Montorso firma contro l'iceneritore |
Alberto
Serafin, amministratore unico di Acque del Chiampo, continua il suo giro nei Consigli
comunali della vallata come un commesso viaggiatore che intende piazzare conto
terzi un inceneritore, probabilmente da situare accanto al depuratore di
Arzignano.
Invitato
dal Consiglio comunale di Montecchio Maggiore, come riferisce Luisa Nicoli in
un articolo sul Giornale di Vicenza di oggi, Serafin esordisce con un clamoroso
falso:
Firme a Chiampo |
“La direttiva europea indica il trattamento
termico come soluzione per lo smaltimento dei reflui”
In
realtà le cose stanno esattamente all’opposto.
La Commissione europea
ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati
dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici
considerandoli "fonte rinnovabile".
Infatti,
secondo la normativa europea, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe essere
considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata
esclusivamente una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente
la valenza di "recupero".
Ora tutti sanno che solo una parte dei fanghi conciari (solo se separata
La
relazione di Serafin inoltre differisce notevolmente da quella tenuta qualche
mese fa al Consiglio Comunale di
Arzignano.
Allora disse che l’inceneritore avrebbe dovuto
bruciare 120 000 tonnellate
Inoltre
a Montecchio Maggiore, a differenza di quanto affermato ad Arzignano, sembrerebbe
aver riproposto il vecchio progetto SICIT, (quello derivato dall’inceneritore
di Bergen che, a suo tempo, era stato severamente bocciato dall’ARPAV).
Firme a Villaggio Giardino |
Infatti, non si sa come, Serafin sa già che
“Il
prototipo costerà 15 milioni di euro, 10 milioni dall'accordo di programma,
altri 5 da Acque del Chiampo. «Ma non si tratterà di un esperimento. Il
prototipo dovrà lavorare un terzo delle 26 mila tonnellate di fanghi, in
pratica rappresenta una parte della linea che avrà tre unità produttive."
Come
fa Serafin a conoscere costi, dettagli e tempi di realizzazione dell’opera se,
come afferma
«Non
siamo alla fase realizzativa dell'impianto ma solo all'avviso esplorativo per
individuare un partner industriale per la progettazione, la realizzazione e la gestione
del trattamento termico.”?
E
aggiunge:
“Abbiamo
individuato il project financing per
velocizzare i tempi. Con le normali procedure di gara ci vorrebbero 9 anni per arrivare
all'impianto, ma la Concia non ha questo tempo a disposizione.”
Ma
se poco prima ha affermato che i 15 milioni (pubblici) derivati dall’accordo di
programma ci sono già quale sarebbe il compito del partner? Il project
Financing infatti, fino a prova contraria, prevede che il costo dell’opera è a
carico del privato.
Insomma,
ci sembra una relazione estremamente confusa dalla quale emerge una sola
spiegazione:
a qualcuno, e non da
ora, fanno gola gli incentivi d’oro pagati
dallo stato. Infatti in Italia, i
costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono indirettamente sostenuti dallo Stato sotto la forma di
incentivi alla produzione di energia elettrica.
Questa
modalità di produzione (sebbene in
violazione delle normative europee in materia) è infatti considerata dallo Stato,
come da fonte rinnovabile (assimilata) alla stregua di idroelettrico, solare,
eolico e geotermico.
Le
modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse:
1. pagamento maggiorato dell'elettricità
prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti CIP 6);
2. riconoscimento di "certificati
verdi" che il gestore dell'impianto può rivendere (per 12 anni).
Si tratta di somme
ingentissime, erogate in barba alle normative europee il cui costo ricade per
intero sulla bolletta elettrica.
Una vera e propria
truffa ai danni dei cittadini che pagano, e una presa in giro per quanto
riguarda la lotta all’inquinamento prevista dai veri certificati verdi.
Alcuni “produttori di
fanghi”, di fronte all’opportunità di speculare a spese del contribuente anche
sui rifiuti da essi stessi prodotti, non esitano a chiedere con insistenza la costruzione
di un inceneritore.
Così
facendo, senza ancora aver risolto il
problema dell’inquinamento delle falde provocato dallo scarico delle acque
di cinque depuratori della zona nel collettore
ARICA che irrora broccoletti e radicchi da Cologna Veneta in giù, chiedono
tramite Serafin, di inquinare anche l’aria.
Ci sembra che in questo
momento in cui tante famiglie sono in angoscia per i livelli di PFAS trovati
nel sangue dei ragazzi, chiedere di inquinare anche l’aria sia una provocazione
inaccettabile e tale da destare lo sdegno di tutta la popolazione.
La risposta non tarderà a
manifestarsi.
Giovanni Fazio
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