UNA GUERRA DI CUI SIAMO RESPONSABILI
Quanto sta avvenendo oggi in Israele mi ricorda due episodi storici che determinarono la fine del colonialismo in Viet Nam e in Algeria.
L'offensiva del Têt fu un grande attacco a sorpresa sferrato dall'esercito nordvietnamita e dai Viet Cong durante la guerra del Vietnam. L'offensiva fu lanciata la notte del capodanno vietnamita, cioè tra il 30 e il 31 gennaio 1968 e avvenne durante la presidenza di Lyndon B. Johnson.
LA BATTAGLIA DI ALGERI
Nelle prime ore della mattina del 1º novembre 1954, guerriglieri del FLN eseguirono molteplici attacchi organizzati in varie parti dell'Algeria contro installazioni militari, posti di polizia, magazzini e mezzi di comunicazione. Dal Cairo, il FLN emise via radio un comunicato in cui esortava il "popolo algerino" e i "militanti della causa nazionale" ad insorgere per la "restaurazione dello Stato algerino, sovrano, democratico e sociale, all'interno dei principi dell'Islam, e per il rispetto di tutte le libertà fondamentali senza distinzioni di razza e di religione".
La guerra è orribile ma diventa l’ultima istanza di un popolo come quello palestinese che vive dal 1967 sotto occupazione militare da parte di uno stato sionista che, grazie al continuo sostegno delle potenze occidentali, si è installato in terra di Palestina continuando a sottrarre terra e risorse agli abitanti del luogo, incolpevoli, e cacciati nei campi profughi per tutta la vita.
Riporto un articolo di Elena Basile
scritto oggi sul Fatto Quotidiano
“Settantacinque anni di occupazione israeliana e di una politica occidentale piena di doppi standard che ha lasciato incancrenire la situazione, uccidendo ogni possibile orizzonte politico per una mediazione israelo-palestinese, basata sul principio onusiano dei due Stati, sono alla base dell’orrore odierno. Lo capirebbe uno studente liceale. Gli analisti occidentali, esperti del conflitto, invece si limitano a condannare i barbari che sgozzano i civili e a riproporre il diritto di Israele all’autodifesa, come se fosse questo diritto a essere messo in discussione. …
La soluzione dei due Stati è stata di fatto accantonata, i dialoghi di pace mai ripresi, l’attività del Quartetto resa impossibile dalla guerra permanente alla Russia, l’attività dei coloni armati giustificata, le spedizioni punitive delle truppe di occupazione israeliane anche. Si è avuta l’impudenza di pensare di normalizzare una situazione di ingiustizia evidente con un accordo tra Israele, Emirati Arabi , Bahrein e a breve con l’Arabia Saudita sulla pelle dei palestinesi. Gaza prigione a cielo aperto. Le risoluzioni Onu mai applicate da Israele. Sono fatti oggettivi o no? Ricordate Operazione Piombo fuso del dicembre 2008: quanti morti e mutilati palestinesi, signor Mieli? Era stato appena eletto Obama e aspettai con segreta speranza che il nuovo presidente, colui che per ragioni misteriose avrebbe ricevuto il Nobel per la pace, dicesse una parola di netta condanna al massacro da parte di Israele. Invano.
Campo profughi palestinese |
Come al solito, per evitare gli attacchi dei seminatori di odio, dovrò premettere qual che si dovrebbe dare per scontato: criticare la politica israeliana e statunitense (una politica estera europea mi sembra inesistente) non significa odiare gli ebrei o gli americani. Anzi c’è una storia gloriosa ebraica, un’intellighenzia amata e rispettata ovunque, che ha creduto e in parte realizzato la democrazia: l’unica in Medio Oriente.
La contraddizione più recente, come sottolinea Gad Lerner, è data dall’impossibilità di riconciliare una democrazia interna (seppure parziale con varie categorie di cittadini di serie B) con una politica di occupazione all’estero.
Allo stesso modo la società civile americana, le avanguardie artistiche e culturali, le università, la mobilità e il dinamismo sono da portare a esempio. È la giaculatoria che dobbiamo ripetere per evitare i più grossolani linciaggi: come riconoscere che fra Mosca e Kiev c’è stato un aggressore tattico e la violazione materiale delle frontiere ucraine è stata effettuata dalla Russia.
Tornando ai fatti che i colti analisti odierni rifiutano di considerare, ripeteremo all’infinito che non esistono i buoni e i cattivi, esiste storicamente una violenza di Stato che genera guerre e terrorismo.
Nel conflitto israelo-palestinese l’occupazione è israeliana, la negazione del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese è israeliana, le incursioni nelle moschee e nelle chiese sono israeliane, la violazione delle risoluzioni Onu è israeliana.
Non si mette in discussione il diritto alla difesa, ma una politica israeliana e occidentale nutrita di doppi standard e soprusi che crea il mostro Hamas. Così come una politica aggressiva di espansione della Nato e di rifiuto di considerare gli interessi legittimi di sicurezza della Russia ha creato il Putin invasore.
Un mondo in bilico, scrive Mieli. Non si sa bene, paragonando la Russia o Hamas e l’Iran a Hitler, a quale nuova guerra mondiale stia chiamando l’Occidente. Possibile che uno storico non comprenda che le relazioni internazionali sono fatte di equilibri tra interessi contrapposti, che la diplomazia serve a spiegare le ragioni del nemico e, se l’Occidente ripiega su sé stesso, rompendo il dialogo con Cina e Russia, membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, le crisi scoppieranno nei vari scacchieri internazionali sempre più violente?
Un cattolico direbbe che Mieli andrà all’inferno. Non sono cattolica, ma credo che gli intellettuali dovrebbero contribuire all’analisi oggettiva dei conflitti, evitare le mistificazioni ipocrite e le pericolose incitazioni a serrare le fila e all’odio del nemico in un mondo a rischio di guerra nucleare. Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica, ricorda che non c’è più il telefono rosso e che lancette del giorno del giudizio restringono i tempi.”
Quando ogni strada è chiusa alla giustizia un popolo può ricorre solo alla rivolta.
Come afferma Elena Basile non significa essere antisemita e odiare gli ebrei. Tuttavia su questo equivoco, creato ogni qualvolta gli israeliani mortificano, uccidono, espropriano e incarcerano i palestinesi, anche bambini, si basano le accuse a quanti prendono le parti di un popolo oppresso e umiliato da più di cinquant’anni.
Analisi semantica di lessico ipocrita e falsificante.
Andare a casa di altri per fondare uno Stato, anche se te lo ha detto Dio in persona, si chiama colonialismo.
Creare uno stato dove la nazionalità dipende dall’essere ebreo si chiama razzismo.
Si chiamava così anche in Sud Africa quando ad avere diritto alla nazionalità erano i coloni Boeri.
L’esclusione dai diritti di cittadinanza ai non israeliani si chiama Apartheid.
La lotta dei Palestinesi contro una occupazione militare straniera si chiama Resistenza.
I combattenti per la loro patria occupata militarmente si chiamano partigiani .
Oberdan fu trovato in una pensione di Vienna con delle bombe con cui intendeva uccidere l’imperatore: era un patriota o un terrorista?
Inviare armi in ucraina significa aiutare un paese ingiustamente occupato
Inviarli in Palestina per aiutare la Resistenza significa terrorismo.
Ospitare milioni di profughi ucraini in Europa è un atto di solidarietà,
respingere i profughi palestinesi è definito “difesa dei confini”.
Le parole e l’ignoranza della storia ci rendono ipocriti. Per non continuare a sbagliare linguaggio basta usare, una volta tanto, il cervello e, per un attimo, mettersi nei panni dei palestinesi, magari cristiani, come quelli che vengono perseguitati a Nazaret dai sionisti; oppure in quelli di un disgraziato, che fugge dai disastri che la nostra civiltà occidentale ha creato in tante parti del mondo, e vede annegare in mare o morire al margine del deserto sua moglie e sua figlia. Se considerassimo esseri umani coloro che stanno dall’altra parte del reticolato forse il mondo sarebbe migliore.
Giovanni Fazio
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