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lunedì 6 febbraio 2017

SAN DEMETRIO NEI VESTINI IN ABRUZZO DICE NO AL CREMATORIO

Rientro adesso da San Demetrio Nei Vestini, un piccolo comune a quindici chilometri da L’Aquila.

Anche lì nella bassa valle dell'Aterno, ad una quota di 640 m s.l.m, ai confini con l'altopiano delle Rocche, i costruttori di crematori si sono spinti con i loro Project Financing a tentare il sindaco con roboanti promesse di miglioramenti del muro del camposanto, della strada e chissà quante migliaia di euro che dovrebbero ricadere nelle casse del comune con la nuova attività che “dovrebbe , tra l’altro, attrarre turisti”!

La Sala Aurora piena di pubblico
Abbiamo ascoltato le solite favolette secondo cui la cremazione dei cadaveri è una attività assolutamente innocua, paragonabile all’emissione di un caminetto familiare, che quello che esce dal forno è solo vapore acqueo, che il contratto è assolutamente trasparente, salvo il caso in cui “l’equilibrio” dei profitti dovesse essere modificato per cause non derivanti dall’impresa. In tal caso il terreno dei rimborsi, penali, danni ecc. diventa tutto in salita e i due milioni e passa di euro spesi nella costruzione del cosiddetto tempio potrebbero ricadere totalmente sulle spalle dell’amministrazione comunale.

 Il sindaco appartiene a quella categoria di amministratori che, come in altri comuni, hanno dato ascolto alle sirene dell’ATI senza calcolare bene gli svantaggi sia sul piano della salute che su quello economico.
 Vana è stata la richiesta delle minoranze in comune di respingere la proposta. 
Nemmeno una severa lettera dello zio, noto patron politico della zona, letta da un consigliere della minoranza in Consiglio, sembra avere convito il sindaco a desistere dai suoi propositi. Da qui la costituzione di un comitato, varie assemblee e infine l’incontro di Sabato 4 febbraio alla sala Aurora, gremita di cittadini, cui ho partecipato portando il modesto ma utile contributo derivato dalle mie conoscenze di medico.

Ho così avuto modo di conoscere da vicino queste splendide persone che, pur essendo state colpite duramente dal terremoto del 6 aprile del 2009, quello che distrusse il vicino capoluogo abruzzese, hanno scoperto una forza interiore, una capacità di lotta contro le avversità e una resilienza che ha permesso a questa piccola città di ritrovare le risorse umane e spirituali per sopravvivere e andare avanti. 
Un pubblico attento, intelligente, estremamente motivato e deciso e al contempo severo ma composto riguardo al giudizio sull’operato del sindaco.


Ho conosciuto gente aperta e generosa capace di affrontare la vita con coraggio e nuova voglia di vivere.

Fabrizio Puce
Era mio compagno in questa esperienza Fabrizio Puce, un bravissimo tecnico informatico ma al contempo esperto nella lettura delle clausole contrattuali, formatosi nella lotta contro il crematorio dei cittadini di Botrugno (LE).


Man mano che si estende l’iniziativa dei promotori di crematori, che prendono di mira sempre piccoli comuni con pochi abitanti,  cresce una rete nazionale di difesa delle comunità prese di mira, una diffusione dei saperi e delle conoscenze, una solidarietà tra cittadini che vivono le stesse esperienze e nuovi vincoli di amicizia.



Questi ultimi sono il retaggio che mi porto dentro da queste mie esperienze nel Veneto e nei comuni italiani, una nuova messe preziosa di amicizie e di relazioni importanti che rafforzano la mia umanità.

Ringrazio voi tutti, cittadini di San Demetrio, e la strana sorte che mi ha dato l’opportunità di fare la vostra conoscenza. 

Siete delle belle persone e meritate di vincere anche questa volta: sono certo che ci riuscirete e che ci ritroveremo per festeggiare insieme.



Giovanni Fazio

venerdì 27 gennaio 2017

GIORNATA DELLA MEMORIA

11 settembre 1982 MASSACRO DI SHABRA E CHATILA

Il massacro di Sabra e Shatila fu l'eccidio di un gran numero di civili, prevalentemente palestinesi, donne, bambini e vecchi, compiuto dalle Falangi Libanesi e l'Esercito del Libano del Sud con la complicità dell'esercito israeliano.
 I combattenti palestinesi, obbedendo all’accordo internazionale, avevano abbandonato i campi che avevano difeso fino a quel momento dall’attacco congiunto di israeliani e libanesi, affidando i parenti alla protezione internazionale.
Americani, Francesi e Italiani che avevano il compito di far rispettare l’accordo e difendere gli abitanti dei campi, allo scadere del mese se ne tornarono in patria, lasciando donne e bambini, non più protetti, in balia dei mercenari libanesi comandati dagli israeliani di Ariel Sharon.
La strage, una mattanza senza fine di gente indifesa, avvenne, casa per casa, per due giorni, fra le 6 del mattino del 16 e le 8 del mattino del 18 settembre 1982 nel quartiere di Sabra e nel campo di profughi palestinesi di Shatila, entrambi posti alla periferia ovest di Beirut.
Il 16 dicembre 1982, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite condannò il massacro, definendolo "un atto di genocidio" (risoluzione 37/123, sezione D).
La definizione fu approvata con 123 voti favorevoli, 22 astenuti e nessun contrario.




L'8 febbraio 1983, la Commissione Kahan, delle Nazioni Unite, giunse alla conclusione che i diretti responsabili dei massacri erano state le Falangi libanesi e, tra i maggiori responsabili del massacro, fu indicato il generale comandante in capo delle truppe israeliane in Libano Ariel Sharon, sia come mandante dell’eccidio sia per avere impedito agli abitanti di salvarsi, sigillando il quartiere di Sabra e il campo di Chatila  con le proprie truppe.
Ariel Sharon








OPERAZIONE PIOMBO FUSO
















L'operazione Piombo fuso (ebraico: מבצע עופרת יצוקה, Mivtza Oferet Yetzukah) è stata una campagna militare lanciata dall'esercito israeliano con l'intento dichiarato di "colpire duramente l'amministrazione di Hamas con il pretesto di generare una situazione di migliore sicurezza intorno alla Striscia di Gaza e una diminuzione dei lanci dei razzi".




L'operazione militare si è protratta dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009.
La città fu bombardata dal cielo, da terra e dal mare.
Furono colpiti quasi esclusivamente obiettivi civili. Distrutte, oltre alle abitazioni, ospedali e scuole.
Nelle fasi finali del conflitto, durante l'offensiva di terra, si sono registrati casi (in parte verificati anche dalle indagini successive dell'ONU) in cui i soldati dell'IDF hanno fatto uso di alcuni bambini come scudi umani, facendoli camminare di fronte ai loro mezzi.




In altri casi alcune famiglie sarebbero state sequestrate e tenute rinchiuse nelle loro case, che venivano impiegate dai soldati israeliani come base per le operazioni e come punto di osservazione per i cecchini.
 Dubbi e forti critiche al comportamento di membri dell'esercito sono state successivamente poste anche da alcuni degli stessi soldati che hanno partecipato all'operazione, poche settimane dopo la fine di questa.
Stando a quanto riportato dai media, principalmente venivano criticate la quasi nulla considerazione per la vita dei civili palestinesi, la tendenza da parte di molti soldati ad equiparare tutta la popolazione della Striscia con i terroristi e una certa impostazione religiosa della guerra che giustificava l'operazione nell'ottica di una più generale espulsione dei "gentili" della terra promessa.
Sulle motivazioni religiose, che hanno esasperato alcuni comportamenti tenuti da militari israeliani durante le azioni, hanno avuto importanza le incitazioni dei rabbini militari che avrebbero incitato esplicitamente alla "Guerra Santa" per l'espulsione dei non ebrei dallo Stato di Israele.
Questa esaltazione del tema religioso ha radici profonde, in quanto anche in altre circostanze ci sarebbero state analoghe incitazioni, in alcuni casi finite davanti alla giustizia militare israeliana.






Nel luglio del 2009 l'ONG israeliana Breaking the Silence (in parte composta da ex soldati) ha pubblicato un report, contenente le testimonianze anonime di 54 soldati, che avrebbero preso parte all'operazione, i quali denunciavano l'uso da parte delle forze armate israeliane di civili palestinesi come scudi umani, la massiccia demolizione di edifici in generale una scarsa considerazione per l'incolumità dei civili.



Una delle testimonianze riporta che alle truppe era stato consegnato un pamphlet, con il simbolo dell'esercito, che paragonava i palestinesi ai nemici storici di Israele, i Filistei.

Le autorità israeliane hanno respinto le accuse, ritenendole non credibili, ed evidenziando come l'anonimato delle testimonianze riportate e l'assenza di una comunicazione preventiva da parte dell'ONG prima della pubblicazione abbia impedito alla difesa di effettuare eventuali verifiche sulla realtà o meno delle dichiarazioni riportate nel report.


Due dei tanti episodi di orrore di una guerra contro un popolo quasi disarmato cui sono stati tolte città, case e terre. L’usurpazione ei territori occupati continua anche in questi giorni ad opera del governo di Benjamin Netanyahu.

Quando i palestinesi rispondono con i loro poveri mezzi alla violenza dell’occupante vengono esecrati dalla stampa internazionale. Ma forse chi insorge contro chi si difende non ricorda, a proposito di memoria, che questa si chiama RESISTENZA e che l’uso della forza contro chi invade la tua terra e uccide i tuoi cari è legittimo.
Non faccio nessuna differenza tra la povera gente deportata nei lager dai nazisti e le donne i bambini e gli uomini uccisi o costretti a vivere nei campi di concentramento, dopo essere stati espulsi dalle loro case e dalla loro terra.


Tutto questo deve cessare.
E’ inaudito concepire uno stato creato su basi razziste.
La terra è di tutti e Dio non l’ha promessa a nessuno in particolare.
Pretendere di tirarlo per la giacchetta per giustificare una assurda impresa colonialistica fuori tempo massimo è, questa sì, una bestemmia per chi crede in un Dio che ama tutti gli uomini alla stessa maniera.


Giovanni Fazio

sabato 21 gennaio 2017

PFAS SCONTRO IN REGIONE TRA ZAIA E GLI ASSESSORI

INIZIA LO SCARICA BARILE


“Tocca ai dirigenti regionali dei settori Sanità (Domenico Mantoan), Ambiente (Alessandro Benassi) e Agricoltura (Mauro Trapani) indicare ai rispettivi assessori (nell’ordine: Luca Coletto, Gianpaolo Bottacin e Giuseppe Pan) quali nuovi interventi adottare per contrastare l’emergenza Pfas”
A dirlo è stato ieri il governatore Luca Zaia, che ha voluto «evitare altri equivoci sui ruoli e le rispettive responsabilità».
 Il segretario della Programmazione Ilaria Bramezza ha scritto ai tre dirigenti, spiegando che tocca a loro firmare eventuali decreti.

Fino ad allora, la Regione non muoverà altri passi formali («Siamo in una stanza buia, bisogna procedere con cautela»
Men che meno la chiusura o lo spostamento della Miteni di Trissino, provvedimenti che al momento «non hanno ragion d’essere - assicura Zaia - perché la fonte di contaminazione è stata bloccata e l’inquinamento riguarda anni passati»,

In realtà non risulta che Zaia abbia esibito documentazioni dell’Arpav che documentino la fine dell’inquinamento da parte della Miteni pertanto, almeno di questo, si assume la responsabilità. Ma poi aggiunge rassicurante “anche se un ragionamento, con calma, alla luce del Piano acque, andrà fatto su queste fabbriche che sorgono sulle falde”. Con calma visto che ormai la fabbrica non inquina più.


Fin qui, l’iter amministrativo. Poi ci sono quello sanitario e quello giudiziario, che invece proseguono.

Una dettagliata analisi è pubblicata sulla rivista del sindacato nazionale dei veterinari pubblici. 

Mentre Zaia si barcamena, finalmente si muovono le procure di Verona e di Vicenza. I danni all'ambiente, alla salute dei cittadini, all'agricoltura e agli allevamenti sono ingenti.




martedì 17 gennaio 2017

PEDEMONTANA: I CITTADINI DI MONTECCHIO MAGGIORE SCRIVONO AL MINISTRO DEL RIO


Egregio ministro alle infrastrutture Graziano Del Rio


 Contributo dei “Cittadini/e di Montecchio Maggiore contrari alla Pedemontana” 

Non vogliamo “soluzioni politiche” per la superstrada a pagamento Pedemontana Veneta perché esse lasciano spazio a compromissioni e a faccendieri.
Vogliamo una soluzione che ripercorra la catena delle responsabilità come lei stesso ha affermato tempo fa.
Il Governo quest’anno non ha rinnovato a Silvano Vernizzi l’incarico di commissario straordinario per la Pedemontana, ed è un bene perché dietro questa figura per anni istituzioni e persone hanno nascosto le proprie responsabilità.
Riteniamo ora che il presidente della Regione Luca Zaia rescinda la convenzione tra la Regione ed il concessionario SIS per inadempimento di quest’ultimo. Il concessionario manifestamente non ha risorse proprie sufficienti e non è in grado di trovare i finanziamenti, 1,5 miliardi di euro, indispensabili per portare avanti e concludere l’opera. Inoltre i lavori sin qui eseguiti sono stati realizzati per l’80% con contributi pubblici (Corte dei Conti).
Il presidente Zaia ritiene invece possibile un aumento degli utenti della futura superstrada grazie ad una riduzione (modesta) dell’importo degli alti pedaggi tale da indurre la Cassa Depositi e Prestiti, chiamata in causa, a farsi garante delle obbligazioni legate ai futuri profitti della Pedemontana.  Quindi in questo modo, secondo Zaia, la SIS reperirebbe i fondi necessari per il completamento dell’opera. Ma non dovrebbe essere la stessa Pedemontana con i suoi pedaggi garanzia per le obbligazioni? Evidentemente la profittabilità dell’opera è più che dubbia.
La Cassa Depositi e Prestiti e la BEI (banca europea per gli investimenti) hanno da tempo definito la Pedemontana una infrastruttura “insostenibile economicamente e socialmente”.
Il “non sostenibile socialmente” riteniamo si riferisca al fallimento viabilistico che già si prospetta: la Pedemontana che nel racconto iniziale avrebbe dovuto alleggerire il traffico locale sarà solo una complicazione per esso.
Numerosi, poi, dovranno essere gli interventi necessari per convogliare la viabilità locale ai caselli, altrettanto dicasi per le opere necessarie a ricucire un territorio che l’autostrada divide in due parti. Queste spese non vengono calcolate nei costi della Pedemontana, non sono a carico del project-financing della SIS, ma ricadranno sui Veneti.
E che dire delle conseguenze idrogeologiche di quest’opera? Lo scorso 16 dicembre, a Montecchio Maggiore, presso la villa Cordellina-Lombardi (della Provincia) si è svolto un affollato convegno promosso dall’ordine degli ingegneri vicentino rivolto alla categoria. L’argomento era la superstrada a pagamento Pedemontana Veneta. Ospiti ed oratori: il direttore dei lavori Adriano Turso, l’allora commissario Vernizzi, Il consigliere regionale Alessandra Moretti (quest’ultimi due risultati assenti). Al convegno è intervenuto anche il presidente della Provincia Achille Variati esternando le sue preoccupazioni per gli espropriati


non risarciti, per le ditte non pagate e per gli operai senza lavoro (così riportava il Giornale di Vicenza il giorno seguente, il convegno era chiuso al pubblico). Tanto interesse degli ingegneri si spiega, secondo noi, dal fatto che questa Pedemontana sarà una costante fonte di lavoro per la categoria a causa delle criticità che andrà ad innescare. Chi conteggerà queste spese? Esse finiranno nel conto generale della “messa in sicurezza del territorio”.
Ma sarà la stessa Pedemontana, per come è stata progettata, ad esigere continue e costose manutenzioni che inevitabilmente ricadranno sui pedaggi di cui oggi si ventila una riduzione. Due esempi. 1) la manutenzione degli 8 Km delle gallerie naturali che attraversano colli carsici internamente percorsi da torrentelli. 2) La manutenzione del complesso sistema di smaltimento e depurazione delle acque della piattaforma stradale. E’ opportuno conoscere come, questo sistema, solo nella primavera del 2012 entrò nel progetto definitivo della superstrada a pagamento Pedemontana Veneta. Nella primavera di quell’anno infatti, le locali autorità dell’acqua s’accorsero che il progetto definitivo nulla prevedeva per lo smaltimento e depurazione delle acque sporche della piattaforma stradale, esse entravano direttamente in falda tramite 8000 pozzetti! Seguì una dura trattativa con il commissario Vernizzi (per ulteriori informazioni chiedere all’ex-direttore del Centro Idrico di Novoledo, signor Lorenzo Altissimo) che alla fine accettò quanto proposto dalle autorità dell’acqua.
I soggetti interessati alla realizzazione di questa Pedemontana oggi si rivolgono al Governo rilanciando il concetto della Pedemontana “opera strategica”. Ma ai Vicentini e ai Trevigiani che della Pedemontana vedono solo il disastro dei vari cantieri si veicola un messaggio di rassegnazione del tipo “A questo punto che si può fare se non concludere…” e “Noi poveretti non possiamo farci nulla, decidono sempre loro” ………..
Noi le chiediamo, signor ministro: di premere in modo deciso sul presidente della Regione affinché segua la strada maestra della risoluzione del contratto con il concessionario; sostenere con la Regione una Pedemontana finalmente pubblica e rivista nel progetto; sostenere la superstrada nel compito di infrastruttura al servizio del territorio e quindi gratuita. Gratuità significa: niente caselli, niente complanari, niente sovrappassi o sottopassi che ricongiungono un territorio diviso da un’autostrada, cioè un notevole risparmio che aggiunto al taglio del tratto Montecchio Maggiore – intersezione Valdastico Nord, rende questo obiettivo sostenibile.
Distinti saluti, per il gruppo “Cittadini/e di Montecchio Maggiore contrari alla Pedemontana”

Daniela Muraro




lunedì 16 gennaio 2017

AL PRESIDIO DAL MOLIN CONFERENZA GLOBALE CONTRO LA GUERRA E LE SERVITU' MILITARI

Presidio Dal Molin 14 gennaio 2017
 Siamo stati presenti ieri alla Conferenza globale contro la guerra e le servitù militari, svoltasi al capannone del Presidio No dal Molin.
Giornata freddissima con la neve fuori dal locale, riscaldato alla meglio dagli organizzatori.

Malgrado le condizioni climatiche proibitive, la manifestazione, di estremo interesse, ha avuto un ottimo successo di partecipazione.
Fin dall’inizio dei lavori, ore 15.30, la sala era gremita e faceva piacere vedere nel pubblico tantissimi giovani.
Invitati alla conferenza internazionale, promossa dal presidio vicentino   David Vine (USA), David Swanson (USA), Toby Blomè (USA), Corazon Fabros (Filippine), Selay Ghaffar (Afghanistan), Loohan Paik (Haway), Michel Bevacqua (Guam), Amy Holmes (Egitto), Sabrina Jean (Inghilterra), Antonio Mazzeo (Sicilia), Attivisti No Muos (Sicilia), Attivisti Sardi contro le servitù Militari (Sardegna), Attivisti No dal Molin (Vicenza), Roberto Cotti Senatore membro della IV Commissione Difesa.
Malgrado le inevitabili difficoltà quasi tutti i collegamenti in programma sono riusciti.
        
  L’espansione degli interessi di mercato che dappertutto cancellano due secoli di civiltà, di lotte sociali, di diritti politici, morali e umani per affermare la supremazia del profitto va di pari passo con la costruzione e il rafforzamento di una rete di basi militari americane, a volte mascherate dalle insegne di governi compiacenti.
          Ovunque la presenza delle basi confligge con la vita e la natura degli abitanti e con l’ecosistema.
Ne è un esempio l'isola di Diego Garcia, un atollo di 44 km²che è
Atollo Diego Garsia
la più grande dell'arcipelago delle isole Chagos nell'oceano Indiano, circa 1600 km a sud dell'India. Dal 1971  l’isola corallina ospita una base militare della United States Navy che, con gli anni, è diventata una delle più importanti delle installazioni statunitensi nel mondo.
Diego Garsia è stata il punto di partenza per attacchi aerei durante la prima guerra del Golfo (1991), la guerra in Afghanistan, e la guerra in Iraq del 2003.
Il danno arrecato elle popolazioni locali, che hanno visto distrutti i loro villaggi per dar posto alla base e sono state espulse dalla propria terra, è enorme ma altrettanto enorme è il danno arrecato dalla base agli ecosistemi marini.
Dalla viva voce dei residenti abbiamo ascoltato la cronaca della distruzione delle barriere coralline, degli ecosistemi oceanici, la morte di migliaia di cetacei e di fauna marina causata dalle esercitazioni militari.
 Abbiamo ascoltato la denuncia del danno provocato dal sonar, usato per individuare l’eventuale presenza di sottomarini: si tratta di emissioni sonore altissime, destinate a captare gli echi di ritorno provocate dagli ordigni nemici, tali da devastare totalmente i sistemi uditivi di balene e cetacei che perdono l’orientamento e spiaggiano a migliaia con le orecchie sanguinanti.

La nomina di Tillerson (ex numero 1 della Exxon e amico di Putin) a segretario di Stato da parte di Trump rivela le vere intenzioni del nuovo presidente USA e toglie ogni illusione a chi aveva puntato sul conflitto tra il nuovo eletto alla Casa Bianca e l’establishment, rappresentato dalla sua concorrente sconfitta.

L’attacco, attraverso il WTO, alla sovranità di stati e nazioni da parte delle compagnie multinazionali e la rapina delle ricchezze naturali di grandi territori trovano una sponda nella massiccia presenza militare americana.

I petrolieri, in crisi per le misure prese a livello internazionale contro il riscaldamento globale e per la dirompente avanzata delle rinnovabili, trovano in questo nuovo assetto una nuova stampella per difendere interessi fondati sulle fonti fossili e sullo sviluppo infinito, responsabili di conflitti e distruzioni, oltre che dell’aumento della temperatura e della polluzione che distruggono la terra.

Questo nesso inestricabile tra patti commerciali drogati e presenza militare deve farci riflettere sulle politiche di casa nostra, su un’Europa governata da una banca dove la base militare di Vicenza è allo stesso tempo garanzia dell’espansionismo economico della finanza mondiale e minaccia nei confronti della Russia e dei paesi del vicino oriente.

Repressione di una manifestazione operaia

          Le politiche aggressive nei confronti del welfare e dei diritti civili e sociali degli stati europei, guidati dalle direttive della BCE, del FMI e dalla finanza internazionale e fatte proprie dai governi di destra e di centro sinistra, stanno cancellando la nostra cultura e la nostra storia in nome di un liberismo selvaggio.

Nel nome del libero mercato si abbattono le barriere per la circolazione dei capitali e si erigono muri e reticolati contro la circolazione degli esseri umani.
 In questi giorni i profughi del massacro medio orientale muoiono assiderati, lungo i reticolati dell’Ungheria e della Serbia nell’indifferenza generale.


Migliaia di bambini, donne padri di famiglia, ragazzi, anziani sono considerati alla stregua di criminali e di “invasori”.

 L’Europa che un tempo era faro di civiltà e di diritti, non alza la sua voce davanti all’erezione di muri e reticolati e tace sulla responsabilità di chi genera e sostiene i conflitti.

 I nostri ministri cercano una soluzione alle ondate di profughi che approdano sulle nostre coste in accordi indecenti con governi fantoccio libici per costruire campi nel deserto.

Ringraziamo gli organizzatori della conferenza per il grande servizio che hanno reso alla causa della pace e della giustizia con una iniziativa di altissimo spessore che segna un nuovo livello della resistenza vicentina all’imperialismo militare americano.


Dal tendone del presidio, dagli interventi di quanti stanno opponendo contrasto in tutto il mondo alla logica della guerra, emerge la coscienza di una stretta connessione tra la lotta all’imperialismo militare e la resistenza ad un governo mondiale delle banche di cui si vedono gli esisti nefasti anche nella nostra provincia.

E ’da questa presa di coscienza che deve partire presto la resistenza alla violenza delle basi militari e dei mercati.

Un primo passo può essere una campagna europea per svincolarsi dalla alleanza atlantica che non ha nessuna motivazione e serve solo a mantenere il tallone americano sopra un’Europa sgradita a Trump.

Giovanni Fazio


venerdì 13 gennaio 2017

A CRESPADORO I CITTADINI DIFENDONO IL TORRENTE CHIAMPO

Incontro di Fazio (CiLLSA) con gli abitanti delle contrade
Ci siamo recati ieri a Crespadoro alla riunione promossa dalla ditta Sorgato per illustrare ai cittadini il progetto di centralina elettrica da installare su un affluente del torrente Chiampo.

L’incontro dei rappresentanti dell’impresa Sorgato con la cittadinanza è stato alle ore 10 del mattino; orario vivacemente contestato dai presenti in quanto rende impossibile la partecipazione a quanti lavorano durante il giorno.

Oltre ad una ventina di cittadini di Crespadoro erano presenti Stefano Peretti (Bacino Agno Chiampo) la consigliera regionale PD, Cristina Guarda, che sta seguendo la questione, insieme all’associazione CiLLSA, anch’essa presente con un suo rappresentante Giovanni Fazio.

Sono intervenuti il presidente provinciale dei pescatori che, nell’area, rappresenta circa 600 pescatori, alcuni abitanti delle contrade maggiormente minacciate dai progetti, un giovane studente universitario, Cristina Guarda e Fazio.

 Le critiche sono state molto forti, da parte di tutti gli intervenuti. Infatti queste opere di cui se ne vedono sette nella mappa che riportiamo, finiscono con l’intubare la maggior parte delle sorgenti del torrente per alcuni chilometri, sottraendo ad esso l’acqua, con danno alla fauna ittica e all’ambiente circostante, al paesaggio e al turismo.


          Le opere progettate dovrebbero produrre una quantità di energia risibile e non sarebbero prese in considerazione da nessuno se non ci fosse una forte incentivazione da parte del Governo.

  La devastazione di tutto l’arco delle montagne della nostra Regione viene promossa dallo stesso Governo che ne devasta il mare con le trivelle.  Ma ci sono gravi responsabilità anche da parte del Governo Regionale che non interviene in difesa dei nostri corsi d’acqua colpiti da una vera e propria speculazione camuffata da iniziativa in favore delle rinnovabili. 

Incontro con gli abitanti delle contrade

La Consigliera Guarda ha dichiarato che farà ricorso al Magistrato delle Acque che in altre parti della nostra Regione ha già bloccato interventi simili.
 I cittadini si ritroveranno a breve, in un orario che consenta la partecipazione di tutta la cittadinanza, per decidere in maniera unitaria e, al di fuori di ogni interferenza partitica, una azione comune in difesa del territorio.

Giovanni Fazio


Mappa delle centraline progettate sul Chiampo




domenica 8 gennaio 2017

EPIFANIA DELLA TERRA E PEDEMONTANA







 Don Albino Bizotto ha celebrato l’Epifania della terra, svoltasi ieri pomeriggio presso un campo di Caravaggio di Vedelago, a pochi passi dal cantiere della superstrada Pedemontana Veneta.

Accanto al suo altare, riparato dal gazebo della Protezione Civile di Castelfranco Veneto, si sono strette più di trecento persone provenienti da tutto il Veneto: fedeli, militanti dei comitati ambientalisti veneti, e molti che hanno a cuore la salvaguardia dell’ambiente.


Il freddo non ha fermato Don Albino dei “Beati costruttori di pace” né i cittadini che si oppongono alla costruzione della SPV e propongono una soluzione meno invasiva, con un tracciato che la amplifichi e la migliori utilizzando per la maggior parte la viabilità esistente, laddove sia possibile, senza ferire il territorio e sprecare quantità enormi di denaro.
Don Albino a Caravaggio di Pedelago

 “Dobbiamo camminare nella terra, dobbiamo capire che noi stessi siamo parte integrante dell’ambiente e che quando questo viene aggredito siamo noi stessi e la nostra stessa vita che veniamo aggrediti.

 Anche questa messa serve alla difesa dell’ambiente e ci unisce spiritualmente con la nostra madre terra e con tutto il creato che fa parte di una realtà armoniosa che ha consentito alla vita di nascere su questo pianeta e alla nostra specie di apparire in un ambiente ben definito che, se viene modificato, renderà sempre più compromessa la nostra stessa sopravvivenza, come dice lo stesso Papa Francesco nell’enciclica “LAUDATO SI’”.

 “Cerchiamo di essere uomini che scelgono di camminare insieme ad altri uomini, indipendentemente dalle religioni o dalle bandiere di appartenenza.”

Questo è stato il suo messaggio di commiato inviato ai presenti e a tutti gli uomini di buona volontà.
Una cerimonia toccante alla quale non è mancata la partecipazione, sia pure in forma privata di personaggi della politica: Andrea Zanoni, consigliere regionale del PD, i senatori del M5S Enrico Cappelletti e Gianni Girotto, Michele Boato dell’Eco istituto Regione Veneto, esponenti di comitati, Massimo Follesa del Co.Ve.Pa.
Lavori di scavo pedemontana

Anche quest’anno la messa di Don Albino Bizzotto ha segnato la resistenza dei cittadini a quella che è una delle opere più devastanti e inutili del nostro territorio.
Alla luce della messa del sacerdote, irrisorie e stonate suonano le parole, riportate da Giornale di Vicenza, di Gaetano Marangoni, vicepresidente di Confindustria Vicenza con la delega al territorio.

 Marangoni non si è limitato ad intervenire sulle intenzioni della Regione in merito allo spinoso problema ma ha anche contestato le analisi sul flusso di traffico effettuato da Cassa Depositi e Prestiti e dalla Bei:
 “Il nostro ottimismo è basato anche sulla certezza che i dati sui volumi di traffico, di cui la Regione sta ultimando la raccolta, offriranno uno scenario previsionale ben più consistente di quello, assolutamente irrealistico per difetto, utilizzato da Cassa depositi e prestiti e dalla Bei per criticare la sostenibilità del piano finanziario della concessione.  La Pedemontana  non può e non deve subire alcuno stop.”
Architetto Massimo Follesa

La Cassa Depositi e Prestiti e la Bei infatti avevano stimato che le cifre del concessionario sui flussi di traffico erano state gonfiate di molto.
Francamente Gaetano Marangoni avrebbe potuto evitare di pubblicare dichiarazioni offensive nei confronti dell’intelligenza dei lettori del giornale di Confindustria.
Finora le opere sono andate avanti quasi esclusivamente con denaro
pubblico, sebbene si tratti di un opera che avrebbe dovuto essere costruita con capitali privati. Un fiume di denaro che si affianca alle altre modalità con cui vengono sottratti soldi dalle tasche dei cittadini.

Pedelago


Una seconda  modalità effettuata dal concessionario è il mancato rimborso della maggior parte degli espropri. Una terza, dal pedaggio, molto salato, che si dovrà pagare ad opera conclusa, e infine, l’esborso che si è impegnata a versare la Regione nei confronti dei concessionari qualora non si raggiungessero gli obiettivi di traffico e quindi di guadagno previsti (guarda caso, proprio quelli vantati da Marangoni).
Egregi signori, non vi sembra che proporre autostrade e superstrade nella regione più cementificata d’Italia sia in controtendenza con quanto uscito dalla conferenza internazionale di Parigi sul clima? In quale pianeta abitate?  
Sapete che Vicenza è tra le città con l’aria più inquinata d’Italia?
Sapete che gli Italiani, in percentuale, sono al primo posto nel mondo per numero di auto per persona? Pensate che sia un segno di benessere oppure che i nostri servizi di trasporto pubblico sono pressoché fatiscenti e inesistenti?

Metro Parigi
Parigi è una città che conta più di 10 milioni di abitanti (il doppio degli abitanti del Veneto) eppure, grazie a quattro livelli sotterranei di metropolitane e a un efficientissimo servizio di autobus in superficie, non presenta nessun tipo di inconveniente nella mobilità urbana in uno spazio infinitamente più piccolo di quello rappresentato dalla nostra caotica regione.

  Non vi è mai venuto in mente  che il miglioramento del traffico delle merci passa  anche attraverso il ridimensionamento del traffico delle auto private?

Da quarant’anni aspettiamo un piano per la mobilità regionale che soddisfi i bisogni di un paese all’altezza dei tempi e  dei suoi abitanti.

AUTOBUS URBANO A IDROGENO. BOLZANO
 Mancano metropolitane di superficie, corsie preferenziali per gli autobus di linea, strade esclusive per le biciclette (nella Ruhr ne hanno costruita una lunga 70 chilometri per i pendolari).  Ma tutto quello che sapete immaginare sono nuove superstrade a pagamento, naturalmente: complimenti.

I cittadini sono arcistufi di questa inefficienza disastrosa, di Banche che prosciugano i risparmi dei propri clienti, di vecchietti derubati dalle Poste, di sprechi di fiumi di denaro in grandi opere, di autostrade costruite con i rifiuti di fonderia. Ma in che mondo viviamo!?

Ma, ve ne siete accorti?

Giovanni Fazio