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venerdì 4 ottobre 2024

PFAS: PRODUZIONE, COMMERCIALIZZAZIONE E SMALTIMENTI. UNA ETICHETTA CI SALVERA’

 RENDIAMO VISIBILE LE MOLECOLE INVISIBILI



A dieci anni dalla “scoperta" dei PFAS nel Veneto sembra che nessuna iniziativa per la protezione dei lavoratori, che operano in aziende a rischio chimico PFAS, sia stata attuata.  Non ci  risulta, infatti,  che siano mai stati richiesti esami per il monitoraggio o la ricerca dei PFAS nel sangue di chi lavora nelle tante aziende che notoriamente ne fanno uso.

La produzione globale dei PFAS è in continua crescita ma è, al contempo, assai ardua da calcolare poiché produttori e importatori non sono obbligati a dichiarare le quantità lavorate. Le stime sui volumi della produzione globale di PF vanno da 180.000 a 340.000 tonnellate annue[1].


I dati, relativi al nostro paese, ci dicono che la presenza di PFAS nel settore industriale, ma anche in altri, tra i quali fondamentali quello dell’agricoltura e dell’alimentazione, è molto vasta e di difficile esplorazione. Malgrado tale pletora di sostanze perfluorate usate nel nostro paese, nessun riscontro sembra esserci nei  Documenti aziendali della valutazione del rischio (DVR) .

 Ciò significa che nel DVR aziendale nessuno avrebbe incluso il rischio da PFAS.

Se  ciò fosse accertato, ci  troveremmo di fronte ad omissioni gravissime su larga scala. L’obiettivo che ci poniamo, pertanto, è fare emergere il rischio, obbligando così le aziende e le ULSS ad adottare le necessarie misure protettive e di prevenzione.

Del resto è noto il clima di omertà che sovrasta la grande contaminazione.

È per abbattere la totale disinformazione delle persone e dei lavoratori sui rischi che si incontrano a contatto con i PFAS (molecole tossiche e cancerogene) che quest’anno abbiamo dedicato il convegno ecologista di domenica 22 settembre alla informazione e alla presa generale di coscienza di una contaminazione destinata ad aumentare sempre più e a seminare morte e dolore nella popolazione del Veneto.:

PFAS: Produzione, commercializzazione e smaltimenti. Rendiamo visibili le molecole invisibili.” È il titolo della assemblea dei NO PFAS di Arzignano.

Infatti, malgrado incontri, conferenze, manifestazioni, presenze al processo, film ecc. il Movimento NO PFAS, costituito da tantissimi soggetti che, tra l’altro, è stato capace di far chiudere la Miteni e far iniziare un processo nei confronti dei suoi dirigenti e proprietari, trova grandi difficoltà nel portare avanti la proposta del Bando dei PFAS. Ciò accade anche per il fatto che i PFAS sono invisibili, inodori, insapori, niente che, ad occhio nudo, possa denunciare la loro presenza in un frutto o in una camicetta. Negli stati più evoluti degli USA (California e New York) sono state attuate leggi che vietano la presenza di PFAS negli indumenti. Un bel passo avanti che in Europa, per il momento, ci sogniamo. Si stanno prescrivendo limiti di tollerabilità per alcuni alimenti e per l’acqua ma tali limiti sono così compiacenti da non garantire chi mangerà questi cibi da una sicura pericolosa contaminazione.

Assemblea Movimento No PFAS Arzignano Ecofesta 22/09/2024



Stando così le cose, non si vede cosa possa fare la gente per proteggere la propria salute, oltre che arrabattarsi a cercare alimenti prodotti il più lontano possibile dalle zone notoriamente inquinate e bere acqua filtrata.

Ma le zone inquinate non sono soltanto quelle indicate dalla Regione. Un mancato controllo della diffusione delle molecole PFAS ha generato una mappa a macchia di leopardo in cui i cosiddetti punti di pressione sono un po’ dappertutto e la contaminazione dell’acqua potabile, dei fiumi, del mare e delle falde profonde si estende ogni giorno di più.

Dobbiamo prendere atto che siamo di fronte ad un problema gravissimo che riguarda l’intera popolazione nazionale e internazionale, per il quale la politica tarda ad assumere provvedimenti efficaci e risolutivi.

I PFAS non solo sono presenti nella nostra vita quotidiana ma c’è chi propone di bruciarli negli inceneritori di Venezia, Padova e Schio per realizzare profitti, non tenendo conto del danno che fumi e ceneri procureranno a migliaia di cittadini che vivono nelle vicinanze dei siti suddetti. È notorio, infatti, che nessun inceneritore al mondo è in grado di distruggere i PFAS. Altre molecole fluorurate, ancora più piccole, contenenti solo tre atomi di carbonio, (acronimo TFA  Acido trifluoroacetico)  CF3COOH), stanno contaminando le acque di tutta Europa, in parte come molecole degradate dai PFAS).    

            Parlando del Veneto, dove viviamo e operiamo, non possiamo non considerare le  responsabilità enormi della Politica in merito alla prevenzione e al contenimento della contaminazione da PFAS nel territorio.                                                                              La realizzazione di una filiera alimentare certificata “PFAS FREE”, ad esempio, avrebbe dovuto essere una delle prime iniziative da prendere.

La richiesta del bando dei PFAS  in atto, è giusta e sacrosanta. Bisogna bloccare questa follia che distrugge la vita. Tuttavia essa è di difficile realizzazione nell’immediato, visto il potere enorme delle lobby e la complicità dei politici.

La giustificazione che essi adducono al mancato recepimento del Bando PFAS,  è quella secondo cui la mole di prodotti e aziende coinvolte non consentirebbe un bando totale e immediato dei perfluorati (monomeri, polimeri e derivati) senza creare gravi dissesti economici. In realtà sei stati europei, che ne hanno chiesto il bando, hanno dichiarato che i PFAS si possono sostituire, per il 95% dei casi, con prodotti equivalenti meno dannosi. La  propaganda delle lobby è comunque condivisa anche da una parte della popolazione, ovviamente male informata della loro nocività.

Resta pertanto il problema di cosa fare ora e subito, nell’attesa che, negli anni,  con accidentati percorsi politici, si giunga al bando di tali prodotti.

Per affrontare la questione, con buone probabilità di successo, dovremo, quindi, modificare la nostra richiesta promuovendo  una legge di iniziativa popolare (LIP) che obblighi i produttori a dichiarare, in una etichetta accessibile al pubblico,  la presenza e la quantità di PFAS nei propri prodotti.

Parliamo dell’emersione della presenza dei PFAS nelle varie merci, negli alimenti ecc.  Essa   ci consentirebbe  di aprire grandi spazi per un’azione collettiva di boicottaggio della produzione e del commercio delle "molecole eterne" ( come sono state soprannomiate per la loro indistruttibilità).  Parliamo della richiesta di trasparenza.

Nessun alimento controllato e monitorato in Italia e nel Veneto fino ad oggi.

Abbiamo il diritto di sapere cosa mangiamo e cosa indossiamo.                                   

La nostra richiesta non può essere contestata da alcuno senza che una grande impopolarità investa chi ad essa si opporrebbe.

Parliamo di una iniziativa trasversale che potrebbe trovare sostenitori anche in Parlamento e in Europa, nelle associazioni dei consumatori ecc..

Il problema di fatto verrebbe capovolto:

non sarebbero le istituzioni a bandire i PFAS ma i cittadini a scegliere di non acquistarli. Le etichette ci consentirebbero finalmente di farlo.



Del resto, regolamenti, non solo nazionali ma anche europei, relativi alle etichette esistono già per tutti i prodotti alimentari.  Per gli imballaggi (con regole europee sempre più stringenti); per i tessuti  (puro cotone, pura lana ecc.), per le bottiglie di acqua minerale o per i  cosmetici, dentifrici, confezioni dei medicinali, bottiglie di vino “contiene solfiti”, nelle confezioni  degli alimenti ecc.                                                                                                                                                 Il Parlamento Europeo ha emanato nuove norme recentissime per gli imballaggi.

Tuttavia, in nessun caso, si accenna alla segnalazione della presenza di residui di pesticidi, di glifosato e soprattutto di PFAS e derivati.

Non esiste tuttora alcun obbligo relativo alla comunicazione  della loro presenza e ciò, per quello che riguarda alimenti e cosmetici non consente di evitare la contaminazione, esponendo  ignari cittadini ad un concreto rischio.

 L’esclusione dei PFAS dal novero delle sostanze da dichiarare nelle etichette dei  prodotti in commercio, compresi  quelli BIO, assume  pertanto,  un significato politico difficilmente difendibile.

È difficile opporsi con argomenti credibili alla richiesta di completare le etichette dei prodotti alimentari e quelle delle altre merci indicando la presenza di residui di sostanze nocive, nell’imballaggio o nel prodotto,  dal momento che questo già lo si fa per altre sostanze: per esempio per prodotti contenenti glutine. Ci sono, già, molte aziende che, spontaneamente, ci tengono a dichiarare che nei loro prodotti non c’è fluoro  (alcuni dentifrici per bambini e per adulti), aziende di articoli sportivi che hanno aderito al progetto di Greenpeace “DETOX”.



Dirò di più: l’obbligo di pubblicare la presenza di PFAS esiste già per i gestori degli acquedotti, che li pubblicano bene in vista in bolletta.

            La nostra proposta di una Legge di iniziativa popolare (LIP) che imponga di dichiarare in etichetta la presenza di PFAS, interferenti endocrini, residui di pesticidi e glifosato, pertanto, non è campata in aria, è solida e ragionevole, non è contestabile con alcun argomento e ha buone possibilità di andare a buon fine, se fatta propria dal Movimento e da altre organizzazioni politiche e sindacali anche in tempi non eccessivamente lunghi.

Non sarà difficile, una volta fatta emergere la presenza delle molecole tossiche, proporre alla gente di evitarle.                                                                                                                                               Se lo sai le eviti”. 

Ciò spingerebbe molte aziende ad abbandonarne l’uso nei propri prodotti, per non perdere larghe fette di mercato. Tanti produttori agricoli, che non si fanno scrupolo di irrorare i campi e i raccolti con pesticidi di sintesi nei quali sono presenti PFAS per circa il 70%, potrebbero rinunciare al loro uso orientandosi verso tecniche più compatibili con la vita. L’obbligo della segnalazione di PFAS nei raccolti, probabilmente, diventerebbe un deterrente all’uso di tali pesticidi o antimuffa o altro.

La campagna DETOX di Greenpeace ha già indotto moltissime aziende, anche di grandi dimensioni e rinomanza, a escludere volontariamente i PFAS dai propri prodotti.

Ovviamente, l’emersione alla luce del sole della loro presenza  negli oggetti della nostra vita quotidiana non è l’unica questione di cui ci occupiamo, tuttavia la riteniamo strategica per una vera svolta nella lotta contro la diffusione delle molecole perfluoroalchiliche.

Riteniamo indispensabile una riflessione comune su queste proposte  da parte di coloro che da tempo si impegnano in dure battaglie contro i PFAS.    Consideriamo l’assemblea dei NO PFAS del 22 settembre ad Arzignano un primo passo per valutare e costruire le suddette proposte all’interno e all’esterno del Movimento.

Ci auguriamo che attorno ad esse si accenda una larga discussione positiva e propositiva tale da trasformarle in un processo reale, collettivo e autonomo, che realizzi un passo avanti decisivo nella lotta contro i PFAS

 


 PS: La certificazione della presenza di PFAS nei fanghi di risulta dei depuratori potrebbe rendere non praticabile il loro smaltimento negli inceneritori.

La certificazione della loro presenza nelle ceneri degli inceneritori potrebbe richiedere smaltimenti nelle discariche per sostanze tossiche, con costi che renderebbero antieconomico l’incenerimento

La presenza di PFAS negli scarichi industriali consentirebbe ai gestori della depurazione, di chiedere tariffe per il loro smaltimento molto più consistenti delle attuali, considerando la grande difficoltà di smaltire queste molecole (attualmente a  spese della comunità).

Documenti:

Link della rivista Money in cui vengono elencate le creme solari senza PFAS ( Come si vede il mondo del commercio comincia ad essere sensibile alla presenza o meno dei PFAS)

https://www.money.it/creme-solari-senza-pfas-quali-sono-i-marchi-non-a-rischio

 

La richiesta di restrizione da parte di Danimarca, Germania, Norvegia, Olanda e Svezia

https://ambientenonsolo.com/danimarca-germania-norvegia-olanda-e-svezia-propongono-allecha-restrizioni-per-i-pfas/

 

IL REGOLAMENTO REACH

https://echa.europa.eu/it/regulations/reach/understanding-reach

 

  


 

 



[1] “Pfas, una contaminazione persistente, pervasiva e pericolosa” Cordiano e Murgia. Pag.44-45 . nelle pagine 45 e 46 dello stesso volume sono tabellati settori industriali e altre categorie d’impiego di Pfas e altre categorie d’uso.

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