LA STORIA NON SI PUO' FERMARE
L’11 settembre del 1973 verso le 4 del pomeriggio mi trovavo in auto, iniziavano
le mie ferie, in realtà un po’ tardive, in Sicilia dai miei genitori e da mia
sorella, Ero appena partito e, attraversando, Montecchio avevo acceso la radio
della macchina. Fu così che appresi, in diretta, che in Cile era in corso un
colpo di stato per rovesciare il Governo di Salvador Allende. Moriva con
Salvador Allende la speranza di un popolo e la speranza dei popoli. La
dittatura feroce di Pinochet si insediò con la pretesa di fermare la storia e
lo fece nel modo più feroce possibile.
All'interno dello
Stadio Nazionale, in quei mesi, avvennero torture e interrogatori violentissimi e moltissime donne vennero stuprate dai militari addetti al "campo".
Approssimativamente 130.000 individui vennero
arrestati nei tre anni seguenti, con il numero di "scomparsi" (noti
come desaparecidos, dal
termine spagnolo) che raggiunse le migliaia nel giro di pochi mesi.
Moltissime di queste persone sono state
uccise: alcune lanciate dagli aerei in stato semicomatoso, altri ancora
sono scomparsi nel nulla, cancellati dai registri da un regime che avrebbe
voluto eliminare tutte le opposizioni.
Altro fatto
accertato è il rapimento dei bambini degli oppositori, che venivano affidati a
sostenitori del regime. Gran parte delle persone prese di mira erano stati sostenitori
di Allende. Inoltre, il "decreto del 13 settembre" mise fuori legge
tutti i partiti che avevano fatto parte di Unità Popolare.
Durante il suo incarico, Salvador Allende aveva perseguito una politica che
egli chiamava "La via cilena al socialismo". Questa
comprendeva la nazionalizzazione di
determinate grandi imprese (soprattutto quella del rame), la riforma
del sistema sanitario, un proseguimento
delle riforme del suo predecessore Eduardo Frei Montalva riguardanti
il sistema scolastico, un programma per la distribuzione gratuita di latte per i
bambini e un tentativo di riforma agraria. Il precedente governo di Eduardo Frei aveva già
parzialmente nazionalizzato il rame, acquisendo il 51% delle miniere di
proprietà straniera. Allende espropriò la percentuale restante senza
ricompensare le compagnie statunitensi che possedevano le miniere.
Gli sforzi del governo nel portare avanti queste riforme condussero ad una
forte opposizione da parte dei proprietari terrieri, di alcuni settori
del ceto medio, della destra rappresentata dal Partito Nazionale, della Chiesa cattolica (che era
scontenta della direzione cui puntava la riforma scolastica) e infine dei cristiano democratici.
La riforma agraria che Allende evidenziò come una delle politiche centrali
del suo governo aveva già avuto inizio con il suo predecessore Frei Montalva,
che aveva espropriato tra un quinto e un quarto di tutte le proprietà soggette
ad esproprio[9]. L'intenzione del governo Allende era di acquisire
tutte le proprietà di più di ottanta ettari irrigati. Allende intendeva inoltre migliorare il benessere
socioeconomico dei cileni più poveri. Un elemento chiave era quello di fornire
occupazione, sia tramite le nuove imprese nazionalizzate che con progetti di
lavori pubblici.
IN CILE CON GABRIEL BORIC VINCE LA SINISTRA
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