veneto a subentrare direttamente al commissario-concedente. In gestione, appunto, “ordinaria”. Ma con molte grane da risolvere.•”

Roger De Menech
Sembra che la bella addormentata si sia svegliata dopo un lunghissimo letargo: sia Roger De Menech che Delrio si accorgono che l’emergenza e quindi il commissariamento dell’opera sono solo un espediente per bypassare le procedure normali per concessioni e appalti.

Addirittura si sono accorti che “c’è un ragionamento da fare sul Project financing alla veneta” dell’era Galan-Zaia e sulla dichiarazione di stati di emergenza con nomina di commissari.”

In realtà, dopo avere ignorato “una vicenda durata molti anni” costoro si rendono conto che non è più possibile menare il can per l’aia per un semplicissimo motivo: la società che avrebbe dovuto realizzare l’opera a proprie spese non è in grado di sostenerla economicamente e si dà il caso che né la  J.P.Morgan né la Cassa Depositi e Prestiti siano disposti a prestare denaro a chi non è palesemente in grado di restituirlo con i dovuti interessi, per altro molto alti (si è parlato del 7-8%).

 “In questo caso la convenzione con il privato della Sis è chiara: se cessa “lo stato emergenziale”, sarà la Regione Veneto a subentrare direttamente al commissario-concedentein GESTIONE ORDINARIA, ma con molte grane da risolvere.”



Meglio tardi, anzi tardissimo, che mai.

La notizia, pubblicata all’interno di un articolo in cui si parlava d’altro, è una bomba da prima pagina; tuttavia il Giornale di Vicenza non poteva pubblicarla col rilievo dovuto perché avrebbe sconfessato la linea fin qui tenuta da parte del foglio locale della Confindustria vicentina, di illustri politici e di grandi imprenditori locali.

Finalmente, dopo circa dieci anni di lotta del comitato dei cittadini Co.Ve.Pa, che aveva da subito visto quello che De Menech scopre oggi, si toglierebbe di mezzo il commissario e il project financing: era quello che , inascoltato, il Co.Ve.Pa chiedeva da anni.

Ora non resta che raccogliere i cocci del disastro colposo di cui i primi responsabili sono Galan e Zaia, sottolineando però che responsabilità di quanto accaduto è anche di coloro, come De Menech, Delrio e  molti altri personaggi del consorzio dei politici regionali e nazionali che, in tutti questi anni, non si sono mai curati di ascoltare le ragioni dei cittadini del Veneto, di quanti vedevano le proprie case abbattute  senza essere rimborsati, di quanti hanno perduto i propri campi e le proprie aziende, di quanti denunciavano l’assurdità di una emergenza fittizia e di un’opera devastante che avrebbe dovuto essere completamente ridisegnata, rispettando il territorio del Veneto scempiato dai comitati d’affari.


 Appena due giorni fa abbiamo pubblicato la lettera del comitato e le richieste di buon senso che vengono dai semplici cittadini. Riportiamo qui il link del post per chi non lo avesse letto

Ecco le richieste
1. Stop ai cantieri per avviare un tavolo trasparente e partecipato sul sistema di finanziamento, degli interessi e del rischio, per riprogettare una SPV dove serve e come serve;
2. Revisione del sistema dei flussi di traffico, dei pedaggi e riduzione dei costi a partire dal blocco della galleria Malo-Castelgomberto e del primo lotto, risparmiando oltre 500mln€ con riduzione dell'esposizione finanziaria;
3. Allontanamento del gruppo di gestione di questo fallimento con tutti i vertici, i collaboratori, gli assistenti e i passacarte;
4. Basta con la farsa sugli espropri: vanno pagati prima di tutti quale garanzia di ogni eventuale ripresa dei lavori;
5. Applicazione del Codice degli Appalti con il via a un project-review della SPV con intervento della Corte Dei conti e di ANAC, rispetto la direttiva 2014/23/UE sul rischio operativo bancario a carico del concessionario.”

Abbiamo ripubblicato gli obiettivi posti dal Co.Ve.Pa. affinché anche certa stampa locale la smetta di ignorare chi in tutti questi anni ha veramente lottato in difesa dei cittadini.

Don Albino Bizotto celebra la messa davanti ai cantieri, chiedendo che i cittadini siano ascoltati


Non si tratta di violenti estremisti contestatori, di “quelli cui non va bene mai niente e dicono solo di no”. Fino ad ora i veri estremisti sono stati coloro che hanno sostenuto un assurdo Project Financing che ha succhiato centinaia di milioni di denaro pubblico (cioè nostro), che hanno approvato flussi di traffico esagerati (adesso pubblicamente dichiarati gonfiati) finalizzati alle richieste di un contributo regionale di decine di milioni alla società, nel caso l’obiettivo previsto non fosse stato raggiunto.

Ci auguriamo che la magistratura controlli la liceità o meno di questo modo di procedere da parte di privati e di rappresentanti dello stato e della regione e ci auguriamo, se non è chiedere troppo, che i cittadini vengano finalmente ascoltati, come è giusto che avvenga in un paese democratico.

Giovanni Fazio