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martedì 26 ottobre 2021

A QUALCUNO PIACE SPORCO


 

È apparso in questi giorni un endorsement a favore delle concerie che il mio amico Piero avrebbe potuto risparmiarsi dopo il reportage di PRESADIRETTA.

 La trasmissione non lascia dubbi sulle responsabilità del distretto della concia arzignanese relativamente al disastro ambientale provocato dai SUOI reflui.

L’accusa di “ideologismo” a chi denuncia, con documenti alla mano, i dati drammatici dell’inquinamento da PFAS non regge di fronte alle numerose schiaccianti evidenze.

Concordo tuttavia con Piero sulla critica al depuratore arzignanese:

Da sempre il depuratore di Arzignano non è in grado di depurare gli scarichi industriali in maniera adeguata. I reflui del depuratore sono fuori dai parametri previsti per legge per diverse sostanze (PFAS compresi) da quando è stato costruito.”

Una analisi, quella di Piero, seria. 

Altra è, invece, la considerazione che leggiamo nella brochure del Consorzio A.Ri.C.A.

A.Ri.C.A. non si limita a gestire l’impianto di canalizzazione (Collettore). Monitora il rispetto dei limiti per le acque conferite e agisce per farli rispettare. Provvede a trattamenti che concorrono a migliorare la qualità delle acque ricevute e poi scaricate. È parte attiva nei programmi territoriali per ridurre la pressione degli inquinanti sulle acque di superficie.”

Leggendo tale idilliaca descrizione del tubone A.Ri.C.A.  non sappiamo se ridere o piangere pensando agli scoli tossici che si riversano nel Fratta Gorzone grazie alle amorose cure di Regione, Conciari e A.Ri.C.A. malgrado le quali, il fiume, tuttavia, è stato dichiarato da ARPAV biologicamente morto. (Amen)

   Non è difficile individuare la causa di ciò nell’azione di coloro che hanno condizionato, fin dall’inizio, l’efficienza del depuratore, per avere più margini e meno spese dallo smaltimento dei propri rifiuti.

La responsabilità di quanto accaduto è anche di coloro che avrebbero dovuto controllare e non lo hanno fatto (Regione, Province, Comuni e Gestori delle acque).

Si tratta di una realtà istituzionale complessa sulla quale, oggettivamente, pesa più l’interesse economico degli imprenditori della concia che la salute dei cittadini.

   


Pertanto, non è che il guasto sia dovuto, come afferma Piero, al fatto che “il depuratore sia gestito dalla politica” bensì al fatto che la politica è gestita da sempre dai conciari. 

La conferma di ciò la possiamo leggere nell’allegato a DGR nr. 359 del 22 marzo 2017 pag. 8 del Patto Stato Regione, che qui riporto.

“In particolare, nella considerazione della contaminazione storica che alcune aste fluviali hanno subito, soprattutto nella matrice dei sedimenti, da parte delle industrie conciarie, il piano rileva che il ripristino delle comunità biologiche non è compatibile con il raggiungimento, ancorché in regime di proroga, degli obiettivi della DQA e fissa, pertanto, per cinque corpi idrici del bacino del Fratta-Gorzone, l’obiettivo del raggiungimento dello “stato sufficiente” entro il 2027. Nel Piano si evidenzia inoltre la presenza diffusa di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nelle acque superficiali e sotterranee del bacino in oggetto e viene riportato il “programma preliminare di misure finalizzate all’abbattimento delle concentrazioni delle sostanze PFAS, già in parte operative;”

 

Non siamo noi, pertanto, a indicare le industrie conciarie come responsabili del disastro bensì un documento da esse stesse sottoscritto.

 Una ammissione di colpa cui nessuno ha, fino ad ora, fatto caso. 

Per essere onesti, bisogna dire, come ha confermato, candidamente, in trasmissione, il direttore di Acque del Chiampo, che il vero motivo della scarsa funzionalità del depuratore è dato dal fatto che le concerie scaricano in fognatura di tutto, comprese decine di tonnellate di prodotti a base di PFAS”.

A ciò si sarebbe potuto ovviare con l’attuazione del PATTO STATO REGIONE, un accordo di programma siglato nel 2005 per salvare il fiume e il suo bacino dal degrado totale.

I lavori previsti da tale accordo non sono mai nemmeno iniziati. Dopo la sua scadenza, nel 2017 l’accordo di programma è stato rinnovato, con scadenza al 2027.

Il “Patto”, così aggiornato, contiene utili progetti come quello di mettere i filtri a carboni attivi in ingresso all’acquedotto industriale, separare i fanghi civili da quelli industriali, separare i fanghi della pre-concia da quelli della concia, vietare lo scarico di sostanze PFAS in fognatura, riciclare l’acqua invece di immetterla nell’ambiente ecc.

Suonano particolarmente irrisorie, però, certe previsioni scritte su un patto che non partirà mai: 

“… È previsto per cinque corpi idrici del bacino del Fratta-Gorzone, l’obiettivo del raggiungimento dello “stato sufficiente” entro il 2027”

Infatti, anche questa volta, i lavori che sarebbero dovuti iniziare nel 2017 non sono mai partiti. E siamo alla fine del  2021.

Una presa in giro.

 

Già nel lontano 2005, la bonifica avrebbe dovuto esser realizzata. Il vantaggio per tutti i cittadini sarebbe stato quello di non sprecare più l’acqua dell’Adige per diluire(illegalmente) la fogna dell’A.Ri.C.A., di non trovare i PFAS nei prodotti alimentari provenienti dalla bassa pianura veneta inquinata, di sostenere migliaia di agricoltori e, non ultimo, di salvare tanti bambini dalle conseguenze della contaminazione, evitare aborti , dimezzare il numero di ictus che affliggono la nostra zona e tanti altri vantaggi per la nostra salute seriamente condizionata dai PFAS.

 Tutto ciò non interessa ai protagonisti di questa storia mentre, alcuni di loro, sono fortemente interessati alla costruzione di un inceneritore da realizzare ad Arzignano e alla privatizzazione di Acque del Chiampo.



Proprio questi, pensiamo, siano i veri obiettivi (non dichiarati) che hanno scatenato i gruppi di minoranza consiliare contro l’Amministrazione arzignanese, contraria all’incenerimento dei rifiuti e alla privatizzazione del gestore delle acque.

L’altra faccia della medaglia rispetto agli enormi profitti realizzati dai conciatori è rappresentata da un immane disastro ambientale che ha colpito centinaia di migliaia di persone e agricoltori, in una area che include il sud di tre province venete.


Chi ha realizzato i guadagni non vuole farsi carico delle spese enormi necessarie alla bonifica dei fiumi e del territorio da essi devastato. Questo è sufficiente a spiegare perché i bei progetti restano solo nella carta ma non partono mai.

A fronte di ciò i danni restano a carico della restante popolazione.

Tocca a noi subire le conseguenze del disastro e le spese necessarie che si devono sostenere per far sopravvivere un terzo del territorio del Veneto.

Tale modo di agire è giunto al capolinea. Non crediamo che i cittadini siano ancora disposti a sopportare ulteriori vessazioni.

Non ci lasceremo inquinare anche l’aria, già abbastanza compromessa dalle esalazioni della concia e dei depuratori.

Tutte le persone di buon senso si opporranno alla privatizzazione dell’acqua e alla costruzione di un inceneritore ad Arzignano.

Avvertiamo chi di dovere che la festa è finita.


Giovanni Fazio

 


 





 

 

 

 

mercoledì 20 ottobre 2021

DURA DENUNCIA DI PRESADIRETTA SULLE RESPONSABILITA' DEL DISASTRO PFAS

 

LA REGIONE VENETO, NELLE PIU' ALTE CARICHE DELLA GIUNTA, SI RIFIUTA DI RISPONDERE.



E' evidente che al dialogo questi signori preferiscono il monologo.  


Ripropongo alla vostra riflessione una parte della trasmissione di PRESADIRETTA che riguarda il ruolo delle concerie del distretto arzignanese e le responsabilità evidenti della Regione nella diffusione della contaminazione dei PFAS nel territorio, la grave omissione per avere per ben 16 anni ignorato i progetti previsti e siglati per la bonifica dei depuratori, per la rivisitazione delle modalità di smaltimento dei PFAS, e non solo i PFAS, e la bonifica del fiume Fratta Gorzone.


venerdì 24 settembre 2021

LA COMMISSIONE DEI DIRITTI UMANI DELL'ONU INTERESSATA AL CASO VENETO

 


Dalla Sardegna, dove I nostri Alberto Peruffo e Michela Piccoli sono stati invitati all’ottavo festival “LIFE AFTER OIL” A Villanova Ferru (SU) per portare una testimonianza del disastro ambientale del Veneto, ci giunge una notizia di grandissimo interesse.

      


















 Sollecitati da Giuseppe Ungherese, responsabile nazionale di GREENPEACE, in considerazione della partecipazione di PFAS land ai lavori per le segnalazioni delle sostanze ECHA,  Alberto Peruffo e Michela Piccoli hanno invitato Marcus Orellana,  che presiede la commissione dei diritti umani dell’ONU, a Vicenza.

 Ci sono buone possibilità che Orellana, in visita in Europa e in Italia per raccogliere documentazioni su Sostanze Tossiche e diritti umani, possa venire a Vicenza per un incontro con il Movimento No PFAS che in merito ha molto da dire.

         Molto interesse hanno suscitato al festival sardo gli interventi dei due inviati speciali del Movimento No PFAS Alberto e Michela. Ci auguriamo che la richiesta presentata a Orellana venga accolta per portare il caso Veneto a livello internazionale.

         Nel frattempo il caso alimenti del Veneto sta montando nella stampa nazionale, sempre più interessata al disastro ambientale e stupita, in senso molto negativo, per il comportamento omertoso tenuto in questi anni dalla Regione Veneto e dalle stupefacenti (in senso negativo) dichiarazioni di Zaia e della dottoressa Russo.


Al cune testate stampa di oggi






Gli studenti del Friday for future oggi a Vicenza




        

mercoledì 21 luglio 2021

UN DISASTRO AMBIENTALE INVISIBILE

 


L’INQUINAMENTO MASSIVO DELLA GRANDE PIANURA OCCIDENTALE DEL VENETO

È CAUSATO DAL MANCATO AVVIO DEL CRONOPROGRAMMA PREVISTO NEL PATTO STATO REGIONE

SIGLATO NEL MARZO DEL 2017.

 

Tutti i firmatari del patto sono responsabili del MANCATO AVVIO DEI PROGETTI NECESSARI affinché il DISTRETTO CONCIARIO VENGA RIFORMATO e smetta di scaricare QUOTIDIANAMENTE tossici e PFAS nel FRATTA GORZONE.

Si tratta di un DISASTRO AMBIENTALE di fronte al quale tutti voltano la faccia da un altro lato.

Un milione di persone sono direttamente coinvolte avendone solo una vaga percezione.

Miteni ha avvelenato le falde profonde, scaricando PFAS, rendendole non utilizzabili, malgrado ciò tuttora usate da agricoltori e allevatori in più di 10.000 pozzi privati.

Il distretto conciario inquina le acque superficiali con PFAS e altro

Dove vanno a finire tossici e PFAS?

Nelle colture (frutta, verdure, mangimi, ecc.)

Negli allevamenti

Nei prodotti (uova, latte, latticini, carne polli ecc.)

Ultima tappa della catena alimentare SIAMO NOI, gli abitanti del posto e quelli del Veneto.

 

L’obiettivo di questo post è:

denunciare pubblicamente un DISASTRO AMBIENTALE IN ATTO;

allertare cittadini, avvocati e magistrati, consiglieri regionali, parlamentari, senatori  su un fatto PUBBLICAMENTE EVIDENZIATO da documenti dello Stato, della Regione Veneto e da ARPAV e TACITAMENTE IGNORATO DA TUTTI I FIRMATARI DEL PATTO.

 

USQUE TANDEM?

Giovanni Fazio

FILMATO


 

 

 

 

 

 

domenica 7 marzo 2021

Vaccini. “Nessun profitto sulla pandemia”.


 

 Appello alla mobilitazione

 Un anno di coronavirus. È volato in un soffio e al tempo stesso è durato un secolo.

Ci hanno raccontato che tutto sarebbe passato presto, che bastava aspettare, sospendere le nostre vite. Ci hanno chiesto di sacrificarci davanti all’isolamento e alla solitudine, all’angoscia per il futuro, alle tante difficoltà materiali con cui abbiamo dovuto fare i conti da soli.
Eppure, nonostante i nostri sforzi, il Covid-19 continua a diffondersi a macchia d’olio e le ultime notizie sulle nuove varianti del Coronavirus ci costringono a spostare ancora in avanti l’appuntamento con la fine della pandemia.

Il motivo è semplice: siamo tutti così intimamente connessi che tirarsi fuori da soli, da questo incubo, non è possibile.

DIRITTO ALLA SALUTE PER TUTTE E TUTTI!

Il diritto alla salute o è per tutti o non esiste per nessuno. Non è solo un principio sacrosanto di giustizia sociale: nessuno di noi potrà sentirsi al sicuro finché ci sarà qualcuno che resta tagliato fuori dalla possibilità di proteggersi dal contagio, dalla somministrazione di vaccini sicuri ed efficaci, in qualsiasi angolo del mondo, perché, fino ad allora, ci sarà sempre la possibilità di far ripartire la catena dei contagi e la tragedia in cui siamo immersi.

RICERCA PUBBLICA DEVE SIGNIFICARE CONTROLLO PUBBLICO

Abbiamo visto il meglio della nostra ricerca pubblica prestata agli interessi delle grandi multinazionali del farmaco. Ogni azienda ha speculato sulle scoperte della ricerca di base, intensificando le proprie sul solo sviluppo del vaccino e dei farmaci, pur di poter prevalere sulle altre, di accaparrarsi il massimo dei profitti sul mercato immenso che ha aperto la pandemia.
Avremmo avuto un maggior vantaggio se le forze fossero state comuni, se la ricerca, le tecnologie, fossero state messe al solo servizio delle nostre vite e dell’intera umanità. E invece, in nome dell’interesse di pochi, del principio di un nazionalismo fra Stati, pochi colossi industriali continuano a decidere chi debba vivere e chi debba morire, chi debba avere accesso ai vaccini, con che tempi e a quale prezzo, arrivando al punto di potersi permettere persino di venir meno agli impegni presi, disdicendoli unilateralmente.

SOSPENSIONE IMMEDIATA DEI BREVETTI E TRASPARENZA!

Tutto questo è reso possibile dai brevetti, che consentono un diritto d’esclusiva sullo sviluppo e la commercializzazione dei vaccini, ne limitano la disponibilità, aumentandone il costo.

I brevetti sono l’ostacolo che impedisce oggi di sviluppare in tempi brevi il vaccino per tutti i popoli del mondo, come chiesto a gran voce da India e Sudafrica; sono il tappo a qualsiasi forma di trasparenza sugli studi condotti finora e sulla reale efficacia delle molecole attualmente disponibili, su tutto ciò che riguarda la loro commercializzazione, i contratti stipulati, i costi di produzione, per finire a quanti di questi costi siano stati scaricati sugli Stati acquirenti e quindi, indirettamente, sulle tasche di noi cittadine e cittadini.

UN VACCINO BENE COMUNE È POSSIBILE

Ma non è l’unico destino possibile. È notizia di questi giorni che a Cuba è partita la produzione delle prime 150.000 dosi di vaccino Soberana, con l’impegno a coprire il fabbisogno di tutti i Paesi esclusi dal mercato di Big Pharma, la disponibilità a vaccinare i turisti che approderanno sull’isola, di dare una mano in futuro anche ai Paesi del ricco Occidente, così come già fatto, nei mesi scorsi, con le brigate mediche che abbiamo visto giungere in nostro sostegno anche in Lombardia e Piemonte.

NO PROFIT ON PANDEMIC – NESSUN PROFITTO SULLA PANDEMIA!

Per fortuna anche qui in Europa c’è chi sta provando a imbracciare questa strada.

Decine di migliaia di cittadine e cittadini europei stanno promuovendo la campagna No Profit On Pandemic (Nessun profitto sulla pandemia!) per rivendicare:

o    Salute per tutte e tutti. Non si può lasciare nelle mani di aziende private il potere di decidere chi abbia accesso a cure e vaccini e a quale prezzo.

o    Trasparenza, chiarezza, informazione: i dati sui costi di produzione, sui fondi pubblici investiti, i contratti tra le autorità pubbliche e le multinazionali di Big Pharma devono essere resi pubblici.

o    Controllo pubblico: visto che ai vaccini si è arrivati grazie alla ricerca finanziata dalle tasse dei cittadini e delle cittadine, il controllo di queste tecnologie deve rimanere nelle mani del popolo.

o    Nessun profitto sulla pandemia: il coronavirus è una minaccia collettiva che richiede una risposta improntata alla solidarietà, non alla volontà di profitto di qualche privato.

L’11 marzo sarà passato un anno da quando l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato l’emergenza pandemica da Covid-19.

La campagna No Profit On Pandemic / Nessun profitto sulla pandemia, a livello europeo e nazionale ha individuato questa data come giornata di mobilitazione internazionale per porre all’attenzione pubblica le ragioni dei nostri popoli contro quelle di pochi privati.

FACCIAMO APPELLO AFFINCHE’ L’11 MARZO VENGA SOSTENUTO ANCHE NEL NOSTRO BELPAESE

individuando ogni possibile forma di mobilitazione collettiva perché la nostra salute non può essere privatizzata, né ridotta a mera questione di quotazioni che salgono o scendono in borsa.

Le nostre vite sono più importanti dei bilanci di Big Pharma.

FIRMATARI (al 5/3/2921)

Potere al Popolo, Unione Sindacale di Base,Vita di Donna odv, ex OPG je so pazzo,Tavolo della Salute di Bergamo, Consulta Salute e Sanità comune di Napoli, Partito della Rifondazione Comunista, Comitato di lotta per la salute mentale NA, Comitato San Gennaro art.32, Partito Comunista Italiano, A.GE.D.O. RC, NUDM RC, Fronte popolare, Rete dei Comunisti, Centro Sociale Intifada Roma, Partito Comunista dei LavoratoriCentro Internazionale Crocevia, Sinistra Anticapitalista,CSC-Nuvola Rossa, Villa San Giovanni RC,Coord. nazionale USB Sanità, Dott. Yousef Salman – Comunità Palestinese Roma, Claudio Argentini Ricercatore ISS USB PI Ricerca, Dott.ssa Ines Barbera RC, Emma Persia Tecnico Laboratorio ISPRA USB Ricerca, Dott. Antonino Amodeo Medico Chirurgo RC, Davide Di Laurea Ricercatore ISTAT USB Ricerca, Antonio Mosca Roccella Jonica RC, Nicola Lugeri Ricercatore ISPRA USB Lazio, Tsrm Dr. Capurso Pasquale, Gabriele Buttinelli Ricercatore ISS USB Lazio, Maria Antonietta Pascali CNR USB Ricerca, Giulia Rodano, Piero Cesarini Tecnico Crea USB Ricerca, Cristina Centioli Ricercatore Enea USB Ricerca, Andrea Mannocci ISTI-CNR, Francesca Anna Perri, Dirigente Medico 118, Valerio Giodini Cassago Brianza (Lecco), Dott. VIto Totire medico del lavoro e psichiatra, Dott.ssa Eleonora Ferrari, medico in Formazione Specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Dott. Antonio Madera, medico odontoiatra, Francesca Sanfelice, presidente del Comitato familiari delle vittime della Cra/Rsa, Dott. Euro Grassi, medico chirurgo, Dottor Lino Caserta, Giovinazzo Giulia Università di Firenze, Daniele Tamburlini, Vittoria Manocchio, Mario Martino, Noi Restiamo, Organizzazione Studentesca d’Alternativa, Laboratorio Politico Iskra, Per un’altra città NA, Spazio Catai,Casetta del Popolo Berta, USB sanità Sardegna, Coniare Rivolta – Collettivo di economisti, Federazione del Sociale USB Catania, Patria Socialista,  Associazione Alkemia Modena-Redazione Alkemia News periodico on line, SOS Rosarno, Ci Siamo Rotte i Tabù CZ, Gianfranco Angioni Resp. Regionale USB SANITA’ Sardegna, slai cobas per il sindacato di classe–taranto,  Roberto Gentilini Potere al Popolo Faenza, Linda Maggiori ambientalista, Alessandro Perrone USB Monfalcone, Dario Filippini USB Brescia, Circolo Agorà Pisa, Marcello Paolozza,  Maria Grazia Casadei,  Guglielmo Zucaro,  Lucio Vitale – cento tasche, collettivo Materia Grigia, Circolo Chico Mendes, Centro F. Lorusso, Aea (associazione esposti amianto), Rete per l’Ecologia Sociale, Blanca Clemente, Bassam saleh, Maria Cristina Garlati,  Marco Ciolli, Risorgimento Socialista, Massimiliano Morosini ex portavoce M5S VIII Municipio Roma, Alfredo Toppi,  Comitato Con la Palestina nel cuore, Mariarita Cortonesi, Emanuela Baliva,  Dr.ssa Daniela Boffa psicoterapeuta Roma, ACE-Onlus (Associazione Calabrese di Epatologia), Fondazione per la Medicina Solidale, R.O.S.S.A. (Rete Operativa di Solidarietà e Mutuo Soccorso Acilia – Ostia), PMLI, Il Bolscevico, Coordinamento Regionale Sanità,  Comitato Difesa Sanità Pubblica (Roma), Coordinamento delle Donne dei Consultori, ComitatABC-Rodotà, Coordinamento Forlanini….

 Riportato dalla rivista "Contropiano" 

sabato 20 febbraio 2021

LE RESPONSABILITA’ DELLA CONCIA NELL’INQUINAMENTO DA PFAS DELLA PIANURA VENETA

 


Prodotti contenenti perfluorati scaricati nel Fratta Gorzone dai depuratori.

 La dimostrata impossibilità di distruggere i PFAS con gli inceneritori, mette definitivamente fuori combattimento la tecnica dello smaltimento termico dei rifiuti che, per decenni, ha devastato la salute di intere città e regioni.

 Detto questo, se ne deduce che tali sostanze indistruttibili, perciò presenti in tutto il pianeta compresi i poli, non devono essere più né create, né commercializzate e né usate. Si tratta di misure già sollevate da alcuni paesi del Nord Europa e molto contrastate dalle potentissime lobby della chimica, assai influenti nei luoghi chiave delle strutture EU (Commissione, Parlamento, Consiglio dei Ministri ecc.)

         Il Ricorso al Tar dei comitati del Veneziano apre uno spiraglio di speranza affinché la logica, il buon senso, le ragioni della salute di centinaia di migliaia di cittadini abbiano il sopravvento sui calcoli basati solo sul profitto e la speculazione.

         Chiedere di non bruciare diventa una lotta comune con chi reclama di non produrre e non diffondere nell’ambiente i reflui industriali.

       


  Parliamo del fiume Fratta e del suo proseguimento nel canale Gorzone che costituiscono il bacino irriguo di tre provincie (Verona, Vicenza e Padova).

Sui danni alla salute dei PFAS abbiamo trattato a lungo, sia sui social che negli incontri con gli studenti della nostra regione con  cui interloquiamo da tre anni.

        

EFFETTI SUI PRODOTTI AGROALIMENTARI

Il problema è di grandissima rilevanza poiché la contaminazione delle falde e delle acque superficiali, oltre a mettere fuori gioco le risorse idriche dei nostri acquedotti, si riversa sui prodotti agricoli e gli allevamenti.

 Radicchi, cavoli neri, fiolari, frutta, uova, latte, bistecche, pesci, molluschi, gran parte di ciò che arriva ogni giorno al mercato sono il veicolo attraverso cui i nostri organismi e quelli dei nostri figli accumulano i PFAS (dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità in un monitoraggio effettuato nella “Zona Rossa” nel 2017).

 Purtroppo nessuno si è preso la briga di indicare, fino ad ora, quali, fra le tonnellate di prodotti in vendita siano contaminati o meno e nessuno si è preoccupato di escludere gli alimenti inquinati prima che arrivino sui banconi dei mercati e supermercati, motivo per cui non è nemmeno possibile effettuare alcuna prevenzione, evitando di acquistarli e mangiarli.

         Siamo di fronte a un disastro ambientale in atto,  che dura da diversi decenni, senza che alcuno si prenda la briga di attuare rimedi efficaci e non di facciata.

 

TABELLE

I punti rossi segnano più di 500 ng /litro e si trovano nell'area della concia Il  Fratta Gorzone è ancora rosso prima di sboccare nel Brenta







La tabella di ARPAV su dieci anni di sversamenti parla da sé e le tabelle sulla presenza dei PFAS nei fiumi e nelle rogge del bacino Fratta Gorzone, altrettanto.

 

         Che fare? Come risolvere questo problema angosciante?

 

 

 

 

UNA PROPOSTA COSTRUTTIVA

 

Una corposa risposta alle problematiche sopra citate sta nei progetti contenuti nella sentenza del Tribunale Superiore delle Acque (TSAP febbraio 2017) e nel Patto Stato Regione siglato da Regione Veneto e Ministero dell’Ambiente, nonché dalle associazioni di categoria (leggi conciari) dai sindacati, dalle autorità di bacino, ecc…

Si tratta di un percorso decennale che ha come obiettivo la bonifica permanente del bacino del Fratta Gorzone.

Affinché qualche buontempone non mi accusi di volere danneggiare le concerie e cancellare posti di lavoro, preciso che quanto riportato non è una mia invenzione ma la lettura pedissequa del Patto controfirmato da tutti, come detto sopra.

Una delle citazioni più significative è quella per cui

“nella considerazione della contaminazione storica che alcune aste fluviali hanno subìto, soprattutto nella matrice dei sedimenti, da parte delle industrie conciarie”, il piano non sarà in grado di ripristinare lo “Stato buono” del fiume Fratta ma ci si dovrà accontentare del raggiungimento dello “stato Sufficiente entro il 2027”

Siffatta precisazione, scritta nell’Accordo Stato Regione, dimostra quanto grave sia lo stato di degrado prodotto dagli scarichi conciari e come sia addirittura impossibile restaurare lo “Stato Buono”.

Siamo di fronte ad un danno ambientale gravissimo e irreversibile, dichiaratamente riconosciuto dagli stessi firmatari del Patto; però, allo stato presente nessuno mette mano per rimediare (tutti i cronoprogrammi sono bellamente saltati).

Ancora più grave è il fatto che esso è stato redatto alla scadenza decennale del precedente accordo, firmato nel 2005 e conclusosi con un nulla di fatto al 31 dicembre del 2015.

 

Tornando alle citazioni del testo, fondamentale è quanto scritto nell’articolo 3

 Le Parti confermano e ribadiscono che il risanamento della parte alta del bacino del Fratta- Gorzone costituisce una delle condizioni indispensabili per l’utilizzazione delle risorse idriche a valle.”

Stiamo parlando di “Condizioni Indispensabili”.

Il fatto che non si sia tentato nemmeno di mettere una prima pietra simbolica, a cinque anni dalla seconda scadenza, dovrebbe accendere i fari delle procure, similmente a quanto sta avvenendo a Torino in questi giorni a causa dell’altissimo inquinamento atmosferico cui nessuno ha mai messo mano per, almeno, attenuarlo.

I cronoprogrammi, di cui stiamo parlando, sono stati prodotti, presumibilmente, dai tecnici di Acque del Chiampo, di A.Ri.C.A. e dell’assessorato regionale all’ambiente.

Sono  progetti di grandissima valenza ambientale e tecnologica davanti ai quali ci leviamo tanto di cappello, programmi basati sulle BAT (Best Available Techniques), cioè sulle migliori tecnologie attualmente esistenti, quindi non stiamo parlando di fantascienza.

 

I PROGETTI

Per darvi una idea vi enumeriamo in maniera sintetica ed estremamente semplificata, alcuni di questi progetti che potrebbero risolvere in grandissima parte la contaminazione di fanghi e di reflui.  

Creare un data base dei prodotti” usati per la concia o altre lavorazioni e scartare quelli che non possono essere trattati e distrutti; mettere dei filtri in ingresso nell’acquedotto industriale della concia per intercettare all’origine la presenza di PFAS (un acquedotto ripulito dai PFAS potrebbe permettere di recuperare circa il 40% dei fanghi di risulta, ricchi di proteine, separandoli dagli altri reflui prima che si passi alla concia vera e propria).

 

Raccolta differenziata e riciclo sono alla base delle tecnologie proposte. Trattamento in ambiente chiuso e sigillato delle fasi in cui si adoperano Pfas o sostanze di impossibile eliminazione; recupero e inertizzazione dei reflui e delle emissioni gassose evitando che vadano in fognatura. Recupero del cromo e dei solfati. Depurazione e riciclo dell’acqua, evitando di inviarla in fognatura. Ingegnerizzazione dei depuratori, ormai obsoleti e non in grado di eliminare metalli pesanti e altro. Separazione dei reflui civili da quelli industriali.

Sono alcune delle opere indispensabili per il recupero di un territorio vastissimo con una pianificazione decennale.

Riportare nei fiumi acque non contenenti inquinanti di alcun genere avrebbe immediati effetti sui prodotti alimentari. Certamente non è così semplice, visto il danno ricevuto in decenni dai terreni, inzuppati di residui chimici, tuttavia si tratterebbe dell’inizio del cambiamento.

Quanto detto è solo una breve sintesi di un corposo progetto complessivo che, con le disponibilità economiche messe a disposizione dal Recovery Fund, troverebbe una corretta e salvifica applicazione.

 

EFFETTI SUL LAVORO

 

Per quanto riguarda gli effetti sul lavoro di un’opera ciclopica, quale quella che è stata controfirmata, si aprirebbe un vasto campo di lungo impiego, non solo di operai e imprese, ma di tecnici, ingegneri, geologi, biologi, ricercatori, agronomi, medici, informatici ecc.

Sarebbe l’inizio di una opera epocale che potrebbe segnare lo spartiacque tra un Veneto ormai agonizzante nei propri rifiuti che non sa più come smaltire e una realtà all’avanguardia che si proietta verso un futuro fondato sui valori dell’ecologia circolare, del rispetto per l’ambiente, per le piante, per gli animali e dove la salute pubblica sia messa al primo posto.

 

IL TRIBUNALE

I processi in corso contro chi in passato si rese responsabile, sotto ogni profilo, di un criminale dilagare di tossici nelle nostre acque e nei nostri corpi, indicheranno la giusta via per perseguire e fermare chi nel presente attua e consente ancora il perpetrarsi di un immane disastro ambientale.

 

IL CERCHIO SI CHIUDE

 L’impegno civile di chi lotta contro gli inceneritori si fonda adesso con quello di chi, come noi, vive nell’occhio del ciclone dell’inquinamento massivo del territorio. Questa consapevolezza dovrà essere la base per operare insieme verso un vero rinascimento del nostro territorio, nell’unità e nella cooperazione. Belle parole!  E resteranno tali se non cominciamo tutti a premere perché i patti controfirmati siano rispettati. Ognuno di noi è chiamato in causa.

Giovanni Fazio

 

Note:

Inseriamo i link dell’articolo sugli inceneritori , il patto integrale Stato Regione e la sentenza del Tribunale Superiore delle acque

 

Contro gli inceneritori


Decreto sucronoprogramma A.Ri.C.A.


Patto Stato Regione2016