Il
Giornale di Vicenza di oggi pubblica la notizia estremamente preoccupante
dell’aumento del tumore al seno del 30% tra le giovani donne.
L’articolo
non svela le cause di quella che si sta trasformando in un una vera e propria
epidemia, ma non è un mistero ormai per nessuno che gli interferenti endocrini presenti
nell’acqua, nei cibi e probabilmente anche nell’aria della nostra città
giocano un ruolo importantissimo nella genesi dei tumori, soprattutto, come è
dimostrato, quelli che mimano gli estrogeni.
Certamente non tutto può essere attribuito ai PFAS, vista
l’abbondanza con cui la nostra agricoltura è irrorata con pesticidi, diserbanti
e fitofarmaci e tra gli allevamenti non mancano quelli che producono carni e
uova che, come dichiara la stessa indagine ARPAV pubblicata dalla Regione
Veneto, sono fortemente contaminati da PFOS e PFOA.
È
anche noto che alcuni interferenti endocrini agiscono sulle bambine e sui feti
come bombe ad orologeria programmando un tumore che si formerà negli anni che
seguono la completa maturazione sessuale.
Lo
so, sono cose orribili da dire, ed è veramente doloroso parlarne, ma è giusto
che tutti sappiano in quale melma di sostanze chimiche stiamo nuotando e non si
meraviglino dell’aumento del 30% dei tumori al seno perché è certo che non ce
li manda il buon Dio.
È
bene che tutti sappiano che non tutte le molecole prodotte da MITENI vengono
ricercate, anche perché nessuno ne ha
chiesto l’elenco, e non tutte possono essere fermate, in toto o in parte, dai
filtri a carboni attivi.
È
necessario pertanto che la, produzione di PFAS, visto l’enorme danno che essi
hanno procurato alla nostra salute e alla nostra economia sia sospesa
immediatamente.
Ma è anche necessario che il
sindaco di Arzignano, primo responsabile della salute dei cittadini ma
anche primo responsabile dell’acqua che beviamo in quanto presidente di bacino
e azionista di maggioranza di Acque del Chiampo, applichi, come da noi
richiesto da anni, il PRINCIPIO DI
PRECAUZIONE, fornendo ai bambini dell’asilo, alle mense scolastiche e alle
donne in stato di gravidanza acqua non contaminata da PFAS.
Non
si trinceri dietro i livelli minimi e massimi consentiti per queste sostanze
nell’acqua potabile. Nel mondo questi limiti variano da un paese all’altro a
dismisura senza garantire per niente la salute dei cittadini.
La
natura di queste molecole è quella di essere sostanze che si accumulano per circa 20 anni nel nostro corpo e quindi
fissare un limite, sia pure basso non ha senso.
Si
dà il caso inoltre, scientificamente dimostrato, che l’azione patogena delle
stesse non è dose dipendente. Cioè, a volte basta molto poco per scatenare un
cancro o un’altra patologia.
Tutto
ciò Giorgio Gentilin, che è un
medico, ha il dovere di saperlo e, se vuole, può confutarmi pubblicamente ma
per iscritto, sostenendo l’innocuità dell’acqua che beviamo, non, facendo
riferimento al recente decreto regionale, ma confutando, dati alla mano, quello
che sostengono i medici e 200 scienziati di tutto il mondo a cominciare dalla
Conferenza di Madrid del 2015 (consultabile in internet) e smentendo la recente
ricerca di Padova che taglia la testa al toro e chiude la bocca a quanti
contestavano la pericolosità di questi prodotti.
Ma
non basta applicare temporaneamente i filtri
per Arzignano (cosa che Gentilin si rifiuta di fare) e che noi riteniamo
indispensabile, è necessario chiudere i
pozzi di Canove, notoriamente compromessi e allacciarsi all’acquedotto che è già pronto da tempo e porta
l’acqua di Recoaro fino alla Ghisa.
Si
tratta di un’opera realizzabile in pochissimo tempo (settimane) e con
pochissima spesa e ci libererebbe una volta per tutte dall’acqua targata
Miteni.
Chiudiamo
commentando il premio, ampiamente meritato, al Centro Donna, diretto dal dott. Graziano Meneghini. Operatori sicuramente all’altezza dell’arduo
compito di contenere una patologia in spaventosa evoluzione.
Tuttavia
non possiamo rivolgere lo stesso apprezzamento al direttore generale della ULSS
8 Giovanni Pavesi che non manca
l’occasione di farsi fotografare vicino alla targa del premio.
Graziano Meneghini dichiara che sono state 10.000 le donne che si sono rivolte al centro Donna nel 2017.
Facendo un calcolo semplice, risulta che, escludendo le domeniche, siamo di fronte a una presenza di 34 donne al giorno.
È evidente
che il piccolo ambulatorio non è in grado di far fronte a una tale massa di
richieste e che c’è bisogno urgente di
un aumento di personale e di mezzi, ma non ci sembra che l’ULSS si dia data
tanto da fare in merito in questi anni.
Le liste di attesa sono
lunghissime e tentare di rivolgersi privatamente allo screening comporta spese insostenibili per la maggior
parte delle persone.
Si pretende di gettare al vento una somma ingentissima per
costruire un nuovo ospedale a Montecchio,
di cui nessuno sente l’impellente bisogno, quando mancano le risorse per far funzionare bene quello che già c’è e che è
stato anche premiato.
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