Visualizzazioni totali

martedì 9 gennaio 2024

MELONI SOGNA UN TRONO; SU UN CUMULO DI IMMONDIZIE

 



Mentre Meloni urla che vuole “un presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini”, frase demagogica che, dietro le apparenze di un popolo che sceglie da sé i suoi rappresentanti, propone in realtà l’istituzione di un nuovo sistema TOTALITARIO.

Infatti, collegando a tale scelta una legge elettorale con un premio maggioritario del 55 per cento  alla lista del presidente,  il dibattito parlamentare diventerebbe una pura formalità .


Lo capisce anche un bambino e, soprattutto, ne sono coscienti tutti coloro che fino ad ora non sono andati a votare, rifiutando la farsa di leggi elettorali anti democratiche e anti costituzionali come quella definita, senza pudore, “legge porcata” dallo stesso relatore Calderoli.


 Ricordiamo l’umiliante episodio di un Parlamento che votò le dichiarazioni di Berlusconi secondo cui una prostituta minorenne marocchina sarebbe stata la nipote del presidente egiziano Moubarak. Un Palamento Prono e senza dignità che sghignazza sulla faccia dei cittadini onesti e disgustati.

Siamo giunti a questa totale ininfluenza delle indicazioni dei cittadini alla elezione del Parlamento e del Senato dopo il referendum tenutosi nel 1991 che aveva modificato la legge, consentendo un solo voto di preferenza.

Questa modifica fu applicata unicamente durante le elezioni politiche del 1992, in quanto nel 1993 venne varata una nuova legge elettorale, la legge Mattarela, che introduceva un sistema misto maggioritario-proporzionale con liste bloccate, eliminando quindi completamente il voto di preferenza.


Da allora in poi la preferenza fu cancellata da tutte le leggi elettorali che seguirono.

 Anche la successiva legge elettorale entrata in vigore nel 2005, la legge Calderoli, ha mantenuto il sistema delle liste bloccate.

Nel novembre del 2017 nella legge Rosato (PD) non è prevista l'espressione di voti di preferenza, cosicché nei collegi plurinominali, una volta determinato il numero degli eletti che spettano a ciascuna lista, i candidati vengono nominati secondo l'ordine fissato dal partito al momento della presentazione della lista stessa.

L’accorpamento delle coalizioni e i doppi turni, previsti nelle attuali leggi elettorali, allontanano ancor di più la volontà dei singoli cittadini dai risultati elettorali, che esprimono solo minoranze auto referenziali che si aprono la strada verso il potere attraverso premi di maggioranza.  

Non entro nel merito dei grandi dibattiti che seguirono l’esclusione del voto di preferenza, che comunque era molto comoda a chi deteneva le redini dei partiti, qualunque essi fossero. Faccio inoltre notare che il voto di preferenza è invece tuttora previsto dalle elezioni europee. (Se avessero tentato di cancellarlo anche lì, i cittadini europei avrebbero certamente disertato le urne) e la UE non esisterebbe più.

Alla prova dei fatti, l’idea quindi che le preferenze fossero manipolabili non ha condizionato la legge per l’elezione del Parlamento europeo, né ha provocato le tremende conseguenze prefigurate dai sostenitori delle liste bloccate.

È chiaro ormai che il motivo della disaffezione crescente al voto è determinato dalla chiara percezione, da parte dei cittadini, della propria ininfluenza nella scelta dei deputati e dei senatori (ormai diventati una vera casta che in gran parte si autoriproduce).

Una disaffezione dovuta anche al disgusto per la presenza, in Parlamento e in Senato, di pregiudicati e inquisiti per reati amministrativi gravissimi; allo spettacolo delle auto assoluzioni, alla lontananza dai problemi reali del Paese e alla sostanziale omogeneità degli schieramenti contrapposti, ormai da tempo profondamente infiltrati e corrotti da una ideologia ordoliberista che sta demolendo lo Stato e il welfare, delegando il potere politico al mercato e alle banche.  

Come cantava il duca di Mantova “questa o quella per me pari sono”.

Le motivazioni che Meloni adduce per giustificare la sua proposta sono le continue crisi di governo che si susseguirono nella cosiddetta prima repubblica. È vero ma quei governi che si susseguivano seguendo comunque una ispirazione politica univoca, realizzarono il grande miracolo economico e sociale di una Italia contadina che in pochissimo tempo divenne la seconda realtà manufatturiera Europea.

Un notevole impulso alla modernizzazione e alla trasformazione democratica del paese fu dato dalla presenza di un forte partito comunista e del partito socialista nonché la presenza di un forte movimento sindacale. La presenza di queste forze politiche smorzò sul nascere tentativi autoritari, colpi di stato e iniziative anti operaie e gettò le basi per quello che nel 1969 fu chiamato l'autunno caldo. 

 Furono anni di grande progresso in cui la vita e l’economia del nostro paese migliorò a vista d’occhio. Quei governi diedero vita all’ENI (ente di stato),  che consentì all’Italia una autonomia economica nel campo dell’energia, fino ad allora governata dalle “Sette sorelle” cioè da un pool di corporation inglesi, francesi e americane. Costruì meravigliose autostrade in un paese in cui la dorsale appenninica creava notevoli difficoltà alla loro realizzazione; favorì la motorizzazione civile, nazionalizzò l’energia elettrica, portando la corrente in tanti comuni dove i privati non l’avrebbero mai portata, abbassando le tariffe e uniformando in meglio il servizio nazionale. Adesso, più di settecento gestori  di un servizio  riprivatizzato criminalmente dai governi liberisti costituiscono il dramma di milioni di famiglie abbandonate alla babele e al caos della liberalizzazione.

Tirò fuori dal medioevo paternalista la società civile, rinnovando il diritto di famiglia, istituendo il divorzio e il diritto della donna alla maternità e alla interruzione di gravidanza e dando alle donne accesso definitivo alla scolarizzazione e al lavoro. Promulgò lo statuto dei lavoratori e istituì il Servizio Sanitario Nazionale, tra i più ammirati del mondo, determinando un allungamento della speranza di vita e migliorando notevolmente la salute dei cittadini Italiani.

Quali critiche insulse può fare oggi Meloni a una classe politica e un sistema istituzionale che hanno modernizzato l’Italia rendendola un paese europeo a tutti gli effetti? Forse il suo desiderio di potere incontrollato la porta a immaginare una Italia rifascistizzata nella sostanza, una democratura che ha per modello l’Ungheria di Orban?

È necessario ripartire dal diritto dei cittadini di scegliersi i propri parlamentari, di interrompere il ciclo, inaugurato dalla cosiddetta seconda repubblica, che ha portato il paese alla dipendenza della finanza internazionale attraverso un debito pubblico spaventoso.

Esso fu creato ad arte nel 1981 da carlo Azeglio Ciampi, Governatore della banca d’Italia, e Beniamino Andreatta, ministro del tesoro dei governi di Arnaldo Forlani e Giovanni Spadolini. L’operazione semplicissima fu quella di togliere l’obbligo, della Banca d’Italia di acquistare i titoli di stato invenduti durante le aste annuali.

Da allora i governi successivi dovettero cercare nel mercato i compratori dei titoli invenduti, sottostando a esosi interessi crescenti che hanno determinato la attuale situazione debitoria ormai non più controllabile. Grazie a quella manovra adesso siamo in un circuito che non ha sbocchi e che fa aumentare ogni anno di più gli interessi che ci vengono estorti dagli strozzini internazionali

Cosa sta facendo Meloni rispetto a ciò se non adeguarsi alle nuove regole europee che, in nome del debito, ordinano tagli alle pensioni, tagli alla sanità e al welfare, tagli a tutta la spesa pubblica, cioè una paralisi totale delle funzioni dello stato, indebolito dal blocco del turn over imposto anche esso dall’Europa.

Siamo molto lontani dall’epoca di quei governi a vita breve che seppero lanciare in avanti l’Italia nel mondo e diedero lavoro e benessere a intere generazioni. Adesso, grazie alla economia di mercato, il paese languisce e Meloni non vede altro che sé stessa regnante su un cumulo di immondizie.

 Giovanni Fazio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 5 gennaio 2024

ALLARME SANITA': I NUMERI DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

 




La spesa dei cittadini ormai è un euro su quattro. Il Ssn resta un grande malato. I fondi in manovra sono un palliativo, al sistema serve una cura da cavallo.

Marzio Bartoloni – IL Sole 24 Ore

5 Gennaio 2024

 

Sfonda 40 miliardi il costo per le cure pagato dagli italiani: quasi metà è assorbito da visite e interventi per aggirare le code. Il Ssn resta ancora un grande malato. I fondi in manovra sono un palliativo, al sistema serve una cura da cavallo

La spesa sanitaria degli italiani per la prima volta ha sfondato quota 40 miliardi. Un record assoluto che si traduce in una amara realtà: ormai i cittadini per curarsi mettono di tasca propria un euro su quattro del totale di quanto si spende in Italia per la Sanità visto che il Servizio sanitario, con le tasse che paghiamo, ne spende altri 130 miliardi. Dopo la frenata del 2020 quando in piena pandemia la spesa sanitaria privata era crollata a 30,7 miliardi (-11,6%) l’anno successivo è risalita a 37,16 miliardi e poi appunto ha raggiunto i 40,26 miliardi nel 2022 con un aumento di oltre l’8 per cento. Un segnale questo dell’esplosione della domanda di salute che ha mobilitato tra spesa pubblica e privata quasi 170 miliardi, come ha appena certificato la Ragioneria generale dello Stato nel suo ultimo rapporto sulla spesa sanitaria pubblicato lo scorso dicembre. Si tratta di una montagna di soldi che però non sembra sufficiente a soddisfare la richiesta di cure visto che l’Istat sempre nel 2022 ha registrato un dato allarmante e cioè che oltre 4 milioni di italiani (il 7%) hanno rinunciato a curarsi per vari motivi: se nel 2020 e in parte anche nel 2021 la ragione principale per rinunciare ad andare in ospedale e negli ambulatori era il timore di contagiarsi con il Covid nel 2022 il primo motivo di rinuncia – per quasi 2,5 milioni di italiani – è stato quello delle liste d’attesa che si sono allungate con la pandemia seguito poi dalle ragioni economiche (per meno di 2 milioni di italiani).

Chi può dunque – come certifica la Ragioneria generale dello Stato – paga di tasca propria magari per evitare le liste d’attesa e lo fa in particolare per visite specialistiche ed interventi che, in linea con gli anni precedenti, continuano ad avere un peso prevalente (45,8%) sul totale dei 40 miliardi di spesa a carico dei privati. Mentre farmaci e dispositivi medici assorbono un altro 25 per cento. Tra le visite specialistiche la parte del leone la fanno quelle dal dentista che rappresentano circa il 30 per cento.

A confermare questo trend ormai inarrestabile è anche l’ultimo rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva dal quale emerge che a causa dei lunghi tempi di attesa e della mancata copertura da parte del servizio sanitario di alcune prestazioni, la gran parte dei cittadini con patologie croniche e malattie rare – circa 24 milioni di italiani – sono costretti a sostenere spese private: il 67,8% lo fa per visite specialistiche effettuate in regime privato o in intramoenia; il 60,9% per l’acquisto di parafarmaci; il 55,4% per esami diagnostici; il 44,6% per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati. Tra chi ha bisogno delle cure a domicilio, il 47,8% reputa il numero di ore di assistenza erogati inadeguato e il 23,9% parla di sospensione o interruzione del servizio. Non va meglio con la riabilitazione: la metà dei pazienti ritiene i cicli insufficienti e 1 su 3 segnala la mancata erogazione del servizio.



 

La manovra in realtà stanzia i fondi (280 milioni l’anno) per pagare di più gli straordinari di medici e infermieri da destinare in particolare all’abbattimento delle liste d’attesa (oltre ad aumentare il tetto di spesa per ricorrere ai privati). Ma il rischio è che questa misura faccia flop come emerge anche da una indagine appena realizzata da Fadoi (la Federazione dei medici internisti ospedalieri) su un campione rappresentativo di camici bianchi per i quali la formula straordinari meglio pagati uguale meno liste di attesa è giudicata efficace solo dal 9,87% degli intervistati, mentre per il 41,18% serve assumere personale e per il 19,92% organizzare meglio le attività. Per il 27,7% andrebbero invece ridotte le prescrizioni e solo per l’1,33% bisognerebbe ricorrere di più al privato convenzionato.

Dai gettonisti alle liste d’attesa: il Ssn resta ancora un grande malato. I fondi in manovra sono un palliativo, al sistema serve una cura da cavallo

Lo spreco. I medici gettonisti pagati a peso d’oro – anche più di 1500 euro per coprire un turno di 12 ore – rischiano di restare nelle corsie ospedaliere fino al 2025 

 

Da una parte il grande spreco dei gettonisti pagati a peso d’oro – anche più di 1500 euro per coprire un turno di 12 ore – che rischiano di restare nelle corsie fino al 2025. Dall’altra le eterne liste d’attesa che condannano come ha ricordato il capo dello Stato Sergio Mattarella nel discorso di fine anno a tempi per visite ed esami «inaccettabilmente lunghi» tanto da essere diventati dopo il Covid la prima causa di rinuncia alle cure costringendo, chi può permetterselo, a pagare di tasca propria (si veda articolo a fianco).

Eccoli i sintomi forse più evidenti della malattia che colpisce da tempo il Servizio sanitario nazionale costretto oggi ad affittare a caro prezzo il personale o a provare a mantenere in servizio i medici fino a 72 anni per non chiudere i battenti (l’estensione dell’età pensionabile potrebbe arrivare con un emendamento al milleproroghe).

Il Ssn che proprio nei giorni scorsi ha compiuto 45 anni assomiglia ormai più a un malato cronico che a un signore di mezza età. Acciacchi e mali di vecchia data sono sempre lí a fiaccarlo: dal sotto finanziamento alla carenza di personale fino alle diseguaglianze sulle cure che spaccano Nord e Sud.

Partiamo dai fondi: l’ultima manovra appena varata dal Parlamento ha aggiunto 3 miliardi nel 2024 e poi 4 miliardi nel 2025 e 4,2 miliardi nel 2026.

Una boccata d’ossigeno che vale un aumento di circa il 3% per il Fondo sanitario che raggiungerà con le nuove risorse la cifra record di 136 miliardi. Una cifra questa che non basta però a metterci in linea almeno con i Paesi europei più vicini visto che in termini di spesa sanitaria pubblica pro-capite (con i nostri 3255 dollari nel 2022) siamo ben al di sotto a esempio della Germania che spende il doppio di noi (6930 dollari) o della Francia (oltre 5mila) e sotto alla media europea (4128 dollari) e a quella Ocse (3899 dollari). Sotto di noi solo Spagna, Grecia e Portogallo.

 

 

 

CE LO ORDINA L’EUROPA

Il problema – va detto – viene da lontano, da oltre 15 anni e cioè da quando tutti i Governi di ogni colore hanno tagliato o non finanziato in modo adeguato il Ssn.

A pagare le spese del prolungato sotto finanziamento è stato soprattutto il personale sanitario – almeno 40mila i medici, gli infermieri e gli altri operatori in meno in un decennio con un lieve rialzo solo grazie al Covid – su cui pende da quasi 20 anni un odioso tetto di spesa: in pratica per assumere non si può spendere più di quanto speso nel 2004 meno l’1,4 per cento. Un vincolo, questo, che ha pesato provocando una carenza cronica di operatori e che ha contribuito per chi lavora tra turni stressanti e stipendi fermi per anni alle fughe all’estero o verso il privato – quest’anno se ne stimano 7mila – in un malessere crescente culminato nei recenti scioperi a dicembre contro la manovra che saranno replicati ora a gennaio.

 

 

Da qui la scorciatoia dei gettonisti – medici e infermieri in affitto da cooperative – pagati profumatamente per coprire i buchi in corsia e che sono dilagati negli ultimi anni tanto che il ministro della Salute Orazio Schillaci a maggio scorso ha deciso con il decreto bollette una stretta provando a vietarli gradualmente. Un addio però che potrebbe allungarsi addirittura al 2025 vista l’interpretazione estensiva che sembra prevalere nell’applicazione delle norme: dopo gli affidamenti fatti entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto (quindi entro maggio 2024) ci sarà la possibilità di usufruire di altri 12 mesi per nuovi affidamenti stavolta in base alle linee guida che il ministero della Salute sta per licenziare – dopo aver sentito l’Anac – fissando prezzi calmierati per pagarli (si ipotizza un massimo di 70-80 euro l’ora lordi). Intanto per ora solo la Lombardia ha deciso di dire addio ufficialmente ai gettonisti.

Tra i mali più atavici c’è poi quello del divario di cure, soprattutto tra Nord e Sud: secondo l’ultimo monitoraggio del ministero della Salute sul rispetto dei livelli essenziali di assistenza, le cure cioè che deve garantire il Ssn in tutto il Paese, emerge che tra le 14 Regioni che superano la soglia della sufficienza ci sono solo tre Regioni del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte si trovano a fondo classifica. Una differenza che spinge i pazienti meridionali a fare le valigie per curarsi negli ospedali del Centro-Nord: nel 2022 questa migrazione – soprattutto da Calabria, Sicilia e Campania – è costata tra ricoveri e visite circa 3 miliardi incassati in particolare da Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana che sono le destinazioni sanitarie più gettonate.

Ecco perché i soldi in più in manovra – destinati soprattutto a rinnovare i contratti dei sanitari per provare ad arginarne la fuga – potrebbero rilevarsi solo un palliativo per mantenere in vita un Servizio sanitario nazionale che avrebbe bisogno invece di una cura da cavallo.

 

 

 

 

 

 

 

 


mercoledì 3 gennaio 2024

Il ritorno di Erode

 



Dopo oltre duemila anni in Palestina ritorna la strage degli innocenti per mano di un nuovo Erode. La malvagità è la stessa ma i mezzi sono molto più potenti e i risultati sono incomparabili

Essi (I Re Magi) erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».

Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode.

Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. (Matteo, 2, 13-23).

Fuga in Egitto e strage degli innocenti, è un capitolo del Vangelo di Matteo che consegna alla storia dell’umanità la vergogna di una strage degli innocenti prodotta dal potere politico dell’epoca all’alba dell’avvento dell’era cristiana.

Il disegno di Erode non riuscì perché Giuseppe e Maria, avvertiti dall’angelo, misero in salvo il bambino Gesù fuggendo in Egitto.

Oggi per i genitori della Striscia di Gaza, anche se avvisati dall’Angelo, non sarebbe più possibile mettere in salvo i loro bambini fuggendo in Egitto perché il valico di Rafah è chiuso e non può passare nessuno.

Non è possibile per i genitori palestinesi trovare alcun rifugio dove mettere al sicuro i loro bambini. Non possono trovare protezione nelle scuole dell’UNRWA dove migliaia di famiglie si sono rifugiate confidando che le sedi dell’ONU sarebbero state risparmiate; invece anche lì sono cadute le bombe che hanno ucciso, assieme ai rifugiati, 135 funzionari delle Nazioni Unite. Non possono trovare protezione negli ospedali che, secondo il diritto delle genti, sono luoghi dove vige l’immunità dalla guerra perché anche gli Ospedali sono stati attaccati, i pazienti evacuati e i neonati lasciati morire nelle incubatrici per mancanza di elettricità. 21 dei 36 ospedali della Striscia sono stati chiusi, 11 sono parzialmente funzionanti e quattro possono offrire solo servizi minimi. Sono stati uccisi 72 medici e centinaia di paramedici, attaccate 102 ambulanze; come se non bastasse, sono state bombardate anche le famiglie degli sfollati che avevano trovato rifugio nei cortili degli ospedali credendoli un luogo sicuro.

Non ci sono solo i genitori che hanno perso i bambini vittime della nuova strage degli innocenti, ci sono anche i bambini che si sono trovati improvvisamente privi della protezione dei genitori. Secondo un rapporto della ong Euro-Med Human Rights Monitor, con sede in Europa, circa 25.000 bambini di Gaza hanno perduto uno o entrambi i genitori. E 640mila non hanno più una casa. La ong ritiene che il numero totale di bambini e ragazzi morti superi i 10.000 poiché i corpi di tanti minori non sono stati recuperati dalle macerie.

Secondo gli studiosi la strage degli innocenti, di cui riferisce l’evangelista Matteo, provocò la morte di 50/60 bambini. Ancora oggi in una cripta della chiesa della natività a Betlemme è possibile vedere un mucchio di piccoli teschi che, secondo la tradizione, sono i resti dei bimbi fatti uccidere da Erode.

Dopo oltre duemila anni in Palestina ritorna la strage degli innocenti per mano di un nuovo Erode. La malvagità è la stessa ma i mezzi sono molto più potenti e i risultati sono incomparabili; non più spade e coltelli ma aeroplani che sganciano la morte dall’altro con bombe da mille kg che esplodendo possono sbriciolare un intero palazzo e togliere la vita a centinaia di persone in un lampo. C’è stata una grande evoluzione tecnologica ma dietro tanta modernità si cela il volto primitivo dell’uomo della pietra e della fionda descritto da Quasimodo: “T’ho visto: eri tu, /con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, /senza amore, senza Cristo. / Hai ucciso ancora, /come sempre, come uccisero i padri.”

Netanyahu ha superato Erode di molte grandezze, ma non crediamo che se ne vergognerà mai. Piuttosto dovremmo vergognarci noi, le Cancellerie degli Stati democratici, che hanno fornito e stanno fornendo a Netanyahu gli utensili per praticare la strage, mentre i miserabili leader politici italiani ed europei, non hanno neanche il coraggio di dire a Erode: fermati!

Domenico Gallo

facebookCondividi

TwitterTweet

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

Mi piace

Commenta

Condividi

 

domenica 17 dicembre 2023

Sciopero nazionale il 18 dicembre di medici, farmacisti, veterinari e psicologi.

 


La protesta delle sigle Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl. Tutte le informazioni necessarie per aderire.

Riportiamo un comunicato del SIVeMP  che annuncaia una nuova

giornata di lotta in difesa della sanità pubblica e delle condizioni di

lavoro del personale sanitario.

Lo sciopero si svolgerà domani 18 dicembre in tutta Italia.

i dettagli nel link sottostante.


NOTIZIE NOTIZIE ED APPROFONDIMENTI

 "Il 18 Dicembre i medici, veterinari, farmacisti, psicologi, biologi e dirigenti sanitari, di AAROI-EMAC, FASSID, FVM e CISL Medici incrociano le braccia, bloccando tutte le prestazioni che sono funzionali, quindi indispensabili, per tutte le altre prestazioni ospedaliere e territoriali, comprese quelle della filiera agro-zootecnica-alimentare.

Diamo così seguito allo stato di mobilitazione e alla sequenza delle numerose iniziative di protesta finora adottate, più che mai necessarie, per opporci ad una Manovra che va a danno del Servizio Sanitario Pubblico, non risponde alle esigenze del personale sanitario, strizza l’occhio al privato e, cosa più grave di tutte, non riduce una lista d’attesa e non tutela la salute dei cittadini.

Difendere il Servizio Sanitario Nazionale ha per noi un valore morale oltre che politico, per evitare che un patrimonio fondamentale della nostra società e del nostro welfare possa essere abbandonato a una politica incapace e piegata a interessi di mercato.

Le 4 sigle sindacali hanno già inviato formale diffida sulle modalità e prassi applicative non conformi alla normativa vigente ai legali rappresentantii delle Aziende ed enti pubblici del SSN, degli IZS, degli IRCCS e delle strutture private con un rapporto di convenzione e/o di accreditamento con il SSN hanno predisposto la documentazione informativa necessaria per aderire allo sciopero."


Invitiamo tutti a sostenere la lotta del personale ospedaliero, ultimo baluardo contro la privatizzazione del servizio pubblico.
La privatizzazione di sanità, scuola, pensioni e welfare in generale è da sempre un obiettivo della politica liberista che ha conquistato ampi spazi nello schieramento nazionale. Purtroppo questa ideologia è penetrata da anni anche in vasti strati delle formazioni della sinistra italiana e internazionale, che devono ritrovare un contatto stretto con la realtà del lavoro e la difesa dei ceti deboli.
La privatizzazione spinta delle istituzioni economiche dello Stato è stata una politica europea fin dalla fondazione della EU. 
Respingere questa politica non significa, come qualcuno vuole farci credere, essere anti europeisti, al contrario riteniamo che l'Europa è lo spazio in cui bisognerà intervenire per la difesa dei lavoratori e delle loro famiglie, la difesa dei pensionati, vessati delle politiche economiche capitalistiche, e di tutti i cittadini che vedono accrescersi i livelli di povertà.
La politica nazionale e internazionale non può essere gestita dal mercato (cioé da ristretti gruppi economico-finanziari) essa deve tornare ai cittadini, secondo le norme previste dalla Costituzione.
Non si vince nessuna battaglia settoriale se non la si colloca all'interno di un contesto ben definito che è causa del disastro che affligge i popoli europei.  
Sosteniamo la lotta dei sanitari che può avere successo se si ascrive all'interno di un movimento più vasto per una democrazia ecologica e anticapitalistica che restituisca sovranità piena ai cittadini.

Giovanni Fazio

martedì 12 dicembre 2023

CILLSA INFORMA A RADIO COOPERATIVA oggi dalle 12.00 alle 14.00


OGGI A RADIO COOPERATIVA
GIOVANNI FAZIO
INTERVERRA' SU 

"   FRATTA GORZONE 

PROGETTI CHE STATO E REGIONE 

HANNO IGNORATO E ACCANTONATO DA ANNI. 

INIZIATIVE DEI SINDACI DI ARZIGNANO E CHIAMPO

 E DEL GESTORE  ACQUE DEL CHIAMPO".


LA TRASMISSIONE IN DIRETTA SI PUO' ASCOLTARE NEL CELLULARE

dalle 12.00 alle 14.00

semplicemente cliccando su Google " RADIO COOPERATIVA" e, alla comparsa  dell'immagine della testata, riportata in questo post, cliccando il tasto "Ascolta in  diretta la radio"



Gli ascoltatori possono intervenire in trasmissione attraverso i numeri telefonici 
 049 880 90 20049 880 02 87


Attualmente il Fratta Gorzone, un fiume che riceve gli scarichi di cinque depuratori del distretto conciario arzignanese, è l'unica fonte di acqua superficiale, oltre al canale LEB, che porta acqua sottratta all'Adige per l'irrigazione dei campi nell'area Sud del Veneto centro occidentale.

Purtroppo il canale LEB non è sufficiente per un'area così vasta.        In oltre una parte della sua acqua viene usata per diluire il fortissimo inquinamento del Fratta Gorzone (atto illegale) e una parte vastissima dei pozzi privati è inutilizzabile perché è stata contaminata da PFAS da parte della MITENI.

In queste condizioni la Bonifica del Fratta Gorzone è indispensabile e non rinviabile

Tuttavia i due maxi piani per effettuare questa operazione, firmati dal Ministero e dalla Regione, dal 2005 ad oggi non hanno mai visto un  inizio lavori; nemmeno la posa di una prima pietra.

 I sindaci dei comuni rivieraschi non si sono particolarmente interessati al caso, in tutti questi anni. 

La paura degli agricoltori che i raccolti di prodotti contaminati da PFAS vengano messi al bando, crea in tutta l'area un clima di omertà che si riflette nell'inazione dei politici.

Il controllo dei prodotti che giungono ai mercati, attualmente non effettuato. Questo, accanto alla bonifica del fiume è il primo passo indispensabile per la prevenzione della contaminazione di centinaia di migliaia di persone ignare, che fino ad ora si sono fidate delle istituzioni. 

L'inazione, a fronte di tale situazione non può non essere considerata un crimine contro l'ambiente e contro la salute dei cittadini.

In questo contesto si innesta l'azione della associazione CiLLSA che  da anni informa la cittadinanza e opera con le istituzionali locali per ridurre il danno con iniziative parziali ma efficaci.

Radio Cooperativa è una stazione radio indipendente aperta al confronto. 

 

Lo sbocco del dotto A.Ri.C.A. nel Fratta Gorzone a Cologna Veneta

venerdì 8 dicembre 2023

Il Governo pensa di saccheggiare le pensioni di oltre 700mila lavoratori “anziani” e di impoverire ulteriormente quelle dei lavoratori giovani.

  


 M
ilioni di italiani che non riescono ad accedere alle cure necessarie.

 Fvm: uno sciopero, due scioperi, tre scioperi, una mobilitazione e un governo che non ascolta. Le chiacchiere senza materia sulla “difesa del SSN” non incantano più nessuno

di Aldo Grasselli*. 

17/12/2023

 "Secondo il 57° Rapporto Censis per la sanità pubblica risorse “strutturalmente inferiori” ai big Ue e carenza di personale. L’80% degli italiani è molto preoccupato per il futuro del Ssn e oltre 7 persone su 10 guardano al privato per aggirare le attese.

A detta del Presidente della FIASO “I professionisti della sanità sono sicuramente il bene più prezioso del nostro sistema sanitario nazionale, vanno valorizzati (…) ritenendo però che lo sciopero non sia lo strumento più adeguato per risolvere il problema della sanità pubblica”.
Il Ministro della salute Schillaci polemizza con Anaao e Cimo per lo sciopero del 5 dicembre e paventa, per delegittimarne il significato, divergenze tra i sindacati dei dirigenti medici e sanitari.


Nel ricordare che anche FVM insieme ad AAROI, FASSID e CISL Medici ha programmato uno sciopero di 24 ore il 18 dicembre, suggerendo alle parti politiche che hanno in mano il Governo di non guardare il dito ma la luna, ribadiamo senza sosta perché il mondo della sanità è in agitazione da mesi, perché si è avviata una mobilitazione articolata e generale, perché le chiacchiere senza materia sulla “difesa del SSN” non incantano più nessuno, a cominciare dai milioni di italiani che non riescono ad accedere alle cure necessarie.

Ripassiamo in sintesi le motivazioni delle nostre proteste sulla Legge di bilancio e in generale sulla politica sanitaria del Governo Meloni che aveva promesso ben altri scenari.
A fronte di un’evasione fiscale che supera i 100 miliardi annui per la quale si è inventato il concetto di “pizzo di stato”, il Governo pensa di saccheggiare le pensioni di oltre 700mila lavoratori “anziani” e di impoverire ulteriormente quelle dei lavoratori giovani.
A fronte di carenze croniche di personale sanitario e medico, il Governo, anziché eliminare il tetto alle assunzioni e reclutare il personale necessario, tollera lo sperpero di denaro pubblico a favore di medici gettonisti e cooperative tappabuchi.
A fronte di un’inflazione che ha reso perdente il Contratto di lavoro di medici e sanitari 2019/2021 il Governo non riesce nemmeno a farlo firmare entro dicembre dopo che i sindacati e l’Aran lo avevano sottoscritto a settembre per pagare il lavoro agli eroi del triennio del Covid
A fronte di ripetuti solleciti della Corte Costituzionale il Governo ancora non elimina la norma iniqua che sequestra per periodi anche di più anni il TFS (Trattamento di Fine Servizio) dei sanitari andati in pensione
A fronte di una evidente necessità di fidelizzare il personale sanitario, che sempre più spesso si sposta nella sanità privata portandosi dietro la relativa professionalità acquisita nel SSN, non si trovano le risorse per aumentare le retribuzioni alla media UE e per premiare la specificità e non si assume in modo da rendere più agevole e meno rischioso il clima lavorativo
A fronte di un “Decreto Anticipi” che doveva distribuire risorse del CCNL 2022-2024 come sedativo pre elettorale in una tantum natalizia le Regioni hanno fatto sapere che senza il trasferimento delle risorse l’operazione è impossibile
A fronte di una valorizzazione del lavoro di pronto soccorso non si può contare su nessun incremento tangibile sino al nuovo contratto
A fronte di ripetute richieste di definire il contratto di formazione lavoro per gli specializzandi si prosegue nel loro utilizzo senza garanzie.
A fronte di un evidente arretramento delle tutele sanitarie dei cittadini si racconta che il Fondo sanitario nazionale non è mai stato così alto, dimenticando di dire però che nel frattempo tutti i valori sono aumentati per l’inflazione (non solo per gli sprechi mai combattuti) e che il rapporto Fondo sanitario/PIL ci vede sempre come fanalini di coda dell’UE.
A fronte di tutto questo il nostro sciopero è una condanna senza condizionale di una politica di risparmio sulla pelle dei cittadini che lo stesso Ministero della salute subisce impotente lasciando alle Regioni (ammutolite) il compito di dipanare i nodi che stanno aumentando sul pettine del giudizio popolare.
Scioperare per chi lavora in sanità è ovviamente un gesto estremo, è una condizione di protesta frenata dal senso di responsabilità, può sembrare un gesto poco appropriato e spesso poco partecipato.
È vero! I medici, i veterinari e i sanitari, come tutti i lavoratori del SSN, scioperano di malavoglia perché hanno una missione da compiere.
Una missione che spesso i sanitari non possono assolvere per dare risposte adeguate ai cittadini, perché chi decide sulla sanità (il MEF) non è capace di fornire le risorse necessarie, che invece riserva alle banche o ai ponti, portando la sanità pubblica al baratro."

 Considerazioni: Sosteniamo il drammatico appello dei medici che abbiamo riportato per intero, poiché la Sanità pubblica è una preziosissima risorsa dell'intero popolo italiano che le corrotte pratiche di un governo ultra liberista sta mettendo volontariamente a rischio.

 Sono 2 milioni e 250 mila gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4% dell'intera popolazione).

 La maggior parte sono donne (1 milione e 250 mila) e anziani.

Giovanni Fazio