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lunedì 19 settembre 2022

LA CONCIA VERSO L'IMPATTO ZERO?


PNRR 10 MILIONI DI EURO AL DISTRETTO CONCIA

"A partire dalle ore 10 del 15 novembre 2022 le imprese appartenenti al Distretto conciario arzignanese potranno richiedere contributi a fondo perduto per la realizzazione di progetti d’investimento legati all’innovazione dei prodotti e dei modelli produttivi in un’ottica di ecosostenibilità ed economia circolare."

È quanto prevede il decreto del Ministero dello sviluppo economico che stabilisce i termini per la presentazione delle domande relative alla misura agevolativa nel decreto Sostegni bis e che dispone l’erogazione di contributi a fondo perduto per 10 milioni di euro per l’industria conciaria.

 Finalmente viene investita una notevole somma finalizzata al risanamento del territorio,  al miglioramento, in senso ecologico, di tecniche industriali e alla modifica della gestione dei rifiuti.

 

GLI OBIETTIVI DEL DISTRETTO CONCIA:

Il progetto del Distretto si coordina su quattro obiettivi:

  • “la raccolta differenziata degli scarti per recuperare ciò che può essere inserito nuovamente nel ciclo produttivo, permettendo di ridurre notevolmente la parte da smaltire;
  • l'utilizzo di prodotti chimici che abbiano un minore impatto sull'ambiente;
  • il risanamento del bacino del fiume Fratta Gorzone;
  • la carbon neutrality vale a dire l'equilibrio tra anidride carbonica emessa e anidride carbonica rimossa.”

 

IL FRATTA GORZONE

Da anni, insieme ad altre associazioni ambientaliste, ci battiamo per il risanamento del fiume Fratta Gorzone, ormai ridotto ad uno scolo tossico a causa degli sversamenti storici del distretto della concia.

         Questo fiume, dopo l’inquinamento da parte di Miteni della grande falda d’acqua sotterranea, rimane l’unica fonte idrica cui possono attingere i coltivatori del vasto bacino che da Cologna Veneta raggiunge il Brenta, a pochi passi da Chioggia. Qui  la melma industriale trova il suo sbocco definitivo nella laguna di Venezia e nel mare antistante Sottomarina.

Il progetto del Distretto è il primo passo per salvare una riserva d’acqua strategica, soprattutto adesso che il cambiamento climatico sta attaccando la pianura veneta con fenomeni di siccità molto preoccupanti.

È necessario, pertanto, che le sue acque siano indenni da contaminanti se vogliamo preservare le colture della pianura da inquinamenti di ogni genere.

È vero, come sostiene Barbara Mastrotto[1], che Luca Zaiasi è speso in prima persona per sostenere quella che è una filiera strategica per il Veneto e per l'Italia”, cioè le concerie della valle del Chiampo, ma è altrettanto vero che dal 2005  ad oggi due grandi progetti decennali per la bonifica del Fratta Gorzone sono restati lettera morta senza che  lui movesse un dito, così come non si è mai mosso per contrastare il cinquantennale inquinamento di Miteni.   

Le sue orecchie sono rimaste sorde al bisogno di migliaia di coltivatori e di centinaia di migliaia di persone colpite dall’inquinamento da PFAS. Evitiamo quindi inutili e fuorvianti incensamenti . 

Sbocco nel Fratta Gorzone


PERCHE' DEFINIAMO "STRATEGICO QUESTO FIUME ?

Perché gran parte dei prodotti della pianura, che raggiungono i mercati,  sono fortemente inquinati, soprattutto dalle PFAS.

L’ ingestione di questi alimenti, che non vengono controllati da nessuno, sta propagando in tutto il Veneto una contaminazione che inciderà profondamente sulla salute dei suoi abitanti, soprattutto, delle nuove generazioni.

LA PREVENZIONE MANCATA

Della mancata prevenzione in difesa della salute è pienamente responsabile la Regione Veneto con i sui capi politici e le strutture che dovrebbero attivarla.

Ciò risulta anche dal rapporto del Commissario dell’ONU, Marcus Orellana, venuto appositamente nel Veneto per rendersi conto di quanto sta avvenendo.

 

IL PROGETTO DEL DISTRETTO 

Questa volta siamo di fronte ad un progetto vero, e non solo cartaceo, che impegna finalmente il Distretto della concia  a farsi carico di questi annosi problemi. 

Lo conosciamo, oltre che per averne preso visione, anche grazie a due incontri col presidente del Distretto Riccardo Boschetti e con Nicola Muraro, suo portavoce.                                                                                                                           

Riteniamo che alcune parti di esso, come ad esempio la raccolta differenziata degli scarti del processo industriale, passo dopo passo, il recupero e il riciclaggio degli stessi, siano veramente importanti e tali da potere abbassare in maniera significativa lo scarico nell'ambiente di sostanze altamente inquinanti come il cromo e le stesse PFAS, attualmente molto usate nella concia.

Importanti anche la dissalazione e gli interventi di recupero e riciclaggio di quelli che vengono chiamati rifiuti di riviera (pelo e carniccio). Fondamentale è pure la ricerca di prodotti alternativi a quelli tossici, primi fra tutti le PFAS.

Da tali interventi ci aspettiamo un significativo  miglioramento degli scarichi nel Fratta Gorzone e un risparmio di materiale e di energia, anche se questo lodevole inizio non sarà sufficiente a bonificare il fiume in maniera completa. C'è bisogno di altri interventi e di maggiori finanziamenti. 

 Nelle pieghe del discorso con Nicola Muraro, è saltato fuori, però, che il progetto prevedrebbe la costruzione di un gassificatore ad Arzignano 

In realtà, tale struttura non è mai citata esplicitamente nel testo del progetto ma, su questo, la popolazione e le Amministrazioni comunali, che fanno capo al bacino e che in merito hanno già deliberato contro la costruzione di un inceneritore in loco, tengano gli occhi aperti e pretendano una smentita da parte del Distretto.

Il PNRR  per le finalità che persegue non può consentire la costruzione di un’opera che, anziché ripulire l’aria la inquinerebbe più di quanto non lo sia già.


CARBON NEUTRALITY

Per quanto riguarda, infine, il quarto punto del progetto, la carbon neutrality (vale a dire l'equilibrio tra anidride carbonica emessa e anidride carbonica rimossa), esprimiamo forti riserve.

Questo baratto, pur essendo legale, è nei fatti una vera truffa. 

Non ha senso acquistare un pezzo di foresta vergine in Amazzonia per compensare l’inquinamento che avviene ad Arzignano.                                            

 La borsa della CO2, una delle più oscene invenzioni liberistiche, consente infatti di acquistare alberi in un altro continente per compensare l’anidrite carbonica rilasciata in Italia.

Perciò bocciamo ogni soluzione borsistica della CO2, anche perché le emissioni inquinanti ce le beccheremmo noi ad Arzignano, e chiediamo che l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica si realizzi attraverso adeguate iniziative sul posto.

Foresta amazzonica


UNA IMPORTANTE SVOLTA

Le lotte del Movimento ecologista hanno trovato una prima risposta nell’iniziativa del Distretto conciario. 

Riteniamo di essere di fronte ad una importante svolta. Potrebbe essere l’inizio di una nuova storia e un nuovo rapporto tra industria e territorio:  va pertanto incoraggiata e portata avanti.

 Ci auguriamo che il progetto che si vuole mettere in atto sia il primo passo di un nuovo percorso  di attenzione alla salute delle persone e all’integrità dell’ambiente.

 Siamo appena all’inizio. Riteniamo che stavolta siamo sulla strada giusta e ne facciamo merito anche ad una Amministrazione comunale che, dietro le quinte, ha esercitato ed esercita una forte pressione per il cambiamento.

Il riscaldamento climatico è alle porte con i suoi terribili annunci. Dobbiamo prenderne atto. Ce lo chiedono i nostri figli angosciati da un inimmaginabile futuro.

L'iniziativa del Distretto è una presa di responsabilità per l'avvenire di questa zona e dei suoi abitanti e si inserisce in un piano generale che ci auguriamo possa interrompere il declino climatico del pianeta.

Guardando in avanti, molte sono ancora le opere da realizzare per aderire ad un nuovo modello esistenziale. 

I grandi profitti realizzati con la concia potrebbero avere uno sbocco positivo se utilizzati per una diversificazione produttiva. Questa potrebbe alleggerire l’impatto che un complesso eccessivo di industrie della pelle ha sul territorio.

C’è molto da fare e molto da sperimentare, sul piano del risparmio energetico, dell'utilizzo intelligente delle rinnovabili, sulla partecipazione di tutti ad una nuova organizzazione della società fondata sulla giustizia climatica e sul rispetto della vita. Costruiamo insieme la città del sole  prendendo atto della fine di un modo di produrre e di consumare che ci hanno portato sull’orlo del precipizio.

 

Giovanni Fazio

 

 


 

 

 



[1]
                        [1] portavoce del progetto, nonché vicepresidente di Confindustria Vicenza



martedì 13 settembre 2022

L’ Eu TAGLIA L’EROGAZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA A 400 MILIONI DI EUROPEI PER NON SCOMODARE LA BORSA DI AMSTERDAM


“Draghi, ultimo euro flop:

                                   sul gas dall’Europa altro no al price cap

 

Come previsto, dalle bozze di accordo sulle misure contro la crisi energetica fatte circolare ieri dalla Commissione europea resta escluso il nodo più rilevante: il tetto al prezzo del gas. Fallita quindi la proposta avanzata anche dall’Italia, sostenuta da 15 Stati secondo il ministro Cingolani, che fino a pochi giorni fa parlava di “maggioranza solida”.

Accordo invece su quattro interventi, il più rilevante dei quali per i cittadini sarà l’obbligo di riduzione dei consumi di elettricità, mediante la scelta di 3 o 4 ore per giorno della settimana in cui sarà possibile accendere solo un elettrodomestico, ma non di più per evitare che i contatori digitali stacchino la corrente, lasciando agli Stati un “margine di discrezionalità” sugli orari."

Dal Fatto Quotidiano di oggi 13/09/2022

 Contrariamente a quanto suggerito per risparmiare sul consumo di gas, con la sostituzione della caldaia con le pompe di calore, adesso ci tagliano anche l’energia elettrica. 

La notizia accolta con una standing ovation da tutti i cittadini d’Europa.

Come è noto, il vertiginoso rialzo del metano è principalmente dovuto alla speculazione delle compagnie multinazionali nella borsa di Amsterdam.

 L’idea di mettere un price cap, cioè un limite al prezzo del gas, non è passata, a Bruxelles, in quanto disturberebbe gli speculatori e introdurrebbe delle eccezioni alla legge del libero mercato ad ogni costo, sancita dall’ideologia liberista.

Le sanzioni contro la Russia, autopunitive per gli europei, ci hanno tolto la possibilità di acquistare il metano dalla Russia come facevamo da decenni quindi, a prezzi accessibili “Ce lo chiede l’Europa”.

Non c’è che dire. Ormai può succedere di tutto, tra il visibilio degli italiani che seguono per ore la cronaca della guerra con più entusiasmo di quanto non farebbero per un campionato di calcio.

Si dà il caso che adesso a spegnere la canna del gas e la luce non sono solo gli ucraini ma anche gli italiani.

Dovremo scegliere se mandare in malora tutti i cibi conservati nel freezer e quindi andare ogni giorno a fare la spesa, scegliendo tra scatolame o cibi a breve scadenza, o evitare di usare il computer, con quello che significa per chi ci lavora o lo usa per i vari servizi on line. Bisognerà tornare a fare le lunghe file in banca, agli sportelli delle ULSS e così via. Insomma, un bel salto all’indietro.

Non è che si fa tutto questo per abbassare l’inquinamento e aiutare la transizione. Lo si fa, al contrario, per consentire a quattro banditi che speculano in borsa di mantenere il costo del gas a livelli stratosferici.

Ora la filosofia liberista del libero mercato vieta agli stati di intervenire  in merito della libera contrattazione ma non vieta, ovviamente, alla Commissione europea di girare la chiavetta del tuo contatore e toglierti la corrente per tutto il tempo che vuole.

E’ il capovolgimento di una norma che antepone gli interessi vitali di una comunità a quelli degli speculatori

Lo sancisce anche la nostra Costituzione, per quel che vale, dato che ormai non la rispetta più nessuno, a partire da un Governo scaduto e non eletto dai cittadini, che dovrebbe occuparsi solo di affari correnti e invece fa quello che gli pare.

Questo, per oggi è tutto

Ci auguriamo che i telespettatori teleguidati scelgano la TV come primo elettrodomestico da spegnere. Almeno questa brillante euro iniziativa potrà portare, si spera, un piccolo beneficio all’igiene mentale.

 CONTRO LA GUERRA E CONTRO LE SANZIONI PER UN PERCORSO DI PACE IN EUROPA

Giovanni Fazio


Loro se la ridono

giovedì 8 settembre 2022

CONTRO LE SANZIONI PER UN PERCORSO DI PACE IN EUROPA E NEL MONDO

 




DESERTIFICAZIONE CLIMATICA E DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE MARCIANO DI PARI PASSO CON L’ESCALATION DELLA GUERRA.

    L’Europa è malata. Un focolaio cronico di guerra nel proprio territorio agisce come un focus malefico che, col tempo, tende ad espandersi e a coinvolgere l’intero continente in una guerra che in realtà i popoli europei non desiderano affatto.     Tanto meno la vuole il popolo italiano che, in contrasto con le dichiarazioni euforiche di Draghi e di una casta dirigente irresponsabile, sente già i morsi dell’inflazione e dei rincari abnormi dei prezzi dell’energia.

    La paura della disoccupazione attanaglia il cuore della gente quando il costo della vita diventa più caro. Questa è la realtà che vivono la maggior parte degli italiani cui il Presidente del Consiglio raccomanda, paternalisticamente, di abbassare il termostato nelle abitazioni.

    Dai sondaggi di oggi si apprende che un italiano su due è critico nei confronti dell’uso delle sanzioni che, di fatto, sono un atto unilaterale di guerra contro la Russia.

    Malgrado la  stampa mainstream cerca di sostenerle con analisi poco convincenti sul presunto danno che esse starebbero arrecando alla Russia, le sanzioni, a prescindere dalle motivazioni che le hanno indotte, si sono dimostrate un mezzo inefficace e controproducente. Si tratta di una semplice constatazione di quanto sta avvenendo in Europa e nel mondo.

In realtà è nell’interesse dei cittadini e degli Stati europei aprire immediatamente delle trattative con la Russia per rimuoverle in cambio della apertura di una conferenza per la pace.

  La Ue si trova in una situazione difficilissima, provocata dalla chiusura del gasdotto Nord Stream.

 Forse i politici europei si aspettavano che dopo le sanzioni Putin li ringraziasse e porgesse l’altra guancia? È ovvio che ad un’azione che aveva la finalità di distruggere l’economia russa questa ripagasse i suoi antagonisti con egual moneta.  È ridicolo parlare di “Ricatto” come fa un noto capo partito, seguito dalla ,propaganda bellicista della Rai e dei giornali. Non c’è nessun ricatto . L’azione di Putin è conseguente ed era prevedibilissima da parte dei Governi europei. 

 Non averne tenuto conto, da parte di chi ha una economia energetica come l’Italia basata in massima parte sulle importazioni di gas dalla Russia, è stato un errore ingiustificabile, considerate le conseguenze drammatiche che ne sono conseguite?

 Evidentemente Draghi ha preferito affrontare i rischi di una reazione da parte della Russia allineandosi alle richieste degli Stati Uniti che la pretendevano anche per rilanciare la produzione del loro scisto gas agonizzante. Si tratta pertanto di una scelta politica di chi sa benissimo a cosa gli italiani andranno incontro a causa di essa.



Tornare indietro, per evitare il danno evidente di una iniziativa inutile e controproducente non è solo possibile ma assolutamente necessario se questa sta mettendo a rischio gran parte del comparto industriale del nostro paese e il lavoro di milioni di Italiani. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

    È ipocrita, come fanno alcuni fautori delle sanzioni, accampare motivazioni “morali” sull’acquisto di petrolio o gas da uno stato non democratico.

    Non hanno alcun senso e servono solo a fuorviare la discussione dai punti reali, le condanne del potere autocratico di Putin, che comunque è riconosciuto da tutti,  ma che era ampiamente tollerato dagli acquirenti del gas russo fino a un mese prima della guerra.

    Nella foga della condanna delle autocrazie, dimentichiamo che stiamo acquistando gas da feroci dittature come quella della Arabia Saudita (attualmente impegnata nell’aggressione allo Yemen insieme agli Americani), che firmiamo ulteriori contratti con Algeria, Mozambico ecc. Sorvoliamo sul fatto che doniamo motovedette alla Libia, e non ci vergogniamo di vendere armi e navi al dittatore Al Sisi, primo responsabile della tortura e dell’omicidio di un nostro caro connazionale.



La condanna dell’invasione è una nobile giustificazione che condividiamo anche se, onestamente, si dovrebbe tenere conto anche del colpo di stato in Ucraina, della guerra civile, caratterizzata da stragi e bombardamenti, che dal 2014 viene condotta dal Governo ucraino e dai battaglioni nazisti incorporati nell’esercito nazionale, contro le popolazioni russofone che vivono nel Donbass.

Non riteniamo comunque utile impegnarsi, in una discussione complessa, anche se necessaria, sulle questioni nate dal crollo dell’Unione Sovietica, poiché  la riteniamo, in questo momento, fuorviante  rispetto all’obiettivo che ci proponiamo che è quello del raggiungimento della pace.

A chiusura di questa parentesi, riteniamo che sarebbe opportuno che chi si scandalizza giustamente dell’invasione dell’Ucraina usasse lo stesso tono e uguale atteggiamento nei confronti, per esempio, di ISRAELE che da più di quarant’anni occupa i territori palestinesi e tiene chiuse nel ghetto di Gaza due milioni di persone che non possono uscire e andar via da quell’inferno. 

    Torniamo dunque alla questione che ci riguarda attualmente.

    Siamo coscienti che i popoli europei da questo conflitto hanno tutto da perdere, ma non tutti sanno che le grandi compagnie e la borsa stanno realizzando, grazie alla guerra, enormi profitti.

    Basta leggere l’articolo di MARCO PALOMBI, recentemente pubblicato sul Fatto Quotidiano, per capire come in realtà stanno le cose.

“SUPERPROFITTI E INFLAZIONE

I dividendi crescono 20 volte più dei salari (e fanno salire i prezzi)

Casomai a qualcuno fosse venuto in mente che forse, magari, anche la rendita finanziaria stesse pagando la crisi dei prezzi, ecco no, non sta andando così. Quelli che vedete in pagina sono dati elaborati dalla European Trade Union Confederation (Etuc), la confederazione dei sindacati europei, che mostra come i dividendi staccati nella sola Unione europea nel secondo trimestre 2022 siano cresciuti rispetto al 2021 a una velocità sette volte maggiore rispetto agli stipendi.

 

IN ITALIA VA PURE PEGGIO:

 

le cedole per gli azionisti sono salite di uno spettacoloso 72,2%, venti volte più dei salari, previsti in aumento del 3,7% anno su anno, per una volta in linea con la media europea (3,8%). Ovviamente, visto che l’inflazione ormai flirta con la doppia cifra un po’ in tutto il continente, ne consegue che i salari stanno perdendo un’enormità di potere d’acquisto, chi estrae profitti dalle aziende quotate invece sta battendo la dinamica dei prezzi di tre volte almeno (e di otto volte e mezza in Italia).

 

Qualcuno potrebbe pensare: dati inaffidabili, sono i sindacati che ci marciano. Non è così, nel senso che l’inflazione e la dinamica salariale attesa sono dati ufficiali dell’Ue, l’analisi sui dividendi è ripresa dal “Global Dividend Index” del colosso angloamericano di asset management Janus Henderson, che certo non è contrario all’aumento dei dividendi. E che dice l’aggiornamento di agosto di questo Global Index? Che nel l’aumento dei prezzi dell’energia” e“ in media, i profitti hanno recentemente contribuito in modo chiave all’inflazione interna totale, al di sopra del loro contributo storico”, ha detto a fine maggio Isabel Schnabel, economista e membro tedesco del board della Banca centrale europea. “È ora di mettere fine a questa truffa”, è il commento dell’irlandese Esther Lynch, vicesegretaria dell’Etuc:

 

 “Ai lavoratori viene detto che non è il momento per un aumento di stipendio, intanto gli azionisti stappano champagne. È un doppio insulto perché le aziende che non riescono a dare ai lavoratori un dignitoso aumento salariale, e quindi li condannano a perdere potere d’acquisto, stanno anche facendo salire l’inflazione”.

 

Una situazione semplicemente “inaccettabile”, venuta dal settore bancario”, scrive Janus Henderson, ma anche la Atlantia dei Benetton è tornata a “dividendi vicini ai livelli pre-pandemia”, per non parlare dell’Eni. Riassunto: “I dividendi italiani sono in corsa per un anno record” (nonostante il dollaro forte).

 

Può sembrare solo l’ennesima prova di un sistema basato su crescenti disuguaglianze, ma non è solo questo: nel folle periodo seguito alle riaperture post-Covid, i profitti delle aziende sono stati un fattore anche per la crescita globale dell’inflazione.

 Non è una teoria da pazzoidi, tanto che l’ha sostenuta la stessa Bce: “Molte aziende sono state in grado di espandere i propri profitti unitari in un contesto di eccesso di domanda globale nonostante secondo trimestre 2022 le 1.200 aziende quotate più grandi al mondo hanno distribuito cedole per la bellezza di 544,8 miliardi di dollari, l’11,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno prima; che il 94% del campione ha aumentato o confermato i dividendi precedenti; che l’Europa è stata una delle chiavi di questo aumento globale col suo 28,7% di crescita; infine che sono stati non sorprendentemente i settori Oil & Gas, materie prime e finanziario a staccare gli assegni più grossi”. E l’Italia? “Più della metà del +72,2% dei dividendi italiani è dice il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri: “Quando più di un anno fa la Uil ha iniziato a chiedere la tassazione degli extraprofitti qualcuno ci ha insultato. Oggi è evidente a tutti che è questo uno dei principali strumenti per arginare la deriva economica e i danni sociali che siamo costretti a subire. Bisogna agire subito e con assoluta determinazione”.

 

COME FORSE È SCONTATO, non tutti sono d’accordo. Ieri al meeting di Cernobbio il presidente di Intesa San Paolo Gian Maria Gros-Pietro s’è detto invece preoccupato della “spirale prezzi-salari”, cioè che una eccessiva crescita degli stipendi possa far salire i prezzi in una sorta di circolo vizioso. Gli azionisti di Intesa hanno maturato 1,6 miliardi di dividendi solo nel primo semestre 2022.”



Da sempre chi trae profitto dalle guerre sono i grandi ricchi e chi ci rimette è il resto della popolazione.

Il testo di Marco Colombi parla chiaro ed è inoppugnabile.

Dietro le nobili motivazioni dell’establishment occidentale si nascondono sporchi commerci ed episodi di land grabbing[1]

Il quarto rapporto FOCSIV  ci spiega cosa sta succedendo nel mondo e in Europa  con l’accaparramento da parte di poche multinazionali della maggior parte dei terreni coltivabili.

 ACCAPARRAMENTO DELLA TERRA IN UCRAINA

 

“Land grabbing, i padroni della terra allungano le mani

Presentato il quinto rapporto Focsiv sul land grabbing, ovvero l'accaparramento delle terre. Un fenomeno in continuo peggioramento

 

28.06.2022

“La guerra in Ucraina, la crisi ambientale generata dai cambiamenti climatici, l'aumento dei prezzi dei generi alimentari ed energetici, la speculazione finanziaria. Tutti questi fenomeni stanno peggiorando il problema del land grabbing, l'accaparramento di terre, come già era avvenuto con la crisi economica e alimentare del 2008.

 

La corsa alla terra avviene soprattutto da parte degli attori pubblici e privati appartenenti ai sistemi geopolitici più potenti. Che ora entreranno ancora più in competizione per accedere e controllare le risorse strategiche.”

 

Queste sono le premesse da cui è partita l'ong Focsiv[2] per presentare la quinta edizione de "I padroni della terra". Si tratta di un rapporto annuale sul fenomeno del land grabbing, con un focus sull'Ucraina.

 

“Dei 60 milioni di ettari di superficie totale dell’Ucraina, “il 55% è classificato come terreno coltivabile, la percentuale più alta in Europa. A milioni di abitanti dei villaggi ucraini, con la privatizzazione dei terreni durante il processo di riforma agraria, sono stati assegnati piccoli appezzamenti di terreni, in media quattro ettari che in precedenza, sotto l’Unione Sovietica, erano di proprietà statale o comunale.

 I grandi investitori, con il tempo, hanno aggirato il divieto di vendita della terra, imposto dalla moratoria, grazie alla messa in atto di contratti di affitto.[3]

 La mancanza di capitale e la frammentazione degli appezzamenti ha costretto molti contadini dei villaggi ad affittare a cifre irrisorie la loro terra, oggi migliaia di questi appezzamenti sono concentrati sotto il controllo di grandi aziende agricole”.

La guerra dell’Est europeo, così come la pandemia prima, non ha rallentato il fenomeno, anzi sono proprio queste crisi, come quella del 2008 con il crollo di Wall Street, che generano ed alimentano la competizione degli attori sovrani e di mercato più potenti per accordarsi con le élite locali appropriandosi di terre fertili e di risorse minerarie per il proprio tornaconto a discapito dei popoli che da secoli vi vivono”, rileva il Rapporto che è stato presentato oggi a Roma.


I principali accaparratori sono soprattutto i Paesi "occidentali" più ricchi. Dal Canada (quasi 11 milioni di ettari) alla Gran Bretagna, passando per gli Stati Uniti (quasi 9 milioni di ettari), la Svizzera e il Giappone. Seguono le nuove grandi economie come la Cina (5,2 milioni di ettari) e l'India. Assieme alla Malesia (4,2 milioni di ettari) e alla sede di imprese multinazionali come Singapore (3 milioni di ettari).

Ci sono poi territori dove l'accaparramento è interno e avviene da imprese dello stesso Paese. È il caso della Russia, che conta ben 26,4 milioni di ettari accaparrati in questo modo.

 

Più della metà della terra fertile dell’Ucraina era già venduta a compagnie multinazionali nel 2015.

    C’è chi si appropria della terra con i carri armati e chi con le banche ma la sostanza non cambia.

     Un aspetto che nessuno ha messo a fuoco in questi mesi è la sorte delle donne ucraine  emigrate all’estero in cerca di lavoro. Una migrazione di donne nei paesi europei, e in  particolare in Italia, iniziata in tempi non recenti, più di 20 anni, rispetto all’attuale fuga dalla guerra. Sono le cosiddette badanti, costrette a lasciare le proprie famiglie, spinte dalla fame, per venire ad accudire i vecchi in Italia.

Strano Paese di cui si decantano le enormi risorse economiche disponibili però solo per le multinazionali e per gli oligarchi locali. Splendido esempio di democrazia postcomunista e di solidarietà sociale. Non si riflette ipocritamente su questo fenomeno che coinvolge centinaia di migliaia di poverette, costrette a lasciare la propria casa e i propri cari per anni, segno di una organizzazione sociale fondata su un estremo sfruttamento delle persone.

 

    Adesso Zelenski chiude il cerchio inviando al fronte i loro figli e nipoti. Quando esse ritorneranno a casa  troveranno ridotti in fumo i sacrifici di una intera vita. Riflettiamo su una guerra che non è guerra tra popoli ma tra oligarchie di vario genere e di varia provenienza, indifferenti alla sofferenza della gente.

 


 

Contro la guerra pubblichiamo un appello della Società della cura

 

 

 

Contro la guerra, un’altra società

“teniamoci liberi in autunno” 

Giovedì 23 giugno

 

 

“La guerra continua con il suo carico di morti, distruzione, devastazione. Nessun attore istituzionale sembra volerla fermare, praticando davvero e con coerenza quello che sarebbe da subito necessario: il cessate il fuoco e l’avvio di veri negoziati.

La guerra continua e investe le nostre vite. Aumenta le diseguaglianze sociali, ingabbia la cultura e sottrae democrazia. Chiude tutte le faglie aperte dalla pandemia e rimette in un angolo ogni possibile trasformazione sociale. Persino il Recovery Plan, che abbiamo contestato contrapponendogli il nostro Recovery Planet, viene completamente rimosso e si parla ormai apertamente di Recovery di guerra.

Tagli alla sanità e all’istruzione e corsa al riarmo, aumento delle spese militari e apertura di nuove basi militari, come quella a Coltano, dentro un parco nazionale.

 Nessuna transizione ecologica all’orizzonte, ma “più carbone, più trivellazioni e rilancio del nucleare”. Nessuna sovranità alimentare, ma nuovi finanziamenti all’agro-business e via libera agli ogm. Nessuna tutela dei beni comuni, ma lancio di una nuova stagione di privatizzazioni. 

 

Fermare la guerra è la priorità.

 

Per farlo occorre costruire un’altra società. In questi anni abbiamo aperto importanti spazi di convergenza tra i movimenti e abbiamo proposto un nuovo orizzonte comune: uscire dall’economia del profitto per costruire la società della cura, nella consapevolezza che nessuna/o si salva da sola/o.

 

Occorre uscire dalla logica dell’emergenza decretata dai poteri dominanti, occorre agire l’urgenza di un cambiamento dal basso. Per questo, rilanciamo il confronto, la partecipazione e l’inclusione, chiedendo anche noi a tutte e tutti di “tenersi liberi in autunno”

 

Intervenuti (in ordine alfabetico):

 

Mario Agostinelli (Laudato Sì) - Guendalina Anzolin (Paese Reale) - Fabio Alberti (Un ponte per) - Ari (Associazione Rurale Italiana) - Piero Bernocchi (Cobas) - Marco Bersani (Attac Italia)- Paolo Cacciari (Associazione per la Decrescita) - Loris Caruso (Paese reale)- Antonio De Lellis (CDTM) - Renato Di Nicola (Climate Camp- Campagna Fuori dal Fossile) - Monica Di Sisto (Fair Watch) - Extinction

Rebellion - Tommaso Fattori (Firenze2022) - Emanuele Genovese (Friday For Future) - Elena Giuliani (Comitato Piazza Carlo Giuliani) - Gruppo Femm Società della Cura - Roberto Guaglianone (Tavolo Migranti SdC) - Giulio Marcon (Sbilanciamoci) - Walter Massa (Arci) - Manuel Masucci (Rete Conoscenza) - Corrado Oddi (Forum italiano dei movimenti per l’acqua) - Claudio Riccio (UP-Su la testa) - Dario Salvetti (Collettivo di Fabbrica Gkn) - Francesco Sinopoli (FLC-CGIL) - Barbara Tibaldi (FIOM-CGIL) - Edoardo Turi (Forum Diritto alla Salute)

 

 

 

 

 

 

 

GUERRA, PACE

e CENSURA

 

Siamo per la pace da sempre e manifestiamo per essa senza se e senza ma. Lo fanno in tanti, singoli cittadini, associazioni, gruppi ma non è dato sapere chi siamo, quanti siamo, cosa facciamo.

Intanto, il 3 settembre 2022 migliaia di manifestanti a Praga manifestano contro la guerra e il carovita.

 

Silenzio in Italia, nessun telegiornale ne parla, nessun politico candidato alle prossime elezioni ne fa cenno.

Tutti zitti e allineati ma in settantamila a Praga protestano contro la Nato, le sanzioni contro Mosca e contro il governo Fiala al grido" prima la Repubblica Ceca"

In Italia tutti zitti... tranne Zelensky che parla per gli italiani anche al festival del cinema di Venezia.

Chiediamo allora ai nostri politici.

Che fate?




 

IL PREZZO DEL GAS

Oltre alla speculazione delle borse il prezzo del gas è legato anche alla modalità con cui si estrae dal sottosuolo ed è di estrema importanza, in questi giorni in cui gli abitanti di PIOMBINO lottano contro la costruzione di un rigassificatore, sapere esattamente di cosa si tratta.

 

RIGASSIFICATORI 

Articolo di Vladimiro Vaia:

 

“Una nave gasiera di ultima generazione può trasportare fino a 200.000 metri cubi di gas liquefatto. Nel processo di liquefazione il volume del gas viene ridotto di circa 600 volte.

Per farlo si porta il gas a -160 gradi centigradi, temperatura che dovrà essere mantenuta durante tutto il trasporto.

Una volta arrivato a destinazione il GNL[4] dovrà essere rigassificato riportandolo gradualmente alla temperatura ambiente.

Il processo di liquefazione e rigassificazione richiede un'energia pari a circa il 30% della resa in combustione del gas, quindi il GNL parte già fortemente penalizzato in competitività, se poi aggiungiamo i costi di trasporto, è evidente che con questa soluzione avremo bollette molto più care.

A parte tutto ciò va poi considerato l'aspetto ecologico.

Gli USA hanno promesso alla UE 15 miliardi di metri cubi di gas l'anno che rappresentano meno del 20% del solo fabbisogno italiano.

15 miliardi di metri cubi di gas, una volta liquefatti, si trasportano mediamente con 125 gasiere. Una nave impiega circa 20 giorni per attraversare l'atlantico e raggiungere l'Italia dagli USA.

Altri 20 giorni servono per il percorso inverso, (più almeno 2 giorni per le operazioni di carico e scarico).

Per il tragitto attraverso l'Atlantico la nave brucia circa 4000 chili di gasolio marittimo ogni ora, 96.000 chili al giorno, che per 40 giorni del viaggio di andata e ritorno dagli USA fanno quasi 4000 tonnellate.

Moltiplicate per 125 viaggi sono mezzo milione di tonnellate di gasolio bruciato in un anno, per trasportare il gas in Europa, con tutte le emissioni nocive del caso.

Ma non è tutto.

Negli USA non ci sono sacche di gas naturale come quelle siberiane (o se esistono, sono in via di esaurimento). Il gas americano è quasi tutto "di scisto" o shale gas.

Si tratta di gas intrappolato in rocce sedimentarie argillose.

L'estrazione di questo gas avviene con un processo denominato Fracking.

Sottoterra si trivellano pozzi orizzontali, lunghi anche diversi chilometri, nei quali vengono fatte brillare cariche esplosive. Poi vi si inietta acqua ad alta pressione, mescolata a sabbia e additivi chimici.

Questo permette di frantumare le rocce argillose, da cui possono così liberarsi il petrolio o il gas, che salgono in superficie attraverso il pozzo.

Il territorio e l'ambiente ne escono devastati.

I problemi collaterali di questo genere di estrazioni, infatti, sono gravissimi.

L'impossibilità di assicurare la perfetta tenuta delle tubazioni nei pozzi, causa l'irrimediabile inquinamento delle falde acquifere, che si trovano a metà strada tra i giacimenti e la superficie; inoltre, va ricordato che il metano è un potente gas serra e una parte di quello estratto si libera nell'atmosfera.

Ogni pozzo occupa in media 3,6 ettari di territorio e richiede enormi quantità di acqua (da 10 a 30 milioni di litri), e di sabbia.

La sabbia deve essere estratta, raffinata, caricata e trasportata su treni

(100 carri ferroviari per ogni pozzo), accumulata in depositi e infine

trasportata con automezzi fino al punto di utilizzo.

Uno degli impatti ambientali più preoccupanti è legato all’acqua utilizzata per il fracking, che risale poi in superficie e deve essere smaltita come rifiuto nocivo, in quanto contaminata.

L’unica soluzione praticabile è trasportarla con autobotti in altre zone, dove viene stivata nel sottosuolo, con ulteriore inquinamento.

Tutta questa attività inoltre, stimola faglie sismiche sotterranee e induce terremoti.

 

Nel 2007 in Oklahoma c’era stato un solo terremoto, mentre nel 2015 ve ne sono stati oltre 900; per la maggior parte sono stati lievi, ma alcuni hanno provocato molti danni.

In pratica, una zona virtualmente non sismica è stata trasformata in pochi anni nel territorio più sismico degli Stati Uniti, proprio a causa dello smaltimento dei liquidi usati per l’estrazione di idrocarburi di scisto nelle profondità del sottosuolo.

Intendiamoci, anche i russi e gli azeri hanno devastato il mar Caspio per l'estrazione del petrolio, ma importare gas dagli USA è l'operazione ecologicamente più stupida che si possa fare.

Va detto che la maggior parte delle imprese di shale oil e shale gas degli USA erano a rischio di fallimento a causa dei bassi prezzi di mercato. In particolare le società più piccole non riuscivano ad essere competitive con le estrazioni tradizionali, proprio per gli altissimi costi del fracking. Ora la guerra le ha "Miracolosamente" rivitalizzate tutte.”


manifestazione contro il rigassificatore  a Piombino


EPILOGO

 Quanto accade non è certo causa dell’impreparazione del nostro cosiddetto Governo dei Migliori e dei suoi lacchè, compresa  tra questi ultimi la signora Meloni che sostiene l’invio di armi, un rafforzamento delle sanzioni, atlantismo ecc., aderendo totalmente all’Agenda del Governo di cui si auto proclama all’opposizione. (Qualcuno glie lo ha fatto notare?)

          Ci impongono i rigassificatori dando a bere all’opinione pubblica che queste strutture iper costose e fortemente penalizzanti per l’ambiente, servono per la nostra economia.

In realtà Il Governo e la stampa prona sanno benissimo che questo è un balzello che paghiamo agli americani il cui shale gas, senza questa splendida nuova occasione, sarebbe stato sull’orlo del fallimento.

Questa tariffa rientra nel nostro “obolo” all’Impero così come l’acquisto di decine di aerei F 35.

 Quando parliamo di DOMINIO dell’impero americano è proprio questo che  intendiamo.

 Il nostro debito pubblico è alle stelle, non certo perché “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, come ci raccontano, ma in seguito ad un accordo scellerato, siglato nel 1981, tra il governatore della Banca d’Italia Ciampi e il ministro del Tesoro Andreatta[5].

 A causa di ciò, da allora, il debito pubblico che era nella media europea, è giunto, con automatismi e regolette ad hoc, a 2700 miliardi di Euro.

Il popolo italiano nel 2022 spende il 3,5% del PIL per interessi sul debito, per un controvalore di 65,7 miliardi di euro: si tratta di oltre un terzo (35,6%) del totale dell'Eurozona e dell'importo più elevato nell'Ue, superiore a quello di Francia (37,2 miliardi) e Spagna (26,9 miliardi) messe insieme.

Malgrado ciò quest’anno abbiamo superato il muro dei 25 miliardi nel budget per la Difesa con un aumento del 3,4% rispetto al 2021 e un balzo di quasi il 20% in 3 anni. Un miliardo in più per l’acquisto di nuovi armamenti: 8,27 miliardi complessivi (record storico).

Vi sembra che il nostro debito pubblico possa permettere al Paese queste spese per il riarmo? Si teme di nuovo che i cavalli dei cosacchi vengano ad abbeverarsi nelle fontane di Piazza San Pietro come si diceva nella propaganda democristiana del 1948?

In realtà, grazie a Governi servili, siamo spremuti ben bene come è stato fatto con la Grecia. Questo è in sostanza il succo dell’ATLANTISMO in un clima di liberismo sfrenato e agonizzante, che ci viene propinato dal Governo dei Migliori.

Costoro hanno giurato fedeltà alla Costituzione e al Popolo Italiano. Vi sembra che stiano rispettando il giuramento?

La politica di lor signori, condanna gli italiani  al freddo, alla inflazione, alla disoccupazione e alla precarietà di una situazione diventata ormai insostenibile destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi e anni.

 Ricordiamoci che Biden in uno dei primi interventi sulla guerra in Ucraina disse che “sarebbe stata una guerra di lunga durata”. Si lasciò sfuggire che il suo scopo era destabilizzare la Russia.

Così viene alimentato in Europa un bubbone che ha già assicurato molti frutti a pirati sociali, banchieri, costruttori di armi e guerrafondai.

Le sanzioni imposte dagli USA sono una gabbia commerciale per favorire l’Impero americano in declino. Le provocazioni di questi giorni a TAI WAN mirano a erigere un’altra gabbia, questa volta contro la Cina.

I sostenitori ad oltranza della Via americana al disastro ci accusano di essere i soliti “ambientalisti di vecchia maniera”  che vedono solo le colpe dell’America e tifano per il dittatore Putin. Chi sta leggendo questo articolo può prendere atto dei dati reali che sconfessano il liso ritornello dei filoamericani ad ogni costo.

Il Movimento non violento contro la guerra indica l’unica via realistica  per uscire dal conflitto.

Papa Francesco,  fin dall’inizio delle ostilità, ha pregato e operato per la pace, con lucidità e autonomia di giudizio, restando al di sopra delle parti come deve essere un vero operatore di pace.

La guerra, con tutto quello che ne consegue, è causa di accelerazione del riscaldamento terrestre.

 Si riaprono le centrali a carbone, si rilancia lo scisto gas e si minaccia il disastro nucleare, incendi ed esplosioni contaminano l’atmosfera.

Quando la guerra sarà finita saremo ancora in tempo e avremo le risorse per recuperare il pianeta? La crisi climatica in atto ci dice che questa non sarà una guerra qualunque. I folli che la sostengono, da ambo le parti, sono piccoli uomini, responsabili del declino definitivo della nostra civiltà e forse della sopravvivenza della nostra specie sul pianeta.

 

Il tempo stringe e la catastrofe è già iniziata.

Ora come non mai è necessario che i cittadini facciano sentire la loro             voce. 

Chiediamo il ritiro delle sanzioni contro la Russia in cambio di un immediato armistizio e dell’apertura di una conferenza internazionale di PACE per il riassetto dell’Europa post sovietica e per la sicurezza dell’intera Europa.

Evitiamo la costruzione di rigassificatori.

Investiamo nel fotovoltaico su tutti i tetti d’Italia, nelle pale eoliche gestite dal pubblico. Promuoviamo tutte le forme sostenibili di energia rinnovabile e condivisibile, spostiamo i finanziamenti destinati alla guerra  verso la lotta contro il riscaldamento globale. Lavoriamo per l’indipendenza energetica pulita e gratuita.

I programmi del Movimento ecologista sono noti, non si limitano alla sola produzione di energia rinnovabile né esclusivamente ai gas clima alteranti.

La visione ecologica coniuga una concezione sistemica che si fonda sul rispetto della vita e della natura e sulla solidarietà sociale.  

Rifiuta la violenza ed è alternativa e antagonista all’economia di rapina che attualmente muove il mondo.

Riteniamo che, al punto disastroso in cui ci troviamo, sia indispensabile  voltare pagina per ripulire il Paese dalle scorie tossiche, materiali e mentali, prodotte dall’economia liberista in ogni settore della nostra vita quotidiana.

La PACE promette e garantisce frutti sempre più fecondi  di quanto non facciano le guerre.

 

Giovanni Fazio

La lotta al riscaldamento globale passa attraverso la lotta per la pace


 

 

 



[1] Il land grabbing, in italiano accaparramento di terra, è un discusso fenomeno economico e geopolitico di acquisizione di terreni agricoli su scala globale, venuto alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo.

[2] Federazione Organismi Cristiani

Servizio Internazionale Volontario

[3] Il divieto di vendita dei terreni agli stranieri è stato annullato da un decreto di Zelenski

[4] Acronimo di gas naturale liquefatto

[5] Leggere il libro “FINANZCAPITALISMO DI Luciano Gallino