NON SOLO PFAS
Seguendo
il percorso senza fine all’interno delle scatole cinesi che segano il
progressivo degrado ambientale del Veneto ci si rende conto della vastità di un
drammatico processo di distruzione delle grandi risorse di questa terra che vanno dalla
grandissima riserva di acque, alla fertilità dei suoli, in gran parte in zone
collinari o pianeggianti, dalle meravigliose città, alle ville palladiane che
costellano il paesaggio delle campagne, ai panorami che hanno come sfondo le
vette innevate delle Prealpi, ai grandi fiumi e al mare Adriatico.
Di tutto ciò rimane ben poco. La rapacità di
una classe di imprenditori poco colta e di politici che governano la regione
sfruttando all’estremo le sue risorse, ormai giunte al lumicino, ha divorato tutto
in nome della ricerca di un profitto portato alle estreme conseguenze. L’acqua
potabile è ormai giunta alla fine. I gestori non sanno più dove allacciare gli
acquedotti per sostituire le grandi riserve sotterranee, ormai perdute per
sempre a causa della molteplice contaminazione chimica, prima fra tutte quella
da PFAS, e gli stessi fiumi sono cloache chimiche.
Già da una inchiesta sugli interferenti
endocrini, voluta dalla EU nel 1999, il Po risultò il fiume più inquinato di
Europa, ma di questo allora nessuno qui si preoccupò minimamente né tanto meno intervenne
sulle cause (note) che erano alla base di tale straordinario disastro.
È seguendo il percorso dell’inquinamento idrico
da PFAS che l’autore giunge alla conclusione che, a pochi passi dalla
catastrofe finale, non è più possibile immaginare di poter curare questa terra
con regole e leggi pensate nel secolo scorso.
Il
mito della crescita infinita mostra nel Veneto tutta la sua fallacia.
Prescindendo
dalle responsabilità della criminalità ambientale, particolarmente diffusa, in
questa terra dove una forte porosità del tessuto imprenditoriale consente l’infiltrazione
delle mafie, l’autore si sofferma sulle regole che dovrebbero proteggere il
territorio e che invece si dimostrano inefficaci, aggirabili e pensate non
tanto per proteggere la salute dei cittadini e dell’ambiente, quanto per salvaguardare
il profitto degli imprenditori.
Leggendo
questa breve monografia, corredata dalle tabelle ufficiali dell’ARPAV, l’autore
conduce per mano il lettore, per gradi successivi, alla comprensione della
estrema necessità di capovolgere il paradigma che ha consentito tutto ciò,
descrivendo un Veneto come metafora di un pianeta dalle prospettive più che
angoscianti, dove il consenso al Governo della regione, malgrado tutto, è fortissimo.
Anche questo stimola le riflessioni, molto
attuali, dell’autore:
“Siamo immersi nel “pensiero unico”,
prodotto e alimentato dalla logica
del “libero mercato”, connaturato
al modo di produrre, di consumare e di
pensare in questa fase storica.
Non
sono le persone e le comunità a scegliere i propri modi di vivere e di esistere
ma le grandi compagnie multinazionali.
Un fluire di messaggi
quotidiani, il più delle volte subliminali, attraverso radio, tv, stampa,
pubblicità, raggiungono il nostro cervello e diventano, inconsapevolmente, senso
comune. Consumi, prezzi e stili di vita, sono così il portato di un
costante bagno ideologico che ci rende attori ignari di un gigantesco Truman
Show, membri di una umanità distratta e alienata, condannata ad una corsa
insensata verso la distruzione del pianeta e verso l’autodistruzione.”
È proprio questa storia,
che viene raccontata giorno dopo giorno, il vero supporto ideologico che consente
ai divoratori del Veneto di non pagare pegno per quello che fanno. Da qui
deriva la necessità di far ritornare con i piedi per terra le vittime di una favola
che dura da troppo tempo.
Buona lettura.
La redazione di PFAS
LAND 11/06/2019
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