I primi risultati dello screening analizzati in un convegno
Riportiamo una parte di un articolo recente del
Corriere del Veneto
“VENEZIA I risultati relativi ai primi cinquanta campioni dei prelievi di sangue effettuati tra i
quattordicenni della cosiddetta «zona rossa» interessata in Veneto dagli
sversamenti della Miteni nelle acque, mostrano una mediana quasi uguale a
quella riscontrata all’interno del campione monitorato nel 2016 dall’Istituto Superiore
di Sanità (Iss): 64 nanogrammi di
sostanze Pfas (perfluoroalchiliche) nel sangue contro 70 (mentre la media nazionale dei non esposti è
attorno ai due tre nanogrammi).
Il dato è stato presentato
questa mattina nel corso del primo giorno del workshop dedicato ai Pfas all’ospedale
civile di Venezia, in programma fino a domani.
«Non voglio tirare delle conclusioni che non mi spettano
ha commentato i primi risultati del monitoraggio avviato dalla Regione Veneto il
direttore generale della sanità della Regione Veneto, Domenico Mantoan ma personalmente quelli sui quattordicenni sono dati che mi sorprendono perché possono
voler dire astrattamente due cose: o i livelli erano attestati, prima
dell’introduzione dei filtri, attorno a quota 200 o non è vero che bastano tre
o quattro anni per eliminare una sostanza che, evidentemente, può avere
un’emivita più lunga».
Che non sia vero che bastano tre o quattro anni per dimezzare i valori ematici dei PFAS lo si sa da tanto tempo, quindi non ci sorprendiamo. Ma si sa anche un’altra cosa che Mantoan non dice e cioè che il BIOACCUMULO dei PFAS avviene non solo bevendo l’acqua inquinata ma anche mangiando alimenti contaminati e molti di questi sono stati trovati tra polli, uova, tacchini e pesci nella ZONA ROSSA.
Sarebbe buona norma che la Regione effettuasse una
indagine in merito
per rassicurare i cittadini e, soprattutto le mamme, sulla assoluta edibilità dei prodotti agro alimentari provenienti dalle zone dove le falde sono più inquinate e dove alcuni agricoltori e allevatori usano l’acqua di pozzi, a volte non ancora controllati.
per rassicurare i cittadini e, soprattutto le mamme, sulla assoluta edibilità dei prodotti agro alimentari provenienti dalle zone dove le falde sono più inquinate e dove alcuni agricoltori e allevatori usano l’acqua di pozzi, a volte non ancora controllati.
E’ sempre più urgente una certificazione sugli
alimenti da parte delle ULSS, soprattutto per proteggere i bambini più piccoli
e i ragazzi.
Sarebbe anche buona norma che il ministero dell’ambiente rivedesse,
riguardo ai PFAS, i limiti sugli
scarichi industriali in modo da proteggere il territorio e la salute dei cittadini, prima ancora che le
esigenze produttive della Miteni e company.
In fondo tutti sappiamo dove vanno a finire questi
scarichi industriali. Chi governa la Regione dovrebbe preoccuparsi con maggiore
attenzione del comparto agroalimentare
del Veneto.
Si tratta di un settore della nostra economia molto
importante che deve essere difeso e garantito e non annaffiato con i PFAS.
Giovanni Fazio
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