DESERTIFICAZIONE
CLIMATICA E DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE MARCIANO DI PARI PASSO CON
L’ESCALATION DELLA GUERRA.
L’Europa
è malata. Un focolaio cronico di guerra nel proprio territorio agisce
come un focus malefico che, col tempo, tende ad espandersi e a coinvolgere
l’intero continente in una guerra che in realtà i popoli europei non
desiderano affatto. Tanto meno la vuole il popolo italiano che, in
contrasto con le dichiarazioni euforiche di Draghi e di una casta dirigente
irresponsabile, sente già i morsi dell’inflazione e dei rincari abnormi dei
prezzi dell’energia.
La paura
della disoccupazione attanaglia il cuore della gente quando il costo della
vita diventa più caro. Questa è la realtà che vivono la maggior parte degli
italiani cui il Presidente del Consiglio raccomanda, paternalisticamente, di
abbassare il termostato nelle abitazioni.
Dai
sondaggi di oggi si apprende che un italiano su due è critico nei confronti
dell’uso delle sanzioni che, di fatto, sono un atto unilaterale di guerra
contro la Russia.
Malgrado
la stampa mainstream cerca di sostenerle
con analisi poco convincenti sul presunto danno che esse starebbero arrecando
alla Russia, le sanzioni, a prescindere dalle motivazioni che le hanno
indotte, si sono dimostrate un mezzo inefficace e controproducente. Si
tratta di una semplice constatazione di quanto sta avvenendo in Europa e nel
mondo.
In
realtà è nell’interesse dei cittadini e degli Stati europei aprire immediatamente
delle trattative con la Russia per rimuoverle in cambio della apertura di una
conferenza per la pace.
La Ue si trova in una situazione
difficilissima, provocata dalla chiusura del gasdotto Nord Stream.
Forse i politici europei si aspettavano che
dopo le sanzioni Putin li ringraziasse e porgesse l’altra guancia? È ovvio che
ad un’azione che aveva la finalità di distruggere l’economia russa questa
ripagasse i suoi antagonisti con egual moneta.
È ridicolo parlare di “Ricatto” come fa un noto capo partito, seguito
dalla ,propaganda bellicista della Rai e dei giornali. Non c’è nessun ricatto .
L’azione di Putin è conseguente ed era prevedibilissima da parte dei Governi
europei.
Non averne tenuto conto, da parte di chi ha
una economia energetica come l’Italia basata in massima parte sulle
importazioni di gas dalla Russia, è stato un errore ingiustificabile,
considerate le conseguenze drammatiche che ne sono conseguite?
Evidentemente Draghi ha preferito affrontare i
rischi di una reazione da parte della Russia allineandosi alle richieste degli
Stati Uniti che la pretendevano anche per rilanciare la produzione del loro
scisto gas agonizzante. Si tratta pertanto di una scelta politica di chi sa
benissimo a cosa gli italiani andranno incontro a causa di essa.
È
ipocrita, come fanno alcuni fautori delle sanzioni, accampare motivazioni
“morali” sull’acquisto di petrolio o gas da uno stato non democratico.
Non
hanno alcun senso e servono solo a fuorviare la discussione dai punti reali, le
condanne del potere autocratico di Putin, che comunque è riconosciuto da tutti, ma che era ampiamente tollerato dagli
acquirenti del gas russo fino a un mese prima della guerra.
Nella
foga della condanna delle autocrazie, dimentichiamo che stiamo acquistando gas
da feroci dittature come quella della Arabia Saudita (attualmente impegnata
nell’aggressione allo Yemen insieme agli Americani), che firmiamo ulteriori
contratti con Algeria, Mozambico ecc. Sorvoliamo sul fatto che doniamo
motovedette alla Libia, e non ci vergogniamo di vendere armi e navi al
dittatore Al Sisi, primo responsabile della tortura e dell’omicidio di un nostro
caro connazionale.
La
condanna dell’invasione è una nobile giustificazione che condividiamo anche se,
onestamente, si dovrebbe tenere conto anche del colpo di stato in Ucraina, della
guerra civile, caratterizzata da stragi e bombardamenti, che dal 2014 viene
condotta dal Governo ucraino e dai battaglioni nazisti incorporati
nell’esercito nazionale, contro le popolazioni russofone che vivono nel Donbass.
Non
riteniamo comunque utile impegnarsi, in una discussione complessa, anche se
necessaria, sulle questioni nate dal crollo dell’Unione Sovietica, poiché la riteniamo, in questo momento,
fuorviante rispetto all’obiettivo che
ci proponiamo che è quello del raggiungimento della pace.
A chiusura
di questa parentesi, riteniamo che sarebbe opportuno che chi si scandalizza
giustamente dell’invasione dell’Ucraina usasse lo stesso tono e uguale
atteggiamento nei confronti, per esempio, di ISRAELE che da più di quarant’anni
occupa i territori palestinesi e tiene chiuse nel ghetto di Gaza due milioni di
persone che non possono uscire e andar via da quell’inferno.
Torniamo dunque alla questione che ci riguarda attualmente.
Siamo
coscienti che i popoli europei da questo conflitto hanno tutto da perdere, ma
non tutti sanno che le grandi compagnie e la borsa stanno realizzando, grazie alla
guerra, enormi profitti.
Basta
leggere l’articolo di MARCO PALOMBI, recentemente pubblicato sul Fatto
Quotidiano, per capire come in realtà stanno le cose.
“SUPERPROFITTI E INFLAZIONE
I dividendi crescono 20 volte più dei salari (e fanno salire i prezzi)
Casomai a qualcuno fosse venuto in mente che forse, magari, anche la
rendita finanziaria stesse pagando la crisi dei prezzi, ecco no, non sta
andando così. Quelli che vedete in pagina sono dati elaborati dalla European
Trade Union Confederation (Etuc), la confederazione dei sindacati europei,
che mostra come i dividendi staccati nella sola Unione europea nel secondo
trimestre 2022 siano cresciuti rispetto al 2021 a una velocità sette volte maggiore
rispetto agli stipendi.
IN ITALIA VA PURE PEGGIO:
le cedole per gli azionisti sono salite di uno spettacoloso 72,2%, venti
volte più dei salari, previsti in aumento del 3,7% anno su anno, per una volta in
linea con la media europea (3,8%). Ovviamente, visto che l’inflazione ormai
flirta con la doppia cifra un po’ in tutto il continente, ne
consegue che i salari stanno perdendo un’enormità di potere d’acquisto,
chi estrae profitti dalle aziende quotate invece sta battendo la dinamica dei
prezzi di tre volte almeno (e di otto volte e mezza in Italia).
Qualcuno potrebbe pensare: dati inaffidabili, sono i sindacati che ci
marciano. Non è così, nel senso che l’inflazione e la dinamica salariale attesa
sono dati ufficiali dell’Ue, l’analisi sui dividendi è ripresa dal “Global
Dividend Index” del colosso angloamericano di asset management Janus
Henderson, che certo non è contrario all’aumento dei dividendi. E che dice
l’aggiornamento di agosto di questo Global Index? Che nel l’aumento dei prezzi
dell’energia” e“ in media, i profitti hanno recentemente contribuito
in modo chiave all’inflazione interna totale, al di sopra del loro contributo
storico”, ha detto a fine maggio Isabel Schnabel, economista e membro tedesco
del board della Banca centrale europea. “È ora di mettere fine a questa
truffa”, è il commento dell’irlandese Esther Lynch, vicesegretaria
dell’Etuc:
“Ai lavoratori viene detto che non
è il momento per un aumento di stipendio, intanto gli azionisti stappano
champagne. È un doppio insulto perché le aziende che non riescono a dare ai
lavoratori un dignitoso aumento salariale, e quindi li condannano a perdere
potere d’acquisto, stanno anche facendo salire l’inflazione”.
Una situazione semplicemente “inaccettabile”, venuta dal settore
bancario”, scrive Janus Henderson, ma anche la Atlantia dei Benetton
è tornata a “dividendi vicini ai livelli pre-pandemia”, per non parlare dell’Eni.
Riassunto: “I dividendi italiani sono in corsa per un anno record”
(nonostante il dollaro forte).
Può sembrare solo l’ennesima prova di un sistema basato su crescenti
disuguaglianze, ma non è solo questo: nel folle periodo seguito alle
riaperture post-Covid, i profitti delle aziende sono stati un fattore anche
per la crescita globale dell’inflazione.
Non è una teoria da
pazzoidi, tanto che l’ha sostenuta la stessa Bce: “Molte aziende sono
state in grado di espandere i propri profitti unitari in un contesto di eccesso
di domanda globale nonostante secondo trimestre 2022 le 1.200 aziende quotate
più grandi al mondo hanno distribuito cedole per la bellezza di 544,8 miliardi
di dollari, l’11,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno prima; che il
94% del campione ha aumentato o confermato i dividendi precedenti; che l’Europa
è stata una delle chiavi di questo aumento globale col suo 28,7% di crescita;
infine che sono stati non sorprendentemente i settori Oil & Gas, materie
prime e finanziario a staccare gli assegni più grossi”. E l’Italia?
“Più della metà del +72,2% dei dividendi italiani è dice il segretario
della Uil Pierpaolo Bombardieri: “Quando più di un anno fa la Uil ha
iniziato a chiedere la tassazione degli extraprofitti qualcuno ci ha
insultato. Oggi è evidente a tutti che è questo uno dei principali strumenti
per arginare la deriva economica e i danni sociali che siamo costretti a
subire. Bisogna agire subito e con assoluta determinazione”.
COME FORSE È SCONTATO, non tutti sono d’accordo. Ieri al meeting di Cernobbio
il presidente di Intesa San Paolo Gian Maria Gros-Pietro s’è detto
invece preoccupato della “spirale prezzi-salari”, cioè che una eccessiva
crescita degli stipendi possa far salire i prezzi in una sorta di circolo
vizioso. Gli azionisti di Intesa hanno maturato 1,6 miliardi di dividendi
solo nel primo semestre 2022.”
Da sempre chi trae profitto dalle
guerre sono i grandi ricchi e chi ci rimette è il resto della popolazione.
Il testo di Marco Colombi parla chiaro ed è
inoppugnabile.
Dietro le nobili motivazioni dell’establishment occidentale si nascondono sporchi
commerci ed episodi di land grabbing[1]
Il quarto rapporto FOCSIV ci spiega cosa sta
succedendo nel mondo e in Europa con
l’accaparramento da parte di poche multinazionali della maggior parte dei
terreni coltivabili.
“Land grabbing, i padroni
della terra allungano
le mani
Presentato
il quinto rapporto Focsiv sul
land grabbing, ovvero
l'accaparramento delle terre. Un fenomeno in continuo peggioramento
28.06.2022
“La guerra in Ucraina,
la crisi ambientale generata dai cambiamenti climatici, l'aumento dei prezzi dei generi alimentari ed
energetici, la speculazione finanziaria. Tutti questi
fenomeni stanno peggiorando il problema
del land grabbing, l'accaparramento di terre, come già era avvenuto con la crisi economica e alimentare del 2008.
La corsa alla terra avviene soprattutto da parte degli attori pubblici e privati
appartenenti ai sistemi geopolitici più potenti.
Che ora entreranno ancora più in competizione
per accedere e controllare le risorse strategiche.”
Queste sono le premesse da cui è
partita l'ong Focsiv[2] per presentare la quinta edizione
de "I padroni
della terra". Si tratta di un
rapporto annuale sul fenomeno del land grabbing, con un
focus sull'Ucraina.
“Dei
60 milioni di ettari di superficie totale dell’Ucraina, “il 55% è classificato
come terreno coltivabile, la percentuale più alta in Europa. A milioni di
abitanti dei villaggi ucraini, con la privatizzazione dei terreni durante il
processo di riforma agraria, sono stati assegnati piccoli appezzamenti di
terreni, in media quattro ettari che in precedenza, sotto l’Unione Sovietica,
erano di proprietà statale o comunale.
I grandi investitori, con il tempo, hanno
aggirato il divieto di vendita della terra, imposto dalla moratoria, grazie
alla messa in atto di contratti di affitto.[3]
La mancanza di capitale e la frammentazione
degli appezzamenti ha costretto molti contadini dei villaggi ad affittare a
cifre irrisorie la loro terra, oggi migliaia di questi appezzamenti sono
concentrati sotto il controllo di grandi aziende agricole”.
“La
guerra dell’Est europeo, così come la pandemia prima, non ha rallentato
il fenomeno, anzi sono proprio queste crisi, come quella del 2008 con il
crollo di Wall Street, che generano ed alimentano la competizione degli attori
sovrani e di mercato più potenti per accordarsi con le élite locali
appropriandosi di terre fertili e di risorse minerarie per il
proprio tornaconto a discapito dei popoli che da secoli vi vivono”, rileva il
Rapporto che è stato presentato oggi a Roma.
I principali accaparratori sono soprattutto i Paesi "occidentali"
più ricchi. Dal Canada
(quasi 11 milioni di ettari) alla Gran Bretagna, passando per gli Stati Uniti (quasi 9 milioni di ettari), la Svizzera e il Giappone. Seguono le nuove grandi
economie come la Cina (5,2 milioni
di ettari) e l'India. Assieme alla Malesia (4,2 milioni
di ettari) e alla sede di imprese multinazionali come Singapore (3 milioni di ettari).
Ci sono poi territori dove l'accaparramento è interno e avviene da imprese dello stesso Paese. È il caso della Russia,
che conta ben 26,4 milioni
di ettari accaparrati in questo modo.
Più della
metà della terra fertile dell’Ucraina era già venduta a compagnie multinazionali
nel 2015.
C’è chi
si appropria della terra con i carri armati e chi con le banche ma la sostanza
non cambia.
Un aspetto che nessuno ha messo a fuoco in
questi mesi è la sorte delle donne ucraine emigrate all’estero in cerca di lavoro. Una
migrazione di donne nei paesi europei, e in particolare in Italia, iniziata in tempi non
recenti, più di 20 anni, rispetto all’attuale fuga dalla guerra. Sono le
cosiddette badanti, costrette a lasciare le proprie famiglie, spinte
dalla fame, per venire ad accudire i vecchi in Italia.
Strano
Paese di cui si decantano le enormi risorse economiche disponibili però solo per
le multinazionali e per gli oligarchi locali. Splendido esempio di democrazia
postcomunista e di solidarietà sociale. Non si riflette ipocritamente su questo
fenomeno che coinvolge centinaia di migliaia di poverette, costrette a lasciare
la propria casa e i propri cari per anni, segno di una organizzazione sociale
fondata su un estremo sfruttamento delle persone.
Adesso
Zelenski chiude il cerchio inviando al fronte i loro figli e nipoti. Quando esse
ritorneranno a casa troveranno ridotti
in fumo i sacrifici di una intera vita. Riflettiamo su una guerra che non è
guerra tra popoli ma tra oligarchie di vario genere e di varia provenienza,
indifferenti alla sofferenza della gente.
Contro la
guerra pubblichiamo un appello della Società della cura
Contro la
guerra, un’altra società
“teniamoci
liberi in autunno”
Giovedì 23
giugno
“La guerra
continua con il suo carico di morti, distruzione, devastazione. Nessun attore
istituzionale sembra volerla fermare, praticando davvero e con coerenza quello
che sarebbe da subito necessario: il cessate il fuoco e l’avvio di veri
negoziati.
La guerra
continua e investe le nostre vite. Aumenta le diseguaglianze sociali, ingabbia
la cultura e sottrae democrazia. Chiude tutte le faglie aperte dalla pandemia e
rimette in un angolo ogni possibile trasformazione sociale. Persino il Recovery
Plan, che abbiamo contestato contrapponendogli il nostro Recovery Planet, viene
completamente rimosso e si parla ormai apertamente di Recovery di guerra.
Tagli alla
sanità e all’istruzione e corsa al riarmo, aumento delle spese militari e
apertura di nuove basi militari, come quella a Coltano, dentro un parco
nazionale.
Nessuna transizione ecologica all’orizzonte,
ma “più carbone, più trivellazioni e rilancio del nucleare”. Nessuna sovranità
alimentare, ma nuovi finanziamenti all’agro-business e via libera agli ogm.
Nessuna tutela dei beni comuni, ma lancio di una nuova stagione di
privatizzazioni.
Fermare la
guerra è la priorità.
Per farlo
occorre costruire un’altra società. In questi anni abbiamo aperto importanti
spazi di convergenza tra i movimenti e abbiamo proposto un nuovo orizzonte
comune: uscire dall’economia del profitto per costruire la società della cura,
nella consapevolezza che nessuna/o si salva da sola/o.
Occorre
uscire dalla logica dell’emergenza decretata dai poteri dominanti, occorre
agire l’urgenza di un cambiamento dal basso. Per questo, rilanciamo il confronto,
la partecipazione e l’inclusione, chiedendo anche noi a tutte e tutti di
“tenersi liberi in autunno”
Intervenuti (in ordine alfabetico):
Mario
Agostinelli (Laudato Sì) - Guendalina Anzolin (Paese Reale) - Fabio Alberti (Un
ponte per) - Ari (Associazione Rurale Italiana) - Piero Bernocchi (Cobas) -
Marco Bersani (Attac Italia)- Paolo Cacciari (Associazione per la Decrescita) -
Loris Caruso (Paese reale)- Antonio De Lellis (CDTM) - Renato Di Nicola
(Climate Camp- Campagna Fuori dal Fossile) - Monica Di Sisto (Fair Watch) -
Extinction
Rebellion - Tommaso Fattori
(Firenze2022) - Emanuele Genovese (Friday For Future) - Elena Giuliani
(Comitato Piazza Carlo Giuliani) - Gruppo Femm Società della Cura - Roberto
Guaglianone (Tavolo Migranti SdC) - Giulio Marcon (Sbilanciamoci) - Walter
Massa (Arci) - Manuel Masucci (Rete Conoscenza) - Corrado Oddi (Forum italiano
dei movimenti per l’acqua) - Claudio Riccio (UP-Su la testa) - Dario Salvetti
(Collettivo di Fabbrica Gkn) - Francesco Sinopoli (FLC-CGIL) - Barbara Tibaldi
(FIOM-CGIL) - Edoardo Turi (Forum Diritto alla Salute)
GUERRA, PACE
e CENSURA
Siamo per la pace da sempre e manifestiamo per essa
senza se e senza ma. Lo fanno in tanti, singoli cittadini, associazioni, gruppi
ma non è dato sapere chi siamo, quanti siamo, cosa facciamo.
Intanto, il 3 settembre 2022 migliaia di
manifestanti a Praga manifestano contro la guerra e il carovita.
Silenzio in Italia, nessun telegiornale ne parla, nessun politico candidato alle prossime
elezioni ne fa cenno.
Tutti zitti e allineati ma in settantamila a Praga
protestano contro la Nato, le sanzioni contro Mosca e contro il governo
Fiala al grido" prima la Repubblica Ceca"
In Italia tutti zitti... tranne Zelensky che parla per gli italiani anche al festival del
cinema di Venezia.
Chiediamo allora ai nostri politici.
Che fate?
IL PREZZO DEL GAS
Oltre alla speculazione delle borse il
prezzo del gas è legato anche alla modalità con cui si estrae dal sottosuolo ed
è di estrema importanza, in questi giorni in cui gli abitanti di PIOMBINO
lottano contro la costruzione di un rigassificatore, sapere esattamente di cosa
si tratta.
Articolo di Vladimiro
Vaia:
“Una nave gasiera di ultima generazione può trasportare fino a 200.000
metri cubi di gas liquefatto. Nel processo di liquefazione
il volume del gas viene ridotto di circa 600 volte.
Per farlo si porta il gas a -160 gradi centigradi, temperatura che dovrà essere mantenuta
durante tutto il trasporto.
Una volta arrivato a destinazione il GNL[4] dovrà essere rigassificato riportandolo gradualmente alla temperatura ambiente.
Il processo di liquefazione e rigassificazione richiede un'energia pari a circa il 30% della resa in combustione del gas, quindi il GNL parte già
fortemente penalizzato in competitività, se poi aggiungiamo i costi di
trasporto, è evidente che con questa soluzione avremo bollette molto più
care.
A parte
tutto ciò va poi considerato l'aspetto ecologico.
Gli USA hanno promesso alla UE 15 miliardi
di metri cubi di gas l'anno che rappresentano meno del 20% del
solo fabbisogno italiano.
15 miliardi
di metri cubi di gas, una volta
liquefatti, si trasportano mediamente con 125
gasiere. Una nave impiega circa 20 giorni per attraversare
l'atlantico e raggiungere l'Italia dagli USA.
Altri 20
giorni servono per il percorso inverso, (più almeno 2 giorni per le operazioni
di carico e scarico).
Per il tragitto attraverso l'Atlantico la nave brucia circa 4000 chili di gasolio
marittimo ogni ora,
96.000 chili al giorno, che per 40 giorni del
viaggio di andata e ritorno dagli USA fanno quasi 4000 tonnellate.
Moltiplicate per 125 viaggi sono mezzo milione di tonnellate di gasolio bruciato
in un anno, per trasportare il gas in Europa, con
tutte le emissioni nocive del caso.
Ma non è tutto.
Negli USA non ci sono sacche di gas naturale come quelle siberiane
(o se esistono, sono in via di esaurimento).
Il gas americano è quasi tutto "di scisto" o shale gas.
Si tratta di
gas intrappolato in rocce sedimentarie argillose.
L'estrazione
di questo gas avviene con un processo denominato Fracking.
Sottoterra si trivellano pozzi
orizzontali, lunghi anche
diversi chilometri, nei quali vengono
fatte brillare cariche esplosive. Poi vi si inietta
acqua ad alta pressione, mescolata a sabbia e additivi chimici.
Questo permette di frantumare le rocce argillose, da cui possono
così liberarsi il petrolio o il gas, che salgono
in superficie attraverso il pozzo.
Il
territorio e l'ambiente ne escono devastati.
I problemi
collaterali di questo
genere di estrazioni, infatti, sono gravissimi.
L'impossibilità di
assicurare la perfetta tenuta delle tubazioni nei pozzi, causa l'irrimediabile inquinamento
delle falde acquifere, che si trovano
a metà strada tra i giacimenti e la superficie; inoltre, va ricordato
che il metano è
un potente gas serra e una parte di quello estratto si libera
nell'atmosfera.
Ogni pozzo occupa in media 3,6 ettari di territorio e richiede enormi quantità
di acqua (da 10 a 30 milioni
di litri), e di sabbia.
La sabbia
deve essere estratta, raffinata, caricata e trasportata su treni
(100 carri
ferroviari per ogni pozzo), accumulata in depositi e infine
trasportata con automezzi fino
al punto di utilizzo.
Uno degli impatti ambientali più preoccupanti è legato all’acqua utilizzata per il fracking, che risale poi in
superficie e deve essere smaltita come rifiuto nocivo, in quanto
contaminata.
L’unica soluzione praticabile è trasportarla con autobotti in altre zone,
dove viene stivata
nel sottosuolo, con ulteriore inquinamento.
Tutta questa
attività inoltre, stimola faglie sismiche sotterranee e induce
terremoti.
Nel 2007 in Oklahoma c’era stato un solo terremoto, mentre nel 2015 ve ne sono stati oltre 900; per la maggior
parte sono stati lievi, ma alcuni hanno provocato molti danni.
In pratica, una zona virtualmente non sismica è stata trasformata in pochi anni nel territorio più sismico degli Stati Uniti, proprio a causa dello smaltimento
dei liquidi usati per l’estrazione di idrocarburi di scisto nelle profondità
del sottosuolo.
Intendiamoci, anche i russi e gli azeri hanno devastato il mar Caspio per l'estrazione del petrolio, ma importare
gas dagli USA è l'operazione ecologicamente più stupida che si possa fare.
Va detto che la maggior parte
delle imprese di shale oil e shale gas degli USA erano a rischio di
fallimento a causa dei bassi prezzi di mercato. In particolare le società più piccole non riuscivano ad essere competitive con le estrazioni tradizionali, proprio per gli altissimi costi
del fracking. Ora la guerra le ha "Miracolosamente" rivitalizzate
tutte.”
manifestazione contro il rigassificatore a Piombino
EPILOGO
Quanto
accade non è certo causa dell’impreparazione del nostro cosiddetto Governo dei
Migliori e dei suoi lacchè, compresa tra
questi ultimi la signora Meloni che sostiene l’invio di armi, un
rafforzamento delle sanzioni, atlantismo ecc., aderendo totalmente all’Agenda
del Governo di cui si auto proclama all’opposizione. (Qualcuno glie lo ha fatto
notare?)
Ci impongono i rigassificatori
dando a bere all’opinione pubblica che queste strutture iper costose e
fortemente penalizzanti per l’ambiente, servono per la nostra economia.
In realtà Il Governo e la stampa prona
sanno benissimo che questo è un balzello che paghiamo agli americani il
cui shale gas, senza questa splendida nuova occasione, sarebbe stato
sull’orlo del fallimento.
Questa tariffa rientra nel nostro “obolo”
all’Impero così come l’acquisto di decine di aerei F 35.
Quando parliamo di DOMINIO dell’impero
americano è proprio questo che
intendiamo.
Il nostro debito pubblico è alle stelle, non certo perché “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, come ci raccontano, ma in seguito ad un accordo scellerato, siglato nel 1981, tra il governatore della Banca d’Italia Ciampi e il ministro del Tesoro Andreatta[5].
A causa di ciò, da allora, il debito pubblico che era nella media europea, è giunto, con automatismi e regolette ad hoc, a 2700 miliardi di Euro.
Il popolo italiano nel 2022 spende il
3,5% del PIL per interessi sul debito, per un controvalore di 65,7
miliardi di euro: si tratta di oltre un terzo (35,6%) del totale
dell'Eurozona e dell'importo più elevato nell'Ue, superiore a quello di Francia
(37,2 miliardi) e Spagna (26,9 miliardi) messe insieme.
Malgrado ciò quest’anno abbiamo superato il
muro dei 25 miliardi nel budget per la Difesa con un aumento del 3,4%
rispetto al 2021 e un balzo di quasi il 20% in 3 anni. Un miliardo in più
per l’acquisto di nuovi armamenti: 8,27 miliardi complessivi (record
storico).
Vi sembra che il nostro debito pubblico possa permettere al
Paese queste spese per il riarmo? Si teme di nuovo che i cavalli dei cosacchi
vengano ad abbeverarsi nelle fontane di Piazza San Pietro come si diceva nella
propaganda democristiana del 1948?
In realtà, grazie a Governi servili, siamo spremuti ben
bene come è stato fatto con la Grecia. Questo è in sostanza il succo
dell’ATLANTISMO in un clima di liberismo sfrenato e agonizzante, che ci viene
propinato dal Governo dei Migliori.
Costoro hanno giurato fedeltà alla Costituzione e al Popolo
Italiano. Vi sembra che stiano rispettando il giuramento?
La politica di lor signori, condanna gli
italiani al freddo, alla inflazione,
alla disoccupazione e alla precarietà di una situazione diventata ormai
insostenibile destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi e anni.
Ricordiamoci
che Biden in uno dei primi interventi sulla guerra in Ucraina disse che
“sarebbe stata una guerra di lunga durata”. Si lasciò sfuggire che il suo scopo
era destabilizzare la Russia.
Così viene alimentato in Europa un bubbone che ha già
assicurato molti frutti a pirati sociali, banchieri, costruttori di armi e
guerrafondai.
Le sanzioni imposte dagli USA sono una gabbia commerciale per favorire l’Impero
americano in declino. Le provocazioni di questi giorni a TAI WAN mirano a
erigere un’altra gabbia, questa volta contro la Cina.
I sostenitori ad oltranza della Via americana al
disastro ci accusano di essere i soliti “ambientalisti di vecchia
maniera” che vedono solo le colpe
dell’America e tifano per il dittatore Putin. Chi sta leggendo questo articolo può
prendere atto dei dati reali che sconfessano il liso ritornello dei
filoamericani ad ogni costo.
Il Movimento non violento contro la guerra indica l’unica via realistica per uscire dal conflitto.
Papa Francesco,
fin dall’inizio delle ostilità, ha pregato e operato per la pace, con lucidità
e autonomia di giudizio, restando al di sopra delle parti come deve essere
un vero operatore di pace.
La guerra, con tutto
quello che ne consegue, è causa di accelerazione del riscaldamento terrestre.
Si riaprono le centrali a carbone, si rilancia
lo scisto gas e si minaccia il disastro nucleare, incendi ed esplosioni
contaminano l’atmosfera.
Quando la guerra sarà
finita saremo ancora in tempo e avremo le risorse per recuperare il pianeta? La
crisi climatica in atto ci dice che questa non sarà una guerra qualunque. I
folli che la sostengono, da ambo le parti, sono piccoli uomini, responsabili del
declino definitivo della nostra civiltà e forse della sopravvivenza della
nostra specie sul pianeta.
Il tempo stringe e la
catastrofe è già iniziata.
Ora come non mai è
necessario che i cittadini facciano sentire la loro voce.
Chiediamo il ritiro
delle sanzioni contro la Russia in cambio di un immediato armistizio e dell’apertura
di una conferenza internazionale di PACE per il riassetto dell’Europa post
sovietica e per la sicurezza dell’intera Europa.
Evitiamo la
costruzione di rigassificatori.
Investiamo nel fotovoltaico
su tutti i tetti d’Italia, nelle pale eoliche gestite dal pubblico. Promuoviamo
tutte le forme sostenibili di energia rinnovabile e condivisibile, spostiamo
i finanziamenti destinati alla guerra verso la lotta contro il riscaldamento
globale. Lavoriamo per l’indipendenza energetica pulita e gratuita.
I programmi del
Movimento ecologista sono noti, non si limitano alla sola produzione di energia
rinnovabile né esclusivamente ai gas clima alteranti.
La visione ecologica coniuga
una concezione sistemica che si fonda sul rispetto della vita e della natura e
sulla solidarietà sociale.
Rifiuta la violenza ed
è alternativa e antagonista all’economia di rapina che attualmente muove il
mondo.
Riteniamo che, al
punto disastroso in cui ci troviamo, sia indispensabile voltare pagina per ripulire il Paese dalle
scorie tossiche, materiali e mentali, prodotte dall’economia liberista in ogni
settore della nostra vita quotidiana.
La PACE promette e
garantisce frutti sempre più fecondi di
quanto non facciano le guerre.
Giovanni Fazio
La lotta al riscaldamento globale passa attraverso la lotta per la pace |
[1] Il land
grabbing, in italiano accaparramento di terra, è un discusso fenomeno economico
e geopolitico di acquisizione di terreni agricoli su scala globale, venuto alla
ribalta nel primo decennio del XXI secolo.
[2]
Federazione Organismi Cristiani
Servizio Internazionale Volontario
[3] Il
divieto di vendita dei terreni agli stranieri è stato annullato da un decreto
di Zelenski
[4] Acronimo
di gas naturale liquefatto
[5] Leggere
il libro “FINANZCAPITALISMO DI Luciano Gallino