Locara (VR) Intervista di Radio Noventa |
Non
può che destare indignazione l’intervista agiografica al presidente della
Regione Veneto Luca Zaia pubblicata ieri sul Giornale di Vicenza.
Vi
si legge tra l’altro “Ma Zaia ricorda anche che
«moltissimo è stato fatto soprattutto
sotto il profilo della tutela ambientale», evidenziando le principali
iniziative messe in campo a partire dalle analisi da parte di ARPAV, con
l’identificazione della fonte principale di contaminazione, individuata nella
ditta Miteni di Trissino, e la messa in sicurezza gli acquedotti con adeguati
sistemi di filtraggio, consentendo, già a poche settimane dalla conoscenza del
fenomeno evidenziata dai Ministeri competenti, la distribuzione di acqua
potabile nel rispetto dei livelli di
performance stabiliti, anche se in una fase successiva, dall’Istituto
Superiore di Sanità.”
Continua la raccolta delle firme |
In
realtà gravissime responsabilità gravitano sul capo di Zaia, a cominciare dal
fatto di non avere ancora bloccato “la fonte principale di contaminazione”,
in ossequio alla multinazionale Miteni, di non
avere preso misure efficaci per garantire i giovani e i bambini dalla
contaminazione.
Tutti sanno del balletto tra Regione, ISS e Ministero dell’ambiente dal quale ha avuto origine il famoso “limite di performance” tra i più alti del mondo, nell’agosto del 2015.
Si
pensi solo che negli USA il limite di PFAS ammessi nell’acqua potabile è di 76
nanogrammi/litro, in Germania 100 nanogrammi/litro ma in Italia siamo, chissà perché a 2030 nanogrammi /litro.
Qualunque
individuo dotato di intelligenza non può notare la notevolissima discrepanza tra questi valori e quelli adottati dai
vari paesi.
L’avere
“contenuto” dentro questi limiti, di cui Zaia è orgoglioso, la quantità di
inquinanti perfluoroalchilici non ha impedito però che negli esami praticati a
giovani quattordicenni della zona di Lonigo e dintorni, siano state rilevate
quantità spaventose di PFAS, fino e oltre i 300 nanogrammi per grammo di
sangue.
Già nel 2013 Zaia avrebbe dovuto citare in giudizio la Miteni per “DISASTRO AMBIENTALE”.
Già nel 2015 l’ARPAV ha
rilevato la pesante presenza di PFAS negli alimenti animali e vegetali e nei
loro derivati prodotti nella zona inquinata.
LUCA
ZAIA cosa ha fatto per individuare i produttori danneggiati da MITENI e fornire
loro l’immediato e gratuito soccorso per salvare la produzione dagli inquinanti?
Ha provveduto a
sequestrare le partite di alimenti contaminati, onde evitare che queste
invadessero i mercati?
Non
c’è bisogno di grandissima intelligenza per capire che tutto ciò è alla base della ulteriore
contaminazione da PFAS dei cittadini non solo del Veneto e della messa a rischio della intera produzione
alimentare del Veneto.
I medici ISDE da sempre accanto ai cittadini contro le mistificazioni del sistema |
All’estero
stanno filtrando le prime indiscrezioni in merito e le nostre esportazioni
pregiate cominciano a soffrire della nomea di provenienza inquinata.
Quanto
tempo pensa Luca Zaia che questi dati rimangano celati agli occhi del mondo?
E
quanto tempo pensa che passerà perché le mamme di tutto il mondo (a torto o a
ragione) si rivolgano altrove per il latte da dare ai propri bambini?
Dal
2013 Zaia non ha fatto altro che perdere del tempo prezioso anziché salvare
aziende e cittadini ma la parola d’ordine era MINIMIZZARE IL FENOMENO.
A furia di minimizzare e di tranquillizzare siamo giunti alla vigilia della esplosione del fenomeno anche sui giornali e le televisioni.
Già le IENE e REPORT
hanno trattato l’argomento con efficacia, denunciando la cialtroneria generale
con cui il più grande disastro ambientale del Veneto sia stato trattato fino ad
ora.
Già
dal 2013 sarebbero dovuti accorrere da tutta Italia e dall’estero gli aiuti indispensabili per salvare i bambini, i
cittadini e le aziende agroalimentari ma ciò non è avvenuto.
Adesso, intervistato dal Giornale di Vicenza, Zaia dichiara che a partire da maggio 2013, la Regione si
trova «ad affrontare uno dei più vasti fenomeni di inquinamento delle acque
superficiali e delle falde acquifere degli ultimi anni, dovuto a contaminazione
di sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) in una vasta area tra le Province di
Vicenza, Padova e Verona”
Le Mammr di Lonigo raccolgono le firme |
Mentre a Lonigo raddoppiano
i casi di tumore al testicolo, mentre aumentano i casi di patologie gravissime, correlate alla contaminazione da PFAS, la Miteni è ancora là che inquina
bellamente,
i suoi operai si ammalano, i ragazzi di Lonigo chiedono cosa fare ma ricevono
risposte generiche e inadeguate e i produttori
scontano il silenzio di tutti questi anni e stanno per pagare amaramente la
fiducia riposta in chi avrebbe dovuto difenderli fin dal primo momento e non lo
ha fatto.
“Ma Zaia ricorda anche che «moltissimo è
stato fatto soprattutto sotto il profilo della tutela ambientale».
Sbocco del dotto ARICA |
Il
Patto Stato Regione siglato nel
2005 è scaduto il 31 dicembre del 2015 per l’assoluta insipienza e il nulla di
fatto dei firmatari (10 anni persi).
L’unico interesse dei conciari di Arzignano era
quello di costruire un gassificatore ma è ovvio che bruciare i fanghi (30.000
tonnellate anno) non toglie nemmeno un nanogrammo di PFAS alle acque reflue, lo
capisce anche un bambino. Ma se veramente questa proposta insensata dovesse
realizzarsi, il contenuto di perfluorati presenti nei fanghi si spanderebbe
nell’atmosfera e genererebbe una nuova fonte di inquinamento.
I conciari faranno bene
a prendere sul serio il nuovo patto Stato Regione siglato nel 2016 e cominciare
a pensare ad una produzione ecosostenibile seria.
L’uso indiscriminato di prodotti non
recuperati e non recuperabili, il mancato riciclaggio dell’acqua e degli
inquinanti più pericolosi pesano non solo sull’ambiente e sulla salute e le
tasche dei cittadini ma anche sull’intero comparto in maniera minacciosa,
compromettendone il futuro.
E’
ora di pensare in maniera responsabile e rinunciare a speculazioni, come quella
del gassificatore che, oltre a
danneggiare i cittadini di una intera area del Veneto, già tristemente
compromessa, attirerebbero l’attenzione
internazionale sul modus operandi dei conciari arzignanesi con ricadute non del
tutto favorevoli sui loro prodotti.
La
storia del Veneto deve cambiare: le vecchie manfrine e le furbate del passato
non reggono più di fronte alle nuove esigenze degli uomini e del pianeta.
La DuPont
in America ha già pagato più di un miliardo di dollari per i
danni arrecati
all’ambiente e alle persone, e non è la sola azienda posta nel mirino delle
leggi a protezione dell’ambiente.
Anche i produttori di automobili tedeschi hanno avuto le loro gatte da pelare e non hanno certo bisogno di averne di nuove.
Stabilimenti Dupont USA |
Anche i produttori di automobili tedeschi hanno avuto le loro gatte da pelare e non hanno certo bisogno di averne di nuove.
Abbiamo
bisogno di una nuova classe di imprenditori che abbiano la testa rivolta verso
il futuro e non verso un passato non più giustificabile né realizzabile.
Abbiamo
bisogno di nuova intelligenza, capace di concepire un modo nuovo di produrre
nel rispetto dell’ambiente e delle persone, soprattutto in questa nostra terra
veneta tragicamente umiliata e devastata da un industrialismo irresponsabile.
Abbiamo infine bisogno
di nuove forme di partecipazione democratica alla gestione dei beni comuni
materiali e sociali.
Nessun commento:
Posta un commento