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domenica 27 dicembre 2020

DA ARZIGNANO A FUSINA LAVORI IN CORSO: PERICOLO!


UNA DISCARICA DA AMPLIARE NEL BEL MEZZO DELLA ZONA INDUSTRIALE A POCHE CENTINAIA DI METRI DAL CENTRO DI ARZIGNANO.

 

Citiamo, dal Giornale di Vicenza di oggi 27/12/2020:

 «Per la prima volta la società di Acque del Chiampo - dice il consigliere provinciale delegato all'ambiente, Matteo Macilotti - finanzia una serie di sperimentazioni fatte a piè di fabbrica nell'annoso tema della depurazione e del riciclo dei fanghi»

         Un po’ strano che solo nel 2020 dal 1988 (anno di costruzione del depuratore di Arzignano) si inizino a fare delle sperimentazioni sul tema del riciclo dei fanghi. Comunque, meglio tardi che mai.

“Pronto a partire il piano sperimentale messo a punto da Acque del Chiampo per una nuova soluzione al problema dello smaltimento dei fanghi da conceria.

Avremo tre sperimentazioni che riguarderanno in particolare il trattamento termico dei fanghi, quindi la loro distruzione con produzione di energia, che verranno svolte in impianti pilota all'interno della regione ma fuori dal territorio dei comuni soci di Acque del Chiampo

Si parla di inceneritori e, ipocritamente, si sottolinea che queste cosiddette sperimentazioni verranno effettuate “in regione ma fuori dai comuni soci della società Acque del Chiampo”.

Una delle mete indicate dove si dovrebbero “termovalorizzare” i fanghi di conceria è “l’inceneritore di Venezia”. Questa precisazione fa tirare un respiro di sollievo ai nostri concittadini; sì perché dei polmoni e della vita dei bambini veneziani ce ne possiamo infischiare, visto che non abitano nei comuni serviti da Acque del Chiampo.


Altro termine ipocrita è la parola “termovalorizzatore” in quanto è arcinoto che l’energia prodotta da siffatti impianti, costosissimi e dispendiosi, non è sufficiente a ripagare le spese di quella usata per bruciare i rifiuti. Pertanto non si valorizza alcunché e, senza lauti incentivi statali, l’impresa di incenerimento sarebbe gravemente in perdita.                                                                                                                           Dunque possiamo dire, come contribuenti che pagano le tasse e le tariffe elettriche da cui si ricavano parte di questi incentivi, che tale “valorizzazione” viene effettuata a spese nostre.

       



 
Proprio oggi i comitati di cittadini dell’area del veneziano stanno
presentando un ricorso al TAR del Veneto per i gravissimi rischi connessi all’attività dell’inceneritore da realizzare a Fusina per bruciare rifiuti che contengono PFAS, Cromo e altre sostanze tossiche e cancerogene. Coinvolti da questo inquinamento che dovrebbe interessare la linea 3 dell’inceneritore di Fusina (Marghera) ci sono più di 450 000 abitanti

.                In America ormai si sono resi conto che i PFAS non si possono eliminare con gli inceneritori mentre l’UE sta avviando una programmazione per eliminarli del tutto entro il 2030, per cui anche Acque del Chiampo, nel suo piccolo, pur sognando l’inceneritore di Venezia, comincia a capire che l’unico modo di distruggere i rifiuti pericolosi è quello di non produrli.

Per questo si dà da fare per recuperare una parte dei fanghi, per esempio il pelo, preziosa sostanza proteica, da quarant’anni buttata in discarica senza motivo. Si tratta di 8.000 tonnellate annue, come sostiene G. Z. nel Giornale di Vicenza.

Però tale operazione non si può fare senza togliere prima i PFAS presenti nell’acquedotto industriale arzignanese.

 Come da noi comunicato ai gestori regionali delle acque e all’assessore
all’Ambiente di Arzignano con una lettera dettagliata,
i derivati della lavorazione del pelo conterrebbero alte quantità di PFAS presenti nell’acqua con cui verrebbero lavorati.

Per ovviare a ciò è sufficiente “l’installazione, sui pozzi di approvvigionamento idrico autonomo aziendali, di sistemi di abbattimento con filtri a carboni attivi, in modo tale da consentire un bilancio ambientale positivo caratterizzato dalla depurazione dell’acqua di falda e dall’impedire al contempo il potenziale trasferimento dell’impatto al collettore Arica e conseguentemente ai corsi d’acqua superficiali (scadenza settembre 2017).”

         Sentenza del Tribunale Speciale delle Acque settembre 2017

Non ci sembra che Acque del Chiampo o il consorzio A.Ri.C.A. abbiano provveduto ad effettuare questa indispensabile opera, prescritta dal TSAP per ottenere prodotti zero PFAS al 100%. Sono passati più di 3 anni, dalla sentenza ma ancora si pensa che l’unico modo di liberarci da queste sostanze sia il “camino”.

         Nel progetto di Acque del Chiampo si parla di “riduzione degli impatti del processo conciario, in concerie del distretto si lavorerà per il recupero del 40 per cento dei solfuri nelle acque di scarico, la scomparsa del calcinaio ossidativo, il recupero del 90 % delle acque di rifinizione.”

Ottime intenzioni: ci auguriamo vadano in porto e non siano un escamotage per portare i fanghi a Marghera.

 Tuttavia è giusto far notare ad Acque del Chiampo e ai conciari del distretto Arzignanese che tali ed altre iniziative erano già contenute nel Patto Stato Regione siglato da loro, oltre che dal governo Nazionale e Regionale, dai sindacati e dai sindaci della vallata, nel 2005. Un patto decennale, scaduto nel dicembre del 2015 senza che nemmeno una delle opere sottoscritte sia stata almeno iniziata. Possiamo ancora fidarci?

         Naturalmente, nel febbraio del 2016 è stato firmato un nuovo patto Stato Regione decennale dagli stessi firmatari del precedente: sono passati quattro anni senza che qualcuno abbia mosso una foglia. Il suddetto patto non rientra nemmeno nelle 500 e più opere, previste da Zaia in questi giorni, per ottenere i finanziamenti europei previsti dal Next generation EU.  Eppure da tale patto, che si rinnova inutilmente ogni dieci anni, dipende la bonifica dell’intera bassa pianura veneta occidentale!

Quello che né il nuovo Patto né il Tribunale Superiore delle Acque (TSAP) prescrivono è, invece, l’ampliamento di una discarica in esaurimento, nel bel mezzo della zona industriale di Arzignano, dove lavorano e sono a rischio migliaia di persone, ad appena un chilometro di distanza in linea d’aria dal centro città.


Si tratta di un’opera altamente insalubre, costruita a suo tempo nel posto sbagliato, che penalizza un’area industriale di eccellenza in maniera miserabile, come un water al centro di un salotto elegante.

Il prodotto dell’ignoranza e della sprovvedutezza di chi allora concepì una simile balordaggine non può adesso essere ripetuto facendo crescere una innaturale sopraelevazione, tale da mettere a rischio la salute dei lavoratori e dei cittadini arzignanesi.

Nel momento in cui in tutto il mondo si aprono le porte ad un futuro green da noi si opera un penoso e grottesco ritorno al passato, ennesimo fiore all’occhiello di una classe politico imprenditoriale la cui mentalità non riesce ad evolversi nemmeno dopo la batosta del coronavirus.

 

Questo post, non ha intenti polemici ma costruttivi, come è stata sempre l’attività svolta dalla associazione CiLLSA. Abbiamo inserito di proposito dei LINK che, per chi volesse conoscere i documenti citati, mettono a disposizione di tutti i contenuti del Patto Stato Regione e il cronoprogramma presente nella sentenza del TSAP, della lettera aigestori, con proposte importanti onde evitare l’ampliamento della discarica 9, su cui il dott. Francesco Bertola, presidente ISDE Vicenza e il sottoscritto, abbiamo lavorato a lungo questa estate; lettera cui non è stata data alcuna risposta da parte dei destinatari. Ci sono i LINK della prima e seconda lettera deipediatri di Venezia contro l’inceneritore e il documento dei comitati, lo studio del professor Grandjean sul rapporto tra PFAS e COVId 19, la storia del follout tossico dell’inceneritore dello stato di New York: una storia interessantissima che dimostra il fallimento del Dipartimento della Difesa americano nel tentativo di distruggere i PFAS con gli inceneritori.  (Ringraziamo la professoressa Stefania Romio per la traduzione dell'inglese).

Insomma, abbiamo messo tanta legna al fuoco che ci auguriamo, per primi, siano i tecnici di Acque del Chiampo a leggere.

Una ulteriore testimonianza, ricca di dati e di proposte, affinché i cittadini sappiano che lavoriamo per il bene della comunità.

Giovanni Fazio

 

venerdì 6 novembre 2020

ACQUA SENZA PFAS NEL 2023

 GLI ULTIMI SARANNO (DETTI) I PRIMI.

È DAL 2013 CHE  STIAMO ASPETTANDO I FILTRI.

 


Finalmente, per ultimi, noi arzignanesi potremo avere acqua filtrata; non subito ma tra due anni circa.

  Per questo è grave sentire dire alla Sindaca   "da sempre il Comune di Arzignano insieme ad Acque del Chiampo è in prima linea".

Non dimentichiamo che dal 2013 CiLLSA ha chiesto che si provvedesse tempestivamente ad applicare i filtri all'acquedotto arzignanese ma le amministrazioni precedenti, guidate dal sindaco Gentilin, ci hanno sempre contestato asserendo più volte che l'acqua di Arzignano era potabilissima al pari di "acqua oligominerale", lasciando così che la popolazione bevesse, senza saperlo, acqua inquinata da PFAS (al di sopra di ogni limite accettabile, secondo le recenti dichiarazioni dell'EFSA). Sarebbe stato più corretto invitare subito la popolazione a bere acqua in bottiglia, per precauzione, e stimolare acque del Chiampo a muoversi tempestivamente e non dopo sette anni.


Un vero disastro per chi per lunghi anni, ingannato sulla qualità dell'acqua, ha caricato il proprio organismo e quello dei propri bambini di PFAS che, come si sa, si accumulano per anni all'interno del nostro organismo, che non è capace di espellerli rapidamente, provocando gravissimi danni alla salute (ultimamente il prof Foresta dell’Università di Padova ha trovato i PFAS negli spermatozoi dei ragazzi contaminati di Lonigo).

Tuttavia il problema PFAS, quando finalmente saranno messi i filtri a carboni attivi, non è risolto. Lo diciamo oggi, ma è da anni che lo stiamo ripetendo.

L'EFSA (Agenzia Europea per la Protezione Alimentare) valuta la
contaminazione da PFAS per gli esseri umani solo per il 20% dovuta all’acqua mentre il restante 80% è dovuto ai cibi. E molti dei cibi che compriamo al mercato sono prodotti nella vasta area dell’inquinamento del Veneto Sud Occidentale di cui anche noi facciamo parte, le cui acque sotterranee sono state gravemente inquinate dalla ditta Miteni senza che nessuno prendesse provvedimenti.

Su questa vastissima falda il cui inquinamento si spinge a Sud fino a Montagnana e a Est verso Vicenza e oltre, insistono circa 10.000 pozzi privati, in massima parte non controllati, da cui si estrae l’acqua per annaffiare le colture di vasta parte della bassa pianura veneta. 



L’Istituto Superiore di Sanità ha monitorato in parte i cibi prodotti in questa vasta area e il sangue di allevatori e agricoltori, constatando che i livelli di contaminazione di costoro erano molto più alti dei quelli della popolazione di riferimento.

Ciò è dovuto al fatto che queste persone mangiano i propri prodotti.

Purtroppo, fino ad oggi nessuno ha provveduto ad escludere dal mercato i cibi contaminati, né, tanto meno, ad aiutare i produttori a filtrare l’acqua dei pozzi. Un altro vero disastro che ci coinvolgere tutti, costretti a fare la spesa ogni giorno senza sapere se gli alimenti che porteremo a casa siano o meno contaminati.

Ancora, come sette anni fa per l’acqua che bevono gli arzignanesi, siamo totalmente inascoltati anche se in Regione sono perfettamente a conoscenza delle ricerche e Monitoraggio effettuate dall’ Istituto Superiore di Sanità.

Assemblea cittadina ad Arzignano contro i PFAS

Ancora una volta chiediamo che la salute e la vita nostra e dei nostri concittadini sia tutelata.

 


Tra l’altro la grandissima area in cui i cibi sono contaminati da acqua malata, ci fa ritenere che il rischio sia esteso a tutta la popolazione del Veneto. Secondo EFSA ogni bambino del veneto assume già, settimanalmente, più del doppio della dose di PFAS ritenuta non a rischio.

Non ci è concesso nemmeno di effettuare le analisi del sangue per controllare a che punto siamo con la contaminazione da PFAS né, tanto meno, siamo informati sulla presenza dei PFAS a catena corta Gen-X e C6O4, che per anni, con tanto di autorizzazione di provincia e Regione, la Miteni ha continuato a produrre e a sversare.

Chiunque legga questo articolo può chiedere al proprio medico di famiglia o al distretto se sia possibile effettuare il dosaggio dei PFAS nel proprio sangue; vi invito tutti a farlo per constatare il diritto che vi viene negato. Vi chiederete il perché. Lo scoprirete da soli.

Chiediamo di mangiare cibi sani così come per anni abbiamo chiesto di bere acqua sana. Questo è il nostro delitto.

 

 

Giovanni Fazio  

 Riportiamo l'intervista alla sindaca di Arzignano e ai dirigenti diAcqua del Chiampo



 

giovedì 5 novembre 2020

CHIUSURA DELLE SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO


NON E’ UN PROBLEMA SCOLASTICO MA DI TRASPORTO PUBBLICO.

“QUI SI VIAGGIA A PIENO CARICO”. PAROLA DI ZAIA

 La inveterata questio del rapporto scuola-trasporti urbani e interurbani non è nata oggi ma è stato uno dei temi in cui il presidente della Regione Veneto ha dato i meglio di sé.

Per rinfrescare la memoria dei sudditi, riporto un mio post scritto ad agosto scorso.




 … Come fa sempre nei suoi frequentissimi spot giornalistici e televisivi, questa mattina, (4 agosto), Zaia ha tranquillizzato i veneti in tema di trasporto pubblico:

«In attesa che a Roma smettano di litigare, noi confermiamo la nostra ordinanza che permette la capienza in base all'omologazione

(l’omologazione dei vagoni ferroviari o degli autobus non è stata data tenendo conto della pandemia bensì di tempi normali; e comunque non è stata mai rispettata. N.d.R.)

Non è un atto di irresponsabilità: se si tratta di svuotare del 40% i bus e del 50% i treni, si dica ai cittadini che non ci sono alternative per il trasporto pubblico.

E il problema che ho io ce l'hanno tutti i colleghi delle Regioni. Non solo. Con il governo è stato firmato un accordo con le parti sociali contenuto nel Dpcm del 13 aprile, in cui si dice che chi sta nel comparto produttivo a distanza inferiore di un metro indossa la mascherina, chi sta a distanza maggiore di un metro non usa la mascherina; non si capisce perché gli stessi lavoratori che stanno vicini con la mascherina al lavoro, non possano stare vicini con la mascherina anche sui mezzi di trasporto».

Zaia non lo capisce o finge di non capirlo forse perché lui i treni dei pendolari non li prende mai.

I trasporti pubblici, molto carenti nel Veneto, non sono una piaga di oggi: sono chiaramente insufficienti da sempre e causa di gravi disagi per coloro che si recano al lavoro o a scuola.

In dieci anni di governo Zaia non si è mai sognato di produrre un piano logistico che permettesse ai veneti di raggiungere i posti di lavoro in maniera dignitosa e in tempi decenti.

La contropartita della carenza di trasporti pubblici è l’inquinamento delle città, tra i più alti d’Italia, l’intasamento delle vie e la spasmodica ricerca di parcheggi, sempre più cari e insufficienti.

Si impiegano ore per raggiungere Vicenza dai paesi vicini, ore di vita rubataquotidianamente agli automobilisti costretti a interminabili file in un traffico saturo di ossidi di azoto, particolati velenosi, biossido di carbonio e altre emissioni che ti accorciano la vita.

Dieci anni di Governo della Regione in cui i ricchi si sono arricchiti ancora di più, ma tutti gli altri debbono arrangiarsi come possono, pagando servizi pessimi o inesistenti e ammalandosi di Covid, visto che oltre ai “carri bestiame” non ci sono altre alternative: l’ha detto lui!

Ovvero, una alternativa c’è: è quella di chiudere le scuole. E a favore di questa soluzione il presidente del Veneto si è sgolato per mesi sul Giornale di Vicenza e nelle TV locali (in questo prontamente imitato da altri presidenti regionali).

E’ stata una pressione logorante che ha costretto il governo, indebolito anche dalle posizioni di una parte del suo schieramento allineata col presidente De Luca (Campania), a ordinare la chiusura delle scuole di secondo grado su tutto il territorio nazionale. Tutto ciò, malgrado i dati statistici davano la scuola il luogo più sicuro (solo il 3% dei contagi) del Paese.

         Non si è tenuto conto de fatto che gli istituti potevano effettuare i doppi turni (mattina e pomeriggio) con orari diversi da quelli delle aziende e degli uffici in modo da dimezzare il traffico nelle ore di punta. Non si è tenuto conto che nelle città meno grandi, come sono quasi tutte le città del Veneto i ragazzi raggiungono la scuola a piedi, in motorino o in bicicletta e, talvolta, accompagnati dai loro genitori in macchina, ma mai con i mezzi pubblici locali che non esistono.

      

   I trasporti urbani , sono di pertinenza dei Comuni, che conoscono bene la situazione del traffico locale e ai comuni sarebbe dovuta essere stata lasciata la scelta in merito evitando di scaricare sulle scuole problemi che non competono loro. Si invoca tanto l’autonomia ma quando te la danno ti lamenti del fatto che ti appioppano responsabilità che sono del Governo Nazionale. Invece no, cari sindaci e caro Zaia, non è il Ministero dei trasporti che deve organizzare il traffico del vostro comune o della vostra regione: mi sembra ovvio.

 

Non ho parole per lo scempio che si fa della scuola e del massacro dei diritti fondamentali degli studenti che gli adulti pretendono di educare. In nessun’altro Stato europeo sono state chiuse le scuole. Condivido in pieno il grido di dolore che sale dal post di Donata. Questo intervento è solo la sottolineatura della ipocrisia con cui si pretende di risolvere una grave mancanza da parte di chi governa la società italiana a tutti i vari livelli, scaricando il peso della propria imperizia e incapacità sulla pelle e la vita dei ragazzi.  

          So benissimo che il tempo di attenzione che si dedica ad un post su Facebook non dura più di un paio di minuti e che una paginetta come questa viene saltata dai più. Purtroppo nella comunicazione nei social prevale l’affermazione sulla argomentazione, il linguaggio lineare a quello sistemico che prende in considerazioni il contesto oltre che il testo. So benissimo che l’intervento su Facebook segue lo schema stilistico del tifo calcistico. Affido, come sempre, il mio messaggio nella bottiglia ad un pubblico di persone e non a una marea di tifosi.

Giovanni Fazio

 

Alleghiamo l’articolo pubblicato oggi su “Il Fatto Quotidiano” dove la chiusura delle scuole secondarie di secondo grado viene analizzata e commentata

https://docs.google.com/document/d/1gkWRAbb7x0R-P0XuJySbiZXZvndtjpU3qLhliR26gCQ/edit?usp=sharing

 



venerdì 16 ottobre 2020

NEL CAOS PIU' TOTALE, TRA COVID, PFAS, MAFIE, TRASPORTI INSUFFICIENTI INIZIA IL TERZO MADATO DI ZAIA


 IL TERZO MANDATO NEL REGNO DI ZAIA


Da febbraio la Regione non è stata in grado di riorganizzare i trasporti per gli studenti e i lavoratori, aspettando la fine di una pandemia che non è arrivata. 

Adesso Zaia chiede di mandare a casa i ragazzi delle superiori. Tuttavia non gli passa per la testa nemmeno l'idea che le scuole potrebbero essere aperte per tutto il giorno e non solo alla mattina e che facendo due turni raddoppierebbe la capacità degli spazi e si organizzerebbero i trasporti al di fuori delle ore di punta.

GARANTIRE LA SCUOLA IN PRESENZA AI RAGAZZI E' IL PRIMO DOVERE DELLE ISTITUZIONI,



NEL CAOS DELLA REGIONE SCOPPIA IL CASO IMMUNI

Nessuno ha raccolto i dati.



Zaia aveva dato il ben servito a Crisanti troppo presto. 

La strage continua.







Mancano gli infermieri nelle case di riposo 

PFAS

Nel frattempo i PFAS arrivano trionfalmente a Vicenza senza che in sette anni nessuno abbia avviato una vera bonifica del sito Miteni

Il professore Foresta dell'Università di Padova trova i pfas negli spermatozoi dei ragazzi di Lonigo.

Dal 2013 nessuna prevenzione per le giovani coppie che desiderano procreare e per la gravide. (A che servono i consultori?)

A quando il controllo dei Pfas nelle gestanti e nello sperma dei genitori? 

    Nel Veneto non è possibile effettuare l'esame del sangue per controllare il proprio stato di contaminazione, tanto meno quello dello sperma, nemmeno a pagamento.

Che ne sarà delle future generazioni?

Nelle scuole non si riescono ad effettuare i controlli in tempi utili




Tra discariche abusive e incendi di capannoni zeppi di rifiuti incontrollati prolificano le mafie



 





Abbiamo ritagliato queste notizie dalle pagine del Giornale di Vicenza degli ultimi tre giorni.

Si tratta di un giornale molto amico del presidente della Regione. Malgrado ciò non può fare a meno di descrivere lo stato di caos e decadenza, le infiltrazioni mafiose, il malgoverno del territorio, i disastri ambientali legati ad esso e la sofferenza di un popolo che muore, vede morire i propri vecchi, scopre un futuro incerto per le nuove generazioni aggredite dai PFAS proprio nel sistema riproduttivo, oltre al resto. Queste notizie di cronaca sono apparse in soli tre numeri del quotidiano, ne abbiamo scartate molte altre per evitare di essere pleonastici.
 Tre giorni, solo tre giorni. Cosa ci aspetterà nei prossimi?

Giovanni Fazio







sabato 3 ottobre 2020

TUMORE AL SENO: 1000 NUOVI CASI OGNI ANNO al Breast Unit di Montecchio Maggiore

 


ogni dodici mesi ci sono 600 interventi effettuati alla Breast Unit diventata polo senologico per l'Ulss 8 Berica e centro d'eccellenza della sanità veneta.”

Meneghini, primario della Breast Unit:

 «Si è abbassata la fascia d'età più colpita che si attesta tra i 35 e i 

50 anni ma è calata la mortalità con possibilità di farcela al 90%»

 

Questo è l’incipit dell’articolo apparso sul Giornale di Vicenza del 30 settembre scorso.

         In coda al sottotitolo la notizia consolatoria … calata la mortalità con possibilità di farcela del 90%.”

Certo non è colpa del dott. Meneghini se l’età del tumore al seno si abbassa paurosamente e un numero di ragazze giovanissime è colpito da questa tremenda malattia.

Il 90% di donne ce la fa, ma quando ti viene diagnosticato il cancro tutto il mondo ti cade davanti. Non sai se farai parte di quel 90% che sopravviverà e ti avvii verso un percorso doloroso e incerto che cancella tutti i tuoi sogni e i tuoi progetti, che ti conduce alla sala operatoria, alla chemioterapia e a lunghi anni di incertezze e di speranza.

         Il dato certo è che la malattia, di anno in anno, colpisce un numero sempre più grande di donne sempre più giovani.

Potete restare indifferenti a queste notizie? Non avete madri, sorelle, figlie?

Non si può restare con le mani in mano mentre le cause che determinano il male crescono smisuratamente sotto i nostri occhi.

Le cause di questo progressivo aumento di tutti i tumori, delle malattie degenerative e metaboliche va trovata nelle condizioni precarie del territorio della nostra regione dove, per favorire profitti e speculazione, si massacra l’ambiente con le ripercussioni che qui vediamo documentate.

È di questi giorni la pubblicazione di “MAL’ARIA DI CITTA’ ” il report annuale di Legambiente sullo stato delle nostre città. 

In parallelo con il crescere dei tumori e delle altre malattie vediamo la crescita annuale dell’inquinamento atmosferico.

“Secondo l’Agenzia Ambientale Europea (EEA) l’inquinamento atmosferico continua ad avere impatti significativi sulla salute della popolazione europea, in particolar modo per i cittadini delle aree urbane.

 Gli inquinanti sotto osservazione, in termini di rischio per la salute 
umana, sono le polveri sottili (Pm), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3) … L’inquinamento ha anche un impatto economico se si considerano i costi sanitari associati, l’accorciamento dell’aspettativa di vita, le morti premature e le giornate di lavoro perse.

A pagarne le conseguenze, come sempre, sono i cittadini.

 Ogni anno sono infatti oltre 60 mila le morti premature in Italia dovute all'inquinamento atmosferico che determinano un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le visite, i giorni di lavoro persi, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all'anno.

Ad oggi infatti i ¾ della popolazione urbana è esposta a concentrazioni troppo elevate rispetto a quanto indicato dall'OMS per le sole polveri sottili (Pm 2,5). Decisamente troppo… Alcuni inquinanti hanno un potenziale impatto sul clima e sul riscaldamento globale a breve termine; l’ozono troposferico (O3) e il black carbon (BC) …

C’è bisogno di politiche integrate ed efficaci e ce n’è bisogno subito.

Non è un problema solo di soldi e di mezzi meno inquinanti: si deve programmare la conversione ad una nuova mobilità, pubblica e condivisa, inderogabilmente a emissioni zero.

 Si tratta di scegliere e progettare da subito il modo in cui dovrà necessariamente cambiare la mobilità nelle aree urbane.

In sostanza l’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia ambientale per la salute umana ed è percepita come la seconda più grande minaccia ambientale dopo il cambiamento climatico.”

 


La citazione del documento di Legambiente che potete scaricare per intero dal LINK
fa il punto sul grave stato della qualità dell’aria nelle nostre città. Fanno riflettere i dati relativi all'elenco delle città inquinate da cui risulta che in testa alla classifica delle città più inquinate d’Italia ci sono ben 5 capoluoghi veneti con in testa Vicenza che occupa il 6° posto della classifica nazionale, seguita da Rovigo, al 7°, Verona  al 9°, Venezia al 13° e Padova al 16°.

Dell’accorato appello di Legambiente e dello stato di rischio in cui vivono i cittadini del Veneto il nostro ineffabile presidente Zaia non si è mai preoccupato né tanto meno occupato e diciamo che nemmeno gli amministratori delle nostre città ci fanno tanto caso visto che al di là di qualche domenica a piedi non mettono in atto nessuna misura strutturale di quelle che suggerisce anche Legambiente.        

Il presidente Zaia, andando contro corrente rispetto alle direttive europee e al buon senso, nel 2018 ha chiuso un progetto che riguardava la realizzazione di un complesso moderno sistema di metropolitane di superficie che avrebbero abbattuto la gran parte dell’attuale traffico automobilistico.

Per quanto riguarda il traffico il nostro presidente evidentemente non si ispira a Berlino bensì al Cairo e Nuova Deli.

 Intanto sempre più gente si ammala e muore.

La stessa totale disattenzione Zaia riserva all'inquinamento che ha colpito, ufficialmente, 360.000 persone, ma se ne stimano più di mezzo milione.

La bonifica del vasto territorio inquinato che riguarda la bassa pianura veneta, compresa in tre province Verona, Vicenza e Padova, dovrebbe essere al primo posto nell'elenco dei progetti finanziati dal Green New Deal, quel patto europeo che prevede una pioggia di miliardi per i progetti di risanamento ambientale.

 

Nell’intervista rilasciata all’indomani della sua rielezione bulgara il presidente elenca i suoi progetti più importanti

 


29/9/2020 Giornale di Vicenza

 

IL FUTURO NEI PROGETTI DI ZAIA.

 «Saranno cinque anni di rivoluzione pacifica, totale, gandhiana, che cambierà radicalmente il Veneto - predica -. 

Del resto ci lasciamo alle spalle il mondo analogico, è il digitale che ci aiuterà a vivere meglio in tanti settori, dalla sanità alle infrastrutture con le Smart road».

Certo, «la madre di tutte le battaglie resta l'autonomia - continua - e anche su questo confermo che abbiamo dei progetti che non faranno piacere a Roma». 

 E non solo.

 Tra le priorità c'è il completamento della Tav: Ci mancano ancora 4 miliardi per la tratta Verona - Vicenza: il Recovery Fund  potrebbe essere la soluzione per poter anche aprire i cantieri». 

E ancora. «La Valdastico va completata a Nord perché servirà a sgravare il polo veronese sul Brennero dal traffico pesante».

 

Il presidente non nomina nemmeno di striscio tra le priorità quella che interessa mezzo milione di persone e l’unica che ha senso, cioè la bonifica di un terzo del territorio regionale, la salvaguardia delle falde idriche, della fascia della ricarica degli acquiferi e la rivoluzione delle tecniche produttive e di smaltimento dei rifiuti.


 
Esiste già un progetto, firmato dal Ministro dell’ambiente, dal presidente della Regione dai sindacati, dai sindaci dei comuni interessati, dalla Confindustria ecc. ecc. che potrebbe essere l’inizio di questo processo epocale e cioè il patto decennale Stato Regione siglato nel febbraio del 2016 che prevede la bonifica dell’intera area del bacino Fratta Gorzone.

 A quattro anni dalla firma  però non è stata messa nemmeno la prima pietra.

Come documenta l’Istituto Superiore di Sanità, migliaia di pozzi con livelli che superano i 50.000 nanogrammi/litro di PFAS sono alla base di un diffuso inquinamento di prodotti alimentari, verdure, frutta, carni, uova ecc. che raggiugono quotidianamente le nostre mense.

Gli scoli del distretto conciario, ricchissimi di veleni, oltre che di PFAS, si irradiano, oltre che nella  bassa pianura,  anche nell'Adriatico, inquinando pesci e mitili.

  Quando parliamo del "PATTO"  stiamo trattando del totale risanamento di tutta la bassa pianura veneta, un’opera di vastissime dimensioni e di durata ultra decennale che occuperebbe migliaia di persone e garantirebbe i prodotti dell’intera area e la salute di centinaia di migliaia di persone.

    Produrrebbe una grande ricchezza e renderebbe la nostra agricoltura competitiva a livello mondiale.

Tutto questo al nostro presidente, a Confindustria e ai nostri sindaci non interessa affatto, nemmeno dal punto di vista del grande valore economico ed occupazionale che avrebbe un'opera del genere, forse perché prima di iniziare a bonificare, ovviamente, bisognerebbe smettere di inquinare e questo tasto non è particolarmente gradito all'industria della concia e affini.

 Parleremo nel prossimo post della bonifica mancata e di quello che arriva nelle nostre mense, dei limiti PFAS decretati da Zaia per gli acquedotti che non sono uguali a zero, come lui afferma, ma 390 nanogrammi/litro. 

Nel frattempo accontentiamoci dei mille casi annuali di tumori al seno nella Breast Unit di Montecchio Maggiore.

 

Giovanni Fazio


La provincia di Vicenza è la più cementificata d'Italia
 


domenica 27 settembre 2020

NUOVI TAGLI NELLA SANITA’ VENETA


 IL TETTO IMPOSTO AI MEDICI PER LA SPESA FARMACEUTICA

 PASSA DA 113 EURO PER ASSISTITO NEL 2019 A 50 EURO PER ASSISTITO NEL 2020.

 

Un duro risveglio per tanti cittadini che hanno votato plebiscitariamente Zaia.

 Il presidente più amato dai veneti nel discorso di ringraziamento all’indomani della sua rielezione ha detto che la Sanità sarà il primo punto che sottoporrà alla sua attenzione.


Infatti non ha perso tempo per imporre un ulteriore taglio:

 il 23 settembre è arrivata ai medici di famiglia una circolare della Direzione della AULSS 8 che impone a tutti i sanitari di rientrare del 4,1% poiché

 “Sulla base della spesa del periodo gennaio - luglio 2020, la nostra Azienda non rispetta il tetto assegnato per un valore di 990.690 euro, con uno scostamento del 4.1%.”

Questo tetto di spesa, fissato dalla Regione, non è dato sapere sulla base di quali criteri scientifici, scende progressivamente, di stagione in stagione, infatti nel 2019 il tetto massimo di spesa da non superare era di 113 euro.

 Ciò mette i medici, e di conseguenza gli assistiti, in gravi difficoltà per potere restare nei limiti di spesa sempre più ristretti imposti dalla Regione.

Non lamentatevi pertanto se domani il vostro medico sarà costretto a modificare la terapia che state assumendo da sempre poiché da ora in poi, nel Veneto di Zaia, la spesa farmaceutica pro capite non potrà superare i 50 euro per assistito (meno della metà di quanto si poteva prescrivere fino a qualche mese fa).

Prosegue la circolare:

“Da un'analisi dei dati provenienti dalla lettura delle ricette, aggiornati a marzo 2020, le categorie terapeutiche che incidono maggiormente sulla nostra spesa convenzionata sono le seguenti:

 

-        farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie,

-        sostanze ad azione sul sistema renina-angiotensina,

-        sostanze modificatrici dei lipidi,

-        farmaci per disturbi correlati all'acidità.”

Si tratta di farmaci indispensabili per curare l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e le gastro duodeniti.

 


Proprio in questi giorni ci giunge una accorata lettera del Presidente dell’Ordine dei Medici di Vicenza dott. Michele Valente

 

“… Con la legge di riforma degli Ordini, l’Ordine dei Medici è divenuto “organo sussidiario dello Stato” con finalità di tutela della salute dei cittadini, intervenendo nel controllo della professione per salvaguardare la qualità delle prestazioni mediche.

Questa funzione (attribuita per legge) spesso genera una sorta di incomprensione e addirittura di fastidio di fronte a prese di posizione dell’Ordine su scelte politiche e manageriali dettate esclusivamente dal contenimento dei costi, con conseguente abbattimento della qualità delle prestazioni e danno sulla salute della gente perché qualcuno vorrebbe gli Ordini subordinati alla politica e i Medici non più liberi e autonomi nelle loro decisioni cliniche ma ingabbiati nella “medicina amministrata.

Gli Ordini non sono mai andati troppo “a braccetto” con il potere costituito, perché parlano e agiscono nell’esclusivo interesse dei pazienti, perché difendono i valori della Professione Medica, una professione liberale, perché scelta liberamente e perché portata avanti da uomini liberi e indipendenti.

Dott.Michele Valente
 Le minacce alla autonomia e libertà del Medico hanno avuto negli ultimi anni molte manifestazioni che hanno tentato di ridimensionare la nostra professione riducendo il Medico a solo erogatore di prestazioni, in pratica un semplice fattore produttivo governato da una tele-burocrazia asfissiante e senza senso.

L’Ordine, in autonomia e libertà, fa il proprio dovere rifiutandosi di subordinare la Deontologia e i Valori della nostra professione alle decisioni, spesso incomprensibili e unilaterali imposte dalla politica. Valori e Deontologia che per i manager rampanti della sanità sono concetti da “rottamare”, ma che per noi Medici, tutti i Medici, hanno un valore essenziale.”

 

Questa durissima critica non viene da un partito politico di opposizione ma da un “Organo dello Stato”, quale è, al di sopra delle parti, l’Ordine dei medici.”

La continua sottrazione di risorse alla sanità pubblica, marcia a tutto vapore nel Veneto, alla faccia delle dichiarazioni ufficiali.  

Il risultato evidente è la sofferenza dei cittadini, condannati a lunghissime

file di attesa e a ticket non più accettabili se, come dicono le statistiche ufficiali, ben 800.000 cittadini del Veneto hanno rinunciato alle cure e per l’eccessivo costo di terapie, visite specialistiche ed esami.

                                                                                                                              La politica non è quella che vediamo quotidianamente in TV ma quella cheviviamo duramente ogni giorno in una regione che si vanta di eccellenze sanitarie mentre taglia sempre di più i finanziamenti alla sanità pubblica.

A margine di questa notizia, vorrei ricordare lo SPRECO DI DENARO PUBBLICO che rappresenta la costruzione, del tutto ingiustificata, di un nuovo ospedale a Montecchio Maggiore ad appena 5 km di distanza dall’ospedale di Arzignano, dettato da motivi di pura propaganda politica e da considerazioni meramente campanilistiche.

Anche questo è il Veneto di Zaia

 

Ospedale di Montecchio in costruzione: uno spreco di denaro pubblico

Giovanni Fazio