Fiumi di parole, per lo più provenienti dall’oltre tomba politico, invadono le pagine dei quotidiani.
Si tratta di opinionisti che
vogliono interpretare il presente che ha rotto ogni paradigma con il passato con
gli strumenti inadeguati del rottame ideologico della narrazione neo liberista.
Chi fino al quattro
marzo ha guardato il mondo da dietro le lenti deformanti del pensiero unico si
trova smarrito davanti ad un vero e proprio fenomeno di massa: il rigetto
liberatorio della vecchia politica piena di ipocrisie, luoghi comuni e rifiuto istintivo
delle “riforme”.
Il coretto degli
opinionisti e dei politici non ha mai specificato che non di riforme si
trattava ma di controriforme che in
pochi anni hanno spazzato via il diritto al lavoro, alla salute, alla pensione
e alla istruzione.
Abbiamo assistito, ad
un attacco micidiale allo stato sociale come non si era mai visto fino ad ora,
il tutto declamato con i toni rudi del precedente presidente del consiglio o
con quelli modesti da cane bastonato di Gentiloni.
In questo
clima di privatizzazioni selvagge, mentre il paese andava allo sfascio, si
giustificava la necessità delle controriforme per combattere un mostruoso
debito pubblico, scegliendo la strada inaugurata dalle lobby europee in Grecia,
dove tutto è stato svenduto all’avidità delle multinazionali della rapina europea.
Ultimo boccone sono stati tutti gli aeroporti
greci, ingoiati in un sol colpo dalle banche tedesche.
La legge del profitto e della cosiddetta
crescita ha pervaso la mente di chi governava.
E’ stato così che un
ministro della “sinistra” ha ritenuto che il patrimonio culturale del paese non
fosse tale se non produceva profitto.
Il metro mercatista è stato quello con cui
sono stati misurati tutti i valori etici, morali e ideali di una intera
nazione.
Ogni cosa, secondo
la religione del pensiero unico, ha valore se monetizzabile o scambiabile, se
può essere ridotta ad oggetto e quindi comprata o venduta.
Il primo valore fondante della nostra costituzione, il lavoro, grazie alle riforme introdotte dalla “sinistra” al governo, è stato trasformato in merce.
Un esempio locale di come si sia ridotto il
lavoro ce lo dà, sul Giornale di Vicenza, la UILTEC
“ Crescono gli impiegati della concia, settore trainante dell'Ovest Vicentino.
La differenza tra nuovi
assunti e rapporti di lavoro cessati nel corso del 2017 dà infatti un risultato
positivo, con 220 contratti in più.
Entrando nel dettaglio,
nel 2017 il comparto contava 11.665
contratti di cui 9475 in somministrazione, ossia brevi con agenzie, 1160
assunti a tempo determinato, 730 a tempo indeterminato e 300 apprendisti.”
La UILTEC e il Giornale di Vicenza esultano per
quelli che non si chiamano più posti di lavoro ma “contatti” dove su 11.665 lavoratori solo 730 sono a tempo
indeterminato (che poi, grazie all’abolizione dell’art. 18 dello statuto dei
lavoratori, rientrano anche essi nel precariato).
Di questo tipo di occupazione si è gloriato
recentemente il Presidente del Consiglio Gentiloni, facendosene un merito. Ma
di cosa stiamo parlando?
Lavoro interinale, senza nessuna garanzia occupazionale, utilizzabile a piacere, quando serve, facendone a meno quando c’è un po’ di molla.
Una condizione di lavoro dove non si può fare
altro che ubbidire al capo e dire signorsì, qualunque sia l’ordine che viene
impartito.
Ma, proseguiva il premier, con quell’ aria da
cane bastonato che piace tanto ai corifei della stampa nazionale, che non
bisognava fermarsi ai risultati raggiunti ma bisognava proseguire nelle
riforme. Riforme che consistono in ulteriori tagli alla spesa pubblica.
Dall’altra parte, quella dei beneficiati dalle
riforme del lavoro, c’è un clima euforico.
Scrive il
Giornale di Vicenza :
La “flessibilità”
sul lavoro ha avuto il successo che ci si aspettava “Superato il picco di settembre: +4,69%
di prodotti con un nuovo record mai toccato negli ultimi 7 anni L'export vola:
+6,23% extra-Ue e +5,45% in Europa
L'accelerazione continua.
La 138a indagine congiunturale di Confindustria Vicenza per il 4° trimestre
2017 certifica come l'anno scorso abbia segnato una svolta per l'economia
berica: si conferma un trend di crescita di rilievo. «Si chiude un anno con
numeri straordinari, una crescita che avevo ribattezzato "da tigri
asiatiche" e si conferma tale - commenta il presidente Luciano Vescovi -.
Avevamo la percezione che questo andamento potesse reggere per tutto l'anno,
ora i dati confortano queste impressioni. Siamo davvero soddisfatti: i
risultati rimarcano la grande capacità delle nostre realtà, per lo più medie
imprese, flessibili e fortemente votate al commercio con l'estero, di saper
cavalcare al meglio l'onda della ripresa globale.
Ora però abbiamo bisogno di essere
messi nelle condizioni di proseguire su questa strada e per farlo abbiamo
bisogno di stabilità a livello politico. La
prima cosa che dovrebbe fare il nuovo governo, sempre che questa legge
elettorale assurda permetta di comporne uno, è non fare confusione e lasciarci
lavorare come sappiamo».
Si sa, i padroni non sono mai contenti e pretendono
che li si lasci fare “come sappiamo”.
Da una parte i profitti del commercio estero ingrassano i conciari mentre dall’altra un esercito di operai precari, in gran parte di origine straniera, vivono al limite di pura sussistenza, senza nessuna certezza per il domani, senza diritti reali, in mano alle agenzie e ai capi.
Questa è appunto una immagine dell’Italia a due
velocità e a due direzioni: una verso l’alto e l’altra sempre più in basso. Una
che oltre ai profitti batte cassa agli sportelli generosi dello stato (“perché produce
occupazione”) e l’altra che non sa dove sbattere la testa.
E’ contro questa immagine di una Italia a due velocità
e a due direzioni che si è ribellata il 4 marzo la gran maggioranza dei
cittadini.
Saluto pertanto con gioia un fenomeno politico che
nobilita il nostro paese.
Restano ora davanti a chi è stato l’espressione
politica di questa rivolta, compiti immani.
Il primo è quello di non farsi omologare dalla vecchia
politica e dalle lobby di Bruxelles, dando un colpo di reni e rilanciando una
politica estera dignitosa e non servile, come è stata quella che ha
caratterizzato quella italiana di questi anni.
Imporre ai
vampiri della commissione europea l’obbligo di far valere per tutti gli stati
le norme sull’accoglienza dei migranti, pena procedura di infrazione.
Nei confronti dei vari Kascinski, Orban e di tutti gli
staterelli, compresa l’Austria, che si permettono di ignorare le regole, non
solo del rispetto degli altri partner ma anche quelle della democrazia, un
atteggiamento fermo sul rispetto degli obblighi comunitari.
Nemmeno un euro
a chi fa il furbo, pena la fuoriuscita dell’Italia dall’unione o la cacciata
dei furbetti del quartierino europeo.
In politica estera i nuovi arrivati dovranno confrontarsi
con le problematiche del debito pubblico e del livello insopportabile degli
interessi (80 miliardi questo anno).
Dovranno confrontarsi con le regole sulla emissione della moneta, sulla necessità di un controllo federale e statale dell’economia attraverso banche pubbliche che mettano ordine nel caotico mondo della finanza privata e diano tutela e garanzia al risparmio e al credito.
Dalla salvaguardia dell’ambiente alla ricostruzione di
una economia circolare che abbia al centro i servizi e il welfare, alla
riscrittura dello statuto dei lavoratori.
Come l’uomo in rivolta di Camus la gran massa di
coloro che fino ad ora sono stati ignorati e degradati pretende una palingenesi
che non sarà un nuovo ordine ma, se tutti noi coopereremo al cambiamento, un nuovo
umanesimo.
Noi ci auguriamo che così sia e che tutti gli uomini
di buona volontà partecipino, anteponendo i bisogni importantissimi di milioni
di donne, uomini e giovani alle ideologie, esaltando le differenze come valore
aggiunto.
Come diceva una canzone degli Inti Illimani
“ Porqué esta ves no se trata
De cambiar un presidente.
Serà el pueblo que costruja
Un Cile bien diferente.”
Giovanni Fazio
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