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sabato 29 luglio 2017

Xe pèso el tacòn del buso. Zaia corregge l’intervista al Giornale di Vicenza ma non blocca l’inquinamento da PFAS.



Caro presidente,

Ho visto la sua foto pubblicata oggi sul Giornale di Vicenza.
Faccia stanca, barba di tre giorni, i famosi basettoni alla Teddy boy anni ’60 sbiaditi, capelli che virano malinconicamente verso il bianco, mascelle serrate, come di chi da mesi vive in uno stato di continuo stress, e soprattutto lo sguardo, due occhi come due fessure che non riescono a nascondere lo sgomento di questi giorni e, al contempo, indagano l’interlocutore quasi temendo nuove insidie.

La vecchia eleganza demodé che caratterizzava la sua figura e lo spirito di persona che galleggiava nel successo sono svanite per lasciare il posto ad un uomo ansioso e preoccupato.

E io la capisco, proprio nel momento in cui un referendum di grande spessore propagandistico si avvicina per celebrare la potenza e il successo degli ex indipendentisti veneti una macchia indelebile, idrorepellente e grasso repellente, si allarga su tre provincie della regione che ella governa.

Si tratta, come anche lei finalmente ormai sa, della più grande contaminazione industriale mai avvenuta nelle preziosissime acque del Veneto.


E’ proprio questa macchia la causa ultima delle sue angosce.

Tralasciamo per ora le altre numerosissime questioni non meno angoscianti come la pedemontana, gli ospedali, le cementificazioni, i cementifici della bassa padovana, ecc.

Questa macchia così inopportuna la costringe a smentire quanto riportato temerariamente dal Giornale di Vicenza in una intervista recentissima in cui le si attribuiva la dichiarazione:

La Miteni attuale non risulta colpevole, la contaminazione viene da precedenti attività".

Lei afferma:

“La frase riportata non corrisponde affatto a quanto scritto nella lettera a mia firma, che recita invece come segue:
"Nel caso della Miteni non si ha alcuna evidenza, grazie all'assiduo controllo a cura di Arpav, che l'attuale attività produttiva sia condotta con modalità contrarie alle norme ambientali; mentre è evidente che le manifeste criticità siano da ricondurre alla pesante contaminazione del sito su cui opera la ditta causata da precedenti attività.”

Lei non dice infatti che la Miteni non sta inquinando ma solo che si sta attenendo alle modalità prescritte, che è cosa ben diversa.

Ha fatto bene a precisare, presidente, infatti, coi tempi che corrono e con una inchiesta giudiziaria in corso, bisogna stare attentissimi con le parole;

gli stessi concetti si possono esprimere con giri di parole meno rischiosi ma in questo caso xe pèso el tacòn del buso.

Infatti le evidenze di un inquinamento che continua ai giorni nostri ci sono eccome.

La Miteni a suo tempo dichiarò che la produzione dei vecchi PFAS era stata chiusa nel 2015 e che da quella data si sarebbero prodotti soltanto perfluorati a catena corta, tra cui PFBA (Acido perfluorobutanoico) e PFBS (Acido perfluorobutansulfonico).
MONTORSO 30 NG/LITRO DI PFBS

Prodotti che benignamente la ULSS di Vicenza, senza alcuna documentazione scientifica, definisce “MENO TOSSICI”.

Se le cose stanno come afferma la Miteni come mai questi prodotti nuovi si trovano nell’acqua distribuita da Acque del Chiampo ai comuni di Chiampo, Arzignano, Montecchio, Brendola e Lonigo?

E’ la stessa società che gestisce gli acquedotti che ne certifica la presenza.


Da dove sono arrivate queste molecole nell’acqua potabile?

E’ un mistero che ancora una volta Zaia ma anche Nardone, attuale amministratore della Miteni, dovranno spiegarci.

ARZIGNANO 16 NG/LITRO DI PFBS
Se sono presenti nella rete dell’acquedotto (sia pure in quantità non eclatanti) è segno che sono presenti nelle falde e nei pozzi da cui l’acquedotto attinge l’acqua. 
Ma se nelle falde e nei pozzi si trovano le nuove molecole prodotte dalla Miteni dal 2015 in poi, è segno che l’attività inquinante è ancora in atto.

Tra tanti “misteri” una certezza noi l’abbiamo ed è quella che nessuno dei tre depuratori di Trissino, Arzignano e Montebello è in grado di trattare e smaltire i PFAS.

Pertanto queste molecole, corte o lunghe che siano, continuano il loro viaggio verso nuovi lidi indisturbate.

Se vengono prodotte MOLECOLE TOSSICHE E INQUINANTI che non possono essere trattate ed eliminate dalle strutture adibite a proteggere le acque e l’ambiente, la produzione di queste molecole deve essere sospesa immediatamente.

Molte sono le autorità civili che hanno la facoltà e il dovere di intimare questo divieto ma la più importante di queste è proprio quella del Presidente del Consiglio Regionale che, come sta avvenendo in altre regioni, per esempio nel Lazio, per questioni ambientali diverse ma non meno importanti, ha il dovere di impedire che l’attività inquinante della Miteni continui.

Per cui, con gentilezza le chiediamo, prima che sia il procuratore della Repubblica a farlo: “Salga sulla nave, casso!”

Giovanni Fazio


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