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venerdì 19 maggio 2017

LA MARCIA DEI P FIORI E L'ACQUA MINERALE DEL SINDACO


Il risultato delle analisi permette di dire che l'acqua distribuita da Acque del Chiampo presenta caratteristiche confrontabili con le acque oligominerali, favorisce la digestione ed è indicata per le diete povere di sodio.”

Questa è la delirante dichiarazione dell’amministratore unico delle Acque del Chiampo Alberto Serafin sul Giornale di Vicenza di Domenica 14 maggio.
Lascio ogni commento al lettore, tenendo anche conto di quanto affermato dal direttore generale della sanità del Veneto dott. Domenico Mantoan:

“«Il registro nascite gestito dalla Regione rivela che i Pfas causano malattie, anche mortali. Si parla di un aumento della gestosi e del diabete in gestazione nelle donne in gravidanza e problemi per alcuni neonati. C’è un incremento anche di cardiopatie e diabete. Le malattie mortali collegate sono cardiopatie ischemiche, malattie cerebrovascolari, diabete mellito e Alzheimer».



Tuttavia Serafin continua imperterrito ad elogiare il magnifico acquedotto della Terra dei PFAS

“…. E' anche grazie alla morfologia di questo territorio ricco di rilievi e di sorgenti che l'acqua che passa per la rete idrica e arriva nelle case è di provata qualità.
 La conferma periodica arriva dalle analisi che Acque del Chiampo realizza con precise cadenze mensili e diffonde in report quadrimestrali”
Il risultato delle analisi permette di dire che l'acqua distribuita da Acque del Chiampo presenta caratteristiche confrontabili con le acque oligominerali, favorisce la digestione ed è indicata per le diete povere di sodio.”

Completa il quadretto idilliaco la dichiarazione del sindaco Giorgio Gentilin:

ACQUA COSTANTEMENTE CONTROLLATA”

“L'acqua erogata dall'acquedotto da parte di Acque del Chiampo è perfettamente potabile – assicura il sindaco di Arzignano, Giorgio Gentilin -. L'acqua non soltanto è sorvegliata da chi gestisce l'acquedotto, ma soprattutto è avallata dalle autorità sanitarie, ossia gli unici preposti delle UlSS.
 Di recente le tariffe dell'acqua potabile nell'ambito di Acque del Chiampo sono aumentate del 4%, ma è un aumento contenuto e giustificato ampiamente dalla continuità degli investimenti che vengono fatti per rinnovare costantemente gli impianti.
 Quindi, massima tranquillità: l'acqua è buona ed è pulita.
 Poi si sa che quella di ricorrere all'acqua minerale in bottiglia è una caratteristica italiana diffusa, però l'acqua che esce dai nostri rubinetti è ottima”.
Gentilin segnala un elemento ulteriore di tranquillità anche rispetto alla problematica dei Pfas:
 “Nel 2015, su disposizione sempre degli uffici sanitari, abbiamo controllato, attraverso Acque del Chiampo che ha la dotazione di laboratorio per farlo, un certo numero di pozzi privati che si trovano nella zona tra il confine di Arzignano e il confine di Trissino, e sono risultati praticamente tutti privi di inquinanti”

Potremmo sfruttare le Acque del Chiampo per fare concorrenza a Recoaro e a Fiuggi.


Peccato che ai ragazzi cui sono stati effettuati i primi prelievi di sangue nell’ambito del progetto decennale di monitoraggio dei PFAS, varato dalla Regione Veneto, siano state trovati valori di PFAS di 20-30 volte superiori alla normalità.


Peccato che le misurazioni effettuate da GREENPEACE abbiano dato per Arzignano valori superiori a quelli di Sarego e sicuramente allarmanti secondo gli standard di sicurezza applicati dagli Stati Uniti.

Ma non basta! Il signor Alberto Serafin da un po’ di tempo fa il giro dei Consigli Comunali della zona proponendo la costruzione di un inceneritore per i fanghi conciari.



 Si sa che tali fanghi contengono una elevata quantità di PFAS, sia perché l'acqua dell’acquedotto non è affatto priva di PFAS, come testimoniano le stesse bollette che ci arrivano a casa, sia perché molte concerie usano anche pozzi privati.

L’incenerimento dei fanghi non potrebbe che aggravare la situazione attraverso l’inquinamento dell’aria e dei suoli, in aperta violazione dell’ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO per la TUTELA DELLE ACQUE e la GESTIONE INTEGRATA DELLE RISORSE IDRICHE , recentemente rinnovato, che recita 

"L’accordo novativo è finalizzato all’aggiornamento dell’“Accordo integrativo per la tutela delle risorse idriche del bacino del Fratta – Gorzone attraverso l’implementazione di nuove tecnologie nei cicli produttivi, nella depurazione e nel trattamento fanghi del distretto conciario vicentino"


E’ evidente che sparare in aria fumi carichi di PFAS non diminuisce di un solo nanogrammo la quantità di Perfluorati che, attraverso il collettore ARICA, si riversano nel FRATTA GORZONE.

 Tale richiesta asserisce Serafin “ce la chiede l’Europa”: falso clamoroso in quanto l’Europa ci ha già messo sotto procedura di infrazione per avere dato incentivi all’incenerimento di rifiuti industriali.

Ho citato queste dichiarazioni ufficiali, pubblicate nel giorno della manifestazione di migliaia di persone contro l’inquinamento da PFAS.
Uno schiaffo a chi lotta per la salute dei propri ragazzi, uno schiaffo per chi si batte contro chi inquina.

realizzatasi domenica tra Montecchio e Trissino non si è visto nemmeno uno dei sindaci della zona.
Trissino 14 maggio 2017


Regione, ULSS e amministratori locali hanno dimostrato la abissale lontananza di queste istituzioni e di questi uomini dai cittadini e
 dalle loro giuste preoccupazioni.

Non si sono curati in tutti questi anni di salvare il settore agro alimentare, non hanno nemmeno progettato nessun acquedotto alternativo come ha dichiarato recentemente a Lonigo la senatrice PUPPATO.

Riferisce il Giornale di Vicenza”

«Su richiesta del sottosegre­tario all'Ambiente Barbara Degani, che mi ha chiesto di parlare a nome suo e dell'Esecutivo, sono qui per invitare gli enti del servizio idrico ed i comuni a fare squadra», ha affermalo Puppato. «la Re­gione deve coordinare queste realtà e fare in modo che ven­ga deciso, con l'approvazione di tutti, che lavori vanno rea­lizzati per cambiare l'approv­vigionamento degli acque­dotti e che poi sia presentato al Governo un progetto com­plessivo, che può prevedere una realizzazione progressi­va con una partecipazione al­la spesa di Venezia».

(Gli 80 milioni peri Pfas, as­sieme ad altri 65 destinati al­la bonifica della discarica di Pescantina e agli 80 per il col­lettore del Garda, erano stati inseriti in una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione eco­nomica (CIPE) di inizio di­cembre 2016).


Poi, però, i soldi non sono mai arrivati.
Un fatto che ha generato polemiche e discus­sioni.
Ora la senatrice PUPPATO ha fornito l'interpretazio­ne della situatone del l'esecu­tivo Gentiloni.
I soldi ci sono, ma a mancare sono le proposte del territorio e il rischio è che, se si va avanti così i soldi vengano destinati ad altre aree”

Che dire! La gente si ammala, i ragazzi cominciano ad avere livelli altissimi di colesterolo (provocati dai PFAS), nascono bambini prematuri e sottopeso, le gravide si ammalano di preeclampsia ma la Miteni continua ad inquinare tranquillamente senza che nessuno la fermi.

Noi, e siamo sempre più numerosi, continuiamo a batterci per i cinque obiettivi della manifestazione di Domenica 14 maggio

Chiediamo:

1. che sia garantito un APPROVVIGIONAMENTO dell’acqua potabile e irrigua da fonti sicure; (Acqua e alimenti sicuri ai bambini del nido, alle mense scolastiche e alle gravide SUBITO)

2. che i LIMITI dei PFAS siano portati in prossimità dello ZERO;

3. che sia dato LIBERO ACCESSO alle analisi del sangue a tutti i cittadini nell’area contaminata;

4. che sia messo in atto il sequestro e la bonifica della MITENI, accompagnate da un serio piano di tutela per i suoi lavoratori;

 5. che la MITENI sia costretta a pagare gli ingenti costi passati, presenti e futuri dei filtri a carboni attivi, la bonifica dell’area contaminata e le spese sanitarie di ogni ordine e grado.
E andiamo avanti.

Giovanni Fazio






La marcia continua verso Trissino. 14 maggio 2017

venerdì 12 maggio 2017

E CHIEDO A TUTTI VOI CITTADINI, IGNARE VITTIME DELLA MITENI, DI PARTECIPARE ALLA MARCIA DEI P_FIORI

Io vivo, come molti di voi ad Arzignano e la parte centro sud della mia città è servita dall’acquedotto di Acque del Chiampo.

Leggendo i dati relativi all’inquinamento da PFAS vedo che nel mese di Aprile nell’acqua che bevo ci sono 86 nanogrammi di PFAS per litro il che significa che se bevessi un litro al giorno di quest’acqua in un anno avrei bevuto anche   più di trentuno mila nanogrammi di PFAS.



Considerando che queste molecole, cancerogene e fortemente lesive per il sistema endocrino e per quello nervoso, una volta ingerite nel nostro corpo impiegano dagli otto ai quattordici anni per essere eliminate, mi chiedo se qualcuno mi ha chiesto il permesso di imbottire il mio organismo di queste sostanze non desiderate.

Pochi giorni fa il sindaco e il direttore della ULSS di Vicenza hanno diffuso un video in cui si compiacevano della potabilità dell’acqua che ci fanno bere. Infatti, secondo la legge, quest’acqua è abbondantemente al di sotto dei limiti stabiliti per queste sostanze che, in Italia sono di 2030 nanogrammi litro.

Vincenzo Cordiano

Voglio qui riportare un post del collega Vincenzo Cordiano in merito a limiti e salute.

Nel maggio di quest'anno (2016) l'EPA (Environment Protection Agency), l'equivalente del nostro ministero per l'ambiente, abbassò le concentrazioni massime permesse nell'acqua potabile di PFOA a 70 nanogrammi litro, (dai precedenti 400 nanogrammi/litro) e a 14 ng/litro per il PFOS.
 In Veneto, ricordiamo, sono permessi 500 ng/L per il PFOA e 30 ng/L per il PFOS.

Manifestazioni in USA
Le autorità del New jersey criticarono quella decisione, considerando i nuovi limiti non sufficientemente protettivi per la salute umana, particolarmente per le donne in gravidanza, i loro bambini durante la vita intrauterina e nei primi anni di vita, le persone più anziane.

Le critiche si basano sui risultati di recenti studi che dimostrano un aumentato rischio di effetti tossici, anche per concentrazioni nell'acqua potabile e negli alimenti inferiori a quelli precedentemente considerati “sicure”, per il sistema immunitario, per le ossa in accrescimento, per il metabolismo glucidico e lipidico, per lo sviluppo neurocognitivo del feto e dei bambini fino all'ottavo decimo anno di vita, nonché per la crescita fetale.
La sede dell'EPA

Recentemente, gli scienziati che fanno parte della commissione tedesca per biomonitoraggio umano, hanno anche loro rivisto gli studi più recenti della letteratura medica sui PFAS, giungendo alla conclusione che le concentrazioni nel sangue di PFOA e PFOS al di sotto delle quali è poco probabile la comparsa di effetti tossici per la salute umana sono 2 ng/grammo per il PFOA e 5 ng/grammo per il PFOS.

Questi valori sono notevolmente inferiori rispetto a quelli riscontrati sia negli Stati Uniti che in Veneto (ne ho parlato qui) nella popolazione non esposta ai PFAS presenti nell'acqua contaminata o negli alimenti.

 Questo significa che l’esposizione a questi composti attraverso l’acqua, gli alimenti e l’aria debba cessare immediatamente, al fine di abbassare la quantità di PFOA a e PFOS nel sangue.

Molto interessanti sono le motivazioni con le quali il gruppo di scienziati tedeschi motivano la loro decisione. "… Dopo una valutazione degli studi epidemiologici umani completata nel maggio 2016, la commissione per il biomonitoraggio umano ha giudicato che nelle seguenti aree sono ben documentati, rilevanti e significativamente associati con l'esposizione al PFOA e/o il PFOS gli effetti su:

1) fertilità e gravidanza, (gestosi gravidica, diabete della gravidanza, tempo di attesa per la gravidanza superiore ad un ano);  
2) peso del neonato alla nascita;
3) metabolismo dei grassi;
4) sviluppo del sistema immunitario, efficacia dei vaccini;
5) sviluppo ormonale, età comparsa della pubertà/menarca;
6) metabolismo della tiroide;
7) comparsa della menopausa."

Secondo gli esperti della commissione tedesca, sebbene i meccanismi implicati nella comparsa di tali effetti non siano stati ancora completamente delucidati, "… La concordanza dei risultati degli studi animali e di questi epidemiologici… Giustificano le nostre conclusioni in almeno due aspetti:

1) Le analogie fra gli animali e gli studi epidemiologici umani potenziano la possibilità che gli effetti tossici selezionati sono rilevanti (per esempio produzione di anticorpi, peso alla nascita, epoca di comparsa della pubertà;

2) recenti studi animali hanno anche osservato l'effetti per esposizione basse dosi.”
Che fine faranno?

Dal momento che gli "esperti" dell'Istituto superiore di sanità italiano hanno fissato limiti per il PFOA (500 ng/litro) di sette volte superiori a quelli consigliati dall'EPA e di quasi 40 volte rispetto a quelli del new jersey viene da pensare che questi nostri scienziati non siano a conoscenza dei risultati degli studi più recenti cui fanno riferimento i loro autorevoli colleghi americani e tedeschi.











In alternativa, dovrebbero spiegare alla comunità scientifica internazionale e
alle popolazioni venete esposte i motivi per cui non ritengono di dover condividere le conclusioni cui sono giunti i loro colleghi in Germania e negli Stati Uniti.
L'agro alimentare del Veneto va in rovina e tu che fai?

E i sindaci di Arzignano e Chiampo ci devono spiegare per quale motivo dobbiamo bere acqua contaminata.

 Ma ancor di più perché si rifiutano di portare negli asili nido acqua indenne dai PFAS e cibi biologici altrettanto indenni dai PFAS, come stiamo chiedendo da tempo!

E CHIEDO A TUTTI VOI CITTADINI, IGNARE VITTIME DELLA MITENI, DI PARTECIPARE ALLA MARCIA DEI P_FIORI DI DOMENICA PROSSIMA 14 Maggio. 
SE NON LO FATE PER VOI, FATELO ALMENO PER I VOSTRI BAMBINI.

Giovanni Fazio


domenica 7 maggio 2017

CHIEDONO DI INQUINARE L’ARIA dopo avere inquinato l’acqua e la terra.

Montorso firma contro l'iceneritore
Alberto Serafin, amministratore unico di Acque del Chiampo, continua il suo giro nei Consigli comunali della vallata come un commesso viaggiatore che intende piazzare conto terzi un inceneritore, probabilmente da situare accanto al depuratore di Arzignano.

Invitato dal Consiglio comunale di Montecchio Maggiore, come riferisce Luisa Nicoli in un articolo sul Giornale di Vicenza di oggi, Serafin esordisce con un clamoroso falso:

Firme a Chiampo
La direttiva europea indica il trattamento termico come soluzione per lo smaltimento dei reflui

In realtà le cose stanno esattamente all’opposto.

La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile".

Infatti, secondo la normativa europea, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe essere considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata esclusivamente una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente la valenza di "recupero".


Ora tutti sanno che solo una parte dei fanghi conciari (solo se separata

Firme in piazza Libertà Arzignano

prima della concia) potrebbe essere considerata bio degradabile ma non certo i fanghi, dove decine e centinaia di prodotti chimici nuotano in una massa maleodorante, di veleni e sostanze tossiche.

La relazione di Serafin inoltre differisce notevolmente da quella tenuta qualche mese fa al Consiglio Comunale di Arzignano.

 Allora disse che l’inceneritore avrebbe dovuto bruciare 120 000 tonnellate
10 milioni di euro  fanno il girotondo


di rifiuti all’anno (perché, a suo dire, un inceneritore più piccolo sarebbe stato antieconomico), a Montecchio invece parla di un inceneritore di 26.000 tonnellate anno, corrispondente alla somma dei fanghi prodotti dai depuratori di Arzignano e Montebello.

Inoltre a Montecchio Maggiore, a differenza di quanto affermato ad Arzignano, sembrerebbe aver riproposto il vecchio progetto SICIT, (quello derivato dall’inceneritore di Bergen che, a suo tempo, era stato severamente bocciato dall’ARPAV).


Firme a Villaggio Giardino


 Infatti, non si sa come, Serafin sa già che

 “Il prototipo costerà 15 milioni di euro, 10 milioni dall'accordo di programma, altri 5 da Acque del Chiampo. «Ma non si tratterà di un esperimento. Il prototipo dovrà lavorare un terzo delle 26 mila tonnellate di fanghi, in pratica rappresenta una parte della linea che avrà tre unità produttive."

Come fa Serafin a conoscere costi, dettagli e tempi di realizzazione dell’opera se, come afferma

 «Non siamo alla fase realizzativa dell'impianto ma solo all'avviso esplorativo per individuare un partner industriale per la progettazione, la realizzazione e la gestione del trattamento termico.”?

E aggiunge:

 “Abbiamo individuato il project financing per velocizzare i tempi. Con le normali procedure di gara ci vorrebbero 9 anni per arrivare all'impianto, ma la Concia non ha questo tempo a disposizione.”

Ma se poco prima ha affermato che i 15 milioni (pubblici) derivati dall’accordo di programma ci sono già quale sarebbe il compito del partner? Il project Financing infatti, fino a prova contraria, prevede che il costo dell’opera è a carico del privato.

Insomma, ci sembra una relazione estremamente confusa dalla quale emerge una sola spiegazione:

a qualcuno, e non da ora, fanno gola gli incentivi d’oro pagati dallo stato. Infatti in Italia, i costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono indirettamente sostenuti dallo Stato sotto la forma di incentivi alla produzione di energia elettrica.

Questa modalità di produzione (sebbene in violazione delle normative europee in materia) è infatti considerata dallo Stato, come da fonte rinnovabile (assimilata) alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico.

Le modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse:
1.      pagamento maggiorato dell'elettricità prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti CIP 6);
2.      riconoscimento di "certificati verdi" che il gestore dell'impianto può rivendere (per 12 anni).


Si tratta di somme ingentissime, erogate in barba alle normative europee il cui costo ricade per intero sulla bolletta elettrica.
Una vera e propria truffa ai danni dei cittadini che pagano, e una presa in giro per quanto riguarda la lotta all’inquinamento prevista dai veri certificati verdi.

Alcuni “produttori di fanghi”, di fronte all’opportunità di speculare a spese del contribuente anche sui rifiuti da essi stessi prodotti, non esitano a chiedere con insistenza la costruzione di un inceneritore.



Così facendo, senza ancora aver risolto il problema dell’inquinamento delle falde provocato dallo scarico delle acque di cinque depuratori della zona nel collettore ARICA che irrora broccoletti e radicchi da Cologna Veneta in giù, chiedono tramite Serafin, di inquinare anche l’aria.

Ci sembra che in questo momento in cui tante famiglie sono in angoscia per i livelli di PFAS trovati nel sangue dei ragazzi, chiedere di inquinare anche l’aria sia una provocazione inaccettabile e tale da destare lo sdegno di tutta la popolazione.
La risposta non tarderà a manifestarsi.

Giovanni Fazio




giovedì 4 maggio 2017

COMMISSIONE PARLAMENTARE ECOMAFIE: Pfas continuano ad inquinare le acque.


 I Pfas continuano ad inquinare le acque del Veneto e per questo bisogna contenere questa emergenza ambientale.
Sono le premesse della relazione approvata all’unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali, in merito al ciclo dei prodotti dai Pfas.

 La novità principale della relazione adottata dalla Commissione sta nel considerare tali sostanze come “appartenenti alla classe dei composti organici alogenati con la conseguenza che rientrano nell’elenco delle sostanze pericolose”, come previsto dal DL 3 aprile 2006 numero 152.
In base a questa considerazione, la Regione Veneto può intervenire per richiedere di mettere a norma gli scarichi dove risiedono le sostanze considerate come inquinanti e pericolose.

Al contrario di quanto avrebbe dichiarato in un’audizione l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, sentito il 10 maggio del 2016.
 Un secondo snodo fondamentale, ricostruito dall’attività di indagine della Commissione, è “la certificazione che quasi il 97% dell’apporto totale di Pfas scaricati nel bacino idrico Fratta-Gorzone, nel vicentino, sia riconducibile alla Miteni”, società chimica di Trissino, al centro dell’attenzione giudiziaria sul caso Pfas.

Ne consegue, secondo il documento approvato dalla Commissione, “che l’inquinamento è ancora in atto e che le misure poste in essere per il suo contenimento non siano state completamente efficaci”.

 Nelle stesse ore è stato dato il via libera dal Consiglio regionale


all’istituzione di una commissione d’inchiesta sullo stato dell’inquinamento della falda.

 “Mentre a Roma verrà chiesto di inserire la relazione nei due rami del Parlamento per una discussione”, ha assicurato il presidente della Commissione Ecomafie, Alessandro Bratti.





 Nelle ultime settimane c’è stato un rimpallo di responsabilità, denunciato dalle opposizioni e organi di stampa, tra il presidente della Regione, Luca Zaia, che sarebbe stato tenuto all’oscuro di una relazione dell’Arpav dai suoi assessori, che a loro volta avrebbero rinviato la palla ai dirigenti del settore sanitario veneto: in particolare al direttore dell’area sanità e sociale, Domenico Mantoan.



Il deputato del M5S, Alberto Zolezzi, ha presentato delle interpellanze parlamentari per chiedere lumi sulla presunta plasmaferesi (una sorta di pulizia del sangue), fatta da Mantoan in un ciclo di cinque sedute dal costo di 3.000 euro.


 “Se ciò fosse vero – spiega Zolezzi – perché non dirlo ed estendere questa procedura ai numerosi cittadini del Veneto contaminati?”
 Un’altra criticità emersa dalla relazione riguarda i 13 lavoratori della Miteni, di cui non si conoscono ancora le esatte condizioni cliniche.


[tratto da Observatory Foundation for the Culture of Security, 8 febbraio 2017]



martedì 2 maggio 2017

Pfas, nei quattordicenni esaminati valori 32 volte superiori del normale

VENEZIA

I primi risultati dello screening analizzati in un convegno


Riportiamo una parte di un articolo recente del Corriere del Veneto

“VENEZIA I risultati relativi ai primi cinquanta campioni dei prelievi di sangue effettuati tra i quattordicenni della cosiddetta «zona rossa» interessata in Veneto dagli sversamenti della Miteni nelle acque, mostrano una mediana quasi uguale a quella riscontrata all’interno del campione monitorato nel 2016 dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss): 64 nanogrammi di sostanze Pfas (perfluoroalchiliche) nel sangue contro 70 (mentre la media nazionale dei non esposti è attorno ai due tre nanogrammi).

Allo screening ha aderito l’80% dei nati nel 2002 residenti in 21 Comuni.
Il dato è stato presentato questa mattina nel corso del primo giorno del workshop dedicato ai Pfas all’ospedale civile di Venezia, in programma fino a domani.

 «Non voglio tirare delle conclusioni che non mi spettano ha commentato i primi risultati del monitoraggio avviato dalla Regione Veneto il direttore generale della sanità della Regione Veneto, Domenico Mantoan ma personalmente quelli sui quattordicenni sono dati che mi sorprendono perché possono voler dire astrattamente due cose: o i livelli erano attestati, prima dell’introduzione dei filtri, attorno a quota 200 o non è vero che bastano tre o quattro anni per eliminare una sostanza che, evidentemente, può avere un’emivita più lunga».



















Che non sia vero che bastano tre o quattro anni per dimezzare i valori ematici dei PFAS lo si sa da tanto tempo, quindi non ci sorprendiamo. Ma si sa anche un’altra cosa che Mantoan non dice e cioè che il BIOACCUMULO dei PFAS avviene non solo bevendo l’acqua inquinata ma anche mangiando alimenti contaminati e molti di questi sono stati trovati tra polli, uova, tacchini e pesci nella ZONA ROSSA.

Sarebbe buona norma che la Regione effettuasse una indagine in merito
per rassicurare i cittadini e, soprattutto le mamme, sulla assoluta edibilità dei prodotti agro alimentari provenienti dalle zone dove le falde sono più inquinate e dove alcuni agricoltori e allevatori usano l’acqua di pozzi, a volte non ancora controllati.

E’ sempre più urgente una certificazione sugli alimenti da parte delle ULSS, soprattutto per proteggere i bambini più piccoli e i ragazzi.

Sarebbe anche buona norma che il ministero dell’ambiente rivedesse, riguardo ai PFAS, i limiti sugli scarichi industriali in modo da proteggere il territorio e la salute dei cittadini, prima ancora che le esigenze produttive della Miteni e company.

In fondo tutti sappiamo dove vanno a finire questi scarichi industriali. Chi governa la Regione dovrebbe preoccuparsi con maggiore attenzione del comparto agroalimentare del Veneto.

Si tratta di un settore della nostra economia molto importante che deve essere difeso e garantito e non annaffiato con i PFAS.


Giovanni Fazio

lunedì 1 maggio 2017

INCONTRO AL BOCCIODROMO DI VICENZA SULL'INQUNAMENTO DA PFAS

MARCIA DEI PFIORI, ACQUA E BENI COMUNI 2017



30 APRILE 2017 Al Bocciodromo Vicenza si è svolto un incontro siul tema del disastro ambientale veneto provocato dall’inquinamento delle acque da parte della Miteni.









E’ stata promossa la manifestazione che si terrà il 14 maggio e rinnovato a tutti l’invito a partecipare.

Mamme, genitori, cittadini attivi, gruppi, comitati, associazioni, movimenti riuniti in assemblea a Montecchio Maggiore il 23 marzo 2017 organizzano per DOMENICA 14 MAGGIO una grande mobilitazione regionale a difesa dell’acqua e dei beni comuni.




Cosa chiediamo?









1.   che sia garantito un approvvigionamento dell’acqua potabile e irrigua da fonti sicure;                                                                                   
   (da subito, per prima cosa, acqua non inquinata agli asili nido, alle mense scolastiche, alle donne in gravidanza).

2.   che il limite dei PFAS siano portati ZERO;                                         
    (attualmente il limite di tolleranza nell’acqua potabile è stato fissato a 2030 nanogrammi litro)

3.    che sia dato libero accesso gratuito alle analisi del sangue a tutti i cittadini nell’area contaminata;

4.    che sia messo in atto il sequestro e la bonifica della MITENI, accompagnate da un serio piano di tutela per i suoi lavoratori;



5.    che la MITENI sia costretta a pagare gli ingenti costi passati, presenti e futuri dei filtri a carboni attivi, la bonifica dell’area contaminata e le spese sanitarie di ogni ordine e grado.

(Ma anche dei danni derivanti a tutto il comparto agroalimentare dall’inquinamento da PFAS delle falde acquifere del Veneto.)