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lunedì 24 ottobre 2022

SUL TAVOLO DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI VERONA L’INQUINAMENTO DI A.Ri.C.A.

 LA CONSIGLIERA REGIONALE CRISTINA GUARDA INTERVIENE IN DIFESA DEI COLTIVATORI E DELLA SALUTE.

 

Sbocco del dotto A.Ri.C.A. nel Fratta Gorzone

In questi giorni la Consigliera Regionale Cristina Guarda ha denunciato con un esposto alla procura di Verona, il gravissimo stato di inquinamento del fiume Fratta Gorzone, chiedendo la chiusura del dotto A.Ri.C.A. che raccoglie i reflui dei cinque depuratori del distretto conciario arzignanese scaricandoli  più in giù, nella bassa pianura, all’altezza di Cologna Veneta.

Era inevitabile che ciò accadesse ed è prevedibile che richieste simili continuino ad arrivare alla magistratura veneta che in questi giorni sta processando Miteni per motivi simili.

È chiaro che la eventuale chiusura del dotto A.Ri.C.A. comporterebbe il blocco di tutto il distretto con quello che ne consegue. Una cosa gravissima che colpirebbe, oltre alle aziende anche il lavoro di 17000 addetti.

L’associazione CiLLSA ha operato da diversi anni per evitare che ciò accadesse perorando l’apertura dei lavori di bonifica del Fratta Gorzone con la messa in opera dei progetti previsti nell’accordo decennale Stato Regione, siglato nel 2005 e riconfermato nel 2017 con scadenza nel 2027.

 Di tali progetti, purtroppo nemmeno uno è stato realizzato dallo Stato né dalla Regione Veneto che sono i principali firmatari dell’accordo.

È importante sottolineare che tra i firmatari figurano, il Distretto conciario vicentino, l’Associazione industriali di Vicenza, la sezione concia Apindustria Vicenza, la sezione Concia UNIC , la Sezione Confartigianato di Vicenza (Sezione Concia).

Sono passati inutilmente 10 anni dalla firma del primo accordo e altri cinque da quella del secondo .

Nel frattempo le condizioni del fiume si sono ulteriormente deteriorate determinando l’inquinamento delle colture  cui sono destinate le sue acque malate.

                                                                                                                                            Ricordiamo che attualmen

Manifestazione sull'argine del Fratta Gorzone

te il fiume è, di fatto, l’unica fonte di irrigazione del vasto territorio a Sud di tre province venete dove vivono circa un milione di persone. Ricordiamo che la falda sottostante è stata messa fuori gioco dall’inquinamento PFAS Miteni che coinvolge circa 10.000 pozzi privati.

Basta solo questo, unito alla siccità provocata dal riscaldamento globale, per capire la gravità di quanto sta avvenendo. Oltre alle concerie, sono a rischio le colture  della grande pianura e la salute dei cittadini che di esse si nutrono.

Di chi la responsabilità di non avere attivato i progetti che stavano nei cassetti della Regione da quindici anni?

Oltre a noi molte associazioni e comitati del Movimento ambientalista hanno ripetutamente sollecitato, in questi anni, la Regione a rendere operativi i numerosi progetti già previsti. Se ci sono dei responsabili del disastro sistemico che coinvolgerà oltre alle popolazioni, una parte importante dell’economia regionale questi vanno cercati tra coloro che hanno deliberatamente ignorato l’accordo Stato Regione per 15 anni.

Forse in alto loco si pensava che il distretto della concia fosse too big to fail, come si dice negli USA, ma si pensava questo anche di Miteni, con i risultati che si sono visti.

Nessuno dei firmatari può dire di non sapere cosa contenesse l’accordo.

A mo’ di esempio riportiamo la riproduzione dell’articolo 1 del primo accordo in modo da renderci conto di cosa si tratta e di quanto fosse ritenuto necessario già nel lontano 2005 intervenire con urgenza.

 


 

 Riportiamo anche  copia di un brano della pagina 8 dell’allegato “A” del DGR n°359 del 22 marzo 2017, che recepisce il nuovo accordo di programma, in cui si legge:

 “In particolare nella considerazione della contaminazione storica che alcune aste fluviali hanno subìto, soprattutto nella matrice dei sedimenti, da parte delle industrie conciarie, il piano rileva che il ripristino delle comunità biologiche non è compatibile con il raggiungimento, ancorché in regime di proroga, degli obiettivi della DQA e fissa pertanto, per cinque corpi idrici del bacino del Fratta-Gorzone, l’obiettivo del raggiungimento dello stato sufficiente entro il 2027. Nel Piano si evidenzia inoltre  la presenza diffusa di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nelle acque superficiali e sotterranee del bacino in oggetto e viene riportato il “programma preliminare di misure” finalizzate all’abbattimento delle concentrazioni delle sostanze PFAS, già in parte operative;”

In parole povere, nel 2017, all’atto della stipula del programma, i firmatari sottoscrivevano il fatto che lo “storico inquinamento” da parte  delle industrie conciarie non consentiva la possibilità di riportare il fiume allo stato “Buono” ma soltanto allo stato “Sufficiente”. 

Tale affermazione è stata sottoscritta anche dai rappresentanti delle varie associazioni della concia . Ciò significa che i firmatari dell’accordo erano pienamente  coscienti del danno grandissimo arrecato al fiume dagli scarichi conciari.

Malgrado ciò, chi aveva il dovere di far partire rapidamente i lavori non lo fece. Dopo15 anni, pertanto, il fiume si trova in una situazione pessima proprio a causa degli scarichi di A.Ri.C.A. 

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Per anni abbiamo sollecitato le istituzioni competenti a provvedere ma forse si pensava che una tale situazione si potesse gestire, senza problemi, per anni introducendo dei “limiti” allo scarico per giustificare legalmente quanto avveniva.

25 aprile 2022 staffetta per il Fratta Gorzone


 Quando qualcuno, come per esempio ha fatto nel novembre dello scorso anno il COORDINAMENTO PER IL RISANAMENTO DEL FIUME FRATTA GORZONE, chiedeva che si intervenisse sullo stato di inquinamento del fiume si rispondeva che gli scarichi erano entro i limiti di sicurezza previsti dalla Regione o non si rispondeva affatto.

Dal momento che questi limiti,  la cui definizione fu avocata a sé dalla Regione, non erano sufficienti ad evitare il progressivo degrado delle acque del fiume, è evidente che erano insufficienti a garantire la salubrità del Fratta Gorzone.

Se ne deduce che tali limiti erano sbagliati e che bisogna indagare sulle responsabilità chi li ha fissati, tenendo presente che il degrado del Fratta Gorzone non è un atto improvviso e imprevedibile ma si è realizzato nel corso di molti anni, periodo in cui era impossibile non accorgersi che le misure per garantirne la salubrità del fiume non erano affatto sufficienti.  

Il progressivo degrado del fiume e della pianura erano sempre più evidenti tanto che si programmò un inutile e costoso prolungamento del dotto A.Ri.C.A. per bypassare la città di Cologna veneta. Solo le istituzioni regionali ignoravano quanto accadeva sotto gli occhi di tutti.

A suo tempo avvertimmo chi faceva orecchie da mercante che il mancato avvio dei lavori dei progetti che avrebbero dovuto bonificare il fiume metteva a serio rischio di chiusura il comparto conciario ma, evidentemente, tali avvertimenti non furono presi sul serio.

Ci si accusò, al contrario, di essere nemici delle concerie, quando, invece, i nostri appelli miravano a mettere in guardia le istituzioni al fine di preservare le aziende dal disastro paventato.

Contrariamente a quanto affermano persone in malafede, siamo preoccupati per la leggerezza e superficialità con cui si opera in alto, mettendo a rischio, oltre che un comparto produttivo di enorme valore, anche il posto di lavoro di quanti operano nel comparto.

Invece di correre rapidamente ai ripari si preferisce accusare chi difende la salute di centinaia di migliaia di persone costrette ad ingerire cibi inquinati, prodotti nei campi contaminati da acque insane, chi si preoccupa per le patologie acclarate che le PFAS arrecano alle persone, soprattutto alle nuove generazioni.

A testimonianza dell’impegno dei comitati ecologisti, riproduciamo parte di una PEC inviata alla Regione Veneto nel 2021

 

COORDINAMENTO PER IL RISANAMENTO DEL FIUME FRATTA GORZONE

COMUNICATO STAMPA

 

Il 6 novembre 2021. a Cologna Veneta è stato costituito il “Coordinamento per il risanamento del fiume Fratta Gorzone”, una realtà che raggruppa associazioni, comitati e attivisti con la finalità di sollecitare il risanamento del fiume Fratta Gorzone.

Il coordinamento nasce dalla condivisione dei seguenti presupposti:

-          l’inquinamento del fiume Fratta Gorzone è noto da tempo, tuttavia alcuni fatti relativamente recenti rendono il suo risanamento ancora più urgente;

-          la contaminazione della falda sotterranea dovuta ai pfas, ad esempio, penalizzerà o impedirà del tutto l’utilizzo dell’acqua prelevata dai pozzi rendendo i corsi d’acqua superficiali la principale risorsa per l’agricoltura;

-          uno screening della Regione Veneto (reso pubblico recentemente dal comitato delle Mamme no-pfas e da Greenpeace) effettuato su determinati prodotti (carne, uova, frutta, verdura) ha rivelato presenze rilevanti di Pfas, indicando una contaminazione in atto della catena alimentare dovuta evidentemente anche all’utilizzo di acque irrigue inquinate;

-          un’ulteriore ricerca condotta su questi dati, e oggetto di un apposito articolo scientifico pubblicato nel numero di ottobre della rivista Epidemiologia e Prevenzione, ha portato alla conclusione che una delle aree a maggior probabilità di contaminazione si trova proprio lungo la direttrice del fiume Fratta, al di fuori dell’area di contaminazione della falda, nel territorio dei comuni di Montagnana, Bevilacqua e Terrazzo.

-          è fondamentale perciò - ora più che mai - risanare i corsi d’acqua superficiali a partire dal Fratta Gorzone.

 

Pubblichiamo questa ultima testimonianza per evidenziare che il Movimento No PFAS ha tentato, per anni in tutti i modi, di aprire un dialogo con le istituzioni regionali per indurle a prendere atto della gravità di quanto stava avvenendo. Tuttavia tali tentativi sonno stati frustrati dal silenzio del destinatario.

Se la Regione dorme il Distretto concia arzignanese sembra, invece, avere capito che così non si può andare avanti.

 Sono stati presentati finalmente una serie di progetti nell’ambito del PNRR per ridurre l’inquinamento del fiume tramite nuove modalità di trattamento dei rifiuti, step to step, recuperi e riciclaggi, tali da comportare un forte abbassamento del carico inquinante.

Dai colloqui avuti col presidente del Distretto e con gli amministratori di Acque del Chiampo abbiamo avuto modo di vedere, per grandi linee, il tipo di intervento che si intende attuare. Ci auguriamo che questa volta le cose marcino diversamente di quanto è avvenuto in passato.

Nel frattempo ….

 

Giovanni Fazio

 

 LINK dell'intervista di Marco Milioni a Cristina Guarda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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