Scalpore suscita il comportamento della Regione Veneto nei confronti della popolazione arzignanese, da sempre esposta all’azione delle PFAS a causa dell’inquinamento della falda da cui pesca l’acquedotto comunale.
Le cause le conosciamo da tanti anni: la
Miteni e il distretto conciario dove ampiamente vengono utilizzate le PFAS per
impermeabilizzare le pelli.
L’assessore Giovanni Fracasso ha inviato
una nuova lettera (la nona in questi anni) in cui si richiede di estendere a
tutta la popolazione di Arzignano l’inserimento nel “Piano di sorveglianza”,
come prescritto per tutti i residenti della cosiddetta “Zona Arancione”.
Viceversa la Regione pretende di riservare il diritto al monitoraggio a poche
famiglie che abitano nella frazione di Canove escludendo il resto degli abitanti.
Si dà il caso infatti che il comune è
inserito nella Zona Arancione solo per una piccola parte della frazione di
Costo, che si trova in contrada Canove. In tale luogo infatti l’ARPAV aveva
segnalato da anni la presenza di contaminazione da PFAS della sottostante falda
acquifera.
Tuttavia quello di cui la Regione non ha
tenuto conto, malgrado le reiterate lettere dell’assessore, è che proprio a
Canove risiedono i pozzi da cui viene estratta l’acqua dell’acquedotto
arzignanese. Pertanto, in tutte le abitazioni della città viene distribuita
acqua che, come viene riportato nelle stesse bollette di Acque del Chiampo,
contiene mediamente circa 60 nanogrammi/litro di PFAS.
Malgrado il decreto Zaia del 2017
consenta ai gestori di erogare acqua “potabile” entro i limiti di 390 nanogrammi
di PFAS/litro, tale alto livello di contaminazione non è ritenuto innocuo da
nessuna fonte scientifica.
Proprio per questo il comune,
accogliendo una proposta di CiLLSA, ha fatto distribuire gratuitamente da Acque
del Chiampo acqua filtrata nelle casette e ha fatto installare i filtri nelle
scuole per proteggere i bambini e i ragazzi.
Nel frattempo continuano i lavori per la realizzazione
del nuovo centro idrico di Canove che libereranno definitivamente, si
spera, gli arzignanesi dalla pesante ipoteca delle PFAS.
Le PFAS sono molecole tossiche e
cancerogene che appartengono alla classe delle sostanze POP cioè PERSISTENTI E
BIOACCUMULBILI. Il nostro organismo infatti impiega anni per liberarsi da
queste sostanze.
Per questo motivo esse rappresentano un
alto rischio per le patologie che possono manifestarsi anche dopo parecchi
anni.
La richiesta dell’assessore è
appropriata poiché per troppi anni la cittadinanza è stata esposta alle PFAS
contenute nell’acqua “potabile”
La Regione ha facoltà di eseguire i suoi
monitoraggi dove ritiene più opportuno tuttavia questo non le dà il diritto di
escludere una popolazione contaminata e di non consentire ai medici di eseguire
gli esami del sangue per verificare la presenza delle PFAS nei
soggetti a rischio in tutto il territorio regionale.
Tra tutti gli altri casi di patologie mortali e cancerogene sono di primaria importanza quelli che riguardano le gravide e i bambini in quanto particolarmente esposti.
Da tempo chiediamo un controllo per le donne in gravidanza, per i neonati, per le persone esposte, tra cui gli operai addetti alle lavorazioni che li mettono in contatto con queste sostanze. Tuttavia i responsabili regionali della salute hanno ignorato tutti i nostri appelli.
Anni di esposizione ad acqua inquinata
possono avere determinato seri problemi ad alcuni cittadini. Un controllo del
sangue è indispensabile per attuare misure di prevenzione e terapie.
Nessun cittadino del Veneto, che non sia
inserito nel programma di monitoraggio, può attualmente effettuare i suddetti esami, nemmeno
a pagamento.
Non vengono monitorati i 10.000 pozzi privati
presenti nei territori inquinati, non vengono controllate le derrate alimentari
destinate ai mercati. Per anni la Regione non ha provveduto alla bonifica del
Fratta Gorzone, unica fonte irrigua superficiale di una vasta zona in cui le falde
sotterranee sono state contaminate da Miteni.
Non a caso nel dicembre 2021, il
Relatore Speciale ONU per le sostanze tossiche e i diritti umani Marcos
Orellana, che ha svolto un sopralluogo durato circa due settimane in alcune
aree del territorio italiano – in primis, il Veneto – per valutare i danni
causati all’ambiente e alle persone dalla contaminazione da Pfas, ha parlato
chiaramente di violazione dei diritti umani.
LA SALUTE È UN DIRITTO
Sapere cosa scorre nelle nostre vene anche!
Partecipa, il 15 aprile alla grande manifestazione regionale per la difesa del Servizio Sanitario Nazionale pubblico, a Vicenza.
La salute non è un business. La salute non è un privilegio per ricconi. La salute è un diritto umano che deve essere universalistico, cioè uguale per tutti e gratuito, affinché tutti possano accedervi.
TORNIAMO AD ESSERE UMANI!
Giovanni Fazio
Manifestazione davanti al tribunale di Vicenza (archivio CiLLSA) |
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