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giovedì 9 novembre 2023

PER SALVARE LA SANITA' PUBBLICA I MEDICI SI MOBILITANO

 


Una Legge di Bilancio squilibrata per i Sanitari e per il SSN. Ci mobilitiamo per non smobilitare. Chiediamo un incontro al ministro Schillaci. Il comunicato dell’Intersindacale

·    08/11/2023-

L’Intersindacale dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del SSN sente forte l’esigenza di condividere tutte le forme di mobilitazione finalizzate a modificare la legge di bilancio. 

Una legge in cui manca qualsiasi idea di riforma e di finanziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale. Si continua, ormai da troppi anni, a mettere toppe ad un sistema che lascia insoddisfatte ampie fasce di tutela sanitaria dei cittadini, a causa del progressivo definanziamento dei servizi pubblici e delle controriforme costruite secondo le logiche del risparmio e della sostenibilità economica.

 Questa miopia strategica non ha fatto che favorire la sanità privata convenzionata e la sanità integrativa deludendo le promesse di difesa e potenziamento del Servizio sanitario nazionale.

 Abbiamo bisogno di un programma di riforma e di finanziamento mirato di lungo respiro che investa prima di tutto sul personale con lo sblocco al tetto di spesa che impedisce alle Aziende sanitarie di integrare con assunzioni a tempo indeterminato, secondo i CCNL, gli organici ormai ridotti ai minimi termini, prevedendo anche uno stop definitivo all’appalto di personale e al lucro delle cooperative.

 


Questa legge di bilancio riduce il valore del Fondo sanitario nazionale rispetto alle previsioni di andamento del PIL. Infatti, i 3 miliardi di finanziamento aggiuntivo sono completamente assorbiti sia dalle risorse necessarie per il rinnovo dei contratti per il triennio 2022/2024, che pure sono sottofinanziati rispetto all’inflazione registrata nel triennio, sia dallo sblocco del tetto di spesa previsto per la sanità convenzionata e dai provvedimenti tappabuchi di finanziamento delle prestazioni aggiuntive dei professionisti ormai stremati dal sovraccarico lavorativo.

 

Siamo sconcertati, in  particolare, dal taglio retroattivo, previsto in legge di bilancio, del rendimento delle pensioni di professionisti che hanno regolarmente pagato i contributi previdenziali ed hanno investito risorse per il riscatto degli anni laurea. Un provvedimento incostituzionale con il quale il governo intende fare cassa con una patrimoniale che colpisce solo i dipendenti pubblici che da “eroi” sono oggi trasformati in bancomat.

 

È una finanziaria che non si limita soltanto a tagliare i rendimenti delle future pensioni dei medici rientranti nel “sistema misto”, ma che aumenta ancora le penalizzazioni economiche per l’uscita anticipata, come ad esempio quota 103 e 1/2. Sfavorendo così anche i giovani, limitando e penalizzando ancora la pensionabilità in base alla “Opzione Donna”.

 


Una legge di bilancio che sul fronte delle entrate non prevede nessuna reale lotta all’evasione fiscale, mentre l’Irpef – dei lavoratori che la pagano regolarmente – ormai finanzia oltre il 20% delle spese Inps complessive.

È una finanziaria che non fa nulla per salvaguardare il cassetto previdenziale Inps rispetto a quello assistenziale di cui gode anche chi non ha versato contributi e che non fa nulla per introdurre per la contribuzione Inps una quota “a capitalizzazione” rispetto al suo sistema interamente “a ripartizione”.

 

In sostanza questa legge di bilancio:

Non contiene le misure necessarie per stabilizzare i precari.

Non sblocca i tetti alle assunzioni di nuovo personale.

Non affronta l’iniqua corresponsione differita, dichiarata incostituzionale, del TFS/TFR dei dipendenti pubblici, penalizzati rispetto ai dipendenti privati.

Non mantiene le promesse fatte sulla valorizzazione extracontrattuale dell’indennità di specificità professionale e sulla defiscalizzazione del salario accessorio e delle prestazioni aggiuntive.

Con questa linea il Governo favorisce la fuga dal lavoro del pubblico impiego, favorisce il lucro delle “cooperative” e dei medici gettonisti, asseconda il profitto dei grandi gruppi della sanità privata e continua a tutelare i monopoli di lobbies private alle quali sono appaltati la sanità e altri servizi pubblici non sanitari, emarginando di fatto le regioni da una politica sanitaria a protezione dei propri abitanti.

 

Sono queste le motivazioni che ci spingono a mobilitarci ed a sostenere ogni iniziativa sindacale necessaria a modificare gli attuali dannosi indirizzi governativi della bozza della legge di bilancio, ad iniziare da quelle della prossima settimana e di quelle che seguiranno.

 

È il momento della coesione sindacale per tutelare i professionisti a beneficio dei servizi offerti ai cittadini, occorre superare le divisioni corporative che frammentano il panorama sindacale, prestando il fianco alla disintermediazione voluta dalle Istituzioni per indebolire la protesta e tacitare le proposte.

 

In rappresentanza dei 135 mila Dirigenti medici, veterinari e sanitari che lavorano nei servizi pubblici l’Intersindacale chiede un incontro al Ministro della Salute per rivedere i provvedimenti inopportuni di questa legge di bilancio e per riavviare il percorso di confronto, iniziato mesi fa, sulle riforme necessarie a ripensare la formazione dei professionisti, i fabbisogni di personale, l’organizzazione di servizi e del lavoro, a partire dalla revisione del DM 70 e 77.

  • AAROI-EMAC
  • FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO- SNR)
  • FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SSN
  • FVM FEDERAZIONE VETERINARI E MEDICI
  • UIL FPL MEDICI E VETERINARI
  • CISL MEDICI

 

 

 


 

lunedì 30 ottobre 2023

Cancro della tiroide, rischio aumenta con l’esposizione alle PFAS

 



Il 30 ottobre il quotidianosanità.it pubblica una ricerca scientifica che rivela la correlazione tra cancro della tiroide e PFAS

Ancora un’evidenza sulla dannosità dei PFAS per l’organismo umano. Uno studio condotto da ricercatori del Mount Sinai di New York ha scoperto una correlazione tra esposizione ai PFAS e aumento dei casi di cancro della tiroide.

25 OTT – 

Secondo uno studio pubblicato da e Bio Medicine, esiste una correlazione tra esposizione a sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) e un aumento del rischio di cancro della tiroide

La ricerca è stata condotta da un team del Mount Sinai di New York (USA).

I PFAS sono inquinanti che persistono a lungo nell’ambiente e possono migrare nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Queste sostanze sono utilizzate in prodotti di largo consumo fin dagli anni Quaranta, come pentole antiaderenti, indumenti idrorepellenti e tessuti antimacchia.

Lo studio

I ricercatori americani hanno studiato l’associazione tra i livelli plasmatici di PFAS e la diagnosi di cancro della tiroide tramite BioMe, una biobanca del Mount Sinai. In particolare, il team ha preso in considerazione 88 pazienti con cancro della tiroide – con campioni di plasma raccolti prima o al momento della diagnosi di tumore – e 88 controlli, non affetti da cancro, che corrispondevano per sesso, etnia, età, indice di massa corporea, status di fumatore e anno di raccolta del campione ematico. I ricercatori hanno misurato i livelli di otto PFAS nei campioni di sangue tramite una tecnica metabolomica non mirata e li hanno confrontati tra i pazienti con tumore della tiroide e i soggetti di controllo.

Le evidenze

Dai risultati è emerso che l’esposizione ad acido perfluoroottanosolfonico (n-PFOS) portava ad un aumento del rischio di diagnosi di cancro della tiroide del 56%. Inoltre, andando a verificare l’intervallo di tempo tra l’arruolamento in BioMe e la diagnosi di cancro della tiroide, emergeva anche un’associazione positiva tra l’esposizione a n-PFOS e il rischio di cancro della tiroide.

“Con il sostanziale aumento del cancro della tiroide in tutto il mondo negli ultimi decenni, abbiamo voluto approfondire l’eventuale contributo dei PFAS e abbiamo scoperto che, almeno parzialmente, questi inquinanti possono spiegare l’incremento dei casi di cancro della tiroide.

 È un argomento che andrebbe approfondito”, conclude Maaike van Gerwen, primo autore dello studio.

Fonte: eBioMedicine 2023



 




venerdì 13 ottobre 2023

FERMARE LA GUERRA

 



L’Italia e l’Europa possono intervenire in Medio oriente per fermare la corsa al massacro e aprire una conferenza internazionale per un assetto definitivo e pacifico della Palestina

La vendetta non paga, al contrario, un intervento contro il popolo di Gaza solleverà una protesta internazionale anche contro di noi europei! 

 

Si sta conducendo anche da noi in Italia una sporca guerra combattuta con le parole.  Il tono delle accuse ad Hamas, per la inaccettabile e gravissima strage di civili, non è contestualizzato e non ha una pari valenza nei confronti del terrorismo esercitato da Israele e dei suoi crimini contro l’umanità. 

Allontaniamo da noi il rumore di fondo di  questa ipocrita discriminazione, perpetrata da quanti oggi si stracciano le vesti per i crimini di Hamas, e prendiamo atto che siamo di fronte ad una lotta di resistenza armata da parte di un popolo oppresso.

L'Europa sta commettendo gli stessi errori di quando sosteneva l'occupazione francese dell'Algeria e la guerra del Viet Nam.



Il terrore è usato abbondantemente da entrambe le parti. Non ci sono buoni e cattivi.

Se chiamiamo terroristi i combattenti di Hamas perché non facciamo altrettanto nei confronti di chi, deliberatamente, bombarda la piazza di un mercato uccidendo 50 persone e ferendone moltissime altre?

Non è forse terrorismo chiudere sotto assedio, sottraendo viveri, medicinali, acqua potabile e energia, e bombardare ferocemente una città dove vivono due milioni di persone incolpevoli ? lo spettro del ghetto di Varsavia aleggia sulle macerie fumanti.

Si può deportare un popolo di due milioni di persone verso un futuro ancora peggiore del presente?

Fermare la guerra  subito.

Per quanto estremamente difficile, è possibile se si accetta di riconoscere tutte le cause che l’hanno generata. Non si tratta di inviare al tribunale dell’Aia imputati di entrambe le parti ma di chiudere per sempre la questione.

 


La strada intrapresa fino ad ora non ha prospettiva. Chiusa male una guerra, ne comincerà una nuova. Uccisioni e ribellioni continueranno a ripetersi negli anni a venire.

 

Solo un percorso di pace può cambiare positivamente la storia.

 

L’Europa può essere la  mediatrice di una svolta,  un garante forte per una Palestina libera e disarmata, che operi per la soluzione dei nodi che si sono accumulati in anni di scontri e atrocità, che agisca per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi, che costruisca le tappe per la fine all'occupazione militare da parte di Israele e guidi verso un percorso di pace, realizzabile solo con il riconoscimento reciproco delle parti belligeranti.

Lo stato di Israele, così com’è attualmente, è una realtà colonialista creata su presupposti  di discriminazione razziale e religiosa. Non è possibile non prendere atto che il modo con cui calpesta i Palestinesi nella loro terra è un crimine contro l’umanità, paragonabile a quello di tutte le dominazioni coloniali del passato.

L’alternativa è l’idea di una vera democrazia, dove tutte le realtà etniche, sociali, di genere, religiose  dovranno essere riconosciute e rispettate su un piano di assoluta parità.  

Ci sono sei milioni di palestinesi che vivono nei lager, in Palestina, dislocati in tutta la regione. Oltre un terzo vive, da tantissimi anni  in campi profughi in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania, nella striscia di Gaza. Costoro, dimenticati dal mondo, hanno pieno diritto di un riconoscimento internazionale, del ritorno a casa, della restituzione di quanto è loro stato sottratto e del riconoscimento economico per le sofferenze che hanno patito.


La causa della grande sofferenza di un popolo innocente è nostra, di noi europei, vincitori e vinti; sia dei nazisti che degli alleati che, alla fine della seconda guerra mondiale, assecondando  le sirene dei sionisti,   imposero con la forza dei vincitori  la nascita di uno stato ebraico in Palestina.

Noi Europei, per cinquecento anni siamo stati feroci oppressori degli abitanti di 4 continenti.      I popoli che abbiamo schiavizzato e derubato guardano con il dovuto disprezzo ciò che noi chiamiamo "Civiltà occidentale".

Una “vendetta” violenta e crudele su Gaza da parte degli israeliani sarà vissuta come un ulteriore insulto dai mussulmani di tutto il pianeta, genererà ancora odio e incontenibile antisemitismo in ogni angolo della terra, sarà vissuta con sdegno e sofferenza da milioni di persone in tutto il mondo.

Il pianeta non sarà più sicuro per nessuno. Sta a noi impedire nuove torri gemelle. Sta a noi impedire la nascita di nuove generazioni di terroristi.

È stato un grave errore pensare di governare, chi è escluso dal nostro benessere, con gli eserciti, i muri e la violenza. Sarà molto dura. Le offese, da entrambe le parti sono e sono state molto gravi ma lo furono ancora più gravi tra noi e i tedeschi nell’ultimo conflitto mondiale e tra i giapponesi, bruciati dall’atomica, e gli americani

È bene che tutti si rendano conto che è nostro interesse sanare la questione.

Blocchiamo le armi. Disarmiamo i generali. Portiamo pane, scuole, ospedali, giardini e feste. Restituiamo dignità umana a tutti coloro cui è stata sottratta. Abbattiamo le porte dei lager e di Gaza, mettiamo al servizio di una pace duratura e universale tutto il nostro impegno e tutto lo sforzo economico possibile.

Giovanni Fazio

 



lunedì 9 ottobre 2023

GAZA

 UNA GUERRA DI CUI SIAMO RESPONSABILI

 


Quanto sta avvenendo oggi in Israele mi ricorda due episodi storici che determinarono la fine del colonialismo in Viet Nam e in Algeria.

L'offensiva del Têt fu un grande attacco a sorpresa sferrato dall'esercito nordvietnamita e dai Viet Cong durante la guerra del Vietnam. L'offensiva fu lanciata la notte del capodanno vietnamita, cioè tra il 30 e il 31 gennaio 1968 e avvenne durante la presidenza di Lyndon B. Johnson.



LA BATTAGLIA DI ALGERI

Nelle prime ore della mattina del 1º novembre 1954, guerriglieri del FLN eseguirono molteplici attacchi organizzati in varie parti dell'Algeria contro installazioni militari, posti di polizia, magazzini e mezzi di comunicazione. Dal Cairo, il FLN emise via radio un comunicato in cui esortava il "popolo algerino" e i "militanti della causa nazionale" ad insorgere per la "restaurazione dello Stato algerino, sovrano, democratico e sociale, all'interno dei principi dell'Islam, e per il rispetto di tutte le libertà fondamentali senza distinzioni di razza e di religione".



La guerra è orribile ma diventa l’ultima istanza di un popolo come quello palestinese che vive dal 1967 sotto occupazione militare da parte di uno stato sionista che, grazie al continuo sostegno delle potenze occidentali, si è installato in terra di Palestina continuando a sottrarre terra e risorse agli abitanti del luogo, incolpevoli, e cacciati nei campi profughi per tutta la vita.

 

Riporto un articolo di Elena Basile


scritto oggi sul Fatto Quotidiano

“Settantacinque anni di occupazione israeliana e di una politica occidentale piena di doppi standard che ha lasciato incancrenire la situazione, uccidendo ogni possibile  orizzonte politico per una mediazione israelo-palestinese, basata sul principio onusiano dei due Stati, sono alla base dell’orrore  odierno. Lo capirebbe uno studente liceale. Gli analisti occidentali, esperti del conflitto, invece si limitano a condannare i barbari che   sgozzano i civili e a riproporre il diritto di Israele all’autodifesa, come se fosse questo diritto a essere messo in discussione. 

 

La soluzione dei  due Stati è stata di fatto accantonata, i dialoghi di pace mai ripresi, l’attività del Quartetto resa impossibile dalla guerra permanente  alla Russia, l’attività dei coloni armati giustificata, le spedizioni punitive delle truppe di occupazione israeliane anche. Si è avuta  l’impudenza di pensare di normalizzare una situazione di ingiustizia evidente con un accordo tra Israele, Emirati Arabi , Bahrein e a  breve con l’Arabia Saudita sulla pelle dei palestinesiGaza prigione a cielo apertoLe risoluzioni Onu mai applicate da Israele. Sono  fatti oggettivi o no? Ricordate Operazione  Piombo fuso del dicembre 2008: quanti morti e mutilati palestinesi, signor Mieli? Era  stato appena eletto Obama e aspettai con segreta speranza che il nuovo presidente, colui che per ragioni misteriose avrebbe ricevuto  il Nobel per la pace, dicesse una parola di netta condanna al massacro da parte di Israele. Invano.

 

Campo profughi palestinese

Come al solito, per evitare gli  attacchi dei seminatori di odio, dovrò premettere qual che si dovrebbe dare per scontato: criticare la politica israeliana e  statunitense   (una politica estera europea mi sembra inesistente) non significa odiare gli ebrei o gli americani. Anzi c’è una storia gloriosa ebraica,   un’intellighenzia amata e rispettata ovunque, che ha creduto e in parte realizzato la democrazia: l’unica in Medio Oriente.

La  contraddizione più recente, come sottolinea Gad Lerner, è data dall’impossibilità di riconciliare una democrazia interna (seppure  parziale con varie categorie di cittadini di serie Bcon una politica di occupazione all’estero.

 

Allo stesso modo la società civile  americana, le avanguardie artistiche e culturali, le università, la mobilità e il dinamismo sono da portare a esempio. È la giaculatoria che dobbiamo ripetere per evitare i più grossolani linciaggi: come riconoscere che fra Mosca e Kiev c’è stato un aggressore tattico e la  violazione materiale delle frontiere ucraine è stata effettuata dalla Russia.

 

 Tornando ai fatti che i colti analisti odierni rifiutano di  considerare, ripeteremo all’infinito che non esistono i buoni e i cattiviesiste storicamente una violenza di Stato che genera guerre e  terrorismo.

 

Nel conflitto israelo-palestinese l’occupazione è israeliana, la negazione del diritto di autodeterminazione del popolo  palestinese è israelianale incursioni nelle moschee e nelle chiese sono israelianela violazione delle risoluzioni Onu è israeliana.

 Non si mette in discussione il diritto alla difesa, ma una politica israeliana e occidentale nutrita di doppi standard e soprusi che crea il mostro Hamas. Così come una politica aggressiva di espansione della Nato e di rifiuto di considerare gli interessi legittimi di  sicurezza  della Russia ha creato il Putin invasore.

 

Un mondo in bilico, scrive Mieli. Non si sa bene, paragonando la Russia o Hamas e l’Iran a  Hitler, a quale nuova guerra mondiale stia chiamando l’Occidente. Possibile che uno storico non comprenda che le relazioni  internazionali sono fatte di equilibri tra interessi contrapposti, che la diplomazia serve a spiegare le ragioni del nemico e, se  l’Occidente ripiega su sé stesso, rompendo il dialogo con Cina e Russia, membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, le crisi  scoppieranno nei vari scacchieri internazionali sempre più violente?

 

Un cattolico direbbe che Mieli andrà all’inferno. Non sono cattolica, ma credo che gli intellettuali dovrebbero contribuire all’analisi oggettiva dei conflitti, evitare le mistificazioni ipocrite e le  pericolose incitazioni a serrare le fila e all’odio del nemico in un mondo a rischio di guerra nucleare. Giorgio Parisi, premio Nobel per  la Fisica, ricorda che non c’è più il telefono rosso e che lancette del giorno del giudizio restringono i tempi.”

 

Quando ogni strada è chiusa alla giustizia un popolo può ricorre solo alla rivolta.

Come afferma Elena Basile non significa essere antisemita e odiare gli ebrei. Tuttavia su questo equivoco, creato ogni qualvolta gli israeliani mortificano, uccidono, espropriano e incarcerano i palestinesi, anche bambini, si basano le accuse a quanti prendono le parti di un popolo oppresso e umiliato da più di cinquant’anni. 

 

Analisi semantica di lessico ipocrita e falsificante.

 

Andare a casa di altri per fondare uno Stato, anche se te lo ha detto Dio in persona, si chiama colonialismo.

Creare uno stato dove la nazionalità dipende dall’essere ebreo si chiama razzismo.

Si chiamava così anche in Sud Africa quando ad avere diritto alla nazionalità erano i coloni Boeri.

 


L’esclusione dai diritti di cittadinanza ai non israeliani si chiama Apartheid.

La lotta dei Palestinesi contro una occupazione militare  straniera si chiama Resistenza.

I combattenti per la loro patria  occupata militarmente si chiamano partigiani .

Oberdan fu trovato in una pensione di Vienna con delle bombe con cui intendeva uccidere l’imperatore: era un patriota o un terrorista?

Inviare armi in ucraina significa aiutare un paese ingiustamente occupato

Inviarli in Palestina per aiutare la Resistenza significa terrorismo.

Ospitare milioni di profughi ucraini in Europa è un atto di solidarietà,

respingere i profughi palestinesi è definito “difesa dei confini”.

 

Le parole e l’ignoranza della storia ci rendono ipocriti. Per non continuare a sbagliare linguaggio basta usare, una volta tanto, il cervello  e, per un attimo, mettersi nei panni dei palestinesi, magari cristiani, come quelli che vengono perseguitati a Nazaret dai sionisti; oppure in quelli di un disgraziato, che fugge dai disastri che la nostra civiltà occidentale ha creato in tante parti del mondo, e vede annegare in mare o morire al margine del deserto sua moglie e sua figlia. Se considerassimo esseri umani  coloro che stanno dall’altra parte del reticolato forse il mondo sarebbe migliore.

 

Giovanni Fazio




 


   

 

 

 

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