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domenica 10 giugno 2018

PFAS, MENU OFFERTO DALLA REGIONE VENETO

NON SOLO ACQUA MA ANCHE CIBO 

L’ha rivelato un gruppo di ricerca dell’Università di Milano: le vongole dell’adriatico hanno livelli 9 volte superiori ad analisi fatte nel 2013 al delta del Po.



Il dipartimento di prevenzione veneto però non se ne era accorto.

La sconvolgente notizia reiterata dall’Arena di Verona e dal Giornale di Vicenza, conferma ciò che da tempo stiamo dicendo.

L’inquinamento dell’acqua è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più vasto ed esplosivo. Una parte importante dell’agroalimentare del Veneto è fortemente compromessa.

E’ questa la notizia che trapela dai dati del monitoraggio effettuato dall’Istituto Superiore di Sanità  nella cosiddetta Zona Rossa dove sono state trovate uova, fegato di maiale e altri alimenti fortemente inquinati da PFAS.

 Lo avevamo già comunicato con una dettagliata relazione alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate” in una udienza tenutasi nella prefettura di Vicenza nel Settembre del 2017.

Lo abbiamo comunicato in una dettagliata relazione alla Commissione Regionale di Inchiesta sui PFAS il 17/12/2017


Abbiamo anche denunciato in vari post e alle stesse Commissioni che la  TDI (Acceptable Day Intake), in italiano DGA (Dose Giornaliera Accettabile) che viene proposta per valutare la commestibilità o meno di un alimento che contiene sostanze tossiche, è una misura che non ha alcun fondamento scientifico ma serve solo a consentire alle industrie di smerciare derrate di alimenti inquinati (secondo i limiti di legge).

Per quanto riguarda i PFAS tale metodo di misurazione della nocività dei tossici negli alimenti è doppiamente falsa.

Infatti, e ormai lo sanno tutti e non solo gli addetti ai lavori, i PFAS sono molecole che appartengono alla classe dei POPs e cioè sono sostanze che una volta ingerite dagli organismi viventi, compreso l’uomo, non vengono smaltite rapidamente e si accumulano, giorno dopo giorno, impiegando anni per cominciare ad essere eliminate.

Pertanto è semplicemente ridicolo e intellettualmente disonesto il concetto
la mensa dei beati costruttori di pace
stesso di dose giornaliera accettabile perché quella dose si accumulerà con le successive nel corso dei giorni e degli anni senza possibilità di essere espulsa.

Eppure, come annunciato dal Giornale di Vicenza di oggi, è proprio la nuova edizione della DGA che i vertici politici e amministrativi che dovrebbero tutelare la nostra salute, stanno aspettando per dirci che cavoli, patate e uova pieni di PFAS saranno perfettamente commestibili.

Per noi l’unica dose giornaliera accettabile di PFAS è uguale a ZERO, perché il buon Dio non ce li ha messi i Pfas nel nostro pane quotidiano, ce li ha messi Nardone (AD Miteni) e tutti quelli che in un modo o nell’altro sono diventati e diventano suoi complici.

E’ quindi sbagliato e controproducente utilizzare i cosiddetti nuovi limiti designati dall’EFSA e ingannare le persone dicendo che la loro applicazione garantirà cibi sani.
E’ sbagliato e al limite della criminalità basarsi su questi limiti per la protezione delle donne gravide, dei bambini e dei feti.

Intervento a Montecchio M. in occasione dell'icontro col magistrato Felice Casson
Le evidenze scientifiche non possono più essere ignorate e i rischi connessi a questi alimenti raccomandati da EFSA e dalla Regione Veneto sono chiari e ineludibili: tali sostanze appartengono alla classe degli INTERFERENTI ENDOCRINI e sono anche cancerogene (a prescindere dalla dose).

 Tutto ciò è ampiamente provato checché ne dica il Giornale di Vicenza che, tra l’altro si contraddice clamorosamente citando, nell’articolo di oggi gli studi del Prof. Carlo Foresta e del Prof. Ernesto Burgio.

Nei post di cui alleghiamo i LINK questi concetti sono chiaramente espressi.









Riportiamo un brano del Giornale di Vicenza di oggi


“… Alcuni studi epidemiologici, d’altro canto, avevano messo in luce che nell’area più a rischio c’è una mortalità più alta per patologie legate al ciclo del colesterolo, alla tiroide, a malattie della gestazione, ad alcuni tipi di tumore ed a patologie dell’apparato urogenitale.
Dopo che l’endocrinologo dell’Università di Padova prof.Carlo Foresta aveva presentato una ricerca da cui emerge che i Pfas interferiscono sul sistema endocrino-riproduttivo, nei giorni scorsi, in un convegno svoltosi a Venezia,il prof. Ernesto Burgio, pediatra che collabora con istituzioni di ricerca governative ed europee, ha affermato: «C’è il rischio che fra vent'anni si verifichi una situazione drammatica». «I Pfas sono sicuramente degli interferenti endocrini e sia gli embrioni che i feti sono ad essi particolarmente sensibili, con la conseguenza che poi hanno uno sviluppo alterato», spiega.
Insomma, «il rischio è che molti bambini di oggi diventino dei giovani o degli adulti con gravi problemi, e per questo è necessario ridurre il livello di esposizione già a livello dei feti», conclude Burgio.”

Finalmente anche il Giornale di Vicenza, obtorto collo, ammette che le gravide e i bambini devono stare ben lontani dai PFAS.

E’ di pochi giorni fa il fatto che alcuni cittadini di Creazzo, comune alle porte di Vicenza che non è stato inserito nella Zona Rossa, abbiano fatto analizzare alcuni campioni di kiwi coltivati in loco.
Convegno Isde Abano Terme

Il responso è stato devastante. Si va dai 9000 ai 22000 nanogrammi di PFOA al chilo.

 Adesso i ricercatori dell’università di Milano ci dicono che le vongole dell’adriatico sono immangiabili.

Solo il gruppetto di persone che gravitano attorno a Zaia, ai suoi assessori e all’entourage delle alte sfere della Sanità del Veneto continua a dire che tutto va bene e che nei prossimi mesi andrà meglio. Auguriamo loro di godersi, senza patemi d'animo, delle belle scorpacciate di spaghetti alla vongole e fegato alla veneziana.

Iscrizioni al comitato ZERO PFAS  Agno Chiampo

Sarebbero dovuti intervenire almeno dal 2005 quando fu varato con squilli di tromba il patto Stato Regione per il risanamento del Fratta Gorzone.




Quel progetto avrebbe dovuto eliminare per sempre tutti gli inquinanti, prodotti principalmente da Miteni e dal distretto conciario di Arzignano, che arrivavano nel bacino irriguo del Fratta Gorzone fino a Chioggia.

Dopo 10 anni, periodo che era stato fissato per il grande risanamento della pianura Veneta, non era stato fatto nulla.

Sarebbero potuti intervenire almeno nel 2015, quando da un primo monitoraggio di ARPAV erano stati ritrovati, nei campi e negli allevamenti della Zona Rossa, uova e carni con livelli altissimi di PFAS.

Imboscarono i dati con la scusa che non sarebbero stati eseguiti correttamente.
Convegno Montagnana


Ci fu nel 2016 un secondo monitoraggio, venuto alla luce con grande ritardo solo alla fine del 2017. Era stato effettuato dall'Istituto Superiore di Sanità   con reperimenti di alimenti fortemente contaminati da più PFAS contemporaneamente; tali prodotti non furono mai ritirati dal mercato.

Il commento delle istituzioni in merito a questo secondo monitoraggio fu che non erano state rilevate criticità.

 Ma le criticità ci sono eccome: e i cittadini non sanno quello che comprano sui banconi del mercato e cosa mangiano e fanno mangiare ai loro bambini a colazione, pranzo e cena.

Per fortuna ci pensano i privati a scoprire che le vongole dell’Adriatico sono immangiabili e i kiwi pure.

Cosa succederà quando le evidenze verranno a galla?
Lo scenario che comincia ad appalesarsi è fosco come non mai e le responsabilità molteplici e enormi.

Giovanni Fazio




venerdì 8 giugno 2018

RISPOSTA A UNA MAMMA, I PFAS NEL NOSTRO PIATTO


 DIMEZZATO IL NUMERO DI SPERMATOZOI NEI RAGAZZI


In una delle tante chat che sono nate per mettere in relazione i cittadini che stanno lottando per liberare il Veneto dalla iattura dei PFAS, una “mamma” si è giustificata per il fatto che dal recente incontro in Regione le mamme non hanno portato a casa niente di più di quello che già si sapeva, invocando la necessità di mediare.

 Questo post è una risposta a chi, come la persona in questione, pensa di risolvere il problema dell’inquinamento blandendo il potere.
(testo della chat in coda al post)




Cara L***,
mi meraviglia che lei paragoni un cambio di paradigma necessario, e cioè una svolta globale sistemica, necessaria per la vita sul pianeta al “ritorno all’ottocento”, epoca per altro molto buia, caratterizzata da monarchie autoritarie, grande inquinamento da carbone e agricoltura povera legata in gran parte al latifondo e allo sfruttamento disumano della manodopera.

Chi critica gli ambientalisti di solito dice che vogliamo tornare all’età della pietra.





Ci sono nazioni modernissime come la Danimarca dove tutto il territorio danese è adibito solo ad agricoltura biologica, che marcia con tappe forzate verso la fine della dipendenza dal petrolio utilizzando quasi esclusivamente energia da fonti rinnovabili, che per latte, birra e altri alimenti liquidi fin dagli anni ’80 usa solo il vetro, che non accetta imballaggi in plastica e ha realizzato le migliori piste ciclabili del mondo. Tutto questo, mantenendo un welfare molto ricco (a differenza di quando sta accadendo in Italia) e attento ai problemi della qualità della vita.



Anteporre il diritto alla salute al mercato è, come insegna questo paese avanzatissimo, un atto di civiltà che noi qui in Italia nemmeno siamo capaci di immaginare.

 La Danimarca non solo non è “tornata al’800”, come dice lei, ma è avanti anni luce nel cammino del progresso e della tecnologia sostenibile.

Una Miteni e nove discariche sulla ricarica della falda più grande d’Italia, in Danimarca non le avrebbero mai permesse.

Ora, tornando a noi, io faccio parte di una associazione che si chiama Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente e già il nome dell’associazione chiarisce che non abbiamo intenzione di assalire la sede della Regione Veneto armati di molotov e bastoni.

I politici in doppio petto, che vi accolgono per colloquiare amabilmente non sono diversi da quelli che negli anni hanno autorizzato gli scempi che adesso mettono a rischio non solo la salute ma anche l’economia agroalimentare del Veneto.

 I nodi che adesso vengono al pettine erano già previsti quando negli anni ottanta si costruiva il condotto A.Ri.C.A.

Noi eravamo anche allora lì, con i coltivatori diretti e i loro trattori, con i sindaci della pianura, con i cittadini di Cologna Veneta e degli altri comuni e con i veneziani che temevano l’inquinamento della laguna.





Purtroppo, mediazione o no, tutti noi siamo stati sconfitti da un potere molto più grande rappresentato in quegli anni dal distretto della concia, appoggiato ovviamente da Confindustria e da quei politici che, come oggi, operavano per lo “sviluppo del Veneto”: e i risultati si sono visti.


Le contraddizioni di cui lei parla, il cellulare, il Wi Fi e così via sono il segno che la lotta intrapresa per liberare dai PFAS centinaia di migliaia di cittadini del Veneto non può avere esito positivo se non è inserita all’interno di una nuova concezione del mondo e della vita; una visione per cui non c’è differenza tra uomo e ambiente in quanto noi stessi siamo una parte dell’ambiente con cui interagiamo continuamente nel bene nel male.

 Anteporre pertanto il rispetto della vita, non solo dell’uomo ma di tutto il vivente è l’unica strada percorribile per salvarci dalla catastrofe e dall’estinzione.

Già, come ha riferito il prof. Carlo Foresta, nel recente incontro di Montagnana, le nuove generazioni di maschi del Veneto presentano il 50% in meno di spermatozoi, rispetto alle generazioni che le hanno precedute; compaiono segni tipici di eunucoidismo (allungamento di gambe e braccia ma non del tronco), il 2.5% dei giovani maschi dai 20 ai 35 anni è totalmente sterile per mancanza di spermatozoi nei testicoli.


Tutto ciò, come ha spiegato il professore, è dovuto al fatto che i PFAS, ma non solo loro, sono interferenti endocrini e interferiscono fin da quando si sta formando il feto e per i primi mille giorni di vita con il testosterone.

E’evidente che i nostri ragazzi spensierati, che giocano con gli smartphone e altri ninnoli della modernità, sono del tutto ignari della tragedia che cova nei loro testicoli e che si paleserà crudelmente nei prossimi anni.

Magari, visto che nel frattempo il meccanismo che li sta rovinando diventerà sempre più chiaro ed evidente, è possibile che chiederanno alle loro madri cosa sia stato dato loro da bere e da mangiare negli anni in cui la natura e i veleni si contendevano il loro destino.

Certo non accetteranno che una madre risponda che bisognava mediare con Zaia e il suo entourage oppure che non le sembrava giusto mandare in rovina il lattaio del paese o il contadino del campo confinante.








Allora, se le madri non capiscono cose così semplici e chiare (ma non lo credo), è inutile che vadano in giro a contattare politici e funzionari.

Sono coloro che in questo momento stanno tenendo nascosta quella che chiamano la geo-referenziazione e cioè il posto e il nome delle aziende che producono cibi altamente inquinati da PFAS e che nessuno vieta di mettere in commercio.

La trasparenza e la verità sono rivoluzionarie di per sé e sono gli unici strumenti per salvare la vita a noi stessi, ai nostri bambini e al futuro di questa terra martoriata dall’avidità senza scrupoli.

Giovanni Fazio

Testo della chat

…. lo pensiamo tutti, ma tra il dire e il fare.... Noi per primi dovremmo non avere tessuti impermeabilizzati, comprare plastica di qualsiasi tipo ecc ma non lo facciamo nemmeno noi questa è la realtà . Il problema dell'aria non è da meno . In certi giorni ho l'asma quando non piove, ma non me ne vado in giro sempre in bicicletta e non sto lottando anche per questo . Mi sembra che pochi ci pensano. Il cellulare e il wi fi di casa  con le relative onde che sono dannose lo abbiamo tutti. C'è bisogno di un cambiamento  su tutto, sta avvenendo ma troppo lentamente. Vero. Qualcosa sui pfas si è ottenuto mi sembra... Non è abbastanza certo. La questione non è della regione solamente ma del mondo intero. Mi chiedo quanti leoni da tastiera sarebbero disposti a vivere  un'esistenza umile e penosa ma ecologica tornando all'800. Personalmente io e i miei figli l'abbiamo provata per qualche giorno...non vado oltre. La giusta mediazione ci vuole, il cittadino che si lamenta spinge ad un cambiamento... Le bombe non le tira più nessuno 😜. Buona giornata.

Filmato di una manifestazione contro la costruzione del dotto A.Ri.C.A. 1988

filmato di un intervento contro la costruzione di una discarica ad Arzignano 1 maggio 1990




martedì 5 giugno 2018

PER ARZIGNANO SOLO NUOVI AUMENTI IN BOLLETTA


PERO' L'ACQUA AI PFAS DI CANOVE VE LA BEVETE SENZA FILTRI,
COSI' COM'E'


Come pubblicato recentemente dal giornalino della Giunta comunale di Arzignano, il sindaco, Presidente del Consiglio di Bacino, Giorgio Gentilin ha partecipato a due riunioni del gruppo di lavoro intersettoriale regionale coordinato dalla Direzione Prevenzione Sicurezza Alimentare Veterinaria della Regione Veneto in cui sta lavorando alla rivalutazione dell'Area Rossa.

In tale occasione il sindaco riferisce di avere chiesto di valutare l’opportunità di estendere biomonitoraggio anche al Comune di Arzignano e Montecchio Maggiore, come richiesto da molti cittadini.
Alla richiesta la Regione, per bocca di Giampaolo Stopazzolo, responsabile dell'area Ovest dell'Ulss 8 di Vicenza dichiara:

 Sottolineo che aree nelle quali insistono pozzi privati contaminati non possono essere identificate come aree nelle quali sottoporre la popolazione a sorveglianza in quanto il criterio di eleggibilità dipende solo dalla verifica della contaminazione degli acquedotti (elevati livelli di PFAS nell'analisi delle acque ad uso potabile).
 Per quanto riguarda il Comune di Arzignano, non vi sono al momento evidenze di contaminazioni presenti o passate nelle afferenze dell’acquedotto pubblico.”


La richiesta del sindaco ha evidentemente poco peso e vien subito cassata da un semplice funzionario del distretto ULSS locale.

Tuttavia si tratta di una richiesta giusta che noi proponiamo da molto tempo. Certo, quando si scrive sul Giornale di Vicenza che l’acqua di Arzignano è paragonabile ad acqua oligominerale, cosa vuoi che ti risponda il dott. Stopazzolo!

Noi invece alcune osservazioni al responsabile del distretto Ovest le facciamo:

 “Perché le aree dove ci sono i pozzi privati fortemente contaminati, al punto da far spostare dalla Regione il limite della zona arancione fino a Canove, non hanno titolo per sottoporre la popolazione a controllo?”

I pozzi privati inquinatissimi sono a pochi metri da quelli pubblici di Canove dove attinge l’acquedotto di Arzignano.
 L’acqua di Arzignano, contrariamente a quanto afferma Stopazzolo (e sottolineo “contrariamente”), presenta, secondo i dati di Acque del Chiampo, dai 40 ai 55 ng/litro di PFOA (secondo Greenpeace anche di più).

Stopazzolo ha forse letto da qualche parte che tali livelli di PFOA nell’acqua potabile non costituiscano un rischio per la popolazione?
 Può fornirci gentilmente una illuminante pubblicazione scientifica dove c’è scritto questo?



Forse che il PFOA non appartiene alla classe dei POPs cioè di quelle molecole che si accumulano nei giorni e negli anni nel nostro organismo che non è in grado di digerirli e di espellerli?

Sa il dot Stopazzolo che il PFOA è stato classificato come sostanza cancerogena di tipo 2B?

Ha mai sentito parlare di Bioaccumulo? Dovrebbe, visto che ha organizzato anche un corso per i medici di famiglia, ma dalle sue dichiarazioni pubbliche questo non emerge.

Il dott. Stopazzolo ignora o finge di ignorare che molti di cittadini di Arzignano e Montecchio hanno effettuato analisi del sangue, trovando livelli di PFOA molto al di sopra dei limiti base. Come se lo spiega?

Non ritiene che tutto ciò, insieme al fatto evidente che i pozzi fortemente inquinati di Canove sono accanto alle prese dell’acquedotto pubblico, meriti una particolare attenzione? Un esame a campione della popolazione?



Del resto anche Gentilin è laureato in medicina e va dicendo, come un disco rotto, dalla mattina alla sera che l’acqua di Arzignano è dentro i limiti fissati da Zaia. Questo lo sappiamo bene ma sappiamo anche che tali limiti non hanno alcuna base scientifica, visto che in altre parti del mondo, per esempio negli Stati Uniti, tali limiti sono molto più bassi.

Anche a lui chiediamo se abbia mai letto, anche per sbaglio, cosa sia il bioaccumulo, quali danni facciano gli interferenti endocrini, assunti anche in minima dose, alle donne in gravidanza, ai feti e ai bambini.






Il nostro sindaco, che pubblica interviste sul giornalino del comune, ha mai sentito parlare di passaggio dei PFAS attraverso la placenta? Sa niente del ruolo che giocano nel feto gli interferenti endocrini? Ha letto gli studi recenti del prof. Carlo Foresta?  Può gentilmente smentire, portando la dovuta documentazione scientifica, quanto dimostrato scientificamente dallo scienziato dell’Università di Padova?

E se l’acquedotto di Arzignano va bene, perché sono stati apposti i filtri a carbone attivo alle casette dell’acqua?

“La decisione su chi e che cosa monitorare spetta unicamente al Dipartimento Sanità della Regione Veneto”, afferma Stopazzolo.

Si ricorderanno di questa frase le mamme che stamattina alle 11.00 vanno in visita da Zaia? Speriamo di sì. Speriamo che si ricordino di far parte di un vasto movimento che non accetta il gioco del bastone e della carota.

Perché? Perché tutti i cittadini del Veneto hanno gli stessi diritti. E se a Lonigo, Brendola e poco più in là è stata gentilmente concessa acqua Zero PFAS (vanto di Gentilin) riteniamo che anche gli abitanti di Arzignano, Montorso, Montecchio e Trissino abbiano diritto ad acqua ZERO PFAS, tanto più che hanno dovuto subire un aumento del costo delle bollette per i lavori mai fatti ad Arzignano.

In tutte le case di Arzignano è arrivato il giornaletto della Giunta con il titolo” SPECIALE PFAS” e sottotitolo “Parlano i protagonisti delle azioni contro i PFAS nel territorio gestito da acque del Chiampo”.

Non sappiamo di quale protagonismo siano autori Gentilin e Stopazzolo.








Sappiamo solo che ad Arzignano non è stato mai eseguito nessun lavoro di bonifica dell’acquedotto per quanto riguarda i PFAS, nessuno ha avvisato le donne in gravidanza di non bere tassativamente l’acqua del rubinetto. Nelle scuole si dà ancora l’acqua del rubinetto ai bambini e ai ragazzi e nelle mense scolastiche si mangiano cibi che non sono biologicamente testati e che non si sa da dove vengano.

Chi ha bambini piccoli, figli o nipoti, che frequentano scuole o asili prova in questo momento una grande apprensione per la loro salute e si sta domandando dove mandare i piccoli a scuola il prossimo anno.

Invece di affrontare seriamente questi argomenti il sindaco risponde con un articolo di smaccata propaganda nel giornalino della Giunta,

GENTILIN, IN QUALITA’ DI SINDACO, PRIMO RESPONSABILE DELLA SALUTE DEI CITTADINI, HA IL DOVERE DI DARE SEGUITO ALLE RICHIESTE CHE CONTINUAMENTE VENGONO DAGLI ARZIGNANESI, APPLICANDO PRONTAMENTE IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE e METTENDO AL SICURO DONNE, BAMBINI E I CITTADINI TUTTI

Giovanni Fazio


sabato 2 giugno 2018

CIBI INQUINATI SULLA NOSTRA MENSA.



QUANTO VALE LA NOSTRA VITA E QUELLA DEI NOSTRI FIGLI?

L’inquinamento delle falde idriche del Veneto Occidentale è una delle più grandi catastrofi che ha messo a rischio centinaia di migliaia di cittadini in tre province (Vicenza, Padova e Verona) per l’avvelenamento da PFAS delle acque superficiali e profonde, nonché di una considerevole parte della rete degli acquedotti civili, compreso quello di Arzignano, Montecchio e Montorso.

Alla preoccupazione per l’acqua inquinata da PFOA si aggiunge quella degli alimenti contaminati da tutti i PFAS che da Trissino, Arzignano e Montebello, tramite il dotto A.Ri.C.A. si riversano nel fiume Fratta a Cologna Veneta.   
    

Broccoli, radicchi, cespi di insalata, uova, carni di vitello, maiale, sono stati repertati contaminati in alcune aziende e in alcuni campi; non tutti alla stessa maniera, ma nessuno si è preoccupato di separare gli alimenti contaminati da quelli liberi da inquinamento.

Tutti i prodotti sono arrivati sui banchi dei supermercati e, perfino nei negozi bio perché il dosaggio dei PFAS non viene eseguito, fino ad ora, nei cibi biologici.

Così non sappiamo quali cibi comprare, non sappiamo cosa dare da mangiare ai nostri bambini.
Non sappiamo che mangimi abbiano mangiato polli e altri animali.



Al seminario workshop InterCinD annuale Meeting, svoltosi a Venezia all’hotel Amadeus, ieri, 1 giugno 2018,  la relazione del professore Ernesto Burgio dell’ECERI (European Cancer and Environment Research Institute) di Bruxelles, non ha lasciato dubbi sui danni epigenetici durante la formazione del feto nei primi 2 anni del bambino e sui disturbi del neurosviluppo.
Non ha lasciato dubbi sul fatto che i danni arrecati alle vite in formazione e nello sviluppo non sono correlati al dosaggio dei distruttori endocrini bensì alla loro semplice presenza nei cibi e nell’acqua.




Gentilin si vanta di avere portato l’acqua di Brendola e Lonigo a ZERO PFAS, non certamente quella di Arzignano. Ma la mamma di Lonigo non sa che un semplice ovetto dato a cena al suo bambino potrebbe contenere, da solo, la stessa quantità di PFOA di 36 litri di acqua.
"NON CI SONO PERICOLI"

Tuttavia c’è qualcuno in alto loco che ci rassicura: perché nella media dei cibi siamo nei limiti.


Ma si possono fare discorsi del genere?
Si può ragionare col criterio “a chi tocca tocca”?
Siamo esterrefatti della faccia tosta con cui ci spacciano distruttori endocrini, tranquillizzandoci sulle loro dosi e negando i loro danni all’organismo. Soprattutto siamo letteralmente sconvolti per la dieta dei bambini.


Il prof Ernesto Burgio ha ripetuto quello che ormai dice tutta la ricerca internazionale: “quello che determina l’intera vita di un individuo sono i suoi primi 1000 giorni di vita”.

Chi allerta i cittadini, chi cerca di difendere i propri figli e nipoti (io ne ho tre che hanno dai due mesi ai quattro anni), chi pretende di sapere che merce compra al mercato e da quale azienda o allevamento questa proviene, viene tacciato di terrorismo.

Si spaccia acqua inquinata da PFAS per acqua oligominerale, ingannando chi crede nelle istituzioni e, così facendo, si tradisce la fiducia dei cittadini e li si espone alla contaminazione.

La Cillsa ha elaborato una serie di proposte per proteggere i cittadini dalla contaminazione e dal rischio.

E’ necessario e urgente applicare il  principio di precauzione da parte di tutte le istituzioni.

E’ indispensabile un processo serio di monitoraggio di tutto il territorio, propedeutico ad una bonifica totale.

Dobbiamo restituire ai cittadini fiducia e sicurezza.

Dobbiamo pretendere dalle istituzioni un serio impegno e azioni responsabili nei confronti, soprattutto, dei nascituri e dei nostri bambini.

Apriamo un nuovo capitolo della lotta contro l’inquinamento da PFAS pubblicando il testo integrale del documento di CiLLSA e invitando cittadini, associazioni e comitati a discuterlo. 

E’ il primo passo verso l’apertura di una vertenza generale per il futuro della nostra terra e dei nostri figli.

Giovanni Fazio