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giovedì 1 novembre 2018

MANGIAMO CIBI CONTAMINATI E BEVIAMO ACQUA INQUINATA

MENTRE MITENI LA FA FRANCA


Le associazioni ambientaliste denunciano apertamente le istituzioni.


Il fallimento di Miteni mette a fuoco tutte le inefficienze, i ritardi e le complicità del sistema. 


Magistratura, Regione, Provincia, sindaci, ARPAV e sindacati dei lavoratori e associazioni di categoria degli agricoltori e degli allevatori raccolgono il frutto di una lunga stagione di tentennamenti, iniziative prese a metà, retromarce e contraddizioni interne. 


 

Lo spettacolo che si apre agli occhi di tutti è il fatto che non si è fronteggiato il disastro con azioni tempestive, rapide ed efficaci, capaci di salvaguardare la salute dei cittadini, proteggere le aziende agricole, quelle di trasformazione alimentare e gli allevamenti dalle conseguenze dell'inquinamento dell'acqua e dei terreni. 

Si sarebbe dovuta approntare una squadra di veterinari, pronti a separare i prodotti contaminati da quelli sani, al fine di proteggere i cittadini che non sanno cosa acquistare e cosa mangiare.


Un intervento sul mercato avrebbe garantito la salute delle persone e le avrebbe liberate dalla paura di acquistare merci contaminate. 


Lo stato di incertezza derivato dall'inazione rischia di arrecare un danno, destinato a crescere nel tempo, anche alle aziende sane che non è possibile discriminare da quelle coinvolte dall'inquinamento.


Forse si sta aspettando che qualcuno in Europa, a Roma o in Regione definisca la quantità di veleni che ciascun cittadino può ingoiare "impunemete" al dì (i famigerati "limiti" richiesti da Zaia), ma i cittadini da anni stanno ingoiando di tutto e non sono certo disposti ad accettare quantità legalizzate di PFAS nei loro cibi e nell'acqua che non siano pari allo zero tecnico.

RESTA ATTUALE LA DENUNCIA DI LEGAMBIENTE 

DEL 2015:
CIBI INQUINATI SENZA CONTROLLO























Il documento pubblicato nel 2015 da Piergiorgio Boscagnin, presidente circolo Perla Blu Legambiente di Cologna Veneta, resta drammaticamente attuale.

 Da allora nulla è cambiato, per quanto riguarda il gravissimo inquinamento agroalimentare del bacino del Fratta-Gorzone, malgrado risultati più che allarmanti derivati da un secondo monitoraggio del 2016, effettuato dall'Istituto Superiore di Sanità sui prodotti alimentari della "Zona Rossa".

Riportiamo di seguito alcuni passi del documento di Legambiente


 "Domenica 6 dicembre 2015

Di Piergiorgio Boscagin

 
PFAS, GRAVE INQUINAMENTO DI ACQUE SUPERFICIALI E FALDE. COINVOLTI TERRITORI DI VICENZA, VERONA E PADOVA 


Ortaggi, uova, carni bovine e pesci contaminati dal PFAS in Veneto. Sono i primi risultati delle analisi del monitoraggio che confermano la diffusione e la presenza di sostanze chimiche perfluoroalchiliche nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine.

Il campionamento che ha interessato alimenti nei territori delle ULSS n.5 – Ovest Vicentino; ULSS n.6 – Vicentino; ULSS n.17 – Monselice; ULSS n.20 – Verona e ULSS n. 21 – Legnago. “L’indagine [conclusa a giugno 2015 n.d.r.] conferma la diffusione in tutte le matrici alimentari....

... Queste sostanze non dovrebbero essere presenti in nessun alimento ed invece le troviamo pressoché in tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque”, commenta (vedi qui) il consigliere regionale Zanoni, vice Presidente della Commissione Ambiente.


L’Istituto Superiore di Sanità riconosce le sostanze chimiche perfluoroalchiliche come interferenti endocrini e riconosce la probabile correlazione tra l’esposizione a detti inquinanti e l’insorgenza di patologie gravi quali: tumori, disfunzioni della tiroide, ipertensione della gravidanza, aumento del colesterolo. 


.... La scoperta dell’inquinamento è dovuta ad uno studio, commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente (MATTM) al CNR, che il 25.03.2013 precisava:


 “nel bacino di Agno e Fratta Gorzone [fiume già tristemente noto alle cronache da fine anni ’90 per l’inquinamento delle sue acque, dopo l’entrata in funzione del collettore di trasferimento dei reflui depurati negli impianti di Trissino, Arzignano M., Montecchio, Montebello e Lonigo, che raccolgono gli scarichi civili e delle concerie n.d.r.]...


Il 28 maggio 2014 viene costituito il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas che, oltre ad avviare una campagna di informazione e sensibilizzazione pubblica, deposita un esposto denuncia contro ignoti alle Procure della Repubblica di Vicenza e Verona per: “sversamento di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque di falda, al suolo o nel sistema fognario, con conseguente inquinamento delle risorse idriche e ipotesi delittuosa di disastro ambientale, considerata la vastità dell’area interessata dal fenomeno”.

Per la cronca: l'esposto fu archiviato.














Quanto segue è l’incipit dell’articolo di
DENUNCIA DI GREENPEACE 
pubblicato sul Fatto Quotidiano oggi 31 10 2018.

"Ora possiamo dirlo con certezza: nessuno pagherà per il più grande caso d’inquinamento dell’acqua potabile in Europa.

Ci riferiamo ai Pfas, le sostanze perfluoralchiliche che hanno contaminato una vasta area del Veneto occidentale e il sangue di migliaia di ignari cittadini. 

La principale fonte dell’inquinamento era nota alle autorità almeno dal 2013: la Miteni di Trissino, azienda chimica specializzata proprio nella produzione di Pfas. 

Parliamo al passato, perché i vertici di Miteni, la scorsa settimana, hanno deliberato la presentazione dell’istanza di fallimento presso il Tribunale di Vicenza."


LA RESPONSABILITA’ DELLE ISTITUZIONI VENETE E’ DI PRIMA GRANDEZZA.

A cominciare dalla Provincia di Vicenza.

Spicca come atto assolutamente ingiustificato e di grandissima gravità da parte di un ente pubblico che ha il dovere di tutelare la salute dei cittadini, la delibera della Provincia di Vicenza  che nel 2014, per delega della Regione, autorizzava la multinazionale di Trissino a trattare tonnellate di rifiuti della lavorazione di GEN X (un pericoloso PFAS di ultima generazione) provenienti dall'Olanda, dove tale trattamento era stato vietato.

Di fatto la Miteni recuperava, sembra, un 20% di Gen X che rispediva all'Olanda e tratteneva il restante 80% dei rifiuti olandesi che andavano in discarica o nelle acque. 

SOSPETTO TRAFFICO DI RIFIUTI

Il sospetto del Governo olandese, il quale per tale motivo aveva allertato la Regione Veneto, che quello che apparentemente poteva apparire un riciclaggio di materie seconde potesse essere un vero e proprio traffico di rifiuti, non ha nemmeno sfiorato la magistratura né tanto meno il destinatario della missiva.
In ogni caso, come era possibile che l'azienda Miteni, individuata solo un anno prima dall'ARPAV come la responsabile al 95% del'inquinamento ambientale più grande d'Europa, fosse autorizzata  dalla Provincia di Vicenza a importare rifiuti di perfluorati dall'Olanda e a trattarli?




LA DENUNCIA DEL Co.Ve.Pa.

Il Co.Ve.Pa. (Comitato del No alla Pedemontana) per voce di 
Massimo Follesa  denuncia la presenza di tre funzionari della Miteni all’ultima seduta della Provincia nella quale si dovevano decidere, tra l’altro, le misure della rete di controlli da effettuare nell’area della azienda per appurare le responsabilità e le modalità dell’inquinamento: i cosiddetti carotaggi

La rete avrebbe dovuto essere effettuata con un carotaggio ogni 10 metri ma la Provincia approvò una rete con carotaggi ogni 50 metri (su suggerimento di chi? e per quale motivo?).

E' intuitivo che con maglie di questa grandezza nessun pescatore prenderebbe un pesce. 

A che titolo gli uomini di Miteni presenziavano alla riunione? 

Questo è l’interrogativo di Follesa che inchioda le istituzioni venete.

Non c'era proprio niente su cui indagare?

 Non si sarebbe dovuto seguire la pista delle scatole cinesi che portavano ai reali proprietari della azienda, come suggeriva Greenpeace?

La contaminazione di migliaia di cittadini, la distruzione di un immenso patrimonio rappresentato dalla più grande falda di acqua potabile presente nel nostro paese, la spesa enorme che ricade sulle istituzioni sanitarie e quella per le bonifiche dei terreni, mai iniziate, non erano motivi sufficienti per agire da parte della magistratura?

E la contaminazione di tonnellate di prodotti agroalimentari che non si sa che fine abbiano fatto e facciano non ha incuriosito proprio nessuno?

E cosa doveva accadere ancora di più perchè chi di dovere agisse di conseguenza?

E’mai possibile che nel Veneto i furbi, gli amici dei furbi e i controllori dei furbi la facciano sempre franca? E’ possibile che a pagare sia sempre Pantalone? Cioè noi cittadini?

Stiamo pagando sulla nostra pelle e su quella dei nostri figli i frutti di un sistema regionale e locale che non ci sta tutelando, di una sanità che minimizza anziché attuare una severa prevenzione alimentare, istituzioni locali che non tutelano i bambini e le mense scolastiche, depuratori che non depurano e sversano PFAS nell'ambiente e nelle campagne. 


CHI PAGHERA' I DANNI?

CHI CI SALVERA' DA UN DISASTRO AMPIAMENTE ANNUNCIATO?


CHI SALVERA' LE AZIENDE AGRICOLE E GLI ALLEVAMENTI?


CHI TUTELERA' LA NOSTRA SALUTE E LE NOSTRE MENSE?


CHI SALVERA' GLI OPERAI MITENI (GRAVEMENTE CONTAMINATI) DAL LICENZIAMENTO?

Il fallimento di Miteni ha messo drammaticamente in evidenza tutte le manchevolezze e i guasti di una gestione non più accettabile. 

Dal 2013 ad oggi il balletto delle istituzioni è servito solo a coprire le responsabilità di una tragedia destinata a protrasi per molti anni ancora.
  
La gravità dei fatti (e questa è spolo la punta dell'iceberg) non è di natura tecnica.
Essa rispecchia drammaticamente la pessima qualità di una classe politica sulla quale ricadono le maggiori responsabilità di un disastro annunciato.

Giovanni Fazio 







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