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sabato 20 febbraio 2021

LE RESPONSABILITA’ DELLA CONCIA NELL’INQUINAMENTO DA PFAS DELLA PIANURA VENETA

 


Prodotti contenenti perfluorati scaricati nel Fratta Gorzone dai depuratori.

 La dimostrata impossibilità di distruggere i PFAS con gli inceneritori, mette definitivamente fuori combattimento la tecnica dello smaltimento termico dei rifiuti che, per decenni, ha devastato la salute di intere città e regioni.

 Detto questo, se ne deduce che tali sostanze indistruttibili, perciò presenti in tutto il pianeta compresi i poli, non devono essere più né create, né commercializzate e né usate. Si tratta di misure già sollevate da alcuni paesi del Nord Europa e molto contrastate dalle potentissime lobby della chimica, assai influenti nei luoghi chiave delle strutture EU (Commissione, Parlamento, Consiglio dei Ministri ecc.)

         Il Ricorso al Tar dei comitati del Veneziano apre uno spiraglio di speranza affinché la logica, il buon senso, le ragioni della salute di centinaia di migliaia di cittadini abbiano il sopravvento sui calcoli basati solo sul profitto e la speculazione.

         Chiedere di non bruciare diventa una lotta comune con chi reclama di non produrre e non diffondere nell’ambiente i reflui industriali.

       


  Parliamo del fiume Fratta e del suo proseguimento nel canale Gorzone che costituiscono il bacino irriguo di tre provincie (Verona, Vicenza e Padova).

Sui danni alla salute dei PFAS abbiamo trattato a lungo, sia sui social che negli incontri con gli studenti della nostra regione con  cui interloquiamo da tre anni.

        

EFFETTI SUI PRODOTTI AGROALIMENTARI

Il problema è di grandissima rilevanza poiché la contaminazione delle falde e delle acque superficiali, oltre a mettere fuori gioco le risorse idriche dei nostri acquedotti, si riversa sui prodotti agricoli e gli allevamenti.

 Radicchi, cavoli neri, fiolari, frutta, uova, latte, bistecche, pesci, molluschi, gran parte di ciò che arriva ogni giorno al mercato sono il veicolo attraverso cui i nostri organismi e quelli dei nostri figli accumulano i PFAS (dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità in un monitoraggio effettuato nella “Zona Rossa” nel 2017).

 Purtroppo nessuno si è preso la briga di indicare, fino ad ora, quali, fra le tonnellate di prodotti in vendita siano contaminati o meno e nessuno si è preoccupato di escludere gli alimenti inquinati prima che arrivino sui banconi dei mercati e supermercati, motivo per cui non è nemmeno possibile effettuare alcuna prevenzione, evitando di acquistarli e mangiarli.

         Siamo di fronte a un disastro ambientale in atto,  che dura da diversi decenni, senza che alcuno si prenda la briga di attuare rimedi efficaci e non di facciata.

 

TABELLE

I punti rossi segnano più di 500 ng /litro e si trovano nell'area della concia Il  Fratta Gorzone è ancora rosso prima di sboccare nel Brenta







La tabella di ARPAV su dieci anni di sversamenti parla da sé e le tabelle sulla presenza dei PFAS nei fiumi e nelle rogge del bacino Fratta Gorzone, altrettanto.

 

         Che fare? Come risolvere questo problema angosciante?

 

 

 

 

UNA PROPOSTA COSTRUTTIVA

 

Una corposa risposta alle problematiche sopra citate sta nei progetti contenuti nella sentenza del Tribunale Superiore delle Acque (TSAP febbraio 2017) e nel Patto Stato Regione siglato da Regione Veneto e Ministero dell’Ambiente, nonché dalle associazioni di categoria (leggi conciari) dai sindacati, dalle autorità di bacino, ecc…

Si tratta di un percorso decennale che ha come obiettivo la bonifica permanente del bacino del Fratta Gorzone.

Affinché qualche buontempone non mi accusi di volere danneggiare le concerie e cancellare posti di lavoro, preciso che quanto riportato non è una mia invenzione ma la lettura pedissequa del Patto controfirmato da tutti, come detto sopra.

Una delle citazioni più significative è quella per cui

“nella considerazione della contaminazione storica che alcune aste fluviali hanno subìto, soprattutto nella matrice dei sedimenti, da parte delle industrie conciarie”, il piano non sarà in grado di ripristinare lo “Stato buono” del fiume Fratta ma ci si dovrà accontentare del raggiungimento dello “stato Sufficiente entro il 2027”

Siffatta precisazione, scritta nell’Accordo Stato Regione, dimostra quanto grave sia lo stato di degrado prodotto dagli scarichi conciari e come sia addirittura impossibile restaurare lo “Stato Buono”.

Siamo di fronte ad un danno ambientale gravissimo e irreversibile, dichiaratamente riconosciuto dagli stessi firmatari del Patto; però, allo stato presente nessuno mette mano per rimediare (tutti i cronoprogrammi sono bellamente saltati).

Ancora più grave è il fatto che esso è stato redatto alla scadenza decennale del precedente accordo, firmato nel 2005 e conclusosi con un nulla di fatto al 31 dicembre del 2015.

 

Tornando alle citazioni del testo, fondamentale è quanto scritto nell’articolo 3

 Le Parti confermano e ribadiscono che il risanamento della parte alta del bacino del Fratta- Gorzone costituisce una delle condizioni indispensabili per l’utilizzazione delle risorse idriche a valle.”

Stiamo parlando di “Condizioni Indispensabili”.

Il fatto che non si sia tentato nemmeno di mettere una prima pietra simbolica, a cinque anni dalla seconda scadenza, dovrebbe accendere i fari delle procure, similmente a quanto sta avvenendo a Torino in questi giorni a causa dell’altissimo inquinamento atmosferico cui nessuno ha mai messo mano per, almeno, attenuarlo.

I cronoprogrammi, di cui stiamo parlando, sono stati prodotti, presumibilmente, dai tecnici di Acque del Chiampo, di A.Ri.C.A. e dell’assessorato regionale all’ambiente.

Sono  progetti di grandissima valenza ambientale e tecnologica davanti ai quali ci leviamo tanto di cappello, programmi basati sulle BAT (Best Available Techniques), cioè sulle migliori tecnologie attualmente esistenti, quindi non stiamo parlando di fantascienza.

 

I PROGETTI

Per darvi una idea vi enumeriamo in maniera sintetica ed estremamente semplificata, alcuni di questi progetti che potrebbero risolvere in grandissima parte la contaminazione di fanghi e di reflui.  

Creare un data base dei prodotti” usati per la concia o altre lavorazioni e scartare quelli che non possono essere trattati e distrutti; mettere dei filtri in ingresso nell’acquedotto industriale della concia per intercettare all’origine la presenza di PFAS (un acquedotto ripulito dai PFAS potrebbe permettere di recuperare circa il 40% dei fanghi di risulta, ricchi di proteine, separandoli dagli altri reflui prima che si passi alla concia vera e propria).

 

Raccolta differenziata e riciclo sono alla base delle tecnologie proposte. Trattamento in ambiente chiuso e sigillato delle fasi in cui si adoperano Pfas o sostanze di impossibile eliminazione; recupero e inertizzazione dei reflui e delle emissioni gassose evitando che vadano in fognatura. Recupero del cromo e dei solfati. Depurazione e riciclo dell’acqua, evitando di inviarla in fognatura. Ingegnerizzazione dei depuratori, ormai obsoleti e non in grado di eliminare metalli pesanti e altro. Separazione dei reflui civili da quelli industriali.

Sono alcune delle opere indispensabili per il recupero di un territorio vastissimo con una pianificazione decennale.

Riportare nei fiumi acque non contenenti inquinanti di alcun genere avrebbe immediati effetti sui prodotti alimentari. Certamente non è così semplice, visto il danno ricevuto in decenni dai terreni, inzuppati di residui chimici, tuttavia si tratterebbe dell’inizio del cambiamento.

Quanto detto è solo una breve sintesi di un corposo progetto complessivo che, con le disponibilità economiche messe a disposizione dal Recovery Fund, troverebbe una corretta e salvifica applicazione.

 

EFFETTI SUL LAVORO

 

Per quanto riguarda gli effetti sul lavoro di un’opera ciclopica, quale quella che è stata controfirmata, si aprirebbe un vasto campo di lungo impiego, non solo di operai e imprese, ma di tecnici, ingegneri, geologi, biologi, ricercatori, agronomi, medici, informatici ecc.

Sarebbe l’inizio di una opera epocale che potrebbe segnare lo spartiacque tra un Veneto ormai agonizzante nei propri rifiuti che non sa più come smaltire e una realtà all’avanguardia che si proietta verso un futuro fondato sui valori dell’ecologia circolare, del rispetto per l’ambiente, per le piante, per gli animali e dove la salute pubblica sia messa al primo posto.

 

IL TRIBUNALE

I processi in corso contro chi in passato si rese responsabile, sotto ogni profilo, di un criminale dilagare di tossici nelle nostre acque e nei nostri corpi, indicheranno la giusta via per perseguire e fermare chi nel presente attua e consente ancora il perpetrarsi di un immane disastro ambientale.

 

IL CERCHIO SI CHIUDE

 L’impegno civile di chi lotta contro gli inceneritori si fonda adesso con quello di chi, come noi, vive nell’occhio del ciclone dell’inquinamento massivo del territorio. Questa consapevolezza dovrà essere la base per operare insieme verso un vero rinascimento del nostro territorio, nell’unità e nella cooperazione. Belle parole!  E resteranno tali se non cominciamo tutti a premere perché i patti controfirmati siano rispettati. Ognuno di noi è chiamato in causa.

Giovanni Fazio

 

Note:

Inseriamo i link dell’articolo sugli inceneritori , il patto integrale Stato Regione e la sentenza del Tribunale Superiore delle acque

 

Contro gli inceneritori


Decreto sucronoprogramma A.Ri.C.A.


Patto Stato Regione2016


 

 

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