E,
AGGIUNGIAMO NOI: “ANCHE CHI HA PERMESSO ALLA MITENI DI INQUINARE DEVE PAGARE”
Rispondendo all’intervista
fatta a Zaia dal Quotidiano Sanità.it riteniamo che Zaia sia l’ultima persona
che abbia diritto di parlare quando i cittadini, proprio a causa dell’insipienza
e complicità dei governi regionali, retti da sempre da Lega e centrodestra,
hanno sofferto per decenni sulla propria pelle i danni di un inquinamento
tollerato e autorizzato.
Evidenziamo
una serie di dichiarazioni non vere
con cui Zaia si attribuisce meriti che non ha e cerca di evitare le severissime
critiche per il modo approssimativo e colposamente intempestivo con cui la
Regione Veneto si è mossa in merito all’inquinamento da PFAS da parte della
Miteni.
Dal 1999 il Ministero
dell’ambiente sollecitava, anche per conto dell’UE una indagine sulla presenza
di PFAS nel territorio regionale. I solleciti sono continuati nel corso di 14
anni fino a quando, essendo stata individuata
dall’Istituto Superiore di Sanità la fonte dell’inquinamento nella Miteni
di Trissino, non era più possibile tergiversare e la Regione è stata costretta a incaricare ufficialmente l’ARPAV
a individuare i livelli di inquinamento del territorio che apparvero nella loro
grandezza, investendo ben tre province.
Intervento quindi colposamente tardivo
e tale da avere determinato, nei lunghi anni trascorsi, la contaminazione di
migliaia di persone, oltre che l’estensione della stessa a gran parte del
territorio.
Quattordici anni persi.
Zaia dichiara di avere imposto il limite zero PFAS ma non è vero. Il suo decreto del 2017 pone il
livello di performance (così viene chiamato) a 390 nanogrammi totali di PFAS per litro, livello ben lontano dallo
zero sbandierato dal presedente Regionale.
Non vi è alcuna pubblicazione
scientifica a sostegno della tesi per cui tali livelli di contaminazione
garantiscano dai rischi determinati dall’ingestione di PFAS.
Malgrado ciò la Regione,
cioè Zaia, si è ben guardata dal segnalare i rischi che i cittadini avrebbero potuto correre bevendo l’acqua del
presidente.
Eppure l’applicazione del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE è uno dei
doveri da parte di chi amministra e governa.
Come si legge nel rapporto
dei carabinieri del NOE, la Regione e la Provincia erano al corrente dell’inquinamento
della Miteni fin dai primi anni del 2000 ma non sono intervenute.
“Noi abbiamo trasmesso
una mole importante di dati. Sono gli studi fatti dall’Ecodeco nel 1990, che
sono stati poi ripresi dalla Erm Italia di Milano, che ha fatto gli studi nel
1996, nel 1998 (anche se non l’abbiamo ancora reperito) e nel 2004. Nel 2004
consiglia alla società, visto l’inquinamento di falda, di installare una
barriera idraulica, che è stata installata l’anno dopo, nel 2005. Nel 2008
fanno il monitoraggio, vedono che la barriera idraulica non è sufficiente e
raccomandano l’aggiunta di due nuovi pozzi, che verranno messi l’anno dopo, nel
2009.
In tutti questi studi,
dove non c’era solo l’analisi di falda, ma c’era anche il campionamento di
terreni con tanto di book fotografico, in
tutta questa mole di dati in realtà non vedo traccia di un’analisi, cioè non
c’è scritto nelle conferenze di servizi.”
Erano stati segnalati
allo SPISAL i gravi danni che i perfluorati provocavano agli operai della Miteni ma
la Regione non è intervenuta.
Una indagine dell’Istituto
Superiore di Sanità nel 2016 ha analizzato pozzi e prodotti agro alimentari
della Zona Rossa, trovando altissimi livelli di contaminazione da PFAS soprattutto
negli allevamenti di maiali, ma anche nelle uova, nei polli e nei bovini.
Il Dipartimento
di prevenzione non ha impedito che tali alimenti andassero nel mercato e diffondeva
in merito comunicati tranquillizzanti.
Peggio, pur essendo nel
2014 al corrente del fatto che la Miteni fosse la prima responsabile del
disastro ambientale, autorizzarono la
stessa a trattare tonnellate di rifiuti di perfluorati prodotti dalla ditta
olandese di proprietà della Dupont.
Dal trattamento dei suddetti rifiuti la
Miteni ricavava il 18% di Gen X che
rispediva in Olanda, trattenendo il restante ammasso di rifiuti tossici di cui non
si sa che fine abbia fatto. (Da qui la
lettera a Zaia del Governo Olandese che allertava la Regione Veneto su un
possibile traffico di rifiuti pericolosi).
Per quanto riguarda la salute, solo alla fine del 2016 viene pubblicata la relazione della
commissione PFAS a nome del direttore sanità della Regione dott. Mantoan nella quale vengono elencati rischi e dati epidemiologici raccapriccianti riguardanti il
Veneto, confermati successivamente dagli studi del prof. Foresta.
Altri tre anni
perduti per l’attuazione di una concreta prevenzione.
La Miteni, come migliaia di aziende venete, si trova sulla
parte più delicata del sistema idrogeologico della regione cioè nella ricarica delle falde cioè un terreno
composto da strati profondi di sabbie e ghiaie che consentono all’acqua
superficiale di raggiungere le falde profondefiltrandola.
La
Regione non ha mai fatto un piano per la difesa delle risorse idriche che
prenda in considerazione la salvaguardia
delle ricariche di falda.
La maggior parte di quello che era il ricchissimo
patrimonio di acque sotterranee del Veneto, il più ricco d’Italia, è in massima
parte inutilizzabile a causa dell’inquinamento provocato dalla insensata
gestione della politica industriale.
Siamo alla fine della festa e la siccità è
alle porte.
Potremmo continuare a lungo a parlare delle gravissime inadempienze del presidente Zaia. Diciamo solo, per concludere, che, pur essendo chiusa la Miteni, attualmente le aziende del Veneto acquistano circa 100 tonnellate annue di prodotti con perfluorati che, dopo l’uso, vengono rilasciati nei depuratori, notoriamente inidonei a trattenerli, e quindi nei fiumi, nelle rogge e nei campi della bassa pianura veneta.
Potremmo continuare a lungo a parlare delle gravissime inadempienze del presidente Zaia. Diciamo solo, per concludere, che, pur essendo chiusa la Miteni, attualmente le aziende del Veneto acquistano circa 100 tonnellate annue di prodotti con perfluorati che, dopo l’uso, vengono rilasciati nei depuratori, notoriamente inidonei a trattenerli, e quindi nei fiumi, nelle rogge e nei campi della bassa pianura veneta.
Ha poco di che vantarsi e indignarsi il presidente che
ritengo co-responsabile del disastro ambientale che non è una emergenza, come lui afferma, ma un fenomeno che dura da circa sessant’anni, incontrastato e connaturato
alla mentalità di quanti hanno visto nel territorio solo l’occasione per
estrarre valore a qualunque costo, provocandone la distruzione progressiva con
le ricadute del disastro annunciato sulle persone e sull’ambiente.
Giovanni Fazio
Tutto vero. E il silenzio dei sindacati e dei lavoratori della Miteni? Si son fatti vivi solo dopo che hanno avuto il sentore che il loro posto di lavoro (inquinante) stava traballando.
RispondiEliminaPurtroppo la popolazione è così rincretinita che si beve anche...i PFAS. L'umanità sta scivolando verso il disastro, come i grandi ghiacciai della Groenlandia e dell'Antartide stanno scivolando verso il mare sciogliendosi sempre più velocemente. Tiziano Mistrorigo
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