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lunedì 11 novembre 2019

RINO MASTROTTO E STEFANO FRACASSO CHIEDONO LA COSTRUZIONE DI UN INCENERITORE AD ARZIGNANO



RISPONDIAMO: “ABBIAMO GIA’ DATO”



Il 25 ottobre c.a. la testata on line VVOX pubblica un’intervista a Rino Mastrotto, noto imprenditore della concia, presidente dell’omonimo gruppo conciario di Trissino (uno dei più grossi d’Italia), vicepresidente dell’Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC) e presidente della sezione concia di Confindustria Vicenza.

Il fatturato del Rino Mastrotto Group, è di oltre 300 milioni di euro.
Ci troviamo pertanto di fronte ad un milionario che vanta stabilimenti in Brasile e in Svezia, oltre a quelli del Veneto e che è in procinto di aprirne uno in Toscana a Santa Croce sull’Arno. Il suo cruccio è, da sempre, il “trattamento dei fanghi” prodotti dall’attività del distretto concia di Arzignano: 8.550 addetti, 455 imprese e una produzione di 2.825,5 milioni di euro (dati di fine 2018).



Da anni “Trattamento fanghi” nella valle del Chiampo è sinonimo di “Inceneritore”, sogno irrealizzato delle lobby della concia.
Non solo la parola “inceneritore” è bandita dal lessico dei giornali e delle TV locali, sempre attente a non dispiacere ai signori della concia, ma anche altri sinonimi come “gassificatore” o “termovalorizzatore” sono parole da non pronunciare e non scrivere mai, se non si vuole toccare il nervo scoperto dei cittadini che a più riprese si sono opposti a ulteriori pratiche inquinanti.

Già adesso gli abitanti di Arzignano e dintorni soffrono per essere uno dei comuni in cui l’acqua del rubinetto contiene dai 26 ai 90 nanogrammi di PFOA, a seconda della stagione e delle piogge che provocano l’innalzamento della falda, e di non poter contare né sulla installazione di filtri a carboni attivi, come è stato fatto per altri comuni inquinati né, tanto meno sulla progettazione di nuovi acquedotti.
La parola impronunciabile è sempre nel cuore dei big fin dal lontano 1986 quando l’allora sindaco Severino Trevisan aveva approntato un progetto per incenerire circa 569 tonnellate di fanghi al giorno.
Allora si costituì immediatamente un comitato che raccolse in poco tempo più di 10.000 firme e costrinse sindaco e conciari ad archiviare il progetto.
         Malgrado ciò, periodicamente, c’è qualcuno che ci riprova.
Presentazione del progetto del nuovo inceneritore a Montecchio M.
Recentemente l’AD di Acque del Chiampo, la società che gestisce l’acquedotto e i depuratori di Arzignano e Montebello, è tornato all’attacco proponendo un inceneritore da 50.000 tonnellate annue (i due depuratori, insieme non ne producono più di 36.000) ma, onde evitare la sollevazione generale degli abitanti della zona, insieme ai sindaci che hanno aderito al progetto,  ha incluso tra le condizioni inviolabili del nuovo impianto la clausola secondo cui la struttura dovrebbe essere costruita al di fuori del territorio dei comuni facenti parte del bacino.


È in particolare questa clausola che fa arrabbiare Rino Mastrotto:

 “…  il progetto arriva in ritardo. Il bando è una messa in scena, l’ennesima. Io non ci credo. Avrebbero dovuto farlo prima ... ma nessuno ha voluto prendersi la responsabilità. Il Comune di Arzignano ha avuto paura perché quando era tutto pronto (durante il doppio mandato di Giorgio Gentilin n.d.r.) si sono resi conto che politicamente avrebbero potuto perdere consensi … Acque del Chiampo e Medio Chiampo hanno scelto di non realizzare l’impianto trattamento fanghi nell’area del distretto locale. … È da anni che dico: prima di tutto deve nascere un progetto che rispetta l’ambiente, poi si costruirà dove va fatto.”

Più volte Mastrotto, ripete di essere per il rispetto dell’ambiente ma la sua richiesta di costruire un inceneritore è già di per sé una smentita del suo preteso ambientalismo e quella di costruirla “dove va fatto” cioè accanto al depuratore di Arzignano, non brilla certo di rispetto per l’impatto ambientale che tale struttura avrebbe per i circa 60.000 cittadini che abitano nella zona.

Il giorno dopo, a sostegno delle tesi dell’imprenditore conciario, arriva su VVOX la risposta di Stefano Fracasso, ex sindaco di Arzignano e attuale capo gruppo consiliare del PD in Regione:

  “…. Mastrotto ha certamente centrato le prospettive del comparto e la sua esperienza imprenditoriale è testimonianza di capacità di lettura delle dinamiche del mercato. Ha centrato pure l’accusa alla politica di inconcludenza e paura nell’affrontare la soluzione al trattamento dei fanghi di depurazione…
E il bando per costruire un impianto di trattamento ovunque, ad eccezione di dove quei fanghi si producono è l’epilogo dell’ipocrisia. Ci si vuol tenere i soldi e l’occupazione della concia ma non i necessari interventi di sostenibilità ambientale ed economica. …
…. non avevo mai pensato che la soluzione fosse esternalizzare, che il motto fosse “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.
Se una soluzione è ambientalmente sostenibile fuori dal distretto perché non lo può essere nel distretto? E dove se non nel distretto una soluzione può essere capita e socialmente accettata se non dove la ricchezza che la concia genera si distribuisce? Sorprende pure il silenzio degli attuali sindaci della valle del Chiampo, nessuno che si senta in dovere di affrontare a viso aperto la questione.
Non si vive di solo facebook, ci vuole anche lavoro, reddito, investimenti, sostenibilità; nei comuni se ne discute? Ci attendono altri dieci anni di in-decisioni? Non credo che l’economia e l’ambiente della valle se lo possano permettere.”


Si sentiva proprio il bisogno di questo energico appoggio ai big della concia da parte dell’esponente del PD. Secondo la sua teoria la soluzione del problema consiste nel costruire un inceneritore “là dove quei fanghi si producono”.
 È la logica seguita da sempre da tutte le aziende della zona, a partire dalla Miteni che ha seppellito tonnellate di rifiuti e sversato tonnellate di reflui, “là dove quei fanghi si producono” con il bel risultato che tutti conosciamo, dal momento che sversare reflui e fanghi nell’alta pianura veneta significa inquinare la più grande falda acquifera d’Italia.
 È la stessa logica praticata da più di cinquant’anni dai conciari arzignanesi che hanno riempito abusivamente tutte le cave di ghiaia dei dintorni “dove la ricchezza che la concia genera si distribuisce, lasciando per anni che i percolati raggiungessero la falda sottostante e successivamente costruendo ben nove discariche tutte attorno al depuratore, senza alcuna considerazione dell’impatto ambientale che tale mole di rifiuti conciari rappresenta per la falda acquifera sottostante.


 Si tratta di una bomba ad orologeria, costituita da milioni di tonnellate di rifiuti conciari, separati dalla falda, a volte affiorante, solo da un sottile telo di plastica e una spolverata di argilla, inadeguata a sostenere cotanto peso.

 Forse la vera ipocrisia è stata quella di ritenere che questo fosse il luogo più idoneo per interrare rifiuti conciari, così come Miteni pensava che il più idoneo fosse quello di Trissino.

         L’idea di Fracasso è davvero originale sotto il profilo ambientale poiché, da che mondo è mondo, la localizzazione per gli impianti di trattamento rifiuti dovrebbe essere individuata dopo una accurata analisi idrogeologica del territorio, delle risorse acquifere che potrebbero essere compromesse, dei centri abitati adiacenti, dell’orografia, della logistica, delle correnti atmosferiche e delle colture della zona. Si chiama analisi dell’impatto ambientale che dovrebbe essere effettuata da specifiche commissioni di esperti che, fino ad oggi, se ne sono sempre fregati.  

         A parte il fatto che anche Fracasso adotta anche lui il neologismo “trattamento fanghi” per indicare il termine “inceneritore”, in linea con il lessico prudente degli inquinatori di sempre, tutte le condizioni per considerare l’area alle porte della città come idonea all’impianto di incenerimento, mancano.
         A parte il fatto che l’uso di bruciare i rifiuti è considerato molto dannoso per le comunità adiacenti agli inceneritori (vedi studio SENTIERI e molti altri), a parte il fatto che la UE sta per bandire definitivamente tale tecnica, per vari motivi, non ultimo quello del riscaldamento terrestre, bruciare i fanghi è anche molto dispendioso e l’energia che se ne potrebbe ricavare è troppo poca perché il gioco valga la candela. Naturalmente a ciò sopperisce il lauto finanziamento che queste strutture ricevono dallo stato, attraverso “incentivi verdi”. Si tratta pertanto di un ottimo affare per costruttori e gestori privati degli impianti, ancora una volta totalmente a spese nostre:
E dove se non nel distretto una soluzione può essere capita e socialmente accettata se non dove la ricchezza che la concia genera si distribuisce?

E già noi cittadini inquinati, le migliaia di persone ammalatesi e decedute per tumori e patologie derivate dalle sostanze tossiche sparse sui terreni, nell’acqua e nell’aria, siamo degli ingrati e dovremmo ringraziare i nostri benefattori e coloro che come Fracasso li incensano in nome del nuovo dogma sulla nuova sostenibilità ambientale legata al campanile.

Un recente report dell’ARPAV sull’inquinamento atmosferico di Arzignano 2018

Riporta dati ancora più sconfortanti di quelli registrati a Vicenza e Schio e minacciosi perché le tabelle ricavate dalle centraline mobili, ci informano che polveri sottili e toluene sforano bellamente le norme di sicurezza europee.

La cosa più grave è che tali misure sono state effettuate in Via Mazzini e in via Cazzavillan. Cioè sono misure che si riferiscono ad un’area urbana adiacente alla scuola primaria (elementare)Fogazzaro.

Altri veleni repertati non superano la soglia prevista ma sono abbondantemente presenti, come l’ozono, il benzo(a)pirene, il monossido di carbonio che risulta con valori meno alti perché misurato da una centralina posta molto in alto, attaccata al palo della luce. Il monossido di carbonio infatti è un gas pesante che in assenza di venti o di spazi aperti, permane nel luogo dove è stato emesso dagli scappamenti delle auto per 24 giorni circa. Pertanto, l’ultimo tratto di via Mazzini, è detto “La valle della morte” in considerazione della strettezza della strada e dell’altezza delle abitazioni. È superfluo elencare le patologie che provoca una miscela di inquinanti come quella rilevata da Arpav per il 2018 nella città delle pelli.
A questa miscela di tossici prodotti dal traffico automobilistico che rastrella la città dalle due alle quattro volte al giorno, si aggiungono le emissioni del distretto della concia.
A chi si sbraccia per costruire una nuova fonte inquinante in loco diciamo: “Grazie, siamo già a posto”. Fa specie che un miliardario non si sia ancora stancato di accumulare quattrini, proponendo simili impianti e che il portavoce regionale del PD gli faccia da stampella.

        
Non siamo indifferenti ai problemi sollevati dai produttori di pelli, e anche dal trasporto dei fanghi verso lo smaltimento, tuttavia riteniamo che il problema non si risolve dalla coda, cioè dai rifiuti, ma dalla testa e cioè attraverso un radicale cambiamento di materie prime e tecnologie usate, dalla raccolta differenziata (circa metà dei fanghi potrebbero diventare materia seconda), ma anche da una analisi dei costi-benefici che la produzione delle pelli rappresenta per l’intera zona, dallo studio dei problemi ancora insoluti dell’avvelenamento massiccio delle acque (anche da parte delle PFAS, presenti nei reflui industriali. Ne sanno qualcosa cittadini, allevatori e agricoltori a valle dello sbocco del dotto A.Ri.C.A.).


 Riteniamo altresì che nel bilancio del budget complessivo del distretto concia debbano far parte anche i costi sociali ingentissimi derivati dalle spese per un inquinamento massivo del territorio e delle persone. Diversificazione e delocalizzazione su siti più idonei dovrebbero entrare nel merito di una analisi complessiva che non è stata mai fatta.

         A chi si facesse incantare dallo pseudo ecologismo campanilistico dei due, ricordiamo che, da sempre, ci siamo battutti contro la costruzione degli inceneritori, sia ad Arzignano che altrove, ci siamo battuti per salvaguardare l’aria e la salute degli Arzignanesi, ma anche quella degli abitanti dei comuni vicini e, soprattutto, per la salute dei bambini, prime vittime dell’inquinamento ambientale. Il cinismo con cui tali strumenti vengono proposti come soluzione all'ingente inquinamento, prodotto dall'attuale attività della concia, è misura dell' etica che li sottintende:"Prima i schei e dopo la salute". E' questo principio barbaro e immorale che noi combattiamo in nome di tutte le persone che a causa di ciò si sono ammalate e sono morte, in nome dei nostri bambini che hanno diritto di vivere in un ambiente sano e non contaminato da diossine e cromo esavalente, in nome del diritto alla vita e all'ambiente che in questi terribili tempi di devastazione ambientale viene ogni giorno di più negato. 

Giovanni (Titta) Fazio



  



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