Il sindaco estende a tutti i bambini di Arzignano l’erogazione
di acqua minerale.
Arzignano
12/012/2018
Si estende a tutte le scuole pubbliche e
private di Arzignano l’erogazione di acqua minerale per i bambini.
Con una mozione datata ieri 11 dicembre il
sindaco chiede al Consiglio comunale pieno mandato per distribuire bottigliette
di acqua minerale anche presso tutte le scuole paritarie private.
Con
questa ultima azione Giorgio Gentilin compie l’ultimo atto ufficiale di
riconoscimento di quanto, da anni, chiedevano i cittadini che fanno capo a
CiLLSA e i più di 600 iscritti al “Comitato ZERO PFAS Agno Chiampo” che
ringraziamo per l’appoggio importante alla campagna per la tutela dei bambini.
Il
lavoro, casa per casa dei militanti che hanno raccolto le iscrizioni e l’opera
di divulgazione dei rischi derivanti dall’assunzione di cibi e bevande
contaminati da PFAS, effettuata con incontri, pubblicazioni e gazebo, ha dato
il suo frutto.
Nella
mozione del sindaco viene riportata la richiesta
di un giudizio di idoneità e conseguente potabilità dell’acqua erogata
dall’acquedotto pubblico presente ad Arzignano, effettuata dall’Ufficio
Ambiente del Comune in data 27/11/18 al dott.
Franco Rebesan (direttore f.f. U.O.C. Igiene degli alimenti e della
nutrizione ULSS n°8 Berica).
“Tutti i
parametri analizzati, in tutti i rapporti di prova, rispettano i limiti fissati
dal D. Lgs.31/2001 e, per quanto riguarda le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
tutti rispettano i livelli provvisori di performance fissati dal DGRV 1590 del
03/10/2017 (PFOA+PFOS 90 ng/l con PFOS non superiore a 30 ng/l; somma altri
PFAS 300 ng/l.”
Il
dott. Rebesan non ha detto che l’acqua è
potabile ma solo che è dentro i limiti del decreto regionale del 03/10/2017
come sosteneva che era dentro i limiti, prima del suddetto decreto quando
questi erano fissati a 2030 ng/litro con PFOA a500 ng/litro.
Il SINDACO
“considerato, però, che in base alle analisi … i valori riscontrati, pur
essendo entro i limiti previsti, sono ancora lontani dall’obiettivo ottimale di
ZERO PFAS” emette il mandato che di fatto APPLICA
il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE EUROPEO, COME DA NOI RICHIESTO.
Certamente
molti si chiederanno da cosa dipenda questa conversione sulla via di
Damasco di
Giorgio Gentilin che fino all’altro ieri sbandierava i dati usati da Rebesan
per motivare una decisione di segno contrario a quella ultimissimamente
adottata.
Non
spetta a noi dare questa risposta come non spetta a noi spiegare come dopo anni
di lotte e liti per costruire un gassificatore ad Arzignano, adesso, come da
noi propugnato da più di cinque anni, abbraccia la
campagna contro gassificatori e inceneritori.
La
vicenda Miteni ha aperto gli occhi a
molte persone che restano basite davanti alla gravità del comportamento dei
gestori della multinazionale lussemburghese e delle istituzioni regionali e
locali che hanno fatto acqua da tutte le parti.
Di
fatto, in maniera incontestabile, ci troviamo con 350.000 persone coinvolte dal fenomeno contaminante e con una rete idrica superficiale e sotterranea
completamente rovinata; danni
incalcolabili alla salute di migliaia di persone, a partire dagli operai
che lavoravano dentro l'azienda, e danni
economici stratosferici per tutti noi.
È
quindi maturata in moltissime persone la necessità di un cambio di paradigma. La salute delle persone e del territorio va
posta al primo posto e industria e agricoltura si debbono adeguare ai bisogni
di tutela della vita.
C'è tantissimo lavoro da fare per bonificare il territorio a partire dal tubo
A.Ri.C.A. che scarica i liquami di cinque depuratori direttamente nel Fratta Gorzone.
Il tribunale delle acque (TSAP),
nell’udienza istruttoria tenutasi l’11/01/2017 in via di somma urgenza, ha
disposto un’ordinanza con cui il consorzio avrebbe dovuto adottare un CRONOPROGRAMMA con cui adeguarsi ai
valori di performance richiesti da Ministero e dalla Regione.
Si
tratta di un progetto di bonifica dei reflui prodotti dal distretto conciario, molto ben progettato ma fino ad oggi
nemmeno una minima parte di quella disposizione è stata realizzata.
Vale
lo stesso per il nuovo patto Stato Regione
che riguarda sempre la bonifica del
Fratta Gorzone, conclusosi dopo dieci anni nel 2015 con un assoluto niente
di fatto. Rinnovato per altri 10 anni, ma, anche in questo caso, delle misure programmate
nessuna è stata ancora presa in considerazione.
Eppure
il Fratta Gorzone, raggiunto dal tubo A.Ri.C.A. a Cologna
Veneta, è la madre del vastissimo reticolo di rogge e canali che irrigano la
grande pianura veneta dal basso Veronese, passando per il territorio padovano
fino a Chioggia dove le acque reflue di Miteni e delle nostre concerie vanno a
benedire la laguna e l’Adriatico.
Forse
a qualche persona superficiale e distratta non interessa quanto accade alle
acque che escono dal nostro territorio. Ma, a parte il dovere e il rispetto che
dobbiamo avere per la vita e la salute di coloro che ricevono i nostri reflui
avvelenati, sono molti che cominciano a chiedersi che fine facciano i prodotti
agricoli e di allevamento contaminati dalle nostre acque. È semplice: li
troviamo ogni giorno esposti sui banconi dei nostri supermercati. Quello che esce
dalle nostre concerie rientra nei nostri organismi attraverso i cibi. Ma non è
questo il riciclaggio auspicato dagli ambientalisti.
La storia più che decennale dei
depuratori e del condotto A.Ri.C.A. è quella del totale fallimento delle classi
dirigenti e della politica di un Veneto abbandonato al basso cabotaggio di
appalti truccati e opere insulse che ci costano una fortuna e arricchiscono
solo i soliti noti.
Dai
vagiti di una nuova coscienza ambientalista che apre un varco alla speranza verso
un modo diverso di vivere e di produrre, partiamo per una lettura seria di
quanto avviene nella nostra città e nella regione in cui viviamo.
Giovanni
Fazio
Nessun commento:
Posta un commento