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Marcus Orellana in visita alla Miteni (foto Federico Bevilacqua) |
L’accusa di Orellana
alla Regione
e gli incensamenti del Giornale di Vicenza.
A pagina 15 del
Giornale di Vicenza del 24 dicembre appare un articoletto attribuito ad una
dichiarazione della dottoressa Francesca Russo, direttrice del Dipartimento
regionale di prevenzione.
Il quotidiano titola:
“Dal 2017 dimezzati i valori di Pfas nel sangue di chi è stato esposto”.
Il giornalista non ha riportato correttamente, nel
titolo, le testuali parole rilasciate dalla dottoressa Francesca Russo che
in realtà ha detto:
“Una parte di coloro che erano
stati esposti ai Pfas e che erano stati chiamati per i primi biomonitoraggi nel
2017, adesso evidenzia concentrazioni di quelle sostanze nel sangue che sono
dimezzate…”
Quindi è solo una parte dei soggetti che ha dimezzato la quantità di PFAS nel sangue. Non sappiamo, tra l’altro, quale sia la percentuale di costoro rispetto
a tutti coloro che sono stati monitorati.
Come mai non tutti quelli che pure hanno bevuto acqua filtrata, come
gli altri, si sono liberati di una parte dei PFAS? Evidentemente costoro hanno
assunto PFAS da un’altra fonte, molto probabilmente, dagli alimenti (Ciò è
spiegato, infatti, da un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità del 2017)
Il
titolo dell’articolo che avrebbe dovuto essere, come al solito rassicurante, in
realtà nasconde il fatto che una parte dei contaminati, dopo quattro anni,
non ha dimezzato la presenza dei perfluorati nel proprio sangue. Ecco la
vera notizia.
Proseguendo
nella sua dichiarazione la dottoressa Russo afferma: “È la conferma che con
il tempo vengono eliminate dal corpo”.
Questa “conferma” in realtà è pleonastica poiché
da molti anni è arcinoto che i PFAS, col passare degli anni, si dimezzano e
successivamente, dopo altri lunghi anni, tendono a scomparire dal sangue dei
contaminati, a patto che questi ultimi si attengano ad una dieta totalmente
esente da perfluorati.
È proprio questo il motivo per cui continuiamo a
chiedere alla Regione di creare una certificazione “Pfas Free” per una linea
di prodotti alimentari esenti da PFAS, così come esiste un marchio “Gluten free”
per i prodotti che non contengono glutine.
Dare la certezza dell’assenza
di perfluorati nei cibi rappresenta una indispensabile possibilità di
prevenzione per i soggetti a rischio o già malati.
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Orellana in visita alla Miteni 04/12/2021 ( foto F.B.) |
l’intervista si chiude con la comunicazione della
dottoressa Russo che il previsto monitoraggio a campione che avrebbe
dovuto essere eseguito nel comune di Trissino è stato rinviato, causa Covid
19.
Questa è una
vera notizia e rientra nei numerosissimi ritardi e marce indietro con cui la
Regione ha trattato la problematica Pfas fino ad ora.
L’autore del pezzo, di cui non si conosce il nome (si
firma Cri. Gia), ha ritenuto opportuno aggiungere una strabiliante
dichiarazione di Zaia:
“Il
presidente della Regione, Luca Zaia, ieri a palazzo Balbi, ha voluto fare il
punto sull'inquinamento da Pfas in Veneto, anche alla luce dell'ultima missione
dell'Onu. “Nonostante il Covid - ha dichiarato -. Abbiamo mantenuto la
promessa e abbiamo realizzato il nuovo acquedotto.”
Beh, vorrei vedere che non si fosse provveduto a realizzarne uno nuovo a
otto anni di distanza dalla scoperta dei PFAS nel Veneto e dopo tanti anni di
veleni propinati con l’acquedotto a 21 comuni!
Piuttosto, il presidente dovrebbe
scusarsi dell’enorme ritardo con cui si sta provvedendo a chiudere
la stalla dopo che sono scappati i buoi.
Anche in questo caso il senso della
realtà è capovolto.
Zaia aggiunge:
“Il Veneto è diventato un
modello di riferimento nazionale grazie al laboratorio per l'analisi dei
Pfas perché nel 2013 il Cnr ne aveva segnalato la presenza, tutta da
verificare. Ma allora non si sapeva neppure come misurarli.”
Se nel 2013 il CNR ha segnalato la massiccia presenza di PFAS nel torrente
Poscola, accanto alla Miteni, evidentemente si sapeva come misurarli. Sarebbe
bastato che l’Arpav effettuasse alcuni prelievi così come ha fatto il CNR, visto
che l’UE segnalava già dalla fine del 1999 la presenza di interferenti
endocrini nei fiumi europei e invitava Stati e Regioni ad attivarsi per
individuarli.
E conclude:
“… la nostra è stata l'unica
Regione a rimboccarsi le maniche. Siamo ancora i soli ad aver avuto il
coraggio di fare una legge coi limiti dei Pfas pari a zero nonostante i 43
ricorsi pendenti.”
In realtà i limiti fissati dalla Regione Veneto in data 26/09/2017 per
l’acqua potabile sono di 390 ng/litro di PFAS totali, come ognuno
può verificare leggendo le bollette dell’acqua pubblicate da Acque del Chiampo.
Non risultano nuovi decreti regionali che fissino la percentuale di PFAS
a valori più bassi né tanto meno a valore = 0, né per l’acqua potabile né per
gli scarichi industriali.
Pertanto, il “coraggio” di fissare il limite zero
è una pura fantasia di Zaia.
bel modo di rispondere alle accuse dirette a lui dai commissari dell’ONU!
Bando alle chiacchiere.
C’è una verità, cui il presidente e i suoi tecnici non sono in
grado di controbattere, pronunciata da Marcos Orellana, Special Rapporteur delle Nazioni Unite
sulla violazione dei diritti umani in relazione alle sostanze tossiche:
la Regione, pur essendo al corrente da tempo dell’inquinamento
degli acquedotti di 21 comuni della zona rossa, non ha avvisato i cittadini,
incurante della diffusione della contaminazione riguardante circa 360.000
persone.
Giovanni Fazio
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Roma Istituto Luigi Sturzo (foto Giuseppe Ungherese) |