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mercoledì 25 gennaio 2023

NEL GIORNO DELLA MEMORIA


 





GAZA

GOTT MIT UNS

 

Tu,

nella goffa divisa

di moderno soldato,

segui la rotta

tracciata dalle bombe.

Varcato il confine

dello sterminio,

avanzi nel buio

tra foglie tremanti

di limoni spezzati.

Carri di duro metallo sfondano,

portici e cortili di ibisco

e cisterne profumate d’ombra e d’acqua cristallina,

dove disseta la sera il giovane garzone.

Ora

uno zampillo vermiglio sgorga

sul candido sudario

della camicia.

Mandrie atterrite

scardinano le stalle.

Il fuoco divora la campagna.

Più avanti,

terribili schianti di bombe

spalancano scuole e poveri ospedali.

Tra case strette

nei vicoli dall’impossibile fuga,

danza la morte, cantando,

tra le macerie.

Spegne sommesso pianto di disperati

il rombo ottuso dei carri.

Pioggia di cristalli

taglienti

cade dal cielo.

Ovunque

Corpi aperti di donne,

di bimbi increduli,

di fanciulle in fiore.

Tu,

nella goffa divisa di soldato moderno,

avanzi nella notte,

timoroso dei colpi

di padri e di fratelli,

di figli:

peana di piombo,

imeneo di lacrime

per le ragazze morte alla vigilia delle nozze.

Lenzuola di gelsomini coprono i bimbi uccisi,

davanti al pianto cieco delle madri.

Corazze e cingoli di acciaio,

si aprono la strada

tra desolati abbeveratoi e giardini di arance.

Bruciano come torce gli ulivi centenari.

Un orizzonte invisibile di cani

lacera i confini della notte.

Dietro di te lasci solo una scia informe di morti.

Mordechai Anielewicz,

martoriato, nelle vesti stracciate

dell’ultima lotta del ghetto,

le mani ustionate

dai colpi di un vecchio fucile,

senza più munizioni,

davanti a te s’erge.

Ora puoi riconoscere

il doloroso

trasparente sguardo dei morti.

Insieme a lui,

Itzack Zukkermann, Zivia Lubetkin, Joseph Kaplan1.

“Qui

per morire una seconda volta,

in questa Guernica,

che brucia nella notte senza possibile tregua.

Porto nel cuore

l’eco delle donne

violate e assassinate

a Sabra e Chatila.

Il lampo dei coltelli feroci

delle milizie maronite

aizzate dall’odio di Ariel.

Quanti bambini avete ucciso oggi a Gaza,

e quanti a Sabra, a Chatila?

Dalla nebbia dei lager le vostre madri

vi guardano e non vi riconoscono.

Non riconoscono le divise che indossate

né l’odio che urla nei vostri cuori.

Non riconoscono

la lingua di morte che esce dalle vostre gole esauste.

Le vostre madri,

tra le donne di Gaza,

stringono al petto

1 Sono i nomi dei combattenti nella resistenza del ghetto di Varsavia

corpi straziati di bambini.

Soccombemmo

combattendo a mani nude

contro un esercito

di acciaio temprato con l’odio.

Terroristi e banditi

ci chiamarono,

rei di difenderci

dentro il chiuso orizzonte

disperante della storia.

Terroristi e banditi

ci chiamano ancora.

Questa, che voi dite guerra,

è un massacro.

Massacro di eserciti

che marciano su un popolo inerme.

Così sugli schermi

di asettiche azzurre TV

esibite ogni sera

la cieca coscienza del mondo!

Brucia Gaza e voi

invocate

una falsa e impossibile pace.

Guerra chiamate

gli orrendi omicidi.

Guerra il delitto e le case sventrate,

guerra chiamate questo

perenne, atroce

genocidio,

Giordano di pena,

sotto l’azzurro cielo della Palestina.”

 

Titta Fazio

 

Nel “giorno della memoria” dedicato alle odierne vittime di genocidi che si susseguono nell’ipocrisia di un Occidente complice e assassino. Gli Ebrei d’Italia e del mondo hanno il dovere morale di dissociarsi dalla politica di Israele. Hanno chiuso Gaza in un ghetto da dove non si esce e dove non si può entrare. Rubano la terra e le case a poveri contadini. I cosiddetti coloni girano minacciosi sulla terra di Palestina armati di fucili. I militari israeliani mirano al cuore e alla testa per uccidere ragazzi armati di sassi.

Dedico i miei versi ai ragazzi di Palestina, alle ragazze curde, ai migranti massacrati sulla neve dai poliziotti croati e ai morti insepolti nel mar Mediterraneo.

 

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