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sabato 31 maggio 2025

SANITA’ A RISCHIO NELL’OVEST VICENTINO

Insieme al taglio del nastro inaugurale del nuovo ospedale di Montecchio la Regione taglierà 285 posti letto.

Dai 546 posti si passerà ai 253 previsti nel nuovo ospedale.                      

I DATI

Il nuovo ospedale di Arzignano-Montecchio Maggiore, attualmente in fase di costruzione, avrà infatti una capacità complessiva di 253 posti letto.

Di questi:

·                     225 saranno destinati a degenza ordinaria, cui si aggiungeranno

·                     10 posti letto per l’Osservazione Breve Intensiva (OBI) nel Pronto Soccorso

·                     12 posti per il Servizio di Dialisi

·                     6 posti per l’OBI pediatrico e ostetrico

 

Non possiamo considerare posti letto le 18 culle di pediatria (sommati dalla stampa locale per nascondere le cifre reali del taglio).

 

L'investimento complessivo per la realizzazione dell'ospedale ammonta, fino ad ora a 123,5 milioni di euro.


 Nelle tabelle i 546 posti letto del 1° gennaio 2009 Nel 2013  ne avevamo ancora 516

Non siamo gli unici a subire tagli nel nostro patrimonio storico ospedaliero. Hanno subito una sorte simile tutti gli ospedali del Veneto. Ad esempio quanto avvenuto nell’Alto Vicentino, dove nel 2012 si chiudevano i due ospedali di Schio e Thiene (700 posti letto) per aprirne uno nuovo a Santorso (400 posti letto). Una  dura cura dimagrante con cui la Regione scende al di sotto della stessa media nazionale, fanalino di coda europeo.

Se nel 2000, in Italia, erano disponibili 4,7 letti ogni 1.000 abitanti, nel 2016 erano scesi a 3,17 e nel 2021 a 3,12 ogni 1.000 residenti[1].

Nella Regione del Veneto, tra il 2016 e il 2023, il numero di posti letto pro capite è diminuito del 5,8%, passando da 3,25 a 3,06 posti letto ogni 1.000 abitanti, in coerenza con il PSSR 2019-2023 della Regione del Veneto che prevede fino a 3 posti letto per acuti per 1000 abitanti e a 0,5 posti letto di riabilitazione ogni 1000 abitanti, parametri al di sotto di quelli stabiliti a livello nazionale, (pari complessivamente a 3,7 posti letto per 1.000 abitanti[2] )

Nella tabella la crescita del settore privato in percentuale negli anni

La politica sanitaria taglia l’assistenza pubblica per favorire quella privata, con i risultati che tutti noi constatiamo quotidianamente sulla nostra pelle.

Ricordiamoci che tutte le strutture sanitarie sono patrimonio della nostra comunità, realizzate con i nostri soldi attraverso le tasse. La popolazione invecchia e ha bisogno di maggiore assistenza che non può essere delegata alla speculazione privata.

Non è più possibile accettare ulteriori tagli.

Ciò significa non avere spazio sufficiente per curare i nostri ammalati. Non è giusto sottoporre l’intera popolazione a elemosinare ricoveri urgenti, chissà dove e chissà quando, proprio mentre le risorse dell’intera regione sono ridotte al lumicino.

A prescindere dal colore politico di ciascun cittadino, è necessario difendere, tutti insieme, una preziosa risorsa perfettamente funzionante. È necessario che anche le istituzioni locali si uniscano a noi cittadini in difesa dei nostri ospedali.

Impediamo la chiusura e lo smantellamento dell’ospedale Cazzavillan e incorporiamo nel nostro patrimonio ospedaliero il nuovo ospedale montecchiano. La salute è un bene prezioso che va difeso.

Nei prossimi giorni ci ritroveremo tra quanti hanno già aderito alla costituzione del Comitato per la difesa della salute pubblica dell’ Ovest Vicentino per studiare insieme tutte le iniziative necessarie ad evitare ulteriori tagli e grandi sofferenze per l’intera comunità.

Giovanni Fazio



[1] (fonte EUROSTAT), https://ec.europa.eu/eurostat/cache/metadata/en/hlth_res_esms.htm)

[2] (DL 6 luglio 2012, n. 95).






venerdì 9 maggio 2025

ZAIA: A COSA BRINDIAMO?

 


Da un report di RUR-EU

Tutti i dati indicano un ulteriore forte aumento della contaminazione da TFA nell'ambiente in tutte le regioni europee. Sebbene le concentrazioni rimangano attualmente ben al di sotto dei valori limite vigenti per l'acqua potabile nella maggior parte delle regioni europee, la situazione diventerà critica per un numero crescente di fornitori di acqua nei prossimi anni, a meno che non vengano adottate misure drastiche.

L'acqua piovana, essenziale per ricostituire le nostre risorse idriche, può contenere centinaia di nanogrammi di TFA a causa dell'emissione e della degradazione atmosferica di alcuni gas fluorurati (in particolare gli HFO), mentre, allo stesso tempo, significative emissioni provenienti dall'agricoltura attraverso pesticidi contenenti PFAS aumentano i livelli di inquinamento delle falde acquifere.

Documento di posizione - TFA nelle risorse idriche potabili

EUR EU esorta l'UE ad agire e:

~ Legiferare per l'immediata cessazione di tutte le emissioni di TFA nell'ambiente e per eliminare gradualmente i suoi principali precursori, inclusi tutti i pesticidi contenenti PFAS. Ciò include gli usi contemplati dalla proposta di restrizione universale dei PFAS attualmente in esame da parte dell'ECHA, ma anche gli usi esclusi dal suo ambito di applicazione, in particolare i pesticidi e i biocidi contenenti PFAS.

~ Introdurre un monitoraggio più dettagliato dei TFA per area da parte degli Stati membri nelle acque superficiali e sotterranee in tutte le regioni dell'UE per ottenere maggiori dati.

~ Garantire chiarezza normativa a livello UE e utilizzare la prossima revisione della direttiva sull'acqua potabile per stabilire un valore parametrico derivato dalla salute per i TFA nell'acqua potabile, distinto dal "totale PFAS". ~ Sebbene la priorità debba essere prevenire e limitare le emissioni di TFA, il principio "chi inquina paga" dovrebbe essere applicato per coprire i costi di un trattamento aggiuntivo dell'acqua potabile, qualora ciò si rendesse necessario per tutelare la salute pubblica.

~ Valutare l'impatto del collegamento tra il Regolamento sui Pesticidi e la Direttiva sulle Acque Reflue (DWD) in merito alla riclassificazione dei metaboliti dei pesticidi non rilevanti in metaboliti rilevanti. La Commissione dovrebbe procedere in stretto coordinamento con gli Stati membri e il settore idrico. Se i TFA diventassero un metabolita rilevante, molti fornitori di acqua potabile potrebbero immediatamente non essere conformi, senza alcun rimedio immediato.

 PROSECCO E SILENZI

Oltre l’acqua, come è ormai di dominio pubblico dopo la pubblicazione dei dati sui vini europei da parte dei giornalisti di “Pan Europe”, anche i nostri vini “pregiati” come il PROSECCO, fiore all’occhiello del presidente della nostra regione, presentano valori allarmanti 95.000 ng /litro.

Forse ci è sfuggita, nel marasma di notizie che si accavallano in questi giorni, una dichiarazione da parte di Zaia: una smentita o l’annuncio di iniziative immediate per salvaguardare la salute dei cittadini. Noi aspettiamo speranzosi e siamo certi che, sia pure in ritardo, il presidente ci risponderà; magari da Cortina.


Giovanni Fazio

domenica 4 maggio 2025

PALESTINA LIBERA!

 

Un cantante, un ragazzo, grida dal palco del Primo Maggio “Palestina libera”. I benpensanti di destra e di pseudo sinistra sono rimasti sconcertati! Ma, come si fa!? Le comunità ebraiche italiane insorgono! Dal palco  suona ancora un inno di libertà per un popolo massacrato sotto gli occhi indifferenti di una Europa “democratica e liberal!” Stiamo vedendo in diretta uno sterminio e ci incazziamo se sentiamo un ragazzo gridare dal palco “Palestina libera”. Come si è ridotta la nostra democrazia, con una premier che stringe la mano a Erdogan! Così come l’ha stretta ad Al Sisi, protettore dei torturatori e assassini di Giulio Reggeni.
















 Questo non fa indignare i benpensanti né le comunità ebraiche italiane che si incazzano solo a senso unico, cioè quando si tratta di ebrei mentre se sono neri americani, migranti africani, bambini siriani che cadono sotto i colpi del razzismo e delle dittature internazionali, meglio ancora, degli aerei israeliani, non si scompongono di una virgola poiché l’olocausto riguarda solo loro. 




Gli altri? Be! Dio non ha mica scritto la Bibbia per loro. Anzi, l’ha scritta contro di loro. 

Non sono antisemita, parola che respingo perché è diventata l’ombrello sotto il quale gli israeliani commettono le loro nefandezze. Grido soltanto “Palestina libera” unendomi al coro di una grande piazza che ripeteva “Palestina libera”.

https://www.facebook.com/reel/2115334408889079

https://www.facebook.com/reel/2115334408889079

lunedì 28 aprile 2025

PESTICIDI NELLA TERRA DEL PROSECCO:

  ZAIA, MELONI E VON DER LEYEN devono rispondere al più presto,  dando indicazioni precise per far fronte ad un disastro annunciato e non tenuto da loro in alcuna considerazione. 


I gravissimi problemi provocati dall’uso dei pesticidi e diserbanti erano già noti anche due anni fa, come ci ricordano le testimonianze ben circonstanziate relative alla politica di Zaia, presenti in quest’articolo di Ingrid Feltrin Jefwa pubblicate da “OGGI TREVISO” del 26/09/2023. 

 CONEGLIANO / VALDOBBIADENE – Come è cambiato il territorio del prosecco negli ultimi decenni e a che prezzo? Lo hanno raccontato ieri sera nella trasmissione Presadiretta di Rai3 dove hanno mostrato come sono stati tolti i vecchi vigneti di uva nera per sostituirli con il glera per il prosecco ma allo stesso modo sono stati sacrificati i prati, i campi di mais e di soia.




 “L’allora ministro delle politiche agricole, Luca Zaia estese la denominazione del prosecco, che era limitato alla zona Valdobbiadene e Conegliano, in un’area vastissima su 9 province tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia con ingenti sussidi pubblici”: hanno spiegato nel servizio televisivo. Tra gli intervistati il consigliere regionale dem e membro della Commissione ambiente del Veneto, Andrea Zanoni, che ha spiegato: “Nel periodo 2009/2019 sono stati destinati alla viticultura 580 milioni di euro”.

Un cambiamento nell’uso del territorio che ha portato il prosecco a risultati da record, con: 700milioni di bottiglie prodotte all’anno, un giro d’affari di 3 miliardi di euro e il primato di vino più venduto all’estero. Ma tutto questo ha anche delle conseguenze:

“Sono coltivazioni che hanno bisogno di un alto tasso di chimica di sintesi per combattere tutte le malattie che attaccano questa vite che è poco resistente. Si tratta di trattamenti soprattutto contro le malattie fungine e poi ci sono gli erbicidi come il glifosate, che caratterizza la fascia sotto alle viti, in cui l’erba è palesemente secca”. Zanoni quindi prosegue spiegando che: “Nel 2012 veniva impiegati 14,7 milioni di chili di pesticidi passati nel 2021 a 15,8 milioni, con un incremento in 10 anni del 7% a livello regionale mentre per quanto riguarda Treviso, terra del prosecco, invece c’è stato un incremento dei pesticidi pari al 22%. "Una media di 3,3 chili di pesticidi per ogni cittadino del Veneto".

Il Veneto, inoltre, è la regione che coltiva meno biologico con solo un 5% contro un 17% a livello nazionale. “Zaia, ha scritto cose condivisibili sul biologico e pubblicamente porta argomenti che i sottoscriverei completamente – ha proseguito Zanoni - ma poi nel chiuso del palazzo fa il contrario. Addirittura, chiede al ministero della salute di usare dei pesticidi vietati per legge”.

Quindi la giornalista prosegue spiegando che per contrastare la flavescenza dorata, malattia che colpisce i vigneti, la regione Veneto ha chiesto di usare un pesticida che si chiama clorpirifos, vietato in Europa dal 2020 per i suoi effetti neurotossici sui bambini. Il ministero della salute ha avviato la procedura per l’autorizzazione e il caso ha sollevato un vespaio che ha allungato i tempi dell’iter, per trattamenti che andavano fatti da giungo a luglio, quindi per quest’anno anche se arrivasse l’ok non se ne fa nulla. “Probabilmente il pericolo è scampato per sempre – dice Zanoni – visto che i produttori si sono resi conto che sarebbe un boomerang pazzesco”.


Ma perché i vigneti di glera si ammalano così facilmente? Nel corso della trasmissione hanno spiegato che l’agricoltura intensiva favorisce la propagazione dei patogeni infestati che non incontrano più barriere naturali tra un vigneto e l’altro e questo sospinge a un impiego sempre maggiore di pesticidi che però sterminano anche gli insetti antagonisti, quelli utili contro i parassiti, riducendo ulteriormente le difese a protezione delle viti, danneggiando così la biodiversità. “Le rondini e i passeri sono spariti – conclude Zanoni -. Mi sono rimasti solo i nidi e la speranza che un giorno le rondini tornino”.

Interviene quindi Fabio Magro, figura nota per la sua battaglia insieme alle famiglie che vivono vicino a quello che un tempo era il bosco di Premaor che nel 2019 ha lasciato il posto a un vigneto:

 “Questa è la camera di mio figlio – e mostra la stanzetta sprangata – ovviamente non possiamo far andare un condizionatore che pesca aria dall’esterno. La prescrizione dell’autorità sanitaria è di tenere chiuse le finestre e limitare le attività all’aperto. Chi ha voluto i vigneti così vicini alle case se l’è posto il problema? L’azienda sanitaria si è pronunciata dicendo che noi siamo particolarmente esposti, siamo un gruppo vulnerabile e il minore che vive qui (il figlio di Fabio n.d.r.) può avere un peggioramento della sua malattia neurologica anche con piccole quantità di prodotti fitosanitari. Il getto dei trattamenti è di 40 metri su un pendio e quindi è inevitabile che scenda fino a casa nostra. A confine dovrebbero mettere una siepe altra 3 metri che non c’è. Il comune ha dato la prescrizione che i filari vicino alle case fossero trattati a mano ma così non è. Chi fa il trattamento sta qui mezz’ora vestito come un astronauta e noi invece siamo qui in maniche di camicia e dobbiamo viverci. Perché non ci dicono con cosa trattano i vigenti? Cosa c’è da nascondere?”.



La parola passa all’endocrinologo Ernesto Rorai:

“Molti pesticidi sono considerati interferenti endocrini, cioè, possono interferire con il sistema endocrino a vari livelli. Il problema è l’effetto cocktail, quando si mescolano tra di loro i pesticidi, anche se in concentrazioni al di sotto della soglia pericolosa”. L’esperto, quindi, cita alcune patologie che si sospetta possano essere in relazione con l’esposizione della popolazione ai pesticidi. Ma a Presadiretta sono state poi illustrate anche forme di agricoltura “virtuosa” dove il ricorso ai pesticidi è inesistente o estremamente esiguo e super controllato: le alternative quindi ci sono ma secondo il report televisivo serve un’inversione di rotta politica e produttiva che non implica per forza una perdita economica.

Intervengono i giovani studenti con un filmato formidabile. Abbiamo molto da imparare da loro.

APOCALIPSE WINE

DISCORSO CIVILE SUL PAESAGGIO INCONGRUO

Film della

Classe IV Am dell’ISISS LUCIANO DAL CERO di S. Bonifacio (VR)

https://youtu.be/0oOW4xuhdnk?si=etc5osufLxCL0zVO

 

SERVE UNA INVERSIONE DI ROTTA POLITICA E PRODUTTIVA!

ASPETTIAMO A BREVE UNA RISPOSTA IN MERITO!

Giovanni Fazio



 

 

venerdì 25 aprile 2025

VELENO NEL BICCHIERE: NEL PROSECCO TROVATI 69 000 nanogrammi /litro di Tfa (decine di migliaia di volte della quantità tollerata nell’acqua potabile)

 


(Riportiamo in questo post alcuni brani dell’articolo di Giuseppe Pietrobelli pubblicato in data odierna sul Fatto Quotidiano)

 25/04/2025

 La denuncia viene da Bruxelles dove i membri dellEuropean Pesticide Action Network Euro pe (PAN  Europe) hanno presentato uno studio inedito e allarmante sulla contaminazione alimentare da  acido trifluoroacetico (Tfa) nel vino, condotto in dieci paesi del continente. Il Tfa fa parte della  famigerata famiglia delle sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nell’industria e, sotto forma di  fitosanitari, anche in agricoltura.

Si tratta di un prodotto di degradazione altamente persistente di alcune sostanze chimiche  fluorurate, in particolare gli F-Gases usati nella refrigerazione e i Pfas pesticidi. Per questo vengono  chiamati gli “inquinanti eterni” visto che si accumulano inevitabilmente nell’acqua, nel suolo, nelle  piante e nel corpo umano.

Il Tfa è stato a lungo considerato un metabolita dei pesticidi “non  rilevante” mentre ora si sospetta che  sia  tossico per la riproduzione” è la denuncia di PAN Europe mirata su un settore merceologico finora  trascurato. 

 


 L’indagine è stata condotta su una quarantina di vini, considerando le annate di  produzione. Per quanto riguarda l’Italia, sono stati presi in considerazione il Kaleterersee (annata 2024) un rosso della zona di Caldaro in Alto Adige, il Prosecco (annata 2024) in Veneto e il Chianti  (stagione 2022) in Toscana.

I risultati più preoccupanti sono tre. Innanzitutto è stato accertato un  aumento esponenziale” dei livelli di Tfa nel vino dal 2010. Mentre non sono stati rilevati nei vini  antecedenti al 1988, il periodo 2021- 2024 mostra livelli medi di 122 μg (microgrammi per litro), con alcuni picchi di oltre 300.

 (ndr. Attenzione! la pubblicazione di Pan Europe si esprime in microgrammi. Bisogna moltiplicare per 1.000 i microgrammi per ottenere i valori di Tfa in nanogrammi: Otterremo valori spaventosi di Tfa: per un litro di prosecco 69.000 nanogrammi. Sono valori al di sopra di ogni precedente valutazione! Ho pubblicato in calce il link della pubblicazione originale in inglese.

Se pensate che il limite per i PFAS nell'acqua fissato dalla Regione Veneto è (Bontà loro) 100 nanogrammi, vi rendete conto di quanto spaventoso sia il confronto con il prosecco   (69.000 nanogrammi).

Il secondo dato è l’ “ubiquità in tutta Europa”, o almeno nei dieci paesi  considerati. “Sebbene i livelli medi di Tfa variassero, i vini di tutti i paesi mostravano livelli di  diversi ordini di grandezza superiori ai già elevati livelli di fondo nell’acqua”.

 

NELLA  CONSIDERAZIONE della media hanno inciso i vini austriaci che hanno raggiunto i livelli più alti di  contaminazione. Per quanto riguarda l’Italia, il Kaleterersee ha registrato 43.000 nanaogrammi per chilo, il Prosecco 69.000 nanogrammi e il Chianti 120.000 nanogrammi.

Il terzo responso riguarda la co-presenza di residui di pesticidi. Infatti, i campioni di vini con livelli più elevati di Tfa contengono  anche un numero e una quantità maggiori di residui di pesticidi sintetici.

 


Le proposte sono  drastiche. Bisogna vietare i pesticidi Pfas e i gas fluorurati, avviare un monitoraggio completo dei  Tfa nei prodotti alimentari e avviare “un approccio normativo precauzionale che riconosca le  significative lacune nei dati tossicologici e i potenziali rischi per la salute pubblica, compresi i  bambini”.

 

L’eurodeputata veneta Cristina Guarda, del gruppo Verdi/Ale, commenta: “La grande    industria chimica sta avvelenando anche il vino, oltre al cibo. E dato che siamo il primo paese  produttore di vino a livello globale, da imprenditrice agricola dico che dovremmo considerarla un’emergenza nazionale”. Poi specifica: “Le concentrazioni di Tfa nei vini europei sono davvero molto preoccupanti, specie nell’agricoltura intensiva e convenzionale, con livelli anche 1000 volte  superiori a quelli delle acque potabili contaminate ”.

Condivide la richiesta di revocare subito le  autorizzazioni dei prodotti fitosanitari contenenti Pfas e un mese fa con altri 50 eurodeputati ha  scritto alla Commissione per la messa al bando totale. “Servono azioni urgenti per proteggere noi  agricoltori, la nostra salute e quella delle nostre famiglie e dei consumatori in tutto il mondo”. 

Le proposte portate avanti dalla associazione CiLLSA, aderente alla “Rete Zero Pas Italia”, in attesa del bando generale della produzione e commercializzazione di tutti i PFAS, oltre al bando dei pesticidi di sintesi e di tutti quelli contenenti PFAS sono:

Diritto dei medici di prescrivere l'esame del sangue per i Pfas per i pazienti a rischio.  (Esame tuttora negato nella Regione Veneto)

1)    1Acqua zero PFAS per tutti i cittadini del Veneto

2)   2) Certificazione obbligatoria che garantisca la presenza o meno di PFAS e di altre sostanze tossiche e cancerogene su tutti i prodotti e, soprattutto degli sugli alimenti, a carico del produttore, ben esposta, in modo da consentire alle persone la scelta di prodotti non contaminati.

3)  3) Progressiva riduzione degli inceneritori e divieto di bruciare fanghi di depurazione contenenti PFAS

Si tratta di misure che possono essere applicate da subito, garantendo la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini, in attesa di provvedimenti nazionali e internazionali che bandiscano per sempre questa classe di prodotti chimici.

Avevamo già preconizzato il disastro il 26 luglio 2024

newjbi.blogspot.com/2024/07/vietare-i-pesticidi-pfas-e-tfa.html



Fonte: https://www.pan-europe.info/sites/pan-europe.info/files/public/resources/reports/Message%20from%20the%20bottle_TFA%20in%20wine%20_23042025.pdf



 





lunedì 14 aprile 2025

GIOCATTOLI: L’UE VIETA SOSTANZE CHIMICHE NOCIVE NEI PRODOTTI REALIZZATI O VENDUTI IN EUROPA.

 


Ovvero “Balocchi e profitti”

“I giocattoli venduti in Europa dovranno essere privi di Pfas. È una svolta che molti definiscono «epocale» quella decisa dall'Unione europea venerdì scorso con l'accordo politico provvisorio raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione. Si tratta di un passaggio decisivo nel lungo iter di approvazione scaturito dalla proposta di regolamento sulla sicurezza dei giocattoli presentata dalla Commissione europea il 28 luglio 2023.

Il nuovo regolamento - spiega Bruxelles - vieterà l'uso di sostanze chimiche nocive, come le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), i perturbatori endocrini e i bisfenoli, nei giocattoli. Tutti i giocattoli disporranno di un passaporto digitale dei prodotti per impedire l'ingresso nell'Ue di giocattoli non sicuri e la loro vendita. Il regolamento stabilisce norme più rigorose sulle vendite online e conferisce agli ispettori maggiori poteri per rimuovere i giocattoli pericolosi dal mercato.

Ciò garantirà che i giocattoli importati siano sicuri per i consumatori quanto i giocattoli fabbricati nell'Ue.”

Leggiamo questa bella notizia nel Giornale di Vicenza di oggi 14/04/2025.

L’entusiasmo cala però quando si legge, a conclusione dell’articolo “L'eurodeputata Cristina Guarda, d'altra parte, rileva come i «tempi per il decadimento della vecchia direttiva e per l'entrata in vigore del nuovo regolamento sono stati allungati, passando da 30 a 54 mesi». Una nota dolente, per i Verdi, «in un contesto che, nel complesso, è una grande vittoria per la salute pubblica».





Da chi sono stati allungati? Chi è che continuamente mette i bastoni tra le ruote delle norme ecologiche anche se riguardano la salute e la vita dei bambini?

Dovremo attendere Giugno del 2029 o forse gennaio 2030 per cancellare per sempre il rischio di giocattoli velenosi. Tempi eccessivi e ingiustificati.

Allo stesso modo giudichiamo indecente la nuova normativa europea che entrerà in vigore dal primo gennaio dell’anno prossimo che fissa a 100 nanogrammi/litro il limite massimo di pfas presenti nell’acqua potabile in tutta Europa. Grande notizia! Finalmente è stato fissato un limite! Ma chi è che darà un litro d’acqua a un bambino sapendo che dentro ci sono pfas legalizzati fino a 100 ng?


Si dovrebbe chiedere alla signora Von Der Leyen (interessata più alle armi che alla salute degli europei) in quale rivista scientifica ha trovato questa misura, disapprovata, tra gli altri, anche dall’EFSA (AUTORITA' EUROPEA PER LA SALUTE ALIMENTARE) che pone limiti estremamente più bassi, per non parlare dell’ISDE (Associazione internazionale dei medici per l’ambiente) che per l’acqua potabile fissa limiti pfas zero). Certamente! Perché alcuni di essi sono cancerogeni come ha certificato lo YARC (INTERNATIONAL AGENCY FOR RESEARCH ON CANCER).

Ovviamente nessuna rivista scientifica considererebbe salutare  la nuova acqua potabile europea, figlia di un vergognoso compromesso con i grandi gestori.  Anche nel nostro Veneto, così premuroso e attento nei confronti della salute dei cittadini, è tuttora vigente lo stesso livello europeo (C’è stato qualche assessore regionale che se ne è pure gloriato “Siamo stati i primi a mettere i limiti all’acqua potabile” Grazie al cavolo! ).



La Danimarca ha stabilito per i propri cittadini un limite massimo di 2 nanogrammi. Imparate assessori veneti! E impari quella che si definisce “una madre, una donna, ecc”. L’acqua europea la berrà anche sua figlia.

Ma di cosa ci possiamo lamentare se, a ben 12 anni dalla “scoperta” dei PFAS nelle nostre limpide acque, non è ancora consentito ai medici richiedere un esame del sangue per i pazienti a rischio PFAS?

La prevenzione non solo non viene attuata ma viene addirittura ostacolata, con buona pace degli Ordini dei Medici che fanno finta di non sapere. È dovere/dritto  del medico eseguire tutti gli esami necessari per curare i propri pazienti. È un diritto del cittadino accedere a tutti gli accertamenti necessari per essere curato. Ma non in Veneto (Neo trampismo?) In Veneto, una donna che aspetta un bambino non è in grado né di fare gli esami, né di attuare una dieta priva di PFAS, malgrado la presenza di queste molecole negli alimenti possa produrre aborti e gravissimi danni alla madre e al feto.

I giocattoli, sia pure tra quattro anni e mezzo “disporranno di un passaporto digitale dei prodotti per impedire l'ingresso nell'Ue di giocattoli non sicuri e la loro vendita” ma per i cibi, gonfi di pesticidi e di chimica mortale, nessun passaporto, nemmeno una etichetta, sui banconi dei supermercati, con scritto “Contiene PFAS”.

Mentre l’assistenza sanitaria declina sempre più, per la gioia delle compagnie di assicurazione e delle cliniche private,  la prevenzione pubblica forse si accorgerà (fra quanti anni?) che è diritto di ogni cittadino sapere quello che mangia per non morire prima ancora di nascere?

 

Giovanni Fazio

 


 

 

 

giovedì 3 aprile 2025

PER LA PACE E CONTRO IL RIARMO TUTTI IN PIAZZA IL 5 APRILE

 


La guerra iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si protrae ormai da oltre tre anni causando sofferenze inenarrabili alle popolazioni coinvolte, disastri  ambientali incommensurabili e la morte sui due fronti di centinaia di migliaia di giovani mandati al  massacro dai rispettivi governi.

La NATO e i vertici dell’Unione Europea non hanno fatto nulla, né per scongiurare – come avrebbero  potuto – lo scoppio della guerra, né per arrestarne il corso. Al contrario hanno bandito ogni ipotesi  di negoziato e hanno alimentato il conflitto rifornendo l’Ucraina di armi sempre più performanti,  coltivando il mito di una vittoria militare impossibile da conseguire.

 

La guerra e le sanzioni imposte alla Russia hanno prodotto un balzo in alto dei costi delle materie  prime e un’impennata dei prezzi, non controbilanciata dalla crescita dei salari, causando un generale  peggioramento delle condizioni di vita per milioni di persone.

 

La prospettiva che si ponga fine alla guerra e si giunga finalmente al cessate il fuoco, a seguito  dell’apertura di negoziati fra gli Stati Uniti e la Russia ha suscitato smarrimento nei vertici dell’UE e  nelle Cancellerie dei principali Paesi europei, al punto che il Parlamento europeo nella sua  Risoluzione del 12 marzo 2025 ha espresso “sgomento per quanto riguarda la politica dell’amministrazione statunitense di riappacificarsi con la Russia.”

 

Di fronte alla prospettiva del cessate il fuoco, la risposta dell’UE e dei principali paesi europei non è  stata quella di attivarsi per agevolare il percorso di costruzione della pace, ma, al contrario, quella di  prefigurare la continuazione della guerra con altri mezzi.

 


Il Piano Re Arm Europe (in seguito pudicamente rinominato Readiness 2030), proposto dalla Presidente della Commissione, Ursula Von  der Layen, propone la mobilitazione di 800 miliardi di euro per consentire un riarmo straordinario  dei Paesi europei; Lo scopo di questo processo di riarmo è quello di prepararci alla guerra, come ha  dichiarato Il 18 marzo la stessa Ursula Von der Layen durante un discorso alla Royal Danish Military  Academy a Copenaghen. Rientra in questa direzione la “Strategia Ue per la preparazione” lanciata  dalla Commissione e dell'Alta rappresentante Kaja Kallas. Nella strategia si incoraggia la popolazione  a fare "scorte essenziali per un minimo di 72 ore in caso di emergenza."

 

In questo quadro, il vertice dei “volenterosi” convocato a Parigi, con la partecipazione dei leader  europei e del presidente ucraino Zelensky, è un malcelato tentativo di ostacolare il processo di pace.  Il nodo centrale dell’incontro è l’invio di truppe in Ucraina. Non parliamo di forze di interposizione  con un mandato condiviso da entrambe le parti, ma di truppe di interdizione, “pronte a combattere”,  secondo le dichiarazioni dello stesso Zelensky. Siamo quindi di fronte non alla preparazione di una  missione di pace ma a una prospettiva di guerra. Non si tratta di chiudere il conflitto armato, ma – al  contrario - di ostacolare il cessate il fuoco, seminando ulteriori fattori di ostilità fra le parti, con il  rischio di coinvolgere l’Europa in una spirale bellica incontrollabile.

 

Si viene così delineando un progetto politico demenziale e nefasto per tutti i popoli europei. Siamo  arrivati al punto che le istituzioni europee producono terrorismo psicologico per farci rassegnare  all’idea che la guerra è incombente e quindi bisogna riarmarsi. In realtà l’incremento delle spese militari non ha nessuna ragione obiettiva su cui fondarsi poiché la spesa totale per la difesa degli Stati  membri dell’UE nel 2024 ha raggiunto un valore stimato di 326 miliardi di euro, a fronte di una spesa  di 145,9 miliardi di dollari della Russia.

Quella destinata al riarmo è una cifra enorme, sottratta alla sanità, all’educazione, alla difesa  ambientale, alla lotta alla povertà, che modifica l’identità delle democrazie europee segnando il  passaggio dal welfare al warfare. Si ingannano i popoli europei agitando una minaccia che non esiste. 

 


Noi non abbiamo nessun motivo per portare guerra alla Russia, come la Russia non ha nessun motivo  per portare guerra all’Italia o ad altri paesi europei.

 La sicurezza si difende costruendo rapporti  pacifici fra le nazioni, attraverso il disarmo reciproco e concordato, non attraverso la corsa agli armamenti. Il processo di riarmo serve solo a identificare un nemico, ad attribuire alla Federazione  russa il ruolo del nemico, dividendo l’Europa con una nuova drammatica cortina di ferro. Siamo di  fronte ad un passaggio cruciale per il nostro futuro. Dobbiamo bloccare questo processo prima che divenga irreversibile. Per questo aderiamo ed invitiamo tutti a partecipare alla manifestazione  indetta dal movimento 5 Stelle per il 5 aprile a Roma con una chiara piattaforma contro il riarmo  europeo. Occorre superare ogni steccato e costruire una grande unità di popolo per la pace, per il  futuro, per i nostri figli. Roma, 1° aprile 2025

 

Pino Arlacchi, Elena Basile, Piero Bevilacqua, Maria Luisa Boccia, Ginevra Bompiani, Alberto  Bradanini, Giacomo Costa, Roberta De Monticelli, Monica Di Sisto, Domenico Gallo, Claudio Grassi,  Raniero La Valle, Lea Melandri, Pasqualina Napoletano, Moni Ovadia, Ali Rashid, Francesco Sylos  Labini, Linda Santilli, Vauro.





venerdì 28 marzo 2025

Nel 2024 il 23,1% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale

 COMUNICATO ISTAT 2025

Nel 2023 il reddito delle famiglie diminuisce in termini reali  

Condizioni di vita e reddito delle famiglie | Anni 2023 - 2024

Nel 2024 il 23,1% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (nel 2023 era il 22,8%), si trova cioè in almeno una delle tre seguenti condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale oppure a bassa intensità di lavoro.

La quota di individui a rischio di povertà si attesta sullo stesso valore del 2023 (18,9%) e anche quella di chi è in condizione di grave deprivazione materiale e sociale rimane quasi invariata (4,6% rispetto al 4,7%); si osserva un lieve aumento della percentuale di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (9,2% e 8,9% nell’anno precedente).

Nel 2023, il reddito annuale medio delle famiglie (37.511 euro) aumenta in termini nominali (+4,2%) e si riduce in termini reali (-1,6%).

Nel 2023, l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti è 5,5 volte quello percepito dalle famiglie più povere (in aumento dal 5,3 del 2022).

CONDIZIONI DI VITA

Stabile il rischio di povertà

I dati sulle condizioni di vita nel 2024 mostrano un quadro sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente. La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito Europa 2030) nel 2024 è pari al 23,1% (era 22,8% nel 2023), per un totale di circa 13 milioni e 525mila persone. Si tratta degli individui che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale o a bassa intensità di lavoro (cfr. il Glossario nel Testo integrale).

Nello specifico, sono considerati a rischio di povertà gli individui che vivono in famiglie il cui reddito netto equivalente dell’anno precedente (senza componenti figurative o in natura) è inferiore al 60% di quello mediano. Nel 2024, risulta a rischio di povertà il 18,9% (lo stesso valore registrato nel 2023) delle persone residenti in Italia (vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore a 12.363 euro), per un totale di circa 11 milioni di individui.

Sostanzialmente stabile e pari al 4,6% (era 4,7% nel 2023) risulta la quota di popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale (oltre 2 milioni e 710mila individui), la quota cioè di coloro che, nel 2024, presentano almeno 7 segnali di deprivazione dei 13 individuati dal nuovo indicatore Europa 2030; si tratta di segnali riferiti alla presenza di difficoltà economiche tali da non poter affrontare spese impreviste, non potersi permettere un pasto adeguato o essere in arretrato con l’affitto o il mutuo, ecc (cfr. Glossario per il dettaglio degli indicatori considerati).

Gli individui che nel 2024 vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (cioè con componenti tra i 18 e i 64 anni che nel corso del 2023 hanno lavorato meno di un quinto del tempo) sono il 9,2% (erano l’8,9% nel 2023), ammontando a circa 3 milioni e 873mila persone. La quota di individui in famiglie a bassa intensità di lavoro aumenta, tra il 2023 e il 2024, tra le persone sole con meno di 35 anni (15,9% rispetto al 14,1% del 2023) e, soprattutto, tra i monogenitori, che presentano una percentuale più che doppia rispetto alla media nazionale (19,5% contro il 15,2% del 2023).

A livello territoriale, nel 2024, il Nord-est si conferma la ripartizione con la minore incidenza di rischio di povertà o esclusione sociale (11,2%, era 11,0% nel 2023) e il Mezzogiorno come l’area del paese con la percentuale più alta (39,2%, era 39,0% nel 2023).

Nel 2024 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma essere più bassa per chi vive in coppia senza figli. Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta per coloro che vivono in famiglie con cinque componenti e più (33,5% rispetto al 30,7% del 2023) e, soprattutto, per chi vive in coppia con almeno tre figli (34,8% rispetto a 32% del 2023). La crescita si registra anche per i monogenitori (32,1% rispetto a 29,2%), per effetto della più diffusa condizione di bassa intensità di lavoro (legata anche a problemi di conciliazione). Per le coppie con uno o due figli, il rischio di povertà o esclusione sociale rimane contenuto (circa il 19%) e ben al di sotto della media nazionale (23,1%). Inoltre, nel 2024, il rischio di povertà o esclusione aumenta per gli anziani di 65 anni e più che vivono da soli (29,5% dal 27,2% del 2023).

Il rischio di povertà o esclusione sociale raggiunge il 33,1% (era il 31,6% nel 2023) tra coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici, diminuisce invece per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (14,8% dal 15,8% del 2023) e rimane stabile per chi ha come fonte principale un reddito da lavoro autonomo (22,7% e 22,3% nel 2023).

Infine, il rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per gli individui in famiglie con almeno un cittadino straniero (37,5%, dal 40,1% dell’anno precedente) e aumenta leggermente per i componenti delle famiglie composte da soli italiani (21,2% rispetto al 20,7% del 2023).

REDDITI DELLE FAMIGLIE

I redditi netti familiari si riducono in termini reali a causa dell’inflazione



Nel 2023, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 37.511 euro, circa 3.125 euro al mese. La crescita dei redditi familiari in termini nominali (+4,2% rispetto al 2022) non ha però tenuto il passo con l’inflazione osservata nel corso del 2023 (+5,9% la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), determinando un calo dei redditi delle famiglie in termini reali (-1,6%) per il secondo anno consecutivo.

La diminuzione dei redditi in termini reali è particolarmente intensa nel Nord-est (-4,6%) e nel Centro (-2,7%), a fronte di una lieve riduzione osservata nel Mezzogiorno (-0,6%) e di una debole crescita nel Nord-ovest (+0,6%).

Rispetto al 2007, la contrazione complessiva dei redditi familiari in termini reali è pari, in media, a -8,7% (-13,2% nel Centro, -11,0% nel Mezzogiorno, -7,3% nel Nord-est e -4,4% nel Nord-ovest). Inoltre, la flessione dei redditi è stata particolarmente intensa per le famiglie la cui fonte di reddito principale è il lavoro autonomo (-17,5%) o dipendente (-11,0%), mentre per le famiglie il cui reddito è costituito principalmente da pensioni e trasferimenti pubblici si registra un incremento pari al 5,5%.

Poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha percepito un reddito inferiore all’importo medio. Calcolando il valore mediano, ovvero il livello di reddito che divide il numero di famiglie in due parti uguali, si osserva che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha un reddito non superiore a 30.039 euro (2.503 euro al mese), con una crescita del 4% in termini nominali rispetto al 2022 (28.865 euro, 2.405 euro mensili).

Le famiglie del Nord-est dispongono del reddito mediano più elevato (34.772 euro), seguite da quelle del Nord-ovest (il livello mediano è inferiore del 5% a quello del Nord-est), del Centro (-8%) e del Mezzogiorno (-28%). Il reddito mediano varia in misura significativa anche in base alla tipologia familiare: le coppie con figli raggiungono i valori più alti con 46.786 euro (circa 3.900 euro al mese), trattandosi nella maggior parte dei casi di famiglie con due o più percettori, ma le coppie con tre o più figli percepiscono un reddito mediano (44.993 euro) più basso sia di quello osservato per le coppie con due figli (48.084 euro) sia di quello osservato per le coppie con un solo figlio (45.523 euro).

Le famiglie monogenitoriali presentano un reddito mediano di 31.451 euro e gli anziani che vivono soli nel 50% dei casi non superano la soglia di 17.681 euro (1.473 euro mensili). Le coppie senza figli percepiscono un reddito mediano decisamente più basso se la persona di riferimento è anziana (31.975 contro 40.447 euro delle coppie senza figli più giovani). Il livello di reddito mediano delle famiglie con stranieri è inferiore di 5.400 euro a quello delle famiglie composte solo da italiani. Le differenze relative si accentuano passando dal Nord al Mezzogiorno, dove il reddito mediano delle famiglie con almeno uno straniero è pari al 62% di quello delle famiglie di soli italiani.