Visualizzazioni totali

domenica 27 settembre 2020

NUOVI TAGLI NELLA SANITA’ VENETA


 IL TETTO IMPOSTO AI MEDICI PER LA SPESA FARMACEUTICA

 PASSA DA 113 EURO PER ASSISTITO NEL 2019 A 50 EURO PER ASSISTITO NEL 2020.

 

Un duro risveglio per tanti cittadini che hanno votato plebiscitariamente Zaia.

 Il presidente più amato dai veneti nel discorso di ringraziamento all’indomani della sua rielezione ha detto che la Sanità sarà il primo punto che sottoporrà alla sua attenzione.


Infatti non ha perso tempo per imporre un ulteriore taglio:

 il 23 settembre è arrivata ai medici di famiglia una circolare della Direzione della AULSS 8 che impone a tutti i sanitari di rientrare del 4,1% poiché

 “Sulla base della spesa del periodo gennaio - luglio 2020, la nostra Azienda non rispetta il tetto assegnato per un valore di 990.690 euro, con uno scostamento del 4.1%.”

Questo tetto di spesa, fissato dalla Regione, non è dato sapere sulla base di quali criteri scientifici, scende progressivamente, di stagione in stagione, infatti nel 2019 il tetto massimo di spesa da non superare era di 113 euro.

 Ciò mette i medici, e di conseguenza gli assistiti, in gravi difficoltà per potere restare nei limiti di spesa sempre più ristretti imposti dalla Regione.

Non lamentatevi pertanto se domani il vostro medico sarà costretto a modificare la terapia che state assumendo da sempre poiché da ora in poi, nel Veneto di Zaia, la spesa farmaceutica pro capite non potrà superare i 50 euro per assistito (meno della metà di quanto si poteva prescrivere fino a qualche mese fa).

Prosegue la circolare:

“Da un'analisi dei dati provenienti dalla lettura delle ricette, aggiornati a marzo 2020, le categorie terapeutiche che incidono maggiormente sulla nostra spesa convenzionata sono le seguenti:

 

-        farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie,

-        sostanze ad azione sul sistema renina-angiotensina,

-        sostanze modificatrici dei lipidi,

-        farmaci per disturbi correlati all'acidità.”

Si tratta di farmaci indispensabili per curare l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e le gastro duodeniti.

 


Proprio in questi giorni ci giunge una accorata lettera del Presidente dell’Ordine dei Medici di Vicenza dott. Michele Valente

 

“… Con la legge di riforma degli Ordini, l’Ordine dei Medici è divenuto “organo sussidiario dello Stato” con finalità di tutela della salute dei cittadini, intervenendo nel controllo della professione per salvaguardare la qualità delle prestazioni mediche.

Questa funzione (attribuita per legge) spesso genera una sorta di incomprensione e addirittura di fastidio di fronte a prese di posizione dell’Ordine su scelte politiche e manageriali dettate esclusivamente dal contenimento dei costi, con conseguente abbattimento della qualità delle prestazioni e danno sulla salute della gente perché qualcuno vorrebbe gli Ordini subordinati alla politica e i Medici non più liberi e autonomi nelle loro decisioni cliniche ma ingabbiati nella “medicina amministrata.

Gli Ordini non sono mai andati troppo “a braccetto” con il potere costituito, perché parlano e agiscono nell’esclusivo interesse dei pazienti, perché difendono i valori della Professione Medica, una professione liberale, perché scelta liberamente e perché portata avanti da uomini liberi e indipendenti.

Dott.Michele Valente
 Le minacce alla autonomia e libertà del Medico hanno avuto negli ultimi anni molte manifestazioni che hanno tentato di ridimensionare la nostra professione riducendo il Medico a solo erogatore di prestazioni, in pratica un semplice fattore produttivo governato da una tele-burocrazia asfissiante e senza senso.

L’Ordine, in autonomia e libertà, fa il proprio dovere rifiutandosi di subordinare la Deontologia e i Valori della nostra professione alle decisioni, spesso incomprensibili e unilaterali imposte dalla politica. Valori e Deontologia che per i manager rampanti della sanità sono concetti da “rottamare”, ma che per noi Medici, tutti i Medici, hanno un valore essenziale.”

 

Questa durissima critica non viene da un partito politico di opposizione ma da un “Organo dello Stato”, quale è, al di sopra delle parti, l’Ordine dei medici.”

La continua sottrazione di risorse alla sanità pubblica, marcia a tutto vapore nel Veneto, alla faccia delle dichiarazioni ufficiali.  

Il risultato evidente è la sofferenza dei cittadini, condannati a lunghissime

file di attesa e a ticket non più accettabili se, come dicono le statistiche ufficiali, ben 800.000 cittadini del Veneto hanno rinunciato alle cure e per l’eccessivo costo di terapie, visite specialistiche ed esami.

                                                                                                                              La politica non è quella che vediamo quotidianamente in TV ma quella cheviviamo duramente ogni giorno in una regione che si vanta di eccellenze sanitarie mentre taglia sempre di più i finanziamenti alla sanità pubblica.

A margine di questa notizia, vorrei ricordare lo SPRECO DI DENARO PUBBLICO che rappresenta la costruzione, del tutto ingiustificata, di un nuovo ospedale a Montecchio Maggiore ad appena 5 km di distanza dall’ospedale di Arzignano, dettato da motivi di pura propaganda politica e da considerazioni meramente campanilistiche.

Anche questo è il Veneto di Zaia

 

Ospedale di Montecchio in costruzione: uno spreco di denaro pubblico

Giovanni Fazio

martedì 15 settembre 2020

UN MEDICO DI FAMIGLIA A FIANCO DEI SUOI ASSISTITI.

 

DAL COVID ALL'AMBIENTE


Aiutare i bambini in Africa



 Ho incontrato Luciano Mignoli pochi giorni fa: era un po’ che non ci vedevamo per le varie vicende legate al COVID 19. Sia lui che io abbiamo sperimentato, purtroppo il contagio; io, probabilmente, in una assemblea a Venezia e lui sul fronte del lavoro, sempre in prima linea per aiutare in mille modi i suoi pazienti. È uno dei tanti medici che hanno affrontato “a mani nude” la malattia. Per fortuna l’ha superata e, appena guarito, è tornato sul fronte.

         Come va adesso a Bassano, gli chiedo

 “Non tanto bene, le modalità di risposta sanitaria ad una eventuale recrudescenza della pandemia covid presentano ritardi organizzativi.

Non sono ancora state organizzate le postazioni per l’esecuzione del tampone Covid rapido in sperimentazione e normale quando già incominciano le prime sindromi influenzali e si riaprono le scuole.

 Le sindromi influenzali all’inizio sono indistinguibili dai primi segni covid e spingono pertanto i medici di famiglia, purtroppo, a visitare a distanza o con sistemi di appuntamento che favoriscono ritardi nel riconoscimento della virosi.

 Ancora adesso se il medico vuole un tampone o un test sierologico per il proprio paziente deve inviarlo ad una struttura privata perché i laboratori degli ospedali non sono ancora organizzati per farlo a chi volesse o a chi deve fare un ricovero programmato nel quale ora viene sempre chiesto il tampone.”

Questa, malgrado le chiacchiere e le vanterie, è la realtà del Servizio
Sanitario nel Veneto.

 In tanti mesi non si è stati capaci di riorganizzare un servizio pubblico efficiente e tempestivo.

“Proprio così, inviare tutte le sindromi influenzali in Pronto Soccorso


è impossibile
e assurdo perché non farebbe altro che far intervenire un medico USA che dovrebbe recarsi a domicilio per il tampone con vestizione e svestizione che richiedono circa 30 minuti: visto il numero limitato di medici sarebbe altrettanto impraticabile nei picchi influenzali. I medici di famiglia hanno dato disponibilità a collaborare per cercare le soluzioni più adatte ma non sono stati coinvolti.”

Conosco Luciano da molti anni, quando, insieme, attraverso l’azione sindacale, cercavamo di realizzare progetti per migliorare il servizio sanitario locale. Era sempre lo stesso che, da ragazzo appena laureato, si era recato in Mozambico, uno dei paesi più poveri dell’Africa, dal 1981 al 1983, prestando servizio nell'ambito della cooperazione internazionale come direttore sanitario dell'ospedale di Alto Molocuè.

         Adesso con lo stesso spirito di allora, opera nel campo ecologista dedicando il suo tempo libero alle iniziative contro i disastri che avanzano nella nostra regione.

“Ho sempre considerato l’ambiente, tutti gli altri esseri viventi, gli animali, le piante l’ambiente in generale, come parte integrante della vita degli esseri umani, sia dal punto fisico e biologico che dal punto di vista spirituale. Noi siamo il pianeta e non vi può essere salvezza per l’uomo se continua a distruggere l’unità di questo meraviglioso sistema.

La Pandemia è un prodotto, diretto o indiretto, non importa, di questo progressivo processo di distruzioni della nostra stessa base biologica. L’avidità delle multinazionali è alla base di uno sfruttamento intensivo delle risorse della terra ma il pianeta non ce la fa più.

Il clima ci manda segnali preoccupanti e pochi si rendono conto che alluvioni e cicloni sono solo i prodromi di disastri ancora maggiori se non cambieremo rotta.

Curare le persone significa anche capire che le malattie fanno parte di un sistema più grande e che per fermare l’aumento impressionante dei tumori, delle patologie degenerative invalidanti, dell’asma e delle gravissime lesioni al sistema riproduttivo, come quelle generate dai PFAS, bisogna prendersi cura del pianeta.”

Per questo ho deciso di votare per te alle regionali, non solo per la grande amicizia che ci lega da anni ma soprattutto perché sei una persona affidabile che non cerca poltrone bensì affronta anche questa “tortura elettorale” con spirito di altruismo e di coerenza con quanto fatto e pensato in una intera vita.

“Tu sai quanto mi dia fastidio andare in giro chiedendo di votare per me; per questo non vedrai nessun manifesto in giro con la mia foto.”

Sei l’unico. Ed è per questo che oggi pubblico questa nostra chiacchierata per far sapere, a chi interessa votare per uno che difende la vita e l’ambiente, veramente e con abnegazione, che sei candidato nell’unica lista che non si è accomunata a partiti vecchi e nuovi, una lista di persone per bene, modeste e preparate.

Sai che non mi piace riprodurre simboli elettorali e non li riprodurrò.

 Il Mio non è un invito elettorale ma una segnalazione indirizzata a quanti in questi anni, con estrema difficoltà si sono battuti contro l’inquinamento da PFAS, contro lo scempio della pedemontana e i veleni nei campi.

Segnalo, a chi può interessare che LUCIANO MIGNOLI è candidato nella lista Veneto Ecologia e Solidarietà.

Ritengo ciò l’inizio di un percorso che ci dovrà portare in tempi ragionevolmente brevi, allunità di tutti i movimenti ecologisti.

Giovanni Fazio




 

martedì 8 settembre 2020

UN ARTICOLO BOMBA DI ALBERTO PERUFFO SUI CORRESPONSABILI DEL DISASTRO MITENI

 


E’ di questa mattina, 7 settembre 2020, l’articolo che Alberto Peruffo pubblica nel sito di PFAS LAND.

Il pezzo è il risultato di mesi di ricerca e documentazioni che mettono a nudo le responsabilità di quanti, preposti alla tutela dell’ambiente e della salute, hanno permesso che un disastro ambientale e sanitario che coinvolge più di 360.000 persone e una vasta area della pianura rappresentata da ben tre province (Vicenza, Verona e Padova) potesse verificarsi.

“C’è un dato di fatto nei grandi crimini ambientali: i responsabili non inquinano così tanto – massivamente e indiscriminatamente – senza essere in qualche modo coperti dai permessi, dalle maglie larghe, dai controlli non effettuati, dei corresponsabili

Alberto Peruffo, chiama in causa direttamente coloro che lui definisce i corresponsabili.

 

Ne esce una cruda attestazione delle forti responsabilità delle istituzioni, e in secondo luogo di alcuni dirigenti Arpav, “con le mani legate dalla politica e da Confindustria”, i quali sono perciò parimenti – ma a gradi diversi – corresponsabili dell’avvelenamento della popolazione del Veneto.

 

L’analisi investe anche il settore alimentare, i documenti dell’Istituto Superiore di Sanità che testimoniano di una contaminazione alimentare provocata dai pozzi inquinati, distribuiti su un vastissimo territorio agricolo, irrorato, per altro, dalle acque provenienti dai depuratori del distretto conciario arzignanese.

 

Nel 2014 la Provincia di Vicenza autorizza Miteni a trattare rifiuti tossici, derivati dalla lavorazione di perfluorati, provenienti dall’Olanda. Tale autorizzazione veniva rilasciata malgrado un anno prima fosse stato già documentata la grave responsabilità dell’azienda relativa all’inquinamento dei PFAS da essa prodotti.

 

         La denuncia di Peruffo è diretta a chi ha rilasciato l’autorizzazione, a chi avrebbe dovuto controllare le modalità della applicazione dell’autorizzazione e ricercare nelle falde adiacenti allo stabilimento il GEN X, il nuovo perfluorato prodotto da Miteni, destinato a sostituire PFOA e PFOS, ormai fuori produzione in tutto il mondo.

         L’autore si chiede come mai tale sostanza non sia mai stata cercata nelle falde acquifere inquinate da Miteni, né inclusa tra i vari perfluorati, presenti negli acquedotti, per i quali il decreto Zaia fissa un limite massimo di performance di 390 ng/litro (bontà sua).

         Quello che non si cerca non si trova; quindi i cittadini bevono un’acqua in cui non si sa se la sostanza, la cui produzione fu autorizzata dalla regione sia presente o meno.

         Viceversa Arpav si è data un gran daffare nel cercare GEN X e C6O4 nel Po; un vero e proprio depistaggio una narrazione che non sta più in piedi: quella che tutta Italia è contaminata, soprattutto il Po, e che la Regione Veneto ha fatto meglio di tutti ed è stata la prima.

 Certo, la prima regione a dover riparare al crimine che ha consapevolmente permesso, coperto e alimentato per anni, perché molto più grave di quanto avvenuto in tutte le altre regioni, soprattutto per circostanze idrogeologiche e relative decisioni politiche. In nome di cosa? Del bene comune e della salute pubblica? No. Del profitto ad ogni costo.”

          

Alberto fa una lunga, documentata, disanima di tutte le complicità che hanno consentito, e consentono tuttora a quanti continuano ad inquinare le acque della pianura veneta, di farla franca e perfino di alzare la voce contro le vittime e i loro rappresentanti. Si tratta di un’analisi molto dettagliata, ricca di documenti e testimonianze sconvolgenti, che apre uno squarcio sul velo di omertà che fino ad oggi ha coperto i CORRESPONSABILI.

Alberto punta i fari su un contesto caratterizzato dall’intrecciarsi di grandi interessi economici e politici. Una narrazione della realtà della nostra regione che ci fa riflettere come il caso MOSE sia solo l’inizio di un percorso all’interno di un sistema che si dipana in una rete di inquinamenti, inceneritori, superstrade, cementificazioni, patologie e controllo sociale.

 

Vi invito a leggerlo fino in fondo: ne resterete sconvolti.

 

Giovanni Fazio

 

PFAS LAND ARTICOLO DI ALBERTO PERUFFO

 

https://pfas.land/2020/09/07/7-settembre-2020-il-concetto-di-corresponsabilita-1-2-linchiesta-genx-c6o4-la-relazione-sottovalutata-di-arpav-e-laudizione-poco-convincente-della-procura-il-passo-decisivo/

 

domenica 6 settembre 2020

LA DENGUE A MONTECCHIO E LE TOSE DI ZAIA A CREAZZO

 

Il giornale di Vicenza di ieri 5 settembre riporta la scoperta di due casi di DENGUE nel comune di Montecchio Maggiore.

La febbre dengue, più conosciuta semplicemente come dengue, è una malattia infettiva tropicale causata dal virus Dengue. Il virus esiste in cinque sierotipi differenti (DENV-1, DENV-2, DENV-3, DENV-4, DENV-5) e generalmente l'infezione con un tipo garantisce un'immunità a vita per quel tipo, mentre comporta solamente una breve e non duratura immunità nei confronti degli altri. L'ulteriore infezione con un altro sierotipo comporta un aumento del rischio di complicanze gravi.

 

La malattia è trasmessa da zanzare del genere Aedes, in particolar modo la specie Aedes Aegypti.

 Si presenta con febbre, cefalea, dolore muscolare e articolare, oltre al

caratteristico esantema simile a quello del morbillo. In una piccola percentuale dei casi si sviluppa una febbre emorragica pericolosa per la vita, con trombocitopenia, emorragie e perdita di liquidi, che può evolvere in shock circolatorio e morte. Non esistendo una vaccinazione efficace, la prevenzione si ottiene mediante l'eliminazione delle zanzare e del loro habitat, per limitare l'esposizione al rischio di trasmissione.

 La terapia è di supporto e si basa sull'idratazione in caso di una forma lieve-moderata di malattia e, nei casi più gravi, sulla somministrazione endovenosa di liquidi e sull'emotrasfusione.

La maggior parte di chi contrae la dengue si riprende senza problemi, mentre la mortalità è dell'1–5% qualora non venga instaurato alcun regime terapeutico e inferiore all'1% nel caso di trattamento adeguato.

 Tuttavia le forme più gravi della malattia conducono a morte nel 26% dei casi.


 
La dengue è endemica in 110 paesi e infetta dai 50 ai 100 milioni di individui ogni anno, con circa mezzo milione di persone che necessitano di ospedalizzazione e 12.500-25.000 decessi.

La dengue, oltre a essere la più comune malattia virale trasmessa da artropodi, ha un impatto sulla popolazione valutabile in 1600 casi ogni milione di abitanti, del tutto simile a quello della tubercolosi. Come malattia tropicale la dengue è ritenuta seconda in importanza solo alla malaria, e l'Organizzazione mondiale della sanità la considera una delle sedici malattie tropicali neglette.

Anche questi, per ora rari, casi di infezione testimoniano l’avvicinamento delle malattie tropicali nel nostro paese: sono le avanguardie di future epidemie possibili.

I disastri climatici, l’epidemia da COVID 19 e l’avanzare delle malattie tropicali sono fenomeni correlati, direttamente o indirettamente, al degrado ambientale e al riscaldamento del pianeta.

Nostra la responsabilità di avere sottovalutato quanto sta avvenendo; grave la responsabilità di chi governa in Veneto e in Italia.

Un vero, grande piano di bonifica, come previsto, tra l’altro dal PATTO STATO REGIONE, siglato all’inizio del 2016 potrebbe segnare una vera svolta in senso ecologico delle politiche, sia del Governo che della Regione, e aprire cantieri che darebbero lavoro a migliaia di persone, tuttavia è il SISTEMA VENETO che non funziona poiché quello che prevale è l’interesse di una classe politico imprenditoriale che mette al primo posto il profitto e lo sfruttamento intensivo delle risorse della nostra regione, oltre che della manodopera sempre più precarizzata.  

Siamo il territorio più devastato dal cemento (Vicenza è al primo


Stato delle falde idriche nella fascia delle ricariche degli acquiferi nel Veneto



posto sul piano nazionale), ma continuiamo a cementificare i suoli. Eravamo la regione più ricca di acque: secondo L’ISPRA, gran parte delle falde sotterranee e superficiali sono inutilizzabili per gli scarichi industriali e i veleni sparsi nei campi (al primo posto sul piano nazionale).  
il Veneto ha ben tre capoluoghi di provincia  (tra cui Venezia) in pole position tra le città col maggiore inquinamento atmosferico in Italia.


Si potrebbe continuare così per ore citando grandi navi, inceneritori, ecc. prendendo atto che nei dieci anni del regno di Zaia non si è costruito nemmeno un metro di metropolitana di superficie[1]            e che la Regione Veneto ha risolto il problema della mobilità su ferro chiudendo definitivamente il progetto dettagliato che da 30 anni giaceva nel cassetto; nel frattempo i pendolari continuano a viaggiare come sardine tra sporcizia e guasti.


Ma che ve lo dico a fare? Peggio di così non si può. Il futuro che abbiamo davanti ha già mandato segnali precisi e terrificanti. 







Per fortuna ci conforta dalla Dengue che è arrivata a Montecchio Maggiore sapere che a Creazzo si vendono gelati che si chiamano “Le tose di Zaia”.




[1] Il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR) è stato un progetto, attuato solo in minima parte, finanziato principalmente da Regione del Veneto, che prevedeva l'attivazione di un servizio ferroviario regionale/suburbano ad elevata frequenza (ogni 15/30 minuti) con orario cadenzato lungo alcune linee ferroviarie nella Regione del Veneto. La rete ferroviaria sfrutta le ferrovie già esistenti integrate da nuove tratte e da nuove stazioni in corso di realizzazione, in progetto o già realizzate. Il progetto era integrato da interventi di riqualificazione della rete stradale (ad esempio l'eliminazione dei passaggi a livello) e dalla riorganizzazione del trasporto automobilistico pubblico. Il progetto è stato liquidato dalla regione nel 2018, ritenendolo non economicamente sostenibile.

 

Giovanni Fazio