E’ di questa mattina, 7 settembre 2020, l’articolo che Alberto Peruffo pubblica nel sito di PFAS LAND.
Il
pezzo è il risultato di mesi di ricerca e documentazioni che mettono a nudo le
responsabilità di quanti, preposti alla tutela dell’ambiente e della salute,
hanno permesso che un disastro ambientale e sanitario che coinvolge più di
360.000 persone e una vasta area della pianura rappresentata da ben tre
province (Vicenza, Verona e Padova) potesse verificarsi.
“C’è un dato
di fatto nei grandi crimini ambientali: i responsabili non inquinano così tanto
– massivamente e indiscriminatamente – senza essere in qualche modo coperti dai
permessi, dalle maglie larghe, dai controlli non effettuati, dei corresponsabili”
Alberto
Peruffo, chiama in causa direttamente coloro che lui definisce i
corresponsabili.
Ne esce una cruda attestazione delle forti
responsabilità delle istituzioni, e in secondo luogo di alcuni dirigenti Arpav, “con le mani legate dalla politica e da
Confindustria”, i quali
sono perciò parimenti – ma a gradi diversi – corresponsabili dell’avvelenamento
della popolazione del Veneto.
L’analisi
investe anche il settore alimentare, i documenti dell’Istituto Superiore di
Sanità che testimoniano di una contaminazione alimentare provocata dai pozzi
inquinati, distribuiti su un vastissimo territorio agricolo, irrorato, per altro,
dalle acque provenienti dai depuratori del distretto conciario arzignanese.
Nel 2014 la
Provincia di Vicenza autorizza Miteni a trattare rifiuti tossici, derivati
dalla lavorazione di perfluorati, provenienti dall’Olanda. Tale autorizzazione
veniva rilasciata malgrado un anno prima fosse stato già documentata la grave
responsabilità dell’azienda relativa all’inquinamento dei PFAS da essa
prodotti.
La
denuncia di Peruffo è diretta a chi ha rilasciato l’autorizzazione, a chi avrebbe
dovuto controllare le modalità della applicazione dell’autorizzazione e
ricercare nelle falde adiacenti allo stabilimento il GEN X, il nuovo perfluorato
prodotto da Miteni, destinato a sostituire PFOA e PFOS, ormai fuori produzione
in tutto il mondo.
L’autore
si chiede come mai tale sostanza non sia mai stata cercata nelle falde
acquifere inquinate da Miteni, né inclusa tra i vari perfluorati, presenti
negli acquedotti, per i quali il decreto Zaia fissa un limite massimo di
performance di 390 ng/litro (bontà sua).
Quello
che non si cerca non si trova; quindi i cittadini bevono un’acqua in cui non si
sa se la sostanza, la cui produzione fu autorizzata dalla regione sia presente
o meno.
Viceversa Arpav si è data un gran
daffare nel cercare GEN X e C6O4 nel Po; un vero e proprio depistaggio “una narrazione che non sta
più in piedi: quella che tutta Italia è contaminata,
soprattutto il Po, e che la Regione Veneto ha fatto meglio di tutti ed
è stata la prima.
Certo, la prima regione a dover
riparare al crimine che ha consapevolmente permesso, coperto e alimentato per
anni, perché molto più grave di quanto avvenuto in tutte le altre regioni,
soprattutto per circostanze idrogeologiche e relative decisioni politiche. In
nome di cosa? Del bene comune e della salute pubblica? No. Del profitto ad ogni
costo.”
Alberto fa
una lunga, documentata, disanima di tutte le complicità che hanno consentito, e
consentono tuttora a quanti continuano ad inquinare le acque della pianura
veneta, di farla franca e perfino di alzare la voce contro le vittime e i loro
rappresentanti. Si tratta di un’analisi molto dettagliata, ricca di documenti e
testimonianze sconvolgenti, che apre uno squarcio sul velo di omertà che fino
ad oggi ha coperto i CORRESPONSABILI.
Alberto punta
i fari su un contesto caratterizzato dall’intrecciarsi di grandi interessi
economici e politici. Una narrazione della realtà della nostra regione che ci
fa riflettere come il caso MOSE sia solo l’inizio di un percorso all’interno di
un sistema che si dipana in una rete di inquinamenti, inceneritori,
superstrade, cementificazioni, patologie e controllo sociale.
Vi invito a leggerlo fino in fondo: ne resterete
sconvolti.
Giovanni Fazio
PFAS LAND ARTICOLO DI ALBERTO PERUFFO
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