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domenica 26 dicembre 2021

CONTAMINAZIONE DA PFAS

 

Marcus Orellana in visita alla Miteni (foto Federico Bevilacqua)


L’accusa di Orellana alla Regione 

e gli incensamenti del Giornale di Vicenza.

 

A pagina 15 del Giornale di Vicenza del 24 dicembre appare un articoletto attribuito ad una dichiarazione della dottoressa Francesca Russo, direttrice del Dipartimento regionale di prevenzione.

Il quotidiano titola:

 Dal 2017 dimezzati i valori di Pfas nel sangue di chi è stato esposto”.

Il giornalista non ha riportato correttamente, nel titolo, le testuali parole rilasciate dalla dottoressa Francesca Russo che in realtà ha detto:

Una parte di coloro che erano stati esposti ai Pfas e che erano stati chiamati per i primi biomonitoraggi nel 2017, adesso evidenzia concentrazioni di quelle sostanze nel sangue che sono dimezzate…”

Quindi è solo una parte dei soggetti che ha dimezzato la quantità di PFAS nel sangue. Non sappiamo, tra l’altro, quale sia la percentuale di costoro rispetto a tutti coloro che sono stati monitorati.

Come mai non tutti quelli che pure hanno bevuto acqua filtrata, come gli altri, si sono liberati di una parte dei PFAS? Evidentemente costoro hanno assunto PFAS da un’altra fonte, molto probabilmente, dagli alimenti (Ciò è spiegato, infatti, da un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità del 2017)

         Il titolo dell’articolo che avrebbe dovuto essere, come al solito rassicurante, in realtà nasconde il fatto che una parte dei contaminati, dopo quattro anni, non ha dimezzato la presenza dei perfluorati nel proprio sangue. Ecco la vera notizia.

         Proseguendo nella sua dichiarazione la dottoressa Russo afferma: “È la conferma che con il tempo vengono eliminate dal corpo”.

Questa “conferma” in realtà è pleonastica poiché da molti anni è arcinoto che i PFAS, col passare degli anni, si dimezzano e successivamente, dopo altri lunghi anni, tendono a scomparire dal sangue dei contaminati, a patto che questi ultimi si attengano ad una dieta totalmente esente da perfluorati.

È proprio questo il motivo per cui continuiamo a chiedere alla Regione di creare una certificazione “Pfas Free” per una linea di prodotti alimentari esenti da PFAS, così come esiste un marchio “Gluten free” per i prodotti che non contengono glutine.

         Dare la certezza dell’assenza di perfluorati nei cibi rappresenta una indispensabile possibilità di prevenzione per i soggetti a rischio o già malati.

Orellana in visita alla Miteni 04/12/2021 ( foto F.B.)

 














l’intervista si chiude con la comunicazione della dottoressa Russo che il previsto monitoraggio a campione che avrebbe dovuto essere eseguito nel comune di Trissino è stato rinviato, causa Covid 19.

 Questa è una vera notizia e rientra nei numerosissimi ritardi e marce indietro con cui la Regione ha trattato la problematica Pfas fino ad ora.

L’autore del pezzo, di cui non si conosce il nome (si firma Cri. Gia), ha ritenuto opportuno aggiungere una strabiliante dichiarazione di Zaia:

 “Il presidente della Regione, Luca Zaia, ieri a palazzo Balbi, ha voluto fare il punto sull'inquinamento da Pfas in Veneto, anche alla luce dell'ultima missione dell'Onu. “Nonostante il Covid - ha dichiarato -. Abbiamo mantenuto la promessa e abbiamo realizzato il nuovo acquedotto.”

Beh, vorrei vedere che non si fosse provveduto a realizzarne uno nuovo a otto anni di distanza dalla scoperta dei PFAS nel Veneto e dopo tanti anni di veleni propinati con l’acquedotto a 21 comuni!

 Piuttosto, il presidente dovrebbe scusarsi dell’enorme ritardo con cui si sta provvedendo a chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi.

 Anche in questo caso il senso della realtà è capovolto.

 Zaia aggiunge:

 Il Veneto è diventato un modello di riferimento nazionale grazie al laboratorio per l'analisi dei Pfas perché nel 2013 il Cnr ne aveva segnalato la presenza, tutta da verificare. Ma allora non si sapeva neppure come misurarli.”

Se nel 2013 il CNR ha segnalato la massiccia presenza di PFAS nel torrente Poscola, accanto alla Miteni, evidentemente si sapeva come misurarli. Sarebbe bastato che l’Arpav effettuasse alcuni prelievi così come ha fatto il CNR, visto che l’UE segnalava già dalla fine del 1999 la presenza di interferenti endocrini nei fiumi europei e invitava Stati e Regioni ad attivarsi per individuarli.     

 E conclude:

 “… la nostra è stata l'unica Regione a rimboccarsi le maniche. Siamo ancora i soli ad aver avuto il coraggio di fare una legge coi limiti dei Pfas pari a zero nonostante i 43 ricorsi pendenti.”

In realtà i limiti fissati dalla Regione Veneto in data 26/09/2017 per l’acqua potabile sono di 390 ng/litro di PFAS totali, come ognuno può verificare leggendo le bollette dell’acqua pubblicate da Acque del Chiampo. 

Non risultano nuovi decreti regionali che fissino la percentuale di PFAS a valori più bassi né tanto meno a valore = 0, né per l’acqua potabile né per gli scarichi industriali.

Pertanto, il “coraggio” di fissare il limite zero è una pura fantasia di Zaia.

 bel modo di rispondere alle accuse dirette a lui dai commissari dell’ONU!

Bando alle chiacchiere.

C’è una verità, cui il presidente e i suoi tecnici non sono in grado di controbattere, pronunciata da Marcos Orellana, Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla violazione dei diritti umani in relazione alle sostanze tossiche:

la Regione, pur essendo al corrente da tempo dell’inquinamento degli acquedotti di 21 comuni della zona rossa, non ha avvisato i cittadini, incurante della diffusione della contaminazione riguardante circa 360.000 persone.

Giovanni Fazio

 

Roma Istituto Luigi Sturzo (foto Giuseppe Ungherese)


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