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mercoledì 28 novembre 2018

CON GLI OPERAI DI MITENI PER IL LAVORO E CONTRO LA DEGRADAZIONE DELL'AMBIENTE



Nell’incontro con le maestranze della Miteni, la sera del 26 novembre, a Montecchio, nella sala delle Filande  piena di pubblico, in una breve intervista a RAI 3, ridotta ai minimi termini nel montaggio e quindi incomprensibile come al solito ai telespettatori, ho perorato la causa degli operai licenziati in tronco. Ho chiesto qualcosa di diverso da ciò che sta chiedendo il sindacato, e cioè che i lavoratori vengano incorporati nell’ARPAV, ente regionale deputato al controllo dell’ambiente.
 

Non si tratta di una boutade ma di una proposta concreta.

Disperdere le competenze di chi fino ad ora si è occupato di chimica e di PFAS non è una cosa buona per un territorio che ne ha tanto bisogno. Abbiamo migliaia di pozzi da censire, migliaia di campioni di terreni, di alimenti vegetali e animali, migliaia di rogge e corsi d’acqua e quante ciminiere? Piccole o grandi, che ammorbano l’aria delle nostre città. Abbiamo da rilevare i gas del traffico urbano e quello delle strade extraurbane. 

Vi sembra poco? Pensate che la sparuta e meritevole pattuglia che attualmente costituisce l’ARPAV sia in grado di affrontare una mole di lavoro quale quella che si presenta ad una regione malata e ferita da uno sviluppo caotico e incontrollato e da un disastro ambientale gigantesco come quello provocato da Miteni?

Il movimento NO PFAS deve rendersi conto del fatto che                il recupero di queste competenze e un massiccio investimento nel monitoraggio di un territorio colpevolmente abbandonato all’incuria da parte delle istituzioni non è soltanto necessario ma è indispensabile.

Il potenziamento egli enti di controllo è il primo dovere da assolvere da parte di una Regione colpevole del disastro ambientale più e quanto non lo sia stata Miteni. E’ propedeutico ad ogni iniziativa di risanamento.



Lo chiede il
POPOLO di PFAS LAND, lo chiedono i cittadini che portano nel loro sangue le stigmate di questa criminale incuria, lo chiedono i bambini, costretti a bere acque che ne minano l’equilibrio ormonale, da sindaci che rifiutano ostentatamente di applicare il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, lo chiedono quanti soffrono per le malattie che operano, anche ad anni di distanza, nelle viscere recondite dei nostri organismi.

Lo chiede la società civile che distingue una civiltà fondata sul rispetto degli umani dalle devastazioni del profitto e dall’ideologia fallace della cosiddetta CRESCITA, senza senso, senza programmazione, avulsa dai bisogni del territorio, e dei cittadini.

La nostra proposta lega inscindibilmente i diritti dei lavoratori ai diritti della salute e dell’ambiente.

Non vi è contraddizione in chi opera contro la devastazione ambientale come stiamo facendo da molti anni e contro la devastazione sociale provocata dall’ideologia controproducente dell’Austerità.
Basta con la demagogia di quanti sostengono, con la coscienza sporca, che chiedere la fine del ciclo delle penitenze significa compromettere il futuro dei nostri figli.

Ma guardatevi attorno, i nostri figli stanno già oggi, nel presente, pagando il prezzo tremendo delle vostre politiche liberiste.
La disoccupazione dei giovani cresce alle stelle. Migrano all’estero in cerca di lavoro, abbandonando i loro vecchi e i loro amici mentre chi ci impone obblighi di bilancio fallimentari, delocalizza all’estero le nostre industrie.

Le miracolose ricette della Commissione Europea in tutti questi lunghissimi anni hanno creato solo miseria e disoccupazione.
Costoro non hanno più titolo di dare consigli e imporre regole.

I nostri governanti hanno tollerato che l’Europa delle lobby finanziarie chiamasse i loro diktat “
fare i compiti a casa”. Hanno permesso che ci trattassero da bambini che vanno male a scuola. Un paternalismo becero e offensivo, bene accolto da governi di centro destra e centro sinistra.

I compiti a casa quali erano? E quali sono? Tagliare fondi alla sanità, tagliare fondi alle pensioni, aumentare l’età pensionabile, tagliare fondi alla scuola pubblica, tagliare fondi al welfare, tagliare tutti gli ostacoli alla devastazione ambientale (decreto Sblocca Italia) a danno di milioni di cittadini intossicati e avvelenati, precarizzare al massimo il lavoro in nome della cosiddetta flessibilità che, in parole povere, significa “ti uso quando e come voglio e se protesti ti caccio”.

Il Job Act, l’articolo 81 inserito nella Costituzione repubblicana come atto servile di obbedienza agli interessi delle lobby neoliberiste, proprio quelle che ci hanno imposto una drastica cura dimagrante in nome di un debito pubblico, creato artatamente con un accordo infame tra il ministro Andreatta e il governatore della banca d’Italia Ciampi nell’81.

Partiamo quindi saldando la lotta per l’ambiente a quella per l’occupazione e per la restaurazione dei diritti sociali accanto ai diritti civili.

Chiediamo quindi il potenziamento delle agenzie pubbliche di controllo tra cui ARPAV, una maggiore trasparenza, sancendo e realizzando nei fatti il diritto dei cittadini di accedere agli atti.

Chiediamo che parta nel Paese una campagna contro il blocco del Turn over, strumento che ha decimato il personale della sanità e della pubblica amministrazione.

L’economa, non quella fasulla e consumistica della crescita, che produce solo montagne di immondizie e disperazione, ma quella del BENESSERE, mirata ai bisogni reali dei cittadini, dell’ambiente e della vita del pianeta, si avvantaggia di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato e garantiti dalla restaurazione dello Statuto dei lavoratori, aggiornato ai nuovi bisogni sociali e alla difesa della democrazia e del rispetto nei luoghi di lavoro.

Non si aiuta l’economia regalando soldi ai padroni ma CREANDO LAVORO.

E quando i privati non sono in grado di farlo o non vogliono farlo perché preferiscono giocare in borsa anziché aprire nuove fabbriche, lo deve fare lo Stato, lo devono fare le pubbliche istituzioni, come insegna Franklin Delano Roosvelt e il New deal che superò la crisi del ’29 creando milioni di posti di lavoro a spese della pubblica amministrazione.

La deregulation sta creando troppi morti sul lavoro, è responsabile dello schiavismo che imperversa nelle campagne a danno di cittadini stranieri, dà mano libera alle mafie.

Battere la politica degli affari e del malgoverno è possibile, a patto che diritti civili e diritti sociali marcino di pari passo.


Giovanni Fazio

Dedico questo articolo a mia moglie che oggi, 28 novembre,
festeggia il compleanno.






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