“Confrontiamoci
con i medici di famiglia”, questo il nome del convegno organizzato dal COMITATO ZERO PFAS di Montagnana che ha
suscitato molto interesse sia per la ricchezza degli interventi che per le
prospettive di un ruolo importante dei medici di famiglia nella lotta contro le
patologie indotte dall’inquinamento da PFAS.
Ha aperto il convegno il prof. Carlo Foresta con un intervento che illustra la relazione,
provata dalle ricerche dell’equipe da lui guidata presso l’università di Padova,
tra alcuni perfluorati e il testosterone.
Caratteristica
dei PFAS è quella, comune ad altri contaminanti, della persistenza a lungo termine nell’ambiente, del trasporto anche a lontanissime destinazioni, e dell’interferenza endocrina.
Il
professore ha parlato della presenza ormai pervasiva di questi inquinanti anche
nei luoghi più impensati e dei danni gravissimi
provocati all’uomo e agli animali.
Ha
parlato della nascita di bambini affetti
da ipospadia (pene molto piccolo). da criptorchidismo
(testicoli che non scendono nello scroto col rischio di atrofizzazione, in
mancanza di un intervento chirurgico).
Ha illustrato rilievi epidemiologici nei giovani maschi del Veneto che evidenziano una progressiva diminuzione della virilità e la rapida diminuzione del numero di spermatozoi, nel giro di una decina di anni.
Un vero disastro ambientale che mette a rischio la
specie umana e la sua capacità di continuare a riprodursi. Del resto non è un
mistero la crescente frequenza di aborti spontanei, e nascita di bambini
sottopeso. Non è raro trovare maschi sterili nelle giovani coppie, con ciò che
ne consegue.
La relazione del professor Foresta ci induce a
riflettere sul ruolo dell’industria
chimica nella devastazione della vita del pianeta e nella gravissima responsabilità
nei confronti dell’umanità.
Ciò che avviene sotto i nostri occhi è un crimine che sta assumendo le caratteristiche
di una vera e propria strage.
Da questa responsabilità non sono esenti i
politici e il coro della stampa compiacente.
La Miteni è sempre là a testimoniare le
complicità della politica in uno dei disastri ambientali più grandi d’Italia le
cui conseguenze si riveleranno in tutta la loro gravità nel prosieguo degli
anni.
Noi denunciamo tutto il vertice del governo della Regione, a partire
dal presidente Zaia, osannato dalla
stampa ma responsabile in prima persona di tutto ciò che sta avvenendo.
Denunciamo i ritardi inammissibili della magistratura e la sua responsabilità della
persistenza dell’inquinamento a causa dal mancato
sequestro della Miteni.
La dottoressa Marina Lecis ha illustrato le tappe dell’inquinamento effettuato
dal proprio gruppo di ricerca attraverso l’esame dei pozzi e il monitoraggio
degli stessi.
Ha rilevato l’incongruenza del modo in cui sono state definite dalla Regione le
varie aree inquinate, sulla base esclusiva della maggiore o minore presenza di
PFAS negli acquedotti, non tenendo conto dei rilevamenti sulla popolazione e dell’esame
delle falde.
I reflui industriali che da Trissino,
attraverso cinque depuratori e il canale ARICA sboccano nel Fratta Gorzone all’altezza
del territorio di Cologna Veneta, vengono
diluiti con acqua prelevata dall’Adige, pratica illegale coperta dai vertici della Regione veneta e tollerata
dalla magistratura.
Riflettiamo sulle parole di Marina e ci rendiamo
conto del fatto che Arzignano, zona inquinata e inquinante è stata esclusa da
ogni monitoraggio, dalla mappa ufficiale dell’inquinamento, dai provvedimenti
riservati ad altre zone, senza che sia stato effettuato alcun test sul sangue
dei suoi abitanti.
Arzignano 19 maggio 2018 flash mob in difesa dei bambini |
La testardaggine con cui il sindaco si accanisce a negare acqua
non contaminata a bambini e gravide, malgrado le non più ignorabili evidenze
scientifiche, è testimonianza della scala di valori adottata da questa persona.
La relazione del prof Foresta, tra l’altro, nega la effettiva validità dei limiti massimi accettabili di veleni negli acquedotti;
denuncia il fatto che ogni sostanza che rientra
nei cosiddetti limiti entra in relazione con le altre molecole presenti e
determina nuovi guai di cui nessuno si assume le responsabilità.
Il professore ha anche citato lo stato del NEW
JERSEY che rifiutando i limiti più alti dell’EPA (ente americano per la protezione
dell’ambiente) ha adottato limiti totali
per i PFAS totali di 40 ng/litro (nel Veneto siamo arrivati a 390 ng/litro).
Infine l’intervento della dottoressa Elisa Dalla Benetta è entrato nel cuore del convegno, illustrando le grandi potenzialità che deriverebbero dalla aggregazione dei dati contenuti nei computer dei medici di medicina generale con le patologie, le abitudini di vita, i luoghi di residenza e di lavoro, le medicine assunte, e la presenza di PFAS nel sangue dei pazienti.
Si tratta di un data base dalle immense
potenzialità che solo i medici di famiglia posseggono. Sprecare questo enorme
patrimonio di dati è senza dubbio colpevole e i Medici ma anche il Servizio
Sanitario Regionale e gli Ordini devono farsene una ragione.
Noi riteniamo che il finanziamento serio di una ricerca da
affidare al medico di famiglia sia improrogabile e venga prima di tanti
sperperi della sanità veneta in operazioni francamente discutibili.
La dottoressa Laura Facciolo ha presentato e guidato lo svolgersi del convegno con
molta professionalità
La performance organizzata dal Comitato Zero PFAS di Montagnana va
registrata tra gli eventi più importanti e significativi della stagione, per la
ricchezza di informazioni e per le indicazioni che il Movimento Zero PFAS nel
suo insieme accoglierà nella strategia di lotta contro un’emergenza sempre più
grave che affligge le popolazioni del veneto.
Giovanni Fazio
Nessun commento:
Posta un commento