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martedì 26 settembre 2023

L'UOMO CHE SALVO' IL MONDO

 

STANISLAV PETROV

sono passati esattamente 40 anni dal giorno in cui  Il colonnello russo Petrov ha salvato il mondo dalla guerra nucleare

di Michele Boato*

 Il 26 settembre 1983 Stanislav Petrov, tenente colonnello dell'esercito sovietico di 44 anni, ha il turno di notte: nel bunker Serpukhov 15 (vicino Mosca) deve controllare i dati che vengono inviati dai satelliti che spiano i movimenti degli armamenti Usa. 

La sorveglianza antinucleare sovietica si basa sul sistema di prima allerta Oko, 101 satelliti utilizzati per rilevare il lancio di missili balistici (spesso armati con testate nucleari) attraverso la rilevazione agli infrarossi dei gas di scarico prodotti dai loro propulsori sia in fase di decollo, che di volo, per intercettare il missile e individuare il luogo di impatto. 


Le informazioni fornite dai satelliti sono poi trasferite al sistema antimissile balistico. Alle 0.14 il sistema Oko lancia l'allarme: ha individuato un missile balistico partito da una base in Montana e diretto verso il territorio sovietico.

 Petrov prende la difficile decisione di non seguire il protocollo e si mette 


ad osservare il sistema, anche quando questo lancia altri 4 allarmi per altri 4 missili. Petrov sa cosa deve fare: la procedura, in caso di attacco missilistico statunitense, è drammaticamente semplice: 1. Allertare il sistema di difesa ed i vertici di co[1]mando militare; 2. Lanciare istantaneamente un contrattacco missilistico nucleare contro gli Stati Uniti secondo la dottrina della "Distruzione Mutua Assicurata".


Dopo la comunicazione ai superiori, l'allarme percorrerà la scala gerarchica e 196 porterà in pochi minuti alla massiccia operazione di rappresaglia: partiranno missili balistici sufficienti a distruggere obiettivi strategici in Inghilterra, Francia, Germania Ovest e USA.

È un periodo di grandissima tensione tra le due superpotenze: all'inizio del mese un caccia sovietico aveva abbattuto un aereo di linea sudcoreano che, per errore, era penetrato nello spazio aereo dell'URSS: erano morte tutte le 269 persone a bordo. Pochi mesi prima il Presidente Reagan aveva coniato l'espressione "Impero del Male" e annunciato il programma delle guerre stellari. Si programmava il dispiegamento dei missili Pershing in Europa.


 Al Cremlino c'era Yuri Andropov che si era convinto che gli USA stavano preparando un attacco, un primo colpo nucleare. Oggi gli storici ricostruiscono quel periodo come il momento di maggiore rischio per l'umanità: forse ancora peggiore della crisi dei missili a Cuba.


 Ma Petrov non è convinto. Perché solo 5 missili e non, come tutti prevedono, centinaia? Sa quale è il suo compito, ma pensa che un attacco preventivo, tale da scatenare la terza guerra mondiale, atomica, non potrebbe mai partire con soli 5 missili.


 E nello spazio di pochissimi secondi prende la decisione più importante della sua e delle nostre vite: interpreta il segnale come un errore del satellite. 

Alcuni minuti dopo il radar conferma che non è in corso alcun attacco: ciò che il satellite sovietico interpreta come il lancio di 5 missili balistici intercontinentali dalla base nel Montana è in realtà l'abbaglio del sole riflesso dalle nuvole. Tutto dipende da una congiunzione astronomica legata all'equinozio di autunno da poco passato: il Sole, la Terra ed uno dei satelliti di Oko si trovarono perfettamente allineanti durate i propri moti di rivoluzione ed il sistema Oko interpreta i riflessi solari come i fumi del propulsore di un missile. 


Equinozio di autunno

Se Petrov avesse seguito il protocollo, nel giro di pochi minuti centinaia di missili russi sarebbero stati lanciati verso il territorio americano. In un'ora la guerra nucleare avrebbe ucciso decine di milioni di persone. È un caso che sia lui il responsabile; forse un'altra persona avrebbe seguito alla lettera il protocollo e la specie umana non esisterebbe più.


 Petrov ha appena salvato il mondo, ma il mondo non lo viene a sapere. Il tenente colonnello Stanislav Petrov ha ricevuto molte onorificenze, nel resto del mondo, ma non in patria: non riceve nessuna medaglia o encomio per aver salvato il pianeta, anzi gli ordinano di mantenere il segreto e la sua carriera si arresta quella sera di inizio autunno.

 Petrov afferma sempre di non considerarsi un eroe, di aver fatto ciò che gli sembrava più logico: «in fondo, ho deciso solo di non fare niente!» I suoi superiori non la pensano così: è obbligato ad andare in pensione anticipatamente, ha un esaurimento nervoso per lo stress. La propaganda sovietica non può permettersi di far emergere le falle dei propri sistemi ed apparati militari e il segreto è mantenuto fino al crollo dell'URSS. 

 La storia di Petrov inizia a circolare solo 20 anni dopo, quando il 19 gennaio 2006 si reca a New York per ritirare un premio dell'Onu. Nel 2013 l'Assemblea Generale dell'ONU introduce in suo onore la Giornata Internazionale per l'eliminazione totale di tutte le armi nucleari, che viene celebrata ogni anno proprio il 26 settembre. Petrov muore nel 2017 all'età di 77 anni.


Stanislav Petrov


* Tratto dal libro Michele Boato “Nonviolenza in azione. Iniziative e protagonisti” ed Libri di Gaia. Venezia 2022

 


venerdì 25 agosto 2023

LA BOLLETTA DEL GAS CHI POTRA’ PAGARLA?


 

LE SANZIONI CONTRO LA RUSSIA COLPISCONO DURAMENTE L’EUROPA E METTONO IN DISCUSSIONE IL NOSTRO LIVELLO DI VITA

Al netto della propaganda bellicista e delle ipocrisie della grande stampa, le sanzioni contro la Russia, imposte dagli Stati Uniti, hanno avuto come primo effetto deleterio quello di scatenare il vorticoso aumento del prezzo del Gas Naturale alla borsa di Amsterdam.

 La grande speculazione ha costretto i governi europei a sborsare miliardi di euro per calmierare il prezzo del gas al consumo.

 (Strano che i nostri auto-sanzionatori non avessero previsto che per la speculazione internazionale il blocco delle importazioni di gas dalla Russia sarebbe stata una vera manna).

Naturalmente l’effetto più eclatante  è stato l’accelerazione impetuosa della corsa del debito pubblico del nostro paese.











Secondo il “Sole 24 ore” il debito ha fissato un nuovo record storico.

In base a quanto comunicato dalla Banca d'Italia  a giugno di quest’anno il debito pubblico è salito a circa 2.843 miliardi di euro.

Ciò significa che gli interessi da pagare alla finanza internazionale vanno alle stelle .Tradotta in euro, la corsa della spesa per interessi suona così:

 75,6 miliardi quest’anno, 85,2 il prossimo, 91,6 miliardi e 100,6 nei due anni successivi.

Sia in termini pro capite, sia in rapporto al Pil, la spesa per interessi italiana non conosce rivali in Europa e nel resto del mondo sviluppato.

È evidente che non possiamo procedere in questa direzione, ingrassando la finanza mondiale a spese del nostro livello di vita.

Bisogna prendere atto che ogni prospettiva di sopravvivenza futura come paese e non come colonia del capitale internazionale, per noi è legata alla cancellazione del debito e alla riappropriazione della nostra sovranità monetaria.

Tale prospettiva è strettamente legata alla fine della guerra in Europa, ad una conferenza internazionale che crei le premesse per una convivenza pacifica tra i popoli europei e superi le problematiche ereditate dalla fine dell’Unione Sovietica.

Le sanzioni, lungi dal sortire l’effetto di un crollo dell’economia russa, hanno messo in seria difficoltà le economie dei paesi che fanno capo alla EU.

Nave gasiera




Tuttavia, mentre noi paghiamo il prezzo dell’inflazione e del taglio del welfare, c’è chi trae vantaggio da questa situazione.  

Lo shale gas (gas scistoso) americano che, prima della guerra in Ucraina non era richiesto da nessuno in quanto il suo costo di estrazione e trasporto era fuori mercato, ha preso il posto del gas russo.

(Nel documento linkato è descritto, con dovizia di particolari, cosa sia il gas estratto con il metodo dello scisto, il più inquinante che si possa immaginare.

Vi consiglio di leggerlo per capire cosa sia questo famigerato GNL e perché le navi gasiere siano pericolose, oltre che costosissime).

Nello stesso documento è calcolato il costo del trasporto del Metano in contenitori speciali alla temperatura di meno 165 gradi.

Naturalmente costa anche riportarlo alla temperatura ambiente, una volta arrivato in Italia, operazione non priva di rischi per le comunità che risiedono accanto ai rigassificatori.    Un’esplosione provocherebbe un’ecatombe simile a quella verificatasi di recente nel porto di Beirut.

Quest’anno  l’export di GNL (gas naturale liquefatto) americano, ha continuato a seguire l’ascesa iniziata con la guerra e ha toccato il record di 3.500 miliardi di piedi cubi (dati EIA, Energy Information Administration).

È dalla prima metà del 2022 che gli Stati Uniti sono diventati il principale esportatore al mondo di Gas naturale liquefatto, superando Qatar e Australia, sull’onda della domanda arrivata dall’Europa.

Nei primi 11 mesi dell’anno le spedizioni di GNL americano verso il Vecchio Continente sono aumentate del 137% rispetto al 2021 (dati Kpler) .

Noi europei, invece, ci siamo beccati una inflazione a due cifre. Finalmente se ne sono accorti anche i tedeschi. Stiamo comprando metano a prezzi stratosferici e siamo andati in giro per l’Africa sperando che i paesi da noi affamati e vilipesi, ci facciano l’elemosina di qualche goccia di petrolio a basso prezzo.

Enrico Mattei


Impropriamente la Presidente del Consiglio ha denominato il suo giro in Tunisia “Piano Mattei”. In realtà Enrico Mattei l’ENI l’ha creata mentre i liberisti di casa nostra l’hanno svenduta ai privati. Se L’Eni fosse stata ancora dello Stato non avremmo subìto il ricatto delle borse e avremmo consumato il nostro gas a prezzo di costo e non di mercato. Ugualmente, se i liberisti di casa nostra, obbedendo all’imposizione della BCE, non avessero privatizzato l’ENEL,  le famiglie avrebbero dormito sonni tranquilli, tutelate dallo Stato contro gli speculatori internazionali. Se non avessero privatizzato la Banca d’Italia che aveva avuto da sempre il compito di acquistare i titoli dello stato invenduti alle aste, la finanza internazionale non ci avrebbe mai potuto imporre interessi da strozzini e oggi non saremmo vittime di un debito mostruoso.

Privatizzazioni e debito sono gli strumenti usati dalla speculazione internazionale per rapinare i popoli.

Stiamo forse aspettando che Mattarella e Meloni portino i libri contabili in tribunale e che al posto loro si insedi l’AD di Morgan Stanley?

Giovanni Fazio

https://docs.google.com/document/d/1S_rIU5eHC8s9m0-bJxmnp5fFOwn5BKFQ/edit?usp=sharing&ouid=116401172965056252376&rtpof=true&sd=true

 



martedì 22 agosto 2023

ZAIA SCARICA LE CASE DI RIPOSO

 


Abbandonate le famiglie degli anziani non autosufficienti.

Gridi di allarme di U.R.I.P.A. (Unione Regionale Istituti Per Anziani Della Regione Veneta):

 Servono più fondi» «Il Veneto sarà ancora tax free”.

 

Con una frase che ricorda il lessico berlusconiano, Cristina Giacomuzzo descrive nel Giornale di Vicenza di oggi, lo scontro tra il presidente della Regione e Roberto Volpe, presidente di U.R.I.P.A. scrivendo:

 

 Nel bilancio 2024 Zaia non metterà mano nelle tasche dei veneti

 

dimenticandosi però che le ha già messe pesantemente con l’accordo sulla pedemontana  come conferma la sentenza della Corte dei conti del Veneto con la delibera 178/2023 dell’8 giugno scorso secondo la quale in 39 anni l’accordo di Zaia con la SIS di Dogliani determinerà  una perdita di 479 milioni di Euro.

 

            Inoltre Zaia, così attento alle tasche dei veneti, si dimentica degli 85 milioni di euro previsti per la costruzione di una pista da bob, inutilizzabile dopo le olimpiadi, a Cortina.

 

Dichiara Volpe “Chiudiamo in rosso inostri bilanci. Per il prossimo anno ci servono 100 milioni in più sul fondo non autosufficienza. E sia chiaro, a gennaio non li chiederemo alle famiglie che sono già stremate. Quindi, cara Regione, sei avvisata. Se deciderai di non sostenerci, vorrà dire che gli anziani non sono una priorità”

I nostri bilanci non stanno più in piedi. Zaia ci costringe a tassare per lui le famiglie che già non ce la fanno più. Con l'ultimo aumento a inizio anno, per ogni ospite la retta mensile varia dai 1600 ai 1900 euro”.

 

 













Zaia, ovviamente teme l’impopolarità derivata dalla riattivazione della imposta addizionale IRPEF (sospesa per il covid) e la sua risposta è chiara a questo proposito:

 

Tra due anni finisce la legislatura e si andrà al voto. Chi ritiene che vada applicata potrà scriverlo nel proprio programma elettorale”.

 

Risposte del genere, ciniche e opportunistiche, non sono degne di chi governa la regione. Ma ormai  il linguaggio da bar fa parte della normale prassi del dibattito politico (proprio  in questi giorni abbiamo anche visto di peggio).

 

Tra chi ritiene, invece, che le famiglie e la sanità non vadano abbandonate c’è Roberto Toigo della UIL Veneto  che ritiene giusto reintrodurre l’addizionale IRPEF, che andrebbe destinata alla sanità e al sociale, ma solo per i redditi più alti e Vanessa Camani, capogruppo del Pd in Consiglio, che  boccia il bilancio di previsione:

 

            «Il problema non è la mancata applicazione dell'Irpef, ma la mancata volontà di garantire l'accesso ai servizi di essenziale importanza come la sanità, l'istruzione, l'infanzia e l'università in un circolo vizioso che ingigantisce i fenomeni di scarsa natalità e fuga dei giovani».

 


Le ultime dichiarazioni ci ricordano che, non solo in Veneto e in Italia, siamo in una fase di grave regressione sociale  morale ed economica.

 Del resto quando si ha la pretesa di sostituire lo Stato, il Parlamento e le istituzioni democratiche col mercato e si pensa di sostituire, nei trattati internazionali, la magistratura indipendente con una commissione di avvocati, non ci si può aspettare altro.

 La transizione mondiale verso una società governata da multinazionali oligopolistiche che giocano alla roulette i destini dell’umanità e del pianeta ci riserva grandi sconvolgimenti e sofferenze di cui la morte di migliaia di persone in mare o in Ucraina sono solo un annuncio.

  Il presidente Zaia è perfettamente in linea con chi balla sulla tolda del Titanic brindando con le bollicine di uva glera.

 

Giovanni Fazio

giovedì 22 giugno 2023

GRUPPO EDUCATIVO ZERO PFAS UN NUOVO PARADIGMA CULTURALE NELLE SCUOLE DEL VENETO

  GRUPPO EDUCATIVO ZERO PFAS UN NUOVO PARADIGMA CULTURALE NELLE SCUOLE DEL VENETO




21 giugno 2023/ONE HEALTH

SALUTE E CITTADINANZA ATTIVA NELLA TERRA DEI PFAS

 

"La coordinatrice del Gruppo Educativo Zero Pfas, promotrice del Progetto ,che da sempre riteniamo la nostra punta di diamante “nei territori” per portare un solido cambiamento culturale, ci accompagna in un appassionante rendiconto di peregrinazione tra le scuole del Veneto durante l’anno scolastico che si sta per concludere. Un lavoro collettivo non solo e non tanto notevole nei numeri e nei contenuti, ma soprattutto lodevole per lucidità e solidità dei concetti espressi dalla stessa prof.ssa Donata Albiero in questo resoconto finale" (Comitato di redazione PFAS.land)

LEGGI IL LINK 




venerdì 16 giugno 2023

LUTTO NAZIONALE: AMMAINIAMO LE NOSTRE BANDIERE

 


Ammainiamo le nostre bandiere per i bambini annegati in mare, per le mamme disperate morte stringendoli al proprio corpo, per le speranze negate da una Europa ipocrita, razzista e senza futuro, per il bambino vittima di giochi idioti, per i sei operai morti in questi giorni sul lavoro. Ammainiamo le nostre bandiere per la fine della pietà, per i lager, finanziati con i nostri soldi,  in cui si consumano le vite e le speranze di milioni di disperati. Ammainiamo le nostre bandiere per le ragazze stuprate dai guardiani libici che proteggono i nostri confini. Ammainiamo le nostre bandiere per i palestinesi tormentati da una occupazione militare israeliana che fingiamo di non vedere. Ammainiamo le nostre bandiere per Giulio Regeni dimenticato e barattato da un governo senza onore.

giovedì 8 giugno 2023

TRIBUNALE DI VICENZA

 

DIRITTI UMANI IN QUESTIONE 


Negli USA una causa di 70.000 abitanti della West Virginia contro DuPont, accusata di avere contaminato con scarichi di PFAS  il fiume Ohio e le popolazioni abitanti lungo il suo corso, si è conclusa con il pagamento, da parte della multinazionale, di 700 milioni di dollari ai cittadini inquinati.

         Se non avesse temuto una condanna ancora più drastica l’azienda produttrice di perfluorati, non avrebbe sborsato questa enorme somma alle vittime dell’inquinamento da essa determinato.

Questa è storia e non giurisprudenza, tuttavia la storia ha una pregnanza e un peso che schiaccia qualunque  ipotesi assolutoria o minimizzante, qualunque perizia di esperti conniventi con le lobby.

 La pregnanza della somma sborsata è un macigno che nessuna Miteni potrà mai scrollarsi di dosso. È realtà più schiacciante e più solida di qualunque ipotesi scientifica, come tutto ciò che è veramente accaduto.

Oggi gli operai della ex Miteni hanno chiesto che la causa di risarcimento contro la multinazionale di Trissino non venga archiviata.

Gli operai della ex Miteni portano nei propri organi e nel proprio sangue le molecole tossiche assorbite in lunghi anni di permanenza a diretto contatto con esse. Tutti loro sono a rischio e le tremende patologie correlate, che hanno già spazzato via  i loro compagni più anziani, potrebbero scatenarsi da un momento all’altro. Come l’amianto, anche le PFAS uccidono.

Archiviare la causa sarebbe inaccettabile, non solo dalle vittime della Miteni ma da tuto il popolo Italiano che non accetta più escamotage né scappatoie giuridiche per  chi dissemina morte.

Questo è il motivo per cui stamattina, 8 giugno 2023, insieme a molte altre sigle del movimento ecologista abbiamo presidiato il tribunale di Vicenza perché la giustizia che chiedono gli operai è anche la nostra e quella dei nostri figli per i quali chiediamo un futuro in cui la salute e la vita non siano più barattabili con il posto di lavoro.

POST SCRIPTUM

L’udienza, iniziata poco dopo le 13.00 si è conclusa con l’intervento del Gip che si riserva di studiare il caso. Ci si risentirà probabilmente a settembre.

Non possiamo mollare! La pressione sociale sulla magistratura deve continuare perché il diritto di chi non conta sia rispettato in una provincia in cui il potere di chi conta è pervasivo e onnipotente.

Difendere gli operai della ex Miteni è, fuor di retorica, la vera continuazione della Resistenza, la difesa del Diritto, dei valori che la Costituzione attribuisce al Lavoro, dei diritti sociali e, inevitabilmente, dei Diritti Umani, visto che di salute in ultima analisi si parla, di salute scientemente messa a rischio, di salute che scientemente continua ancora ad essere a rischio per una grandissima parte della popolazione.

 

 

Giovanni Fazio 

 

 



 

 

lunedì 5 giugno 2023

NON SOLO PFAS: NEGATO IL DIRITTO ALLA SALUTE IN VENETO


LA SANITA' VENETA INFIERISCE SUI PIU' POVERI
MENTRE FIORISCONO I PROFITTI DEI PRIVATI

Assessore alla Sanità Veneta Manuela Lanzarin

Leggo su Facebook una testimonianza dell’infimo livello cui si è ridotta la sanità pubblica nel Veneto: 

“Ora la nostra Ulss7 Pedemontana, Ospedale di Santorso, CHIEDE agli EMODIALIZZATI non autosufficienti per patologia grave, di PAGARE il trasporto in ambulanza un euro al Km.

La persona che me lo ha appena segnalato è una giovane donna di Poleo con VAD (cuore meccanico) e DIALIZZATA che non può più né guidare né lavorare a causa dei gravi problemi di salute. Da mesi è in attesa che la Commissione Medica INPS la convochi per il riconoscimento di invalidità e accompagnatoria.

La distanza dalla sua casa di Poleo di Schio e Ospedale di Santorso è di 10 km + 10 km per il rientro, 3 volte la settimana. Per un totale di 260 euro al mese.

Il Servizio Sanitario Nazionale garantisce ai soggetti nefropatici cronici in trattamento dialitico il rimborso delle spese di trasporto dal domicilio al Centro Dialisi, nei limiti e con le modalità fissati dalle Regioni. (L.E.A.)

Ora chiedo -pubblicamente- ai signori della Regione Veneto se è davvero questa la tutela delle persone fragili con gravi patologie ed entrate economiche irrisorie o nulle, non bastanti né per vivere, né per sopravvivere.

Sono INDIGNATA.”

 

Pochi giorni fa ho partecipato ad un incontro pubblico nel municipio di Trissino. I relatori erano l’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin e la responsabile del Dipartimento di prevenzione regionale dottoressa Francesca Russo.

Alle nostre critiche sull’andamento della lotta alla contaminazione delle PFAS nella nostra regione l’assessore, non sapendo cosa rispondere, ha più volte pronunciato la frase “ Io sto dalla vostra parte”

No cara assessore, la nostra parte è quella su descritta. È quella delle lunghe file di attesa senza neppure una data sicura per un esame o una visita specialistica, la nostra parte è quella delle  vittime di un servizio sanitario evanescente e privatizzato selvaggiamente.

La sua invece è quella di coloro che lo hanno distrutto con tagli annuali di posti letto, di servizi, di interi reparti ospedalieri e di personale. È quella di coloro che non hanno programmato i posti all’Università per garantire il ricambio generazionale di medici e infermieri. La sua parte è quella che ha elevato un muro di ticket contro il bisogno di salute dei cittadini.

La sua parte è quella che tuttora non finanzia l’Università, non provvede a modificare o eliminare il numero chiuso per l’accesso a medicina e alle specializzazioni e continua a tagliare ospedali e posti letto.

 La sua parte è quella che preferisce sprecare i soldi nel ponte di Messina, di cui si sente tanto il bisogno, nel TAV di Vicenza, nelle grandi opere di cementificazione del territorio, nelle armi da inviare in Ucraina.

Ma, si ricordi che la guerra i morti, non li fa solo là. Li fa anche qua, ogni giorno. 

 

Giovanni Fazio