RENDIAMO VISIBILE LE MOLECOLE INVISIBILI
A dieci anni dalla “scoperta" dei PFAS nel Veneto sembra
che nessuna iniziativa per la protezione dei lavoratori, che operano in
aziende a rischio chimico PFAS, sia stata attuata. Non
ci risulta, infatti, che siano mai stati richiesti esami per il
monitoraggio o la ricerca dei PFAS nel sangue di chi lavora nelle tante aziende
che notoriamente ne fanno uso.
La produzione globale dei PFAS è in continua
crescita ma è, al contempo, assai ardua da calcolare poiché produttori e
importatori non sono obbligati a dichiarare le quantità lavorate. Le stime sui
volumi della produzione globale di PF vanno da 180.000 a 340.000 tonnellate
annue.
I
dati, relativi al nostro paese, ci dicono che la presenza di PFAS nel settore
industriale, ma anche in altri, tra i quali fondamentali quello dell’agricoltura
e dell’alimentazione, è molto vasta e di difficile esplorazione. Malgrado tale pletora
di sostanze perfluorate usate nel nostro paese, nessun riscontro sembra esserci
nei Documenti aziendali della
valutazione del rischio (DVR) .
Ciò significa che nel DVR aziendale nessuno
avrebbe incluso il rischio da PFAS.
Se
ciò fosse accertato, ci troveremmo di fronte ad omissioni gravissime
su larga scala. L’obiettivo che ci poniamo, pertanto, è fare emergere il
rischio, obbligando così le aziende e le ULSS ad adottare le necessarie
misure protettive e di prevenzione.
Del
resto è noto il clima di omertà che sovrasta la grande contaminazione.
È
per abbattere la totale disinformazione delle persone e dei lavoratori
sui rischi che si incontrano a contatto con i PFAS (molecole tossiche e
cancerogene) che quest’anno abbiamo dedicato il convegno ecologista di
domenica 22 settembre alla informazione e alla presa
generale di coscienza di una contaminazione destinata ad aumentare sempre
più e a seminare morte e dolore nella popolazione del Veneto.:
“PFAS: Produzione, commercializzazione e
smaltimenti. Rendiamo visibili le molecole invisibili.” È il titolo della
assemblea dei NO PFAS di Arzignano.
Infatti,
malgrado incontri, conferenze, manifestazioni, presenze al processo, film ecc. il
Movimento NO PFAS, costituito da tantissimi soggetti che, tra l’altro, è
stato capace di far chiudere la Miteni e far iniziare un processo nei confronti
dei suoi dirigenti e proprietari, trova grandi difficoltà nel portare avanti la
proposta del Bando dei PFAS. Ciò accade anche per il fatto che i PFAS
sono invisibili, inodori, insapori, niente che, ad occhio nudo, possa
denunciare la loro presenza in un frutto o in una camicetta. Negli stati più
evoluti degli USA (California e New York) sono state attuate leggi che vietano
la presenza di PFAS negli indumenti. Un bel passo avanti che in Europa, per il
momento, ci sogniamo. Si stanno prescrivendo limiti di tollerabilità per alcuni
alimenti e per l’acqua ma tali limiti sono così compiacenti da non garantire
chi mangerà questi cibi da una sicura pericolosa contaminazione.
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Assemblea Movimento No PFAS Arzignano Ecofesta 22/09/2024 |
Stando
così le cose, non si vede cosa possa fare la gente per proteggere la propria
salute, oltre che arrabattarsi a cercare alimenti prodotti il più lontano
possibile dalle zone notoriamente inquinate e bere acqua filtrata.
Ma
le zone inquinate non sono soltanto quelle indicate dalla Regione. Un mancato
controllo della diffusione delle molecole PFAS ha generato una mappa a
macchia di leopardo in cui i cosiddetti punti di pressione sono un po’
dappertutto e la contaminazione dell’acqua potabile, dei fiumi, del mare e
delle falde profonde si estende ogni giorno di più.
Dobbiamo
prendere atto che siamo di fronte ad un problema gravissimo che riguarda l’intera
popolazione nazionale e internazionale, per il quale la politica tarda ad
assumere provvedimenti efficaci e risolutivi.
I
PFAS non solo sono presenti nella nostra vita quotidiana ma c’è chi propone
di bruciarli negli inceneritori di Venezia, Padova e Schio per realizzare
profitti, non tenendo conto del danno che fumi e ceneri procureranno a migliaia di cittadini
che vivono nelle vicinanze dei siti suddetti. È notorio, infatti, che nessun
inceneritore al mondo è in grado di distruggere i PFAS. Altre molecole
fluorurate, ancora più piccole, contenenti solo tre atomi di carbonio, (acronimo
TFA Acido trifluoroacetico)
CF3COOH), stanno contaminando le acque di tutta Europa, in
parte come molecole degradate dai PFAS).
Parlando del Veneto, dove viviamo e
operiamo, non possiamo non considerare le responsabilità enormi della Politica in merito
alla prevenzione e al contenimento della contaminazione da PFAS nel territorio.
La realizzazione
di una filiera alimentare certificata “PFAS FREE”, ad esempio, avrebbe
dovuto essere una delle prime iniziative da prendere.
La
richiesta del bando dei PFAS in
atto, è giusta e sacrosanta. Bisogna bloccare questa follia che distrugge la
vita. Tuttavia essa è di difficile realizzazione nell’immediato, visto il potere
enorme delle lobby e la complicità dei politici.
La
giustificazione che essi adducono al mancato recepimento del Bando PFAS, è quella secondo cui la mole di prodotti e
aziende coinvolte non consentirebbe un bando totale e immediato dei perfluorati
(monomeri, polimeri e derivati) senza creare gravi dissesti economici. In
realtà sei stati europei, che ne hanno chiesto il bando, hanno dichiarato che i
PFAS si possono sostituire, per il 95% dei casi, con prodotti equivalenti meno
dannosi. La propaganda delle lobby è
comunque condivisa anche da una parte della popolazione, ovviamente male
informata della loro nocività.
Resta
pertanto il problema di cosa fare ora e subito, nell’attesa che,
negli anni, con accidentati percorsi
politici, si giunga al bando di tali prodotti.
Per
affrontare la questione, con buone probabilità di successo, dovremo, quindi,
modificare la nostra richiesta promuovendo
una legge di iniziativa popolare (LIP) che obblighi i produttori
a dichiarare, in una etichetta accessibile al pubblico, la presenza e la quantità di PFAS nei
propri prodotti.
Parliamo dell’emersione della presenza dei PFAS nelle varie
merci, negli alimenti ecc. Essa ci consentirebbe di aprire grandi spazi per un’azione
collettiva di boicottaggio della produzione e del commercio delle "molecole eterne" ( come sono state soprannomiate per la loro indistruttibilità). Parliamo della richiesta di trasparenza.
Nessun alimento controllato e monitorato in Italia e nel Veneto fino ad oggi.
Abbiamo il diritto di sapere cosa mangiamo e cosa
indossiamo.
La
nostra richiesta non può essere contestata da alcuno senza che una grande
impopolarità investa chi ad essa si opporrebbe.
Parliamo
di una iniziativa trasversale che potrebbe trovare sostenitori anche in Parlamento
e in Europa, nelle associazioni dei consumatori ecc..
Il
problema di fatto verrebbe capovolto:
non sarebbero le istituzioni a bandire i PFAS ma i cittadini a
scegliere di non acquistarli. Le etichette ci consentirebbero finalmente di
farlo.
Del
resto, regolamenti, non solo nazionali ma anche europei, relativi alle
etichette esistono già per tutti i prodotti alimentari. Per gli imballaggi (con regole europee sempre
più stringenti); per i tessuti
(puro cotone, pura lana ecc.), per le bottiglie di acqua minerale o per
i cosmetici, dentifrici, confezioni dei
medicinali, bottiglie di vino “contiene solfiti”, nelle confezioni degli alimenti ecc. Il
Parlamento Europeo ha emanato nuove norme recentissime per gli imballaggi.
Tuttavia,
in nessun caso, si accenna alla segnalazione della presenza di residui di
pesticidi, di glifosato e soprattutto di PFAS e derivati.
Non
esiste tuttora alcun obbligo relativo alla comunicazione della loro presenza e ciò, per quello che
riguarda alimenti e cosmetici non consente di evitare la contaminazione,
esponendo ignari cittadini ad un
concreto rischio.
L’esclusione dei PFAS dal novero delle sostanze
da dichiarare nelle etichette dei prodotti
in commercio, compresi quelli BIO,
assume pertanto, un significato politico difficilmente
difendibile.
È
difficile opporsi con argomenti credibili alla richiesta di completare le
etichette dei prodotti alimentari e quelle delle altre merci indicando la
presenza di residui di sostanze nocive, nell’imballaggio o nel prodotto, dal momento che questo già lo si fa per altre
sostanze: per esempio per prodotti contenenti glutine. Ci sono, già, molte
aziende che, spontaneamente, ci tengono a dichiarare che nei loro prodotti non
c’è fluoro (alcuni dentifrici per
bambini e per adulti), aziende di articoli sportivi che hanno aderito al progetto
di Greenpeace “DETOX”.
Dirò
di più: l’obbligo di pubblicare la presenza di PFAS esiste già per i
gestori degli acquedotti, che li pubblicano bene in vista in bolletta.
La nostra proposta di una Legge
di iniziativa popolare (LIP) che imponga di dichiarare in etichetta la
presenza di PFAS, interferenti endocrini, residui di pesticidi e glifosato, pertanto,
non è campata in aria, è solida e ragionevole, non è contestabile con alcun
argomento e ha buone possibilità di andare a buon fine, se fatta propria dal Movimento
e da altre organizzazioni politiche e sindacali anche in tempi non
eccessivamente lunghi.
Non
sarà difficile, una volta fatta emergere la presenza delle molecole tossiche,
proporre alla gente di evitarle. “
Se lo sai le eviti”.
Ciò spingerebbe molte aziende ad abbandonarne l’uso
nei propri prodotti, per non perdere larghe fette di mercato. Tanti produttori
agricoli, che non si fanno scrupolo di irrorare i campi e i raccolti con pesticidi
di sintesi nei quali sono presenti PFAS per circa il 70%, potrebbero
rinunciare al loro uso orientandosi verso tecniche più compatibili con la vita.
L’obbligo della segnalazione di PFAS nei raccolti, probabilmente, diventerebbe un
deterrente all’uso di tali pesticidi o antimuffa o altro.
La campagna DETOX di Greenpeace ha già indotto moltissime
aziende, anche di grandi dimensioni e rinomanza, a escludere volontariamente i
PFAS dai propri prodotti.
Ovviamente,
l’emersione alla luce del sole della loro presenza negli oggetti della
nostra vita quotidiana non è l’unica questione di cui ci occupiamo, tuttavia la
riteniamo strategica per una vera svolta nella lotta contro la diffusione
delle molecole perfluoroalchiliche.
Riteniamo
indispensabile una riflessione comune su queste proposte da parte di coloro che da tempo si impegnano
in dure battaglie contro i PFAS. Consideriamo
l’assemblea dei NO PFAS del 22 settembre ad Arzignano un primo passo per
valutare e costruire le suddette proposte all’interno e all’esterno del
Movimento.
Ci
auguriamo che attorno ad esse si accenda una larga discussione positiva e
propositiva tale da trasformarle in un processo reale, collettivo e autonomo,
che realizzi un passo avanti decisivo nella lotta contro i PFAS
PS:
La certificazione della presenza di PFAS nei fanghi di risulta dei
depuratori potrebbe rendere non praticabile il loro smaltimento negli
inceneritori.
La certificazione della loro presenza nelle ceneri degli
inceneritori potrebbe richiedere smaltimenti nelle discariche per sostanze
tossiche, con costi che renderebbero antieconomico l’incenerimento
La presenza di PFAS negli scarichi industriali consentirebbe ai gestori della depurazione, di chiedere tariffe per il loro smaltimento molto più consistenti
delle attuali, considerando la grande difficoltà di smaltire queste molecole (attualmente
a spese della comunità).
Documenti:
Link
della rivista Money in cui vengono elencate le creme solari senza PFAS (
Come si vede il mondo del commercio comincia ad essere sensibile alla presenza
o meno dei PFAS)
https://www.money.it/creme-solari-senza-pfas-quali-sono-i-marchi-non-a-rischio
La richiesta di restrizione da parte di Danimarca, Germania,
Norvegia, Olanda e Svezia
https://ambientenonsolo.com/danimarca-germania-norvegia-olanda-e-svezia-propongono-allecha-restrizioni-per-i-pfas/
IL
REGOLAMENTO REACH
https://echa.europa.eu/it/regulations/reach/understanding-reach