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sabato 1 ottobre 2016

LE MIE RAGIONI DEL NO


LE MIE RAGIONI DEL NO


In parole chiare e da semplice cittadino ritengo che per capire la riforma istituzionale operata da Renzi, bisogna contestualizzarla all’interno dell’azione di governo cui è finalizzata.

Premetto che sarebbe corretto chiamare tutte le riforme, le leggi e i decreti fin qui messi in opera da Renzi col loro vero nome: “RIFORME NEOLIBERISTE”.

In un lontano passato al centro della azione politica della sinistra c’erano il lavoro e i ceti lavoratori, cioè per essere chiari, tutte quelle persone che hanno un reddito da lavoro, e soprattutto coloro che hanno un reddito da lavoro dipendente, ma anche  piccoli artigiani, commercianti e professionisti.

Una ragione sociale ben diversa da quella delle multinazionali e del capitale finanziario internazionale.


Contadini siciliani in marcia verso i feudi

Per capire cosa sta succedendo dobbiamo prendere atto che Il filo rosso che legava il PD a questi ceti o classi sociali si è definitivamente reciso e assistiamo al salto di campo del PD, sempre più lanciato in una politica NEOLIBERISTA.




Compito dichiarato del PD e del suo nuovo leader Renzi è quello di guidare a tappe forzate il paese all’interno della globalizzazione.

Lavoro femminile
Pertanto, nella nuova strategia neoliberista del PD è necessario eliminare ogni ostacolo che si frapponga tra questo obbiettivo e l’attività del governo. Un Senato che poteva rappresentare, a volte, un controllo e un contropotere all’azione del governo andava quindi normalizzato.

Assistiamo, giorno dopo giorno, all’erosione del welfare a favore delle compagnie di assicurazione e dei privati.

La sanità è costantemente definanziata, anno dopo anno, e il costo di esami e cure sempre più caro. Le liste di attesa lunghissime costringono i cittadini a rivolgersi alla sanità privata.
Le pensioni sono diventate una meta irraggiungibile e sempre meno appetitosa. Boeri non si vergogna di dire che i nostri ragazzi diplomati e laureati andranno in pensione con 450 euro mensili.
La scuola pubblica è sempre più aziendalizzata e nel caos mentre i finanziamenti vanno a pioggia alle scuole private.
Le banche non si vergognano di derubare i propri clienti e chi le governa la fa sempre franca.
Le multinazionali ci inondano di pesticidi e veleni, trivellano i nostri mari e la fanno da padroni
L’occupazione ai minimi storici e i diritti dei lavoratori rottamati.
Mi fermo per non divagare.



          Pertanto non c’entra niente la necessità di rendere più spedito il lavoro legislativo, tanto meno il risparmio.
 (Dato per scontato il fatto che gli sperperi delle assemblee rappresentative vanno eliminati e che i compensi, i vitalizi, rimborsi e quant’altro di consiglieri regionali, parlamentari ecc. vanno riveduti e drasticamente corretti, non si può immaginare però un risparmio derivato dalla soppressione delle assemblee rappresentative).



Contrariamente a quanto afferma Renzi c’è un nesso stretto tra la riforma del Senato e la nuova legge elettorale.

Le due cose messe insieme eliminano di fatto il ruolo delle minoranze e mortificano il dibattito all’interno della stessa maggioranza.
Un premio di maggioranza spropositato fa sì che, come è stato detto e ridetto, tutte le altre istituzioni (presidenza della Repubblica, corte Costituzionale ecc.) potranno essere facilmente determinate dall’esecutivo che opera su un parlamento addomesticato, tra l’altro, da un numero enorme di parlamentari nominati direttamente dal segretario del partito di maggioranza.

Roma. Funerali di Togliatti 

Ma c’è un pericolo maggiore di cui nessuno ha ancora parlato ed è quello che deriva dal fatto per cui una maggioranza parlamentare così ampia data ad un partito, qualunque esso sia, che rappresenta solo una piccola quota degli elettori italiani, potrà consentire a quest'ultimo di modificare con estrema facilità, in avvenire, la Costituzione a proprio piacimento baipassando minoranze e cittadini e mettendo a serio rischio la democrazia del Paese, come del resto è già avvenuto per esempio in Ungheria.

Questi i motivi per cui il collegato riforma costituzionale e legge elettorale sono di fatto un attentato alla nostra libertà.

Del resto, il fatto che le nostre istituzioni democratiche siano considerate come un noioso inciampo dal mondo degli affari e delle multinazionali lo dimostrano le prese di posizioni indecenti da parte dell’ambasciatore degli USA, di agenzie di rating e di esponenti della finanza internazionale.

L’aggressione alla nostra sovranità nazionale è già in atto e questo referendum ne fa parte.

Manifestazione studentesca contro la Buona scuola a Catania

Le ragioni del mio NO vanno pertanto aggiunte a quelle già espresse da costituzionalisti di fama e dall’insieme del movimento democratico, esse sono argomentate, esplicitate e non gridate.

Ogni politico ha il diritto di proporre le sue riforme che possono andare nella direzione del sociale, dell’aiuto ai più poveri, della ridistribuzione del reddito nazionale, della difesa del welfare o, viceversa, in senso liberista, chiara espressione della destra economica che governa il mondo ed è responsabile dei guasti economici che affliggono l’intera umanità.  

Quello che non è lecito però è proporre una linea neo liberista passandola come linea di sinistra: la Thatcher e Reagan non lo hanno mai fatto.


Giovanni Fazio 



lunedì 26 settembre 2016

OSPEDALE DI MONTECCHIO. DURA REQUISITORIA DALL'ORDINE DEI MEDICI

 ESPLOSIVO SCONTRO TRA IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI DI VICENZA E IL DIRETTORE GENERALE DELLA ULSS 6 PAVESI

Valente: «Sono ritenuti sostenibili l’edilizia ospedaliera, gli affitti per i project financing, ma non il capitale umano. Un buon ospedale lo fanno i muri o gli organici adeguati di buoni medici?».

 Il Virulento attacco al presidente dell’Ordine dei medici dott. Michele Valente da parte del Direttore generale della ULSS 6 conferma il disagio profondo in cui versa la sanità in Italia e nel Veneto a causa della continua sottrazione di risorse da parte del governo ma anche e soprattutto da un’ottica della Regione Veneto che mira più agli affari che al benessere dei cittadini.


Le ripercussioni della MALASANITA’ DEL VANETO, contrariamente a quanto afferma il Direttore Generale le toccano con mano i cittadini.

 Il degrado è incontestabile, i pronto soccorso sono nel caos, le file di attesa per interventi, visite specialistiche e diagnostica sono sempre più lunghe. Il ricorso alla sanità privata è un percorso obbligato per chi non può aspettare i tempi lunghi del sistema, pena l’aggravamento o addirittura la morte.

Ma la cosa più scandalosa è quella dello sperpero di quei pochi fondi che restano, gettati nella costruzione inutile di nuovi ospedali e nella chiusura di efficienti strutture ospedaliere esistenti come è il caso di Arzignano.

Sono anni che gridiamo allo scandalo tra l’indifferenza dei politici locali di tutti i partiti.

 Non solo spreco di risorse che sono uno schiaffo per tutti i cittadini cui vengono negate cure e assistenza, ma disagi infiniti con il tira e molla dei reparti da Montecchio a Valdagno e i sindaci che fanno da corona al capezzale della sanità rendendosi complici del guasto e tradendo la cittadinanza che rappresentano.

Non è un mistero per nessuno che l’ospedale di Valdagno, splendida struttura da poco realizzata, vene continuamente depotenziato e che il suo destino a breve sarà la chiusura.

Non è un mistero per nessuno che la chiusura dell’ospedale di Arzignano è uno sporco affare che non ha alcuna giustificazione.

Noi non accettiamo la farsa della spaccatura della conferenza dei sindaci e siamo solidali con i cittadini e con i sindaci della vallata dell’Agno che difendono il loro ospedale che, tra parentesi, è anche nostro visto che fa parte del patrimonio della ULSS5.

Le parole del presidente dell’Ordine dovrebbero far riflettere gli amministratori locali. I cittadini hanno capito già da tempo il senso della vergognosa speculazione campanilistica della sindaca di Montecchio che si riassume in meno risorse alle cure dei cittadini e spreco edilizio per farsi bella con i Montecchiani meno avveduti.

Sindaci svegliatevi! Separate le vostre 

responsabilità dalla vergognosa politica 

sanitaria della Regione, presto i cittadini 

presenteranno il conto anche a voi!

Da parte nostra continuiamo la nostra lotta in difesa della salute pubblica e contro uno spreco inaccettabile.


Giovanni Fazio

(Riportiamo in calce l’Articolo di Franco Pepe sul Giornale di Vicenza, pubblicato, ieri 25 settembre, che denuncia la malasanità della Regione Veneto)

2016 09 26 Scontro aperto tra Ordine dei medici e ULSS 6
Il presidente dell’Ordine dei medici Michele Valente, alla “Giornata del Medico” di sabato scorso al teatro Olimpico, fa il triste elenco di quelli che, secondo lui, sarebbero i guai della sanità pubblica, con forti e accese critiche anche allo scenario veneto, ma il direttore generale Giovanni Pavesi non accetta la visione apocalittica e spedisce a Valente una lettera in cui difende valori, contenuti e risultati del sistema sanitario regionale e vicentino. Non è la prima volta che Valente tuona per stigmatizzare, appunto, quello che, a suo avviso, sarebbe un sistema in caduta libera con le presunte degenerazioni. Il canovaccio è stato un po’ la fotocopia dello scorso anno sempre per il giuramento dei neo-medici. Valente, parlando a ruota libera, ha messo nuovamente in fila una raffica di mali che starebbero soffocando il SSN  «I medici - ha detto - stanno pagando un contributo non indifferente alla crisi, con retribuzioni e sviluppi di carriere bloccati, riduzioni massicce di personale, aumenti impressionanti dei carichi di lavoro, contratti atipici, compensi inadeguati, premi assicurativi non più sostenibili, turni massacranti». Due denunce in particolare: «Le liste di attesa sono lunghe perché non si assumono più medici. Le file al pronto soccorso sono estenuanti perché, invece di rinforzare gli organici si investe in progetti insensati». E, poi, il numero uno dell’ordine professionale ha affondato la lama anche sul fronte locale. Anche qui il rosario dei problemi sarebbe molto lungo: «La sanità veneta ha sempre vantato eccellenze che altre regioni si sognavano ma non si può vivere di rendita. I segnali di declino non mancano come la fuga di assistititi verso altre regioni e l’emigrazione dei medici». Sotto accusa per lui una politica più attenta ai costi che al malato: «Sono ritenuti sostenibili l’edilizia ospedaliera, gli affitti per i project financing, ma non il capitale umano. Un buon ospedale lo fanno i muri o gli organici adeguati di buoni medici?».
 Pavesi, però, come detto, non ci sta, e da responsabile di due Ulss in via di unificazione, Vicenza e Arzignano, ma anche da esperto di una sanità veneta che vive e conosce da anni come manager in prima linea, non solo non accetta la visione negativa e pessimistica di Valente ma ribatte in modo perentorio, senza mezzi termini: «Vorrei esprimerle la mia sorpresa e il mio disappunto per il tono e i contenuti del suo intervento, durante il quale sono state ripetutamente espresse forti critiche all’organizzazione e all’operato del sistema sanitario della nostra Regione. Pur non nascondendo le difficoltà e i problemi che hanno dovuto affrontare tutti i sistemi salutari del nostro Paese, ritengo che in questi anni quello veneto abbia dato prova di solidità e capacità innovativa e abbia saputo offrire una qualità di assistenza ai propri cittadini al livello dei migliori paesi europei». Pavesi porta esempi: «Gli esiti di salute del Veneto, la costante crescita dell'aspettativa di vita, i dati epidemiologici in costante miglioramento, i programmi di screening preventivi, le tecnologie di cui si è dotata la generalità delle strutture ospedaliere, l’implementazione di nuove organizzazioni territoriali di cure primarie». Tutto questo - chiarisce il dg - «in un contesto di trasferimenti finanziari statali in costante contenimento, a fronte di sempre nuove e crescenti esigenze per la nostra popolazione». Ancora un altro passaggio in discontinuità rispetto a Valente: «Sono certamente - scrive Pavesi - risultati conseguiti grazie anche all’impegno e alla professionalità della categoria che lei rappresenta, ma inseriti in un contesto organizzativo, economico e normativo garantito dal nostro sistema sanitario regionale». Il dg prende nettamente le distanze dal presidente dell’ordine: «Anche le sue affermazioni in tema di mancato rinforzo degli organici non rispondono a verità, stante che, proprio a Vicenza per esempio, negli ultimi 9 mesi il saldo di medici in servizio all’Ulss 6 è in attivo di oltre 20 unità e l’attrazione di pazienti da altre Regioni è in sensibile aumento, così come in tutto il Veneto».





sabato 17 settembre 2016

FEMMINICIDI, STUPRI, VIOLENZE DI GRUPPO


SCUOLA, NUOVA FRONTIERA DI UNA SOCIETA’ MALATA.

Sempre più frequentemente si verificano gravi delitti contro le donne. Si passa dal femminicidio, allo stupro, individuale o di gruppo, al contagio seriale di donne e ragazze da parte di giovanotti malati di AIDS e altre forme di violenza praticata direttamente o nei social.

          Quello che ci rattrista è che il più delle volte famiglia e società tendono a colpevolizzare le vittime e minimizzare l’accaduto.

Bravi ragazzi di Melito
Ricordo un fatto grottesco ma emblematico nella sua apparente assurdità accaduto a Palermo qualche anno fa, quando, per qualche giorno, la città era allarmata a causa di uno squilibrato che sbucava in via Ruggero Settimo dai vicoli e con rapidità e destrezza effettuava dei toccamenti sulle donne che passavano in quel momento, dandosi successivamente alla fuga nel dedalo delle viuzze del centro città. 
Arrestato dopo qualche giorno, al commissario che gli chiedeva: “Perché lo fai?” rispondeva sdegnato: “Io? io? E iddi, picchì nesciunu” che vuol dire, tradotto, accusate me e non vi chiedete loro, perché escono?”

 
Quella mente alterata rifletteva esattamente il pensiero unico sottostante alla nostra cultura, un maschilismo subliminale che torna in superficie attraverso le faglie di una società reificante i rapporti umani.

Eppure, quante volte, di fronte ad una ragazza offesa o aggredita, gli aggressori e il vasto pubblico dei loro sostenitori accusavano la vittima di indossare abiti da civetta e di muoversi in maniera visibilmente provocante.

Accanto alla denuncia dello stupro, pubblicità erotica.

La famiglia delle vittime, in molti casi, tende a ignorare i fatti, ad accusare la vittima, a nascondere il più possibile quanto accaduto per un malinteso senso di vergogna. Le famiglie degli aggressori non esitano a difendere i propri figli stupratori.

E’ evidente che siamo di fronte ad un ritardo o meglio a una regressione culturale che non riguarda solo i giovani ma tutta la società.

 La famiglia, invocata come il pilastro educativo fondante, il più delle volte non è capace di reagire; di fronte ai bisogni educativi dei bambini e dei ragazzi di solito glissa quando il discorso investe la sfera sessuale o delle malattie sessualmente trasmesse oppure reagisce con discorsi terroristici e generici divieti. Gli stessi ragazzi preferiscono cercare informazioni altrove anziché parlare di sesso con i propri genitori. Esiste infatti un pudore che blocca la comunicazione tra ragazzi e genitori da tutte e due le direzioni.

 Anche nel caso della ragazzina diciassettenne di Roma, violentata nel bagno di una discoteca, la madre ha effettuato la denuncia solo dopo 40 giorni, quando il video della violenza, fatto da due amiche della vittima, che ridevano divertite mentre questa veniva violentata, era diventato virale e non più ignorabile dalla famiglia stessa. La madre della ragazzina tredicenne calabrese vittima di uno stupro collettivo che si protraeva da alcuni anni, ha negato davanti ai carabinieri quello che era noto a tutti e assolutamente evidente.

Sono infinite le coperture date ai violentatori, molto spesso membri della stessa famiglia, da madri ignoranti e intimidite, a volte complici di chi esercita la violenza sulle loro o sui loro figli. Brutalità che giunge all’infanticidio, per chiudere per sempre la bocca di scomodi testimoni.
Anche davanti al corpicino straziato di una bambina morta, scaraventata dal quinto piano di un palazzo, la madre ha taciuto.

Gay Pride a Vicenza
Uguale è il comportamento delle famiglie quando le vittime sono ragazzini gay.
I genitori si vergognano e preferiscono glissare anziché difendere i propri figli, quando non sono essi stessi a reprimerli e umiliarli per la loro “diversità”
Il più delle volte è a scuola che vengono scoperti questi misfatti e sono gli insegnanti che si attivano per aiutare le vittime e informare il tribunale dei minori.
La violenza di genere scaturisce non solo dallo specifico economico culturale in cui si manifesta: essa è, purtroppo, il portato di una ideologia arcaica e maschilista che la sottintende. Nasce dal rifiuto più o meno cosciente dei valori di umanità che hanno caratterizzato la storia dell’occidente dall’illuminismo in poi.

Bordelli in Germania
Il fenomeno della violenza di genere non riguarda esclusivamente i singoli individui, essa è espressione del generale degrado di una società in cui i miti del mercato, del consumismo e un individualismo esasperato, hanno spezzato quel filo rosso che legava le generazioni e consentiva la trasmissione dei valori umani. E’ la narrazione della nostra storia che si è interrotta lasciando il posto ad una vera anomia identitaria e al vuoto valoriale.

In questo sfacelo culturale si innestano quei movimenti di estrema
destra cattolica, nel nostro caso l’Opus Dei svolge un ruolo rilevante, o protestante in America, che pretendono di imporre alla scuola pubblica teorie oscurantiste e omofobiche, propugnando la lotta a oltranza contro inesistenti teorie del gender.

A volte gruppi di genitori riescono ad imporsi chiedendo e ottenendo che la scuola rinunci alla formazione dei ragazzi.

 A volte queste famiglie strepitano contro la presenza in classe di bambini stranieri o portatori di andicap.

 A volte pretendono che la scuola rinunci alla formazione dei ragazzi
che prevede il rispetto della propria persona, dell’identità di genere, l’educazione all’affettività, alla sessualità, alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e delle tossicomanie. E’ qui che si annida la discriminazione del “diverso” che si sviluppa la xenofobia, l’intolleranza verso i bambini portatori di andicap che “disturbano”.

E’ qui che, quando la maestra mette una nota ad un alunno i genitori arrivano con l’avvocato.

Quando il preside cede alla pressione esterna e cancella i progetti di educazione alla salute e alla affettività, al rispetto reciproco, alla cooperazione e alla solidarietà, quando si pretende che i ragazzi “imparino a leggere a scrivere e a far di conto” senza sapere cosa leggere, cosa scrivere, e che conti fare in un futuro sempre più nebuloso, è inutile poi addossare la colpa alla scuola se tua figlia di 13 anni torna a casa incinta o se tuo figlio è picchiato perché gay.

L’arroganza di chi pretende di sostituirsi ai professionisti della scuola, ai formatori, agli educatori, ai docenti e ai professori, agli psicologi, senza averne la preparazione e la competenza, va fermata!
E’ il primo dovere che abbiamo per difendere e proteggere i nostri figli da intrusioni nefaste.

 “La via è un’altra, suggerisce il preside di un liceo di Bologna, Lazzarini, e non può che essere la collaborazione, perché «al dialogo non c’è alternativa». «Non c’è divario tra vita e formazione, come devono pensare quei genitori che rifiutano di far fare ai figli i compiti delle vacanze argomentando che “loro” li fanno crescere mentre “noi” trasmettiamo solo nozioni. Se passa quest’idea, salta un patto di fiducia essenziale per la crescita dei ragazzi. Viene meno il senso della scuola, il suo ruolo sociale, già riconosciuto sempre meno».

Studenti Erasmus

La scuola si trova nello spartiacque tra una società in parte degradata, dove il “fai da te” si risolve nella pretesa dei bei voti e della promozione (nella migliore delle ipotesi).

Anche in occasione della sgangherata legge sulla “Buona scuola” si è levata la canea degli ignoranti. Hanno avuto perfino da dire sugli stipendi che non corrisponderebbero alle ore di lavoro frontale. Questi nuovi critici a tempo perso dei professori e del personale scolastico non immaginano nemmeno quante ore e quanta fatica ci vogliono per correggere i compiti, per preparare programmi e lezioni, per organizzare azioni didattiche di recupero di singoli allievi ecc, e inveiscono scioccamente contro gli insegnanti meno pagati d’Europa.

Il ministero non si è preoccupato di garantire la continuità didattica; gli insegnanti vengono spediti a destra e a manca come pacchi postali, si ritiene che siano intercambiabili come un operaio alla catena. Insomma, attorno alla scuola non c’è soltanto un governo impreparato e incompetente che esegue le direttive delle lobby finanziarie internazionali, ma una società imbarbarita che esibisce la propria volgarità su internet e ha urgente bisogno di essere aiutata perché la vera ammalata è lei.

Cosa è la scuola se non una grande moltitudine di professionisti, laureati, pluriabilitati, vincitori di concorsi, aggiornati e portatori di una maturità professionale che nasce dall’esperienza di anni di confronto con le nuove generazioni e con le loro famiglie.


Manifestazione contro "La Buona Scuola"

E’ questa la nuova frontiera della cultura, quella vera, quella che opera quotidianamente, che si confronta ora per ora con una realtà difficile in condizioni difficili per attuare il cambiamento. C’è tanta intelligenza e tanto contenuto valoriale che esprime questo grande esercito di docenti.

Cari insegnanti, cari prof, la società ha estremo bisogno di voi: prendetene coscienza e non arretrate davanti alla stupidità e ai luoghi comuni.

Giovanni Fazio


  

martedì 13 settembre 2016

FISSATI DAL MINISTRO GALLETTI I LIMITI PFAS: MITENI SE LA RIDE.

PFAS A KM ZERO
COSA DAREMO DA BERE E DA MANGIARE AI NOSTRI BAMBINI?

La popolazione dell’Ovest Vicentino e di tutto il bacino idrico inquinato  
dalla Miteni che coinvolge tre province del Veneto ha accolto con stupore e con rabbia la pubblicazione dei limiti decretati dal Ministero dell’Ambiente per le sostanze perfluorate.


          Da tempo le associazioni raggruppate sotto il nome “Acqua libera dai PFAS” la Lega Ambiente, l’ISDE (associazione Medici per l’Ambiente), la Regione del Veneto, gli amministratori locali, e la popolazione della area interessata chiedevano che venisse emanato questo decreto al fine di programmare gli interventi necessari a bloccare la continuazione dell’inquinamento di quella che è la seconda falda acquifera in Europa, e a mettere in atto tutte le misure necessarie a proteggere le popolazioni colpite.

Il Ministero ha accolto per i perfluorati a catena lunga i limiti, già abbastanza elevati, proposti dall’ISS (Istituto superiore di Sanità).
      Si dà il caso che la Miteni già da due anni ne ha sospeso la produzione.

 Per i perfluorati a catena corta (molecole più piccole delle precedenti) invece il ministro ha aumentato di sei volte i limiti, facendovi rientrare gli scarichi della Miteni  e quindi “regolarizzando “ la situazione.




 Adesso possiamo stare tranquilli, l’acqua che beviamo è perfettamente entro i limiti ministeriali.

          Un lavoro “sartoriale” su misura per la multinazionale?


Si è detto che i perfluorati a catena corta fossero meno persistenti (si fa per dire) nel sangue rispetto al PFOA).

Il motivo per cui nel sangue circolante i PFAS restano meno anni è stato svelato da una indagine condotta a Tarragona, in Spagna dove su 90 campioni autoptici esaminati queste molecole sono state trovate, in grande abbondanza, ammassate nel cervello, nel fegato, nei reni, nei testicoli e perfino nell’occhio. 

          I perfluorati a catena corta, come quelli che li hanno preceduti, appartengono alla classe degli “interferenti endocrini”, sostanze molto pericolose che agiscono nel nostro organismo sostituendosi agli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine. Di loro si sa che producono gravi danni alla tiroide, ma nulla esclude che producano gli stessi danni dei loro fratelli maggiori, vista la loro persistenza nell’organismo umano.


Siamo pertanto di fronte a un gravissimo inquinamento, visto tra l’altro che i PFAS e i PFOA, anche se non sono più prodotti dalla Miteni, sono presenti massivamente nelle nostre acque potabili grazie agli sversamenti di decenni da parte della stessa fabbrica. Pertanto i nuovi arrivati si sommano ai vecchi inquilini della falda.

Il 10% circa di  campioni di pesci e insalata prelevati nell'ambito del monitoraggio dei PFAS nella catena alimentare veneta, come riportato dagli organi di stampa, ma non nel comunicato dell'assessore Coletto, risulterebbero pesantemente contaminate da PFAS. Soprattutto da PFOS (acido perfluoroottansulfonico) che, è noto, è stato bandito dal nel  2002 a causa della sua pericolosità.

La sua persistenza a distanza di tanto tempo, significa che oramai le falde, i suoli e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile.



 L’8 novembre di tre anni fa il giornale di Vicenza pubblicava le dichiarazioni “rassicuranti” di un noto dirigente medico della ULSS 5 che, parlando dei valori di riferimento dell’EFSA  (300 ng/l (nanogrammi per litro) per i Pfos e 3000 ng/l per i Pfoa), asseriva che

«Bevendo acqua che contiene Pfoa e Pfos in concentrazione inferiore ai valori guida – secondo una nota della UlSS 5 – non si sviluppano effetti negativi sulla salute anche di un bambino che pesa 10 chili».
 “Nessuno dei campioni analizzati supera tali valori, che si attestano generalmente ben al di sotto. I valori massimi di Pfos e Pfoa, sommati, sono stati 1.364 ng/l in un´abitazione di S. Vito e di 1.517 ng/l in un agriturismo”.

 (I valori limite per queste sostanze, fissati dallo stato del New Jersey, sono di 40 nanogrammi /litro).

Io ho appunto un bel nipotino che pesa 10 Kg. E, come farebbe ogni persona di BUON SENSO, mi guardo bene dal seguire i suggerimenti del collega dell’ULSS 5.

 “… se è vero che in alcuni pesci pescati nelle acque del vicentino, sono stati trovati 57 microgrammi per kg di PFOS, che equivalgono a 57.000 (cinquantasettemila ng/kg) ciò significa che  la realtà supera spesso la fantasia e la teoria”

asserisce il dott. Vincenzo Cordiano, presidente vicentino dell’ISDE
 (Associazione dei Medici per l’Ambiente),

 “ Infatti, nel caso specifico e non più teorico, si evince che lo sfortunato ipotetico bambino di 10 kg cui fanno spesso riferimento illustri ricercatori  e medici preposti alla tutela della salute pubblica nel vicentino, con solo mezza porzione di quel pesce, così abbondantemente intriso di PFOS e altri PFAS, supererebbe di gran lunga, la TDI  (Dose tollerabile quotidiana) stabilita dall'EFSA.

“….  Se uno mangia un etto di quel pesce, ingolla 5700 ng di PFOS che equivalgono a 190 litri di acqua con 30 ng/L (che è Il limite obiettivo del PFOS nell'acqua potabile stabilito dal ministero).  “



Scalpitavano nell’attesa del provvedimento del ministro della sanità Galletti i nostri governanti regionali, gli amministratori comunali, le ULSS, i gestori degli acquedotti e delle fognature.
 Liberi tutti. Con un tocco di bacchetta magica, senza neppure citare le fonti dalle quali il ministro “benefattore” ha ricavato i nuovi limiti, l’acqua ritorna “potabile” relativamente alla nuova produzione della Miteni.
 Per il passato limiti non ce ne erano e quindi chi ha inquinato non paga una mazza.

I cittadini del Veneto si sentono beffati e umiliati. Di proposito non cito le dichiarazioni e le difese di ufficio del ministro da parte di qualche ossequioso politico locale. Ve le troverete sui giornali e on line e lascio al vostro buon senso e alla vostra intelligenza il giudizio su quanto sta accadendo e sulle cose che ne conseguiranno.



Io so solo che la strada è ancora lunga e che non abbiamo niente da aspettarci da un ministro per l’ambiente che sforna simili porcherie, scusate il termine.







Voglio solo ricordare che ancora una volta è stato violato il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, decretato dall’UE, che prevede che non siano i cittadini avvelenati che devono dimostrare la nocività dei prodotti acquistati o ingurgitati più o meno consapevolmente, ma i produttori che devono dimostrarne e garantirne l’innocuità. Mentre spetta ai governanti e agli organi preposti dallo stato farlo rispettare.

Giovanni Fazio

BIBLIOGRAFIA













DOCUMENTO MOVIMENTO 5 STELLE

FOTO DELLA MANIFESTAZIONE DELLE MAMME DAVANTI ALLA MITENI





lunedì 12 settembre 2016

CARICATO A CATANIA UN CORTEO PACIFICO CHE CONTESTAVA RENZI



Riportiamo una breve cronaca di quanto avvenuto a Catania, ieri 11 novembre, in occasione della visita di Renzi al Festival dell’Unità perché la maggior parte dei giornali hanno minimizzato e travisato quanto accaduto. Per fortuna la rete ci consente di fare della controinformazione e di documentarla.

I giornali hanno relegato in piccoli trafiletti un episodio gravissimo:

la polizia ha aggredito senza alcun motivo, un pacifico corteo di cittadini democratici che non condividono la politica del presidente del Consiglio dei ministri Renzi.

La stampa italiana, prona, con in testa “La Repubblica”, ormai organo del pensiero unico renziano, ha definito i partecipanti “un corteo di protesta dei centri sociali. I manifestanti hanno tentato di forzare il blocco e si sono scontrati con la Polizia. Due i fermati.”

In realtà il corteo pacifico che non ha spaccato vetrine né automobili, privo di Blak Blok e di persone con il viso coperto da fazzoletti o con caschi, era formato da studenti, insegnanti, rappresentanti del movimento contro il mous di Niscemi, ANPI, sostenitori del "NO" al referendum costituzionale, sindacalisti, vari rappresentanti politici che non condividono la politica di Renzi, cittadini democratici non appartenenti a nessun partito.

Il corteo non si è “scontrato con la polizia” come afferma Repubblica, non ha opposto alcuna resistenza,  è stato aggredito con violenza senza nessun motivo e non ha reagito alla violenza, come documentano ampiamente i filmati.

Riporto questa breve cronaca sul modo in cui viene interpretata da Renzi la democrazia e sulla tristezza di una festa che una volta era aperta a tutti e tribuna di ampi dibattiti, diventata una manifestazione chiusa e blindata per soli invitati certificati, le comparse di uno spettacolo deprimente anche per gli iscritti al PD.

CATANIA -11 SETTEMBRE 2016

  «La chiamano festa dell'unità ma di festoso non c'è stato proprio nulla. Una città blindata, un corteo fermo a via Umberto. 
Villa Bellini, cuore di Catania, chiuso a tutti tranne agli accreditati dal Pd e, per finire una bella carica della polizia a freddo, senza alcun motivo, sulle prime file di un corteo che stava manifestando pacificamente».
 Lo dice Giusy Vanadia, referente siciliana di Azione Civile, il movimento fondato da Antonio Ingroia, presente alla manifestazione.

«All'improvviso, mentre manifestavamo - riferisce Vanadia in una nota - le forze dell'ordine hanno indossato i caschi e hanno cominciato a caricare.

 All'iniziativa avevano aderito l'Anpi, il comitato del no alla riforma costituzionale cittadino, gli esponenti di molte forze politiche. Tutta gente pacifica che esprimeva liberamente il proprio dissenso sia alle politiche di Renzi sia alla blindatura della città.

 Il diritto dei cittadini a manifestare, sancito dalla nostra Costituzione, quella che Renzi vuole cambiare, è stato mortificato.
In cambio di una passerella del premier davanti ai pochi intimi che per ascoltarlo si sono dovuti registrare prima.

 Una volta si chiamava festa dell'Unità, oggi è semplicemente una sagra di paese a numero chiuso - prosegue 
– Ci consoliamo solo perché se Renzi è costretto a usare la forza contro pacifici cittadini vuol dire che il suo tempo sta finendo. La festa dell'Unità era un momento di confronto democratico e di dibattito. Questo è stato preventivamente impedito perché prevalesse il suo pensiero unico».