Visualizzazioni totali

sabato 30 marzo 2019

PFAS. ZAIA: “CHI INQUINA DEVE PAGARE”





E, AGGIUNGIAMO NOI: “ANCHE CHI HA PERMESSO ALLA MITENI DI INQUINARE DEVE PAGARE”

Rispondendo all’intervista fatta a Zaia dal Quotidiano Sanità.it riteniamo che Zaia sia l’ultima persona che abbia diritto di parlare quando i cittadini, proprio a causa dell’insipienza e complicità dei governi regionali, retti da sempre da Lega e centrodestra, hanno sofferto per decenni sulla propria pelle i danni di un inquinamento tollerato e autorizzato.

Evidenziamo una serie di dichiarazioni non vere con cui Zaia si attribuisce meriti che non ha e cerca di evitare le severissime critiche per il modo approssimativo e colposamente intempestivo con cui la Regione Veneto si è mossa in merito all’inquinamento da PFAS da parte della Miteni. 


Dal 1999 il Ministero dell’ambiente sollecitava, anche per conto dell’UE una indagine sulla presenza di PFAS nel territorio regionale. I solleciti sono continuati nel corso di 14 anni fino a quando, essendo stata individuata dall’Istituto Superiore di Sanità la fonte dell’inquinamento nella Miteni di Trissino, non era più possibile tergiversare e la Regione è stata costretta a incaricare ufficialmente l’ARPAV a individuare i livelli di inquinamento del territorio che apparvero nella loro grandezza, investendo ben tre province.

 Intervento quindi colposamente tardivo e tale da avere determinato, nei lunghi anni trascorsi, la contaminazione di migliaia di persone, oltre che l’estensione della stessa a gran parte del territorio. 
Quattordici anni persi.

Zaia dichiara di avere imposto il limite zero PFAS ma non è vero. Il suo decreto del 2017 pone il livello di performance (così viene chiamato) a 390 nanogrammi totali di PFAS per litro, livello ben lontano dallo zero sbandierato dal presedente Regionale. 



Non vi è alcuna pubblicazione scientifica a sostegno della tesi per cui tali livelli di contaminazione garantiscano dai rischi determinati dall’ingestione di PFAS.



Malgrado ciò la Regione, cioè Zaia, si è ben guardata dal segnalare i rischi che i cittadini avrebbero potuto correre bevendo l’acqua del presidente

Eppure l’applicazione del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE è uno dei doveri da parte di chi amministra e governa.

Come si legge nel rapporto dei carabinieri del NOE, la Regione e la Provincia erano al corrente dell’inquinamento della Miteni fin dai primi anni del 2000 ma non sono intervenute.



 Noi abbiamo trasmesso una mole importante di dati. Sono gli studi fatti dall’Ecodeco nel 1990, che sono stati poi ripresi dalla Erm Italia di Milano, che ha fatto gli studi nel 1996, nel 1998 (anche se non l’abbiamo ancora reperito) e nel 2004. Nel 2004 consiglia alla società, visto l’inquinamento di falda, di installare una barriera idraulica, che è stata installata l’anno dopo, nel 2005. Nel 2008 fanno il monitoraggio, vedono che la barriera idraulica non è sufficiente e raccomandano l’aggiunta di due nuovi pozzi, che verranno messi l’anno dopo, nel 2009.

In tutti questi studi, dove non c’era solo l’analisi di falda, ma c’era anche il campionamento di terreni con tanto di book fotografico, in tutta questa mole di dati in realtà non vedo traccia di un’analisi, cioè non c’è scritto nelle conferenze di servizi.”      
                    
Erano stati segnalati allo SPISAL i gravi danni che i perfluorati provocavano agli operai della Miteni ma la Regione non è intervenuta.

Una indagine dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2016 ha analizzato pozzi e prodotti agro alimentari della Zona Rossa, trovando altissimi livelli di contaminazione da PFAS soprattutto negli allevamenti di maiali, ma anche nelle uova, nei polli e nei bovini.  
 Il Dipartimento di prevenzione non ha impedito che tali alimenti andassero nel mercato e diffondeva in merito comunicati tranquillizzanti. 

Peggio, pur essendo nel 2014 al corrente del fatto che la Miteni fosse la prima responsabile del disastro ambientale, autorizzarono la stessa a trattare tonnellate di rifiuti di perfluorati prodotti dalla ditta olandese di proprietà della Dupont. 



Dal trattamento dei suddetti rifiuti la Miteni ricavava il 18% di Gen X che rispediva in Olanda, trattenendo il restante ammasso di rifiuti tossici di cui non si sa che fine abbia fatto. (Da qui la lettera a Zaia del Governo Olandese che allertava la Regione Veneto su un possibile traffico di rifiuti pericolosi).

Per quanto riguarda la salute, solo alla fine del 2016 viene pubblicata la relazione della commissione PFAS a nome del direttore sanità della Regione dott. Mantoan nella quale vengono elencati rischi e dati epidemiologici raccapriccianti riguardanti il Veneto, confermati successivamente dagli studi del prof. Foresta.
Altri tre anni perduti per l’attuazione di una concreta prevenzione. 


La Miteni, come migliaia di aziende venete, si trova sulla parte più delicata del sistema idrogeologico della regione cioè nella ricarica delle falde cioè un terreno composto da strati profondi di sabbie e ghiaie che consentono all’acqua superficiale di raggiungere le falde profondefiltrandola.

         La Regione non ha mai fatto un piano per la difesa delle risorse idriche che prenda in considerazione la salvaguardia delle ricariche di falda. 
La maggior parte di quello che era il ricchissimo patrimonio di acque sotterranee del Veneto, il più ricco d’Italia, è in massima parte inutilizzabile a causa dell’inquinamento provocato dalla insensata gestione della politica industriale.

 Siamo alla fine della festa e la siccità è alle porte. 




 Potremmo continuare a lungo a parlare delle gravissime inadempienze del presidente Zaia. Diciamo solo, per concludere, che, pur essendo chiusa la Miteni, attualmente le aziende del Veneto acquistano circa 100 tonnellate annue di prodotti con perfluorati che, dopo l’uso, vengono rilasciati nei depuratori, notoriamente inidonei a trattenerli, e quindi nei fiumi, nelle rogge e nei campi della bassa pianura veneta. 

Ha poco di che vantarsi e indignarsi il presidente che ritengo co-responsabile del disastro ambientale che non è una emergenza, come lui afferma, ma un fenomeno che dura da circa sessant’anni, incontrastato e connaturato alla mentalità di quanti hanno visto nel territorio solo l’occasione per estrarre valore a qualunque costo, provocandone la distruzione progressiva con le ricadute del disastro annunciato sulle persone e sull’ambiente. 


Giovanni Fazio




2 commenti:

  1. Tutto vero. E il silenzio dei sindacati e dei lavoratori della Miteni? Si son fatti vivi solo dopo che hanno avuto il sentore che il loro posto di lavoro (inquinante) stava traballando.

    RispondiElimina
  2. Purtroppo la popolazione è così rincretinita che si beve anche...i PFAS. L'umanità sta scivolando verso il disastro, come i grandi ghiacciai della Groenlandia e dell'Antartide stanno scivolando verso il mare sciogliendosi sempre più velocemente. Tiziano Mistrorigo

    RispondiElimina