Pubblico questa mia
riflessione, che inizialmente (due giorni fa) era stata scritta per rispondere
a Roberto Fogagnoli, in onore della mia nipotina Teresa che è stata
selvaggiamente aggredita dalla polizia mentre, disarmata e con la sua voce
gentile, manifestava al porto di Catania in favore dei migranti reclusi su una
nave militare italiana.
Si è conclusa con il
ministro Matteo Salvini, iscritto nel registro degli indagati della Procura di
Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e l’abuso d’ufficio, nei
confronti dei 177 migranti e richiedenti asilo rimasti a bordo della nave della
Guardia costiera dal 16 agosto una vicenda, a dir poco, paradossale.
“Le ragioni
dell’Italia non possono far leva sui disperati ingiustamente imprigionati su
una nave. Non si può colpire chi non si può difendere e non ha alcuna colpa di
essere nel luogo dove si consuma un conflitto tra i cinismi dei paesi europei.
E’ necessario che
queste persone siano fatte scendere dalla nave militare e accolte con amore e
fratellanza da un paese che non può smarrire i propri valori e la propria
civiltà senza smarrire se stesso e la propria storia e identità.”
Malgrado le sgangherate dichiarazioni a favore di Salvini che hanno
inondato i social (il più delle volte condite da frasi francamente razziste e
appellativi osceni e di pessimo gusto nei confronti dei migranti, che da soli
qualificano chi li scrive)
non
viene meno la mia fiducia in milioni di italiani che non condividono un
comportamento inaccettabile come quello del ministro di polizia né la
esplicita connivenza nei confronti del suo operato, manifestata in questi
giorni da parte del governo e resa evidente dal silenzio del capo dello stato.
Detto questo, dove è
finita l’Europa? Dove sono i campioni di civiltà e democrazia di una Europa che
si preoccupa solo di rimpinguare le banche? Una Europa che manda gli scerpa a
disquisire sul problema degli sbarchi?
Credo francamente che
costruire una Europa sugli egoismi nazionali, sul menefreghismo nei confronti
dei paesi rivieraschi sottoposti al trauma dei continui arrivi di migranti, sia
impossibile.
I protagonisti di
questa squallida kermesse europea non si rendono conto che ormai siamo a pochi
passi dal collasso di una operazione politica che ha saputo creare solo una
moneta che in fin dei conti ha depresso e impoverito la maggior parte dei
cittadini del continente.
La rapacità delle
lobby che infestano i centri nodali delle strutture europee e la vergognosa
sudditanza dei governi che hanno accettato regole disumane e
controproducenti dalla BCE (banca privata, che di fatto governa l’Europa) sono
alla base del fallimento di quello che era un meraviglioso progetto concepito
da Altiero Spinelli.
In
nome dell’Europa sono stati cancellati due secoli di lotte sociali per garantire i
diritti del lavoro.
Dove non c’è una disperante
disoccupazione c’è una occupazione che ha poco a che vedere con quello che una
volta si chiamava lavoro.
I padroni hanno
rialzato la testa e pretendono prestazioni sempre più umilianti e sempre meno
garantite. “Se non ti va bene te ne vai e, se non te ne vai ti caccio”.
Il paese è paralizzato
dalla precarietà.
Nessuna banca fa credito a chi non ha un posto fisso e garantito e coloro che
godono ancora di un simulacro di posto fisso (dopo l’abolizione dell’articolo
18 dello statuto dei lavoratori e l’introduzione del jobs act) sono sempre
meno.
Non lamentiamoci
quindi se il cosiddetto mercato interno non tira.
Chi ha portato in
questi anni il paese nel baratro continua a pretendere anche oggi una ulteriore
maggiore flessibilità da parte dei lavoratori e ulteriori maggiori regalie agli
industriali da parte del governo.
Tuttavia sento un
grande fermento tra la gente.
Il
pensiero unico del liberismo (praticato cinicamente dai governi di centro
destra e centro sinistra) è sempre più contestato da chi ne sta pagando da più
di dieci anni le conseguenze.
C’è fame di giustizia
sociale tra la gente, c’è bisogno di ricreare le condizioni di un lavoro
stabile e garantito per tutti.
Solo su questa base
sarà possibile ricostruire un paese civile e creare condizioni di benessere
condiviso.
A coloro che oggi si fanno paladini dei diritti civili, mentre fino a
ieri hanno rinnegato lo statuto dei lavoratori, varato ulteriori
leggi che precarizzano maggiormente il lavoro, svenduto
i beni pubblici a privati, e ancora oggi difendono le cosiddette grandi
opere, emblema dello spreco di denaro pubblico e di clientelismo
sfacciato, ricordo che tali diritti, se non accompagnati costantemente
dalla strenua difesa dei diritti sociali non potranno mai essere recepiti da
chi perde il posto di lavoro o il diritto alla salute e alla pensione giusta e
raggiunta in tempi umani.
Non a caso i nostri
padri costituenti fondarono l’intera Costituzione sul LAVORO.
Solo
in un Paese in cui saranno coniugati i diritti civili con quelli sociali i
cittadini potranno recuperare una nuova fiducia nelle istituzioni democratiche,
una nuova dignità e coscienza politica per rispondere alle sirene della destra
fondate sulla paura e sulla discriminazione dei più deboli.
Ritengo che sia da
qui, dalla difesa del lavoro, che bisognerà ripartire e
confrontarsi con i nostri avversari, non sulla base dell’odio verso il più povero
ma su quella della solidarietà e il rispetto di ogni essere umano.
Giovanni Fazio
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